Il deposito pieno di tasse
Ho letto sui giornali della petizione di un gruppo di professori universitari torinesi a favore di una tassa patrimoniale sui “paperoni”, anche se poi nel testo si parla anche di una patrimoniale per tutti, ricchi o meno.
Ora, ho grande stima per il professor Terna (meno per alcuni altri firmatari), ma la premessa della petizione non si può proprio leggere.
Innanzi tutto, non si può leggere perché è evidente (a maggior ragione in epoca di Recovery Fund) che quel che manca allo Stato adesso non sono i soldi, ma la capacità di spenderli in maniera utile ed efficiente. L’ultima cosa che ci serve è un’altra tassa per pagare altri bonus bici, altri banchi a rotelle, altre Alitalia e altri redditi di cittadinanza a gente che spaccia o che lavora in nero: prima lo Stato impari a spendere, e poi può venire a chiedere altri soldi.
Poi, mi piacerebbe sapere come potrebbe funzionare in pratica una tassazione della ricchezza finanziaria, e chi colpirebbe davvero. Di sicuro non colpirebbe i “paperoni”, che i soldi li hanno all’estero e/o li hanno sotto forma di quote societarie spesso nemmeno commerciabili (a meno che non pensiamo all’esproprio proletario, ossia ogni anno il 5 per mille della Ferrero diventa “nostro” fin che non l’abbiamo espropriata tutta).
Colpirebbe invece chi ha messo dei risparmi da parte, come se risparmiare invece di buttar soldi in puttanate fosse una colpa da punire. La proposta è lo 0,8% per il 10% più ricco delle famiglie: peccato che siamo un Paese in cui risulti in quella fascia se guadagni quello che in Europa è lo stipendio di un neolaureato (non so a che titolo i proponenti li chiamino “paperoni”). Chissà dove sono tutti gli altri soldi; di sicuro non in mano a chi paga le tasse e tiene i suoi risparmi ben in vista in banca, cioé al target di questa misura.
Ad ogni modo, con una aliquota del genere – non una tantum, ma annuale! – ogni vent’anni se ne andrebbe via un sesto dei risparmi solo in tasse: a parte qualsiasi considerazione etica su un esproprio di tale portata, credo che il giorno dopo vedremmo in televisione la pubblicità delle fiduciarie in Lussemburgo, o degli immobili da reddito in Portogallo o in Croazia.
Ma poi, l’odiosità sociale della proposta è ben riassunta dall’ultima frase della premessa: “chi ha “solo” 20.000 euro in banca dovrebbe pagare 100 euro l’anno”. Questa frase dà davvero la sensazione che per quelli che fanno questa proposta, tutti professori universitari che guadagnano migliaia di euro al mese da stipendi pubblici ipergarantiti, 20.000 euro di risparmi e 100 euro di tasse siano una mancetta trascurabile: “dottò, che te stai a lamenta’ pe’ 100 euro?”. Chi magari si è dovuto sudare quei 20.000 euro in anni di sacrifici da precario o da imprenditore di se stesso, invece… paga cento euro l’anno, che servono anche a coprire quegli stipendi, e sta zitto.
In questo Paese c’è una dicotomia da affrontare urgentemente, sì. E’ quella tra chi si deve guadagnare da vivere con le proprie forze sapendo che al primo rovescio saranno tutti cavoli suoi, e chi ha già un mondo di garanzie, finanziate dai soldi degli altri, e passa il tempo a pensare a come farsene pagare di nuove. Sarà mica che i veri “paperoni” sono loro?