Molte stelle fa
Oggi vi racconto un aneddoto.
Era il 2009 ed era la prima volta che in Piemonte si presentavano alle elezioni le liste “grilline”: una a Rivoli, con candidato sindaco Ivan Della Valle, e una per la provincia di Torino, con candidato presidente il sottoscritto. Era un periodo di grandi ideali e grandi discussioni ideologiche, ma uno dei pilastri era indiscusso: dovevamo candidarci come “portavoce dei cittadini”, non per noi stessi e per il nostro ego. Anche la comunicazione doveva quindi centrarsi sul programma e non sul candidato, e assolutamente mai sulla sua immagine personale.
La cosa era interpretata rigidamente: ancora nel 2010 alle regionali, e poi nel 2011 quando mi candidai sindaco, non ci fu mai da nessuna parte un manifesto con la foto del candidato, nonostante tutti i manuali di marketing politico intimassero il contrario. Già ci fu grande controversia prima di ammettere che si potessero fare dei “santini” per raccogliere i voti degli amici dei singoli candidati, anche questi però uguali per tutti, centrati sul programma e al massimo con una fototessera del soggetto.
Bene, in quel 2009, qualche settimana prima del voto, ero a Bologna per un mio impegno di lavoro e camminavo per tornare a prendere il treno quando mi squillò il telefono. Era un giornalista della Stampa, non ricordo più chi, ma il primo che decise di menzionare questa listarella sconosciuta in un articoletto di taglio basso. Mi fece le domande, io risposi, e poi mi disse: mi puoi mandare una tua foto? Io rabbrividii, e dissi: assolutamente no, noi vogliamo solo far vedere il simbolo. Lui insistette, disse che ero un perfetto sconosciuto e che la gente voleva vedere la mia faccia, che senza foto l’articolo non aveva senso, e alla fine ci accordammo: gli mandai una foto piccolissima che fu pubblicata in un quadratino non più grande di due centimetri per due.
Apriti cielo! Per una settimana partì un processo ideologico (uno dei tanti che ho subito negli anni, a dire il vero) accusandomi di avere tradito il gruppo e gli ideali per vanità personale. Alla fine, facendo notare che comunque il giornale non lo facevamo noi e non è nemmeno bello che la politica ordini ai giornalisti come fare gli articoli, finì con un “per questa volta passi”.
Stamattina immaginavo come avrebbero reagito i militanti pentastellati del 2009 – praticamente tutti ormai fuori dal Movimento, persino quelli che hanno poi fatto un po’ di carriera politica, tranne forse un paio che evidentemente dal principio puntavano a metter radici – nel vedere un manifesto come quello della foto, con la candidata in posa studiata con un sorriso accecante, la Mole strategicamente piazzata sullo sfondo, la collezione di simboli sotto, e multipli strati di Photoshop.