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Archivio per il giorno 24 Febbraio 2022


giovedì 24 Febbraio 2022, 21:48

La fiaba cinese dell’orso sulla montagna

(dal grande libro delle fiabe di Luo Gen)

Molto tempo fa, in una terra lontana lontana, un orso viveva nella sua foresta sulla montagna. Era il re incontrastato di tutto quello che c’era nel bosco: tutti gli altri animali erano molto più deboli e si inchinavano a lui. Certo, nella foresta non c’era molto, e mentre lui viveva in una grotta mangiando quello che trovava, poteva vedere in fondo alla valle gli esseri umani nella loro città, con le loro case di mattoni riscaldate, le loro macchine veloci, i loro computer. Lui manco sapeva fare il fuoco con le pietre e gli stecchini, ma quella era la sua foresta, e lui ci viveva bene.

Dopo un po’ di tempo, però, gli umani ebbero bisogno di spazio. Aspettarono il momento in cui l’orso era in letargo e cominciarono a tagliare la parte più bassa della foresta. Quando l’orso si risvegliò, vide che la sua foresta era più piccola, e che al posto del grande albero in fondo alla valle su cui andava spesso a cagare in santa pace c’erano ora delle villette. Gli animali che vivevano attorno a quell’albero erano ora gli animali di casa degli umani nelle villette, e sembravano più grassi e più contenti di prima. Quando si affacciavano, dicevano all’orso e agli animali rimasti nella foresta: qui si sta molto meglio eh! Per fortuna che non siamo più nella foresta.

Venne un altro inverno, un altro letargo: e la foresta dell’orso si ridusse ulteriormente. Ogni anno il progresso degli umani abbatteva un po’ di alberi e cancellava il mondo primordiale in cui l’orso aveva vissuto; ogni anno la foresta rimasta era più piccola e triste e l’orso aveva meno spazio per andare a cagare in santa pace. Non solo: gli animali rimasti in quel piccolo pezzo di foresta cominciarono a non rispettare più l’orso. I loro amici ora vivevano tutti in comode cucce, avevano da mangiare e un futuro felice davanti. Anche loro volevano andarsene dalla foresta.

Infine, arrivò l’ultimo inverno. Quando l’orso si risvegliò, praticamente la foresta non c’era più; la città degli umani era arrivata fin quasi davanti alla sua grotta. Era chiuso in un angolo: vedeva gli umani lì pronti con escavatori, motoseghe, ruspe, betoniere, a tagliare gli ultimi alberi, murarlo dentro alla sua grotta e trasformare anche il suo ultimo spazio vitale in una nuova periferia della loro città, piena di supermercati e concessionari di auto elettriche.

Come tutti gli animali chiusi in un angolo, l’orso si infuriò e si fece più grosso che poteva, anche più grosso di quello che era, minacciando di entrare nelle loro nuove villette e cagare in santa pace proprio al centro dei loro televisori 65 pollici. Cercò di spaventarli perché andassero via, e per cominciare prese a spaccare tutti i vetri delle villette tirando tutte le pietre che gli erano rimaste.

Gli umani si risentirono molto. Loro non avevano torto un capello a quell’orso; avevano semplicemente dato una casa agli altri animali della foresta, stufi di stare al freddo a mangiare bacche con lui. Loro erano i protettori dei diritti degli animali che quell’orso aveva maltrattato per secoli; avevano portato in quelle lande progresso e conoscenza. Perché adesso quell’orso li attaccava? Era veramente cattivo. Che ragionamento aveva mai fatto? Quali erano le sue vere intenzioni? Voleva davvero spaccargli tutte le villette?

Fu proprio allora, con una magia, che il dio degli animali benedì l’orso e gli diede il dono della parola, affinché l’orso potesse finalmente spiegare le sue azioni.

Così l’orso guardò negli occhi gli immobiliaristi davanti a lui e con la bava alla bocca gli disse: “Ma porco Zeus, sono un orso di duecento chili con l’uccello grosso e il cervello piccolo, per trent’anni mi avete demolito la foresta e mi avete chiuso in un angolo, che cazzo vi aspettavate che facessi?”

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