Bergamo herpes
Suvvia, sappiamo tutti che l’aeroporto di Bergamo è il fondo del barile del trasporto aereo, e probabilmente anche del genere umano. Non c’è dunque stupore in questo piccolo racconto, ma solo rassegnazione e morte esteriore, alleviata dalla capacità di isolarsi dal mondo e ripetersi all’infinito le prime otto battute della passacaglia di Bach che mi gira da giorni nel cervello. Alla fine, comunque, quest’imbarco – a cui sono stato costretto dalla sostanziale inutilità dell’aeroporto di Turin-Mailboxes – è anche uno spettacolo interessante; ci sarebbe materiale per scrivere dei libri, se non fosse che ne verrebbero libri divertenti sì, ma sotto sotto disperanti. Ogni passo è uno spettacolo di spaesata incompetenza a vivere; avrei già dovuto capirlo dalla porta sul marciapiede sbarrata con la scritta “ACCESS DENIED”, manco l’aeroporto fosse un sito web.
La coda per consegnare il bagaglio in stiva è meravigliosa; non è lunga, ma è comunque troppo complicata per coppie e gruppetti d’età tra i trenta e i cinquanta, che invariabilmente sventolano la busta di un’agenzia di viaggi di Vergate sul Membro, davanti alla moschea di Sucate. Ora, io non sapevo nemmeno che le agenzie di viaggi esistessero ancora; non ne uso una da vent’anni, e se ne capisco il senso per un gruppo organizzato o per un’azienda che non vuole gestirsi i viaggi da sola, non capisco perché qualcuno possa andare da un’agenzia di viaggi a farsi comprare il volo Ryanair per [non indicherò la città , che poi mi danno del razzista; diciamo Reykjavik]. Infatti, son quelli che si mettono in coda senza essersi prima stampati l’etichetta del bagaglio; e poi arrivano lì, e invariabilmente, due volte su tre, non hanno comprato il bagaglio in stiva, o ne hanno comprato uno troppo piccolo; dieci chili, ma loro ne hanno quindici. Il meglio è stata una signora elegante che prima si è arrabbiata (“sono solo cinque chili in più”), poi ha aperto la valigia e per lo sbalordimento dell’addetta ne ha estratto il portatile, che avendo una batteria al litio è vietatissimo in stiva; poi ha interrotto la coda per pesare il portatile sul nastro del bagaglio, un chilo e due; poi ha detto “questo me lo porto a mano, il resto va bene”. Erano solo più quattordici chili, del resto; e l’hanno giustamente respinta a calci nel sedere. Ma mi è successo persino di vedere poi ai controlli di sicurezza una coppia di signore velate rimandate indietro; si erano presentate lì direttamente con valigioni immensi, ignorando il concetto di bagaglio in stiva.
Ma poi, passati i controlli, si arriva ai gate con vista sulle montagne; e lì la gente è la stessa, ma lo scenario cambia. Lì, c’è da spendere; quindi è tutto luccicoso, e la gente risponde allo stimolo e esegue, aprendo lo struscio avanti e indietro. Coppie sui trenta, talvolta con passeggino al seguito, osservano un’infilata di bar pretenziosi tutti peraltro della stessa grande holding alimentare, ma agghindati con loghi e colori per sembrare diversi. Tutto è gourmet: panini gourmet, pizzette gourmet, persino “Serge, il cannoncino gourmet riempito al momento”, una roba tanto assurda che la manderei in Ucraina. Tutto è anche biecamente pensato per fregarti, come la bottiglietta da mezzo litro di Coca Cola che in realtà è da 450 ml, come vedete in foto. Poi la gente s’avvicina, e visti i prezzi ordina solo una rustichella e un bicchier d’acqua, e li paga con le monetine, come nell’Ottocento. Ma è giusto così: Bergamo herpes è l’apoteosi del neoproletariato tecno-soggiogato, ebete a guardare il cellulare tranne brevi pause per riprodursi a danno del pianeta, ma che darebbe un braccio per la nuova mutanda di Intimissimi.
Fa bene, fa bene girare il mondo; chiarisce le idee. Chiarisce che il mondo è sovrappopolato, ma selettivamente; e collegando tutte le discussioni sul reddito universale e sulla gente non impiegabile, mostra che si tratta di un trend sì, ma di un trend che svilisce l’umanità . Non tutti, certo, ma una parte di questi qui attorno un reddito e un lavoro ce l’hanno, ma residuali; precari ed eliminabili con successo a favore del più stupido sistema automatico, che probabilmente gli sarebbe anche artisticamente, esteticamente e moralmente superiore. Quindi, non proporrò soluzioni finali; non sarebbe empatico e la Chiesa s’adonterebbe. Eppure, m’è chiaro ormai che più che reddito di cittadinanza, andrebbe chiamato reddito di inutilità ; senza alcun giudizio morale allegato, s’intende, ma solo per oggettiva osservazione della realtà delle cose. È brutto a dirsi, ma ci sono persone che non sono in grado di vivere nel 2022, e non sappiamo che farne, e sono tante; e gli unici che se ne fanno qualcosa sono quelli che gli danno due lire per renderli schiavi, e poi se ne riprendono tre facendogliele spendere in minchiate, e indebitandoli a vita.
Ma ora, perdonate l’eresia; sono sicuro che pochi capiranno, e gli altri risponderanno a insulti. Io, comunque, vi auguro buona domenica; sperando d’essere almeno in grado di salire su un volo Ryanair con successo.
22 Dicembre 2022, 11:36
Se sono o meno uno dei pochi a intenderlo fa lo stesso. Il punto cruciale di questa faccenda è che il sistema e la società annessa ha smesso di proiettare il senso di responsabilita verso gli altri o i terzi facendo credere che andare tutti al macero è una missione.
Se poi la preoccupazione di oggi è vedere un reddito di sudditanza a cosa servirà o come ucciderà i malcapitati, oppure preoccuoarsi di mandare a ballare in Puglia i moderatori di un dissocial media, sia la priorità , beh allora stiamo belli freschi…
Quei contenitori lì, quelli da dissociazione cognitiva e tutti i loro pacchetti annessi e sconnessi, atti a rimbambire anche una statua di marmo, servono a far bene il oro lavoro, e quella digito-manovalanza la state facendo voi, noi, loro, io; ed è questo che volevamo? Adesso ci si prende il lusso di comunicare? Dentro di un contenitore il quale a sua volta contenuto in un “environment” fatto ad-hoc da chi l’ umanità gli sta sui maroncelli? De che si parla? Di realtà ? Di quale re? In quale corte diluisci il tuo senso del vero? Ma non ci si rende conto che bisogna fare una scelta critica? Deduzione che lascio volontariamente farla ad ogniuno di coloro che ” perdano” del tempo vitale leggendo qui in queste righe.
Fosse per me spegnerei tutto, anche le radio a onde corte… Fatevene una ragione, comunichiamo a vanvera, leggiamo baggianate, ascoltiamo frequenze malevoli, visitiamo luoghi atti a spillarti ogni centesimo, usiamo delle concessioni chiamate smart qualcosa, le paghiamo, pagheremo ancora per continuare ad usarle, accetteremo i vari “i agree” e infine coronando il sogno di sentirsi realizzati dopo aver ignetto-eiaculato il nostro spirito di sopravvivenza di tipo alpha dove finanche la donna se ne prese a carico la sostituzione di questo mandando al macero anche l’ ignettore di liquido semenza. Potrei ancora andare avanti, ne ho cose da dire, ma preferisco passare il tempo a tu per tu per strada coi pochi coraggiosi che viaggiano come me, non su di una fibra ottica, ma a distanza dell’ occhio si, quello di un essere umano sicuramente e non passando da un gate chiamata libertà digitale…
Io saro pure un chiodo da schiacciare al muro, ma so anche come si usa il martello e pure come farlo un muro, ma nessuno si è posto il quesito del perché si è scelto senza obbligazioni di riporsi in una cassetta della frutta marcia.
Godetevi questo giardinetto, io preferisco prendermi ancora le responsabilità anche degli altri.