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Archivio per la categoria 'Friends&Food'


giovedì 15 Gennaio 2009, 19:09

Bus a Milano

Stamattina ero a Milano e avevo un appuntamento alle 10:30 in piazza Duse: da viale Argonne ci si arriva dritti in dieci minuti con il bus 54, che stando all’orario ATM passa ogni sette minuti.

Così verso le dieci e un quarto, già un po’ in ritardo, sono arrivato alla fermata: e il pannello luminoso – una sciccheria, che a Torino c’è solo su poche fermate – annunciava che il 54 sarebbe passato in tre minuti. Poi in due. Poi il numero è sparito, il che vuol dire che il pullman sta per arrivare. Peccato che non si sia visto niente.

A quel punto, il pannello luminoso ha indicato di nuovo: “54 in 8 min”. Poi in cinque. Poi in quattro. Poi in due. Poi di nuovo niente. E poi di nuovo otto minuti. E poi, quando indicava che ne mancavano cinque, il 54 è arrivato: alle 10:32. E che cavolo, noi non avremo i pannelli, ma almeno non li usano per prenderci per i fondelli!

In compenso, a pranzo mi hanno portato in un locale che poteva esistere solo a Milano: un posto denominato Panino giusto che in pratica è arredato come un ristorante elegante pieno di camerieri in tiro, ma fa panini e piatti da pranzo al bar. Il panino era ottimo, il prezzo era esagerato (ma non pagavo io); l’esperienza di mangiare un panino per pranzo come se fossi al Cambio però è stata piuttosto surreale.

[tags]milano, atm, pranzo[/tags]

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lunedì 5 Gennaio 2009, 17:58

Mangiare in Liguria

Tra ieri e oggi abbiamo provato un paio di posti dove mangiare nel circondario: infatti, causa freddo e febbre abbiamo passato tutte le vacanze rinchiusi nella nostra casetta, e solo con il venire del sole e delle buone condizioni siamo scesi a valle a cercare cibo.

Il primo posto è stato il Ristorante Bagni Restano a Cervo, uno dei posti più conosciuti in zona. E’ un locale proprio sulla spiaggia, nella zona delle vecchie rimesse che sta tra San Bartolomeo e la fantastica marina con ponte ferroviario di Cervo (quest’ultimo è un posto bellissimo, peccato che quando tra pochi mesi chiuderà la ferrovia ottocentesca finiranno certamente per piazzare delle auto sul ponte o per abbatterlo); ci si arriva dalla strada che si stacca dall’Aurelia verso il mare proprio in corrispondenza del sottopassaggio della ferrovia.

Siamo andati subito al sodo e abbiamo preso spaghetti allo scoglio e pappardelle con carciofi e gamberetti, e poi fritto misto per due: tutto ottimo, sia i primi (specialmente il mio, visto che è stagione di carciofi) che il fritto, che conteneva pesci anche di buone dimensioni che però non sapevano di fritto, ma di pesce appena cotto, rosa al punto giusto; anche i calamari non sapevano di gomma e onion rings come nella maggior parte dei fritti, ma di calamaro appena colto (macellato, potato, insomma comunque sia che i calamari diventino quella roba che lì però chiaramente non era un cilindrato Pirelli, ma aveva anche regolamentari punte e barbette). Senza antipasti, con un solo dolce e con mezzo litro di vino – ma siamo usciti piegati, sarà che era domenica sera e avevano il pesce da finire ma il fritto era davvero abbondante e ha messo in seria difficoltà anche me – e con un oste davvero gentile, abbiamo speso meno di 35 euro a testa: sommando il fattore pesce al fattore Liguria direi che è giusto così.

Oggi invece siamo andati in gita ad Albenga e, nonostante le indicazioni contrarie della guida delle Osterie d’Italia, abbiamo trovato aperta la farinateria Puppo, la principale istituzione culinaria del centro storico (peraltro pieno zeppo di ristorantini, che però erano tutti o chiusi o vuoti; qui invece c’era la coda fuori). Certo, all’arrivo ci siamo trovati davanti l’ennesimo pacco da Osterie d’Italia: come quasi sempre quando si segue questa guida, si riceve la promessa di un posto rustico dei tempi andati – qui addirittura doveva essere uno di quei buchi nei caruggi che fanno la farinata come nell’Ottocento – e ci si ritrova davanti un locale leccatissimo pieno di proposte fighette e arredi eleganti, e dai prezzi regolarmente rivisti all’insù.

Comunque, qui l’eleganza del locale è ancora tollerabile, limitandosi a dei bei mobili antichi di legno, dei bei tavoli rivestiti di marmo, e l’ormai obbligatoria carta ruvida color senape su cui piazzare i fritti accanto a un inutile contorno di rucola (mio dio, quanto odio il contorno di rucola); alla fine, il leccatismo si è rivelato davvero l’unico punto debole del locale, a parte forse l’orrida cassetta di hits di John Denver il cui suono usciva dalla cucina.

Il cibo, infatti, era eccellente, a partire dalla farinata, che era davvero perfetta: una sottilissima crosta unta e non dura sotto, uno strato di consistenza papposa ma solida in mezzo, e sopra le isolette di parte cotta e rappresa come le rocce in mezzo a un mare di lava, solo che queste sprizzano olio d’oliva. Poi abbiamo preso una zuppa di pesce, una fetta di caciotta alla piastra con miele, fette sottilissime di pera e gherigli di noce (vi avevo detto che era un posto fighetto) e soprattutto delle eccellenti acciughe fritte, un altro piatto povero che è difficile trovare in giro ma che se fatto bene è ottimo. Anche i dolci erano buonissimi, in particolare il mio cestino di pasta sfoglia contenente una mousse alla fragola e panna guarnita con fragoline di bosco (vi avevo detto ecc.). Porzioni comunque buone, conto 39,80 euro in due rigorosamente senza scontrino.

In appendice, segnalerò che ad Albenga ci siamo andati per visitare il centro storico medievale, che è uno dei tesori nascosti della Liguria; non è enorme ma è bellissimo, una cosa che fosse in Toscana ci verrebbero i giapponesi, e invece è in Liguria quindi i locali lo tengono nascosto perché sono troppo intenti a costruire palazzoni e parcheggi sul mare. Abbiamo provato anche un’altra esperienza bellissima, l’antica strada romana che tuttora è percorribile a piedi su per i colli verso Alassio, e che corre tra gli ulivi fiancheggiata da sette o otto edifici funerari romani ancora ben visibili; peccato che i liguri ci abbiano subito costruito sopra delle ville (con indirizzo “passeggiata Archeologica 4”!), spezzando i muri del I secolo d.C. per farci il vialetto d’accesso, e riempiendo le pietre del selciato romano con cemento anni ’60 per passarci più comodi con le macchine. E trovare questa strada è praticamente impossibile, sopravvive a malapena qualche cartello giallo anni ’70 arrugginito e crollato per terra! Certo che lo scempio che hanno fatto della Liguria è davvero tremendo: non stupisce che ormai attragga solo più i pensionati di Torino e Milano.

[tags]ristoranti, recensioni, liguria, albenga, cervo, turismo, osterie d’italia[/tags]

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lunedì 8 Dicembre 2008, 15:18

Trattorie a Torino

Oggi, che è festa, siamo andati a pranzo in un posto che a Torino è piuttosto conosciuto, ma che è comunque il caso di aggiungere alle recensioni culinarie di questo blog: la Trattoria Ala in via Santa Giulia.

Si tratta di un posto piuttosto piccolo ma sempre frequentatissimo, e giustamente: si mangia veramente bene e anche abbondante, spendendo meno della media. Io ho preso gli agnolotti del plin con toma e nocciole in salsa di noci e la faraona con carciofi, ed entrambe le cose erano ottime; anche i piatti di pesce sono notevoli. Sui primi la scelta non è ampia, ma per i secondi, tra carne e pesce, potrete sbizzarrirvi.

L’unica nota negativa va ai dolci, confezionati Bindi, che potete quindi tranquillamente evitare di prendere a meno che non sappiate ciò a cui state andando incontro; buonini ma certo non al livello della cucina della casa.

Per primo, secondo, contorno e dolce abbiamo speso 22 euro a testa e siamo usciti soddisfatti e più che sazi: non sono molti a Torino i posti dove ciò possa verificarsi, e infatti la prenotazione anticipata è decisamente necessaria.

[tags]cibo, trattorie, torino[/tags]

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mercoledì 3 Dicembre 2008, 18:54

Osterie a Milano

Ieri, nell’ambito dei miei martedì sera milanesi, siamo andati a provare un posto che a Milano è piuttosto conosciuto, tanto che penso di esserci già stato in passato, molti anni fa, per una cena aziendale: l’Osteria del Treno. Si tratta di un ristorante piuttosto elegante (quindi per Milano è rustico) che è stato tra i primi a introdurre Slow Food in città, e a questo deve la sua notorietà.

Effettivamente, i ravioli di verza con salsiccia che ho preso come io sono quasi certamente la cosa più buona che ho mangiato in tutto l’anno; anche il resto era di ottimo livello, tranne forse l’oca al ginepro con polenta che mi ha un po’ deluso. Noi abbiamo preso mezzo antipasto, un primo e un secondo a testa, più mezzo litro di vino sfuso (peraltro un ottimo Barbera di Vinchio) e siamo usciti ragionevolmente sazi per 67 euro in due; con i dolci saremmo arrivati sui 40 euro a testa.

Il locale offre anche una ampia selezione di salumi e formaggi: il costo non è economico (tipo otto euro a formaggio) ma può essere una alternativa interessante. Tutto sommato, calcolato che a Milano tutto costa uno sproposito, per una cena non economica ma buona mi è sembrato un ottimo posto… per la cena economica abbiamo in lista altri locali da provare!

[tags]cibo, ristoranti, slow food, osteria del treno, milano[/tags]

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venerdì 21 Novembre 2008, 14:43

Riunioni segrete

Come sanno i miei amici più stretti (o vicini di tavola in presenza di vino), sono da mesi occupato in due progetti segreti che verranno rivelati al momento opportuno, anche se il primo sta andando a rotoli e potrebbe non materializzarsi mai. Comunque, ieri sera ero impegnato in una fondamentale riunione di “progetto segreto #2”, all’interno del quale c’erano state alcune spiacevoli discussioni con conseguente frammentazione del gruppo; abbiamo così deciso di trovarci una sera in compagnia per ristabilire un buon clima davanti a una birra.

L’appuntamento era per le nove a San Salvario, al Biberon, un localino carino da aperitivo, di quelli ggiovani dentro; solo che era strapieno. Così, dopo mezz’oretta di attesa per recuperare tutti i partecipanti, abbiamo cominciato ad aggirarci a piedi per le vie del quartiere cercando un posto dove stare; non c’era molto di aperto, i kebab non ci piacevano, il Damadama era pieno e la pizzeria nella stessa piazza avrebbe avuto un tavolo in un quarto d’ora, ma solo pochi dovevano mangiare. Così, alla fine, stanchi e infreddoliti, abbiamo notato (anche se non è molto appariscente) la ristovineria Zi’ Barba in via Pellico, dove c’erano solo due o tre persone, e ci siamo fiondati dentro.

Effettivamente c’era qualcosa di strano: i tre tizi che c’erano dentro erano tutti grossi, un po’ pelati, di mezza età e molto barbuti. Poi, mentre ci sedevamo, abbiamo cominciato a guardare le pareti e abbiamo notato che erano piene di foto di uomini pelosi, di manifesti di mostre un po’ particolari e di campagne contro l’AIDS. Insomma, a farla breve, noi – gruppo di una dozzina di individui etero di entrambi i sessi – eravamo finiti nell’unico locale gay ursino di tutto il Nordovest.

E così, ho provato l’emozione di vivere in prima persona la famosa scena del Blue Oyster Bar da Scuola di Polizia… cioè no, in realtà non è successo niente, ce ne siamo stati lì a chiacchierare tra noi, loro sono stati molto gentili, abbiamo mangiato e bevuto e così via. Ma è stata lo stesso una scena buffissima, specie considerando che noi ci eravamo trovati con la paura di dover litigare e invece ce ne siamo stati sempre ben calmi e ben seduti, soprattutto ben seduti.

E quindi, per quelli di voi che ancora non avessero ben capito, facciamo tutti insieme un saluto agli amici orsi con il leggendario video di Bear Force One!

[tags]pub, orsi, gay, bear force one, scuola di polizia[/tags]

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venerdì 14 Novembre 2008, 22:39

Tempo e cucina

Ci sono dei momenti in cui succede qualcosa di inatteso, che ti fa improvvisamente realizzare quanto lo scorrere del tempo sia dolorosamente reale.

Uno di questi momenti mi è capitato stasera, a Pisa, in giro con Elena per un weekend lungo per i fatti nostri, seguito alla riunione di consiglio di Società Internet. Avendo già fatto un’abbondante colazione e un pranzo di quattro portate, non avevamo intenzione di mangiare più di tanto; per questo, invece che verso un buon ristorante, avevamo deciso di puntare verso una banale pizzeria.

Ho quindi pensato di ritornare in un locale storico: la pizzeria La Tana, in via San Frediano. Lì, nell’autunno 1999, si tenne uno storico raduno di it.fan.culo; e ci ero tornato anche qualche anno dopo. Era un locale alla buona, con l’insegna gotica come un pub bavarese, con le pareti di legno e con una illuminazione scarsa; costava poco, aveva dei bei tavolacci densi e affollati, di antipasto ti davano lo gnocco fritto (o comunque si chiami qui) e mi rimandava a bei ricordi.

Bene, l’insegna gotica c’è ancora, ma il locale, dentro, è stato completamente rifatto: adesso è illuminato a giorno e ha le pareti di un elegante color salmone, come una qualsiasi pretenziosa pizzeria di periferia. Solo vederlo da fuori è stato uno shock; ho impiegato dieci minuti a riprendermi, e sono comunque rimasto con un orribile senso di vuoto.

Naturalmente non siamo nemmeno entrati, e ho riempito il senso di vuoto presso l’adiacente Osteria dei Cavalieri, che è il locale dove dovete andare se volete mangiar bene a Pisa, anche se può dare effetti collaterali. Abbiamo requisito uno degli ultimissimi tavoli e ci siamo sparati tutto, antipasto, primo, secondo e dolce; in particolare, erano eccezionali sia i tortelli al pecorino e pepe nero con sugo di pomodoro fresco e fagioli, sia le pappardelle all’arrosto di lepre (non un ragù, proprio scaglie di arrosto). Abbiamo mangiato benissimo, in un posto allegro e curato senza essere presuntuoso, spendendo 35 euro a testa, che è il prezzo giusto per quel genere di ristorante; non ci siamo abboffati ma non siamo usciti con la fame.

Resta, però, la preoccupante sensazione di quando la terra ti si apre sotto i piedi; non è come quando hanno raso al suolo il mio liceo, ma ci siamo vicini.

[tags]ricordi, ristoranti, pisa, cavalieri, osterie, tempo[/tags]

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domenica 9 Novembre 2008, 21:04

Stanchezza

Oggi è stata una bella giornata, ma non siamo riusciti ad alzarci prima delle 11.

Siamo andati al santuario di Oropa, ma solo per mangiare al ristorante Valfré; che nonostante una pecca terribile, ossia il vino apertamente annacquato, è stato comunque soddisfacente, specialmente la polenta concia, lo spezzatino di cervo e la torta al cioccolato.

Non ero mai stato lassù e avevo sentito parlare del posto per una sola cosa, ossia per la famosa tappa del Giro a base di Pantani; è effettivamente un luogo davvero strano, per la presenza di un enorme santuario in mezzo alle montagne, in parte illuminato e ristrutturato, in parte scrostato e decadente in mezzo alla bruma autunnale. Le immagini crepuscolari però sono state davvero bellissime.

La provincia di Biella (di cui già vi raccontai le leggende erotiche) ha alcune caratteristiche interessanti, tipo che arrivare a Biella è una tortura novecentesca di statali e semafori quasi come arrivare a Cuneo, e che per andare a Oropa bisogna pure attraversare il centro storico, dove hanno un paio di dossi alti così (fare gesto con mani). Alla radio si prende il giornale radio della Lombardia; va bene che il Piemonte orientale ve lo siete già annesso, ma non era certo il caso di dire che il traffico a Pero era piantato a causa della Fiera del Ciclo (e io che ho subito pensato a torrenti di sangue muliebre) e di una misteriosa Sesta Giornata di Milano, che se non fossi appunto stato in clima ciclistico avrei pensato a un supplemento di rivolta centosessant’anni più tardi, con la gente finalmente stufa di Berlusconi.

Resta, però, la stanchezza: sono arrivato a casa e già ho passato mezz’ora a organizzare il prossimo giro, un weekend lungo in Toscana causa riunione di Società Internet e desiderio di fuga. Nel frattempo sono assediato dalle cose da fare, burocratiche, contabili, tecniche, professionali, legali, associative, culturali e così via. Ho come il sospetto che dovrei selezionare meglio ciò a cui mi dedico: per esempio, credere di più in ciò che vorrei veramente fare, e di meno in ciò che gli altri vogliono farmi fare.

[tags]stanchezza, biella, oropa, polenta concia, lombardia, toscana, ciclismo[/tags]

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domenica 26 Ottobre 2008, 12:49

Ritorno

Oggi è una bella giornata: il sole splende, la temperatura è piacevole, e sto per andare a mangiare su per i bricchi parlando di politica. Sono arrivato a Caselle ieri pomeriggio tardi, sono stato riaccompagnato a casa, ho aperto la valigia, mi sono rilassato, ho cenato… poi c’è un buco di qualche ora, e non ricordo proprio cosa sia successo. Se qualcuno ricorda qualcosa di ieri sera, quindi, è pregato di non dire nulla.

Colgo invece l’occasione per dare un giudizio culinario su Cagliari: positivo ma con dei distinguo. Infatti la trattoria Lillicu in via Sardegna, zona delle trattorie tipiche, è stata davvero buona, anche se ci siamo riempiti dei soli antipasti; invece i ristoranti eleganti dove ci hanno portato per il convegno erano buoni ma troppo elaborati. Se vi piace la cucina sarda elaborata in modo elegante e costoso, sia il ristorante Flora (tradizionale) che il ristorante Pomata (nouvelle cuisine) sono molto interessanti; quest’ultimo in particolare si è riscattato con una eccezionale bistecca di tonno, cotta fuori e cruda dentro come fosse carne. Però non puoi prendere la commessa di dar da pranzo a centocinquanta persone nella pausa di un convegno e preparare un menu di cinque portate che richiede due ore e mezzo per essere servito; e nemmeno avere un cuoco giapponese e definirti “susci bar” o addirittura “scusci bar”!

[tags]cagliari, cucina, {argomento temporaneamente innominabile}[/tags]

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sabato 20 Settembre 2008, 12:16

Le leggende erotiche della provincia di Biella

Devo aver mangiato troppo, quest’estate; non mi si chiudono più le camicie. Eppure anche questo sarà un weekend mangereccio; in attesa dell’odierna Sagra della pizza di Pratrivero (BI), iersera ci siamo trovati con un gruppo di amici gaudenti all’Agriturismo Il Molino di Cavaglià (BI) (però questo è un BI stentato, proprio all’incrocio con VC e TO; uscita A4 Santhià). E’ un posto simpatico dove per venticinque euro ti danno qualche antipastino, un po’ di formaggi, un dolcetto, il caffé; e una bella costata al sangue. Si sente un po’ la mancanza dei carboidrati, ma ciò è comunque reso secondario dal fatto che nella cifra di cui sopra sono comprese anche quattro bottiglie di vino in cinque. E uno dei cinque praticamente non beveva. E non ero io.

Si diceva appunto che tantissimi anni fa la paglia odorava di paglia, e l’erba sapeva di erba. Per i bambini di campagna c’era ogni scusa per perdersi, e per estrinsecare la propria natura incipiente in un’estate calda; una espressione di sperma così tanto per fare, felici di una felicità normale come le mucche e i conigli. Oggi non è così, e per perdere la verginità ci vogliono una laurea e l’autorizzazione del Papa; la vita è inutilmente complicata.

La stradina dell’agriturismo è un ottovolante sgommoso, ma finisce subito; la radio invece attacca “bello, bello e impossibile, con gli occhi neri e il tuo sapor mediorientale”. Grazie grazie, prima di scoprire che su qualsiasi canale io giri ci sono sempre i redivivi Verve, la cui canzone fa oh-oh oh-oh oh-oh oh-oh (eco ad libitum); e al massimo un finto reggae appena passabile che a naso attribuirei ai Maroon 5 (il secondo disco è sempre il più difficile nella carriera di un artista). Musicalmente omologati nella notte d’autunno; vorrei imboccare l’autostrada ma c’è un furgone fermo sulla tangente della seconda rotonda, e mi tocca inchiodare in piena piega. Lui è indiano e non sa dove prendere per Genova, e per fortuna che lo indirizzo. Il resto è tutto dritto, anche se sulla strada ci sono altri incerti e zigzaganti; è un venerdì notte qualsiasi, mai una pattuglia della stradale a toglierti la patente. Arrivi al punto che le macchine ti sfrecciano accanto in direzione retro, prima ancora che tu le abbia coscientemente vedute.

Anni fa, ricordo di aver dormito in coppia con la faccia su un tavolino, incurante delle ucraine seminude che popolavano il Con-Tatto di Oldenico (VC, ma è di quel VC che sarebbe passabile come basso BI), uno di quei posti che io, con il mio ingegnerismo di ortodossia nerdica, mai avrei immaginato che esistessero; peraltro, anche dopo che gli amici allupati mi ci portarono, la mia risposta fu la faccia sul tavolino, fino a che qualche polacca strafiga non venne a svegliarci a tettate, giacché dormendo abbassavamo il tono del locale. Gli amici erano già spariti a botte di cinquantaeuri nel privé, che poi io conclusi che il privé era una tortura perché di scopare non se ne parlava, e allora – se avessi mai deciso nella mia vita di andare a puttane – almeno avrei pagato per concludere e non per farmelo tirare. Love, children, is just a kiss away.

L’undicesima edizione dell’Enciclopedia Britannica (1911) è a tutt’oggi considerata come il punto più alto della sistematizzazione del sapere anglosassone. Certo, su alcune cose è ovviamente un po’ antiquata: non è più corretto definire Trieste come “the principal seaport of Austria, 367 m. S.W. of Vienna by rail”, e nemmeno dedicare qualche pagina a discutere se la teoria che la materia sia fatta di atomi sia credibile o meno, concludendo che “it has more than once happened in the history of science that a hypothesis, after having been useful in the discovery and the co-ordination of knowledge, has been abandoned and replaced by one more in harmony with later discoveries. Some distinguished chemists have thought that this fate may be awaiting the atomic theory”. Inoltre, non credo che piacerebbe ai nostri storici sentire che il Ku Klux Klan è l’equivalente americano della Giovine Italia di Mazzini; e pare che alla voce “negro” non si possa più dire che “the arrest or even deterioration of mental development [after adolescence] is no doubt very largely due to the fact that after puberty sexual matters take the first place in the negro’s life and thoughts.” Teorie più moderne dimostrano infatti che gli affari sessuali occupano un posto centrale nel pensiero di qualsiasi essere umano in età riproduttiva (posso confermarlo su base statistica per i maschi; le femmine tirino una riga nei commenti), e che la differenza, al massimo, sta in quanto ci si concede di esserne consapevoli ed esplicarli.

Ci sono un sacco di posti dove da sempre i ragazzi usavano fare sesso; solo l’arrivo della civiltà dell’automobile, negli anni Sessanta, li ha mandati progressivamente in disuso, a favore dell’imboscarsi quieto nelle stradine di campagna e in tutti i piazzali cittadini (per Torino si spazia dal Monte dei Cappuccini al Castello di Rivoli, anzi su quest’ultimo ci troverete pure la Fernanda Lessa con la gomma bucata). Prima era diverso; e se in campagna era uno spasso, in città la situazione non era così semplice. Fonti del periodo confermano che, in fin dei conti, c’era un solo luogo sempre aperto, gratuito, buio e per la maggior parte del tempo totalmente vuoto; e così sono tante le verginità perdute per passare il tempo, negli anfratti e nei confessionali dei templi della Beata Vergine.

Cosa dunque possiamo concludere sulle leggende erotiche della provincia di Biella, nel momento in cui la vita si risveglia dopo il lungo letargo della notte, all’alba delle undici e trenta di un sabato mattina? Innanzi tutto che sono tutte vere; e questo può essere certificato da un grande numero di testimoni. Inoltre, possiamo dire che sono assolutamente naturali, e se qualcuno vi ha trovato elementi di stupore o di sdegno è persona che ha seri problemi con la propria anima animale. Talvolta c’è negli uomini contrapposizione tra lo spirito e la carne, ma, come potete vedere, ciò che la società separa l’etimologia riattacca. E quindi, “if in doubt, follow your instinct”: è giunto indubbiamente il momento per lasciare che la natura faccia il suo corso.

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sabato 13 Settembre 2008, 13:34

Consigli per le sagre (3)

Per tutti voi lettori che non vi perdete un evento mangereccio e tantomeno i consigli turistico-culinari di questo blog, segnalo che questo è il weekend del Festival delle Sagre di Asti. L’ho segnalato nel 2006, l’ho segnalato nel 2007 e potevo non segnalarlo anche quest’anno? Certo che no.

Quindi anche quest’anno, a meno che domani non abbiate impegni improrogabili, vi raccomando di mettervi in treno (gli altri dettagli tecnico-organizzativi sono nei post degli anni scorsi) e magari ci incontreremo lì in piazza. Se piove è meglio, ci si bagna ma c’è meno fila…

P.S. Come? Pensavate che fossi ancora in Mozambico? Ma no, sono ritornato ieri sera: le date del viaggio erano state accuratamente pianificate per permettere il ritorno in tempo per il Festival!

[tags]cibo, sagre, festival delle sagre, asti[/tags]

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