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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


martedì 10 Ottobre 2006, 22:25

L’improvviso interesse per la privacy

Il Garante per la Privacy esiste ormai da una decina d’anni; dopo la famosa gestione Rodotà, è ora in mano al professor Pizzetti.

Dopo un inizio alla garibaldina che ha veramente fondato una nuova cultura delle libertà individuali in Italia, specialmente in un contesto tecnologico, l’ufficio del Garante si è un po’ spento; negli ultimi anni si è distinto più che altro per l’infame tassa che obbliga tutte le aziende italiane a versare 150 euro a testa per comunicare che, sì, ogni tanto vengono elaborati dei dati.

Eppure, ci sarebbero questioni che richiedono un urgente intervento del Garante; tra quelle che seguo direttamente, c’è l’inqualificabile pratica, pervicacemente imposta dal governo americano, di pubblicare obbligatoriamente i dati di chi registra un dominio. Su questo s’è vista scarsa, se non nulla attività.

Tuttavia, il Garante si è prontamente risvegliato dal torpore in un paio di occasioni recenti. Prima, allo scoppiare dello scandalo sulle intercettazioni telefoniche, si è affrettato a dire che bisognava proteggere la privacy dei politici coinvolti, prima che i politici stessi, a tempo di record, non si votassero da soli la distruzione delle intercettazioni stesse.

E poi, adesso che le Iene hanno colto sul fatto le abitudini dei parlamentari italiani in materia di droga, sono bastati due giorni perchè, per proteggere la loro riservatezza, il Garante censurasse l’intero servizio.

E mi lasciasse qui a meditare se sarà mai possibile che in Italia i diritti vengano applicati anche quando sono dei poveracci, e non solo di chi deve usarli per difendere la propria posizione da qualsiasi ancorchè vaga minaccia.

E se davvero chi ci governa ci ritenga così stupidi da non accorgerci di questo uso spudoratamente privato del potere pubblico.

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martedì 10 Ottobre 2006, 20:24

La notizia

La notizia non è che Google compri Youtube per qualche fantastiliardo di dollari.

La notizia è che ne parli il TG5, alle 20:15 scarse, persino prima dell’infilata di cronaca (e di una perdibile, infinita intervista promozionale a Giampaolo Pansa da parte della signora Rutelli… ah, l’Italia).

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sabato 7 Ottobre 2006, 10:05

Supersbagliati

Ieri sera, girando per l’Auchan, ho scoperto come mai la gente non sa l’italiano: glielo mostrano sbagliato dappertutto.

Già si potrebbe discutere sull’offerta pubblicizzata a caratteri cubitali come “Se trovi un prodotto alimentare più caro, ti rimborsiamo 10 volte la differenza”. Certo, c’era l’asterisco con la scritta in piccolo “consultare il regolamento”, ma detta così, noi pensavamo di arrivare lì con un tartufo da mezzo chilo e confrontarlo con un sacchetto di farina.

Però la cosa migliore è stato il vasetto di “Melanzane alla napoletana” che come sottotitolo sulla lista degli ingredienti aveva: “Fette di melanzana ricettate in olio”. Sono sicuro che volessero dire che non erano al naturale, ma cucinate secondo una ricetta; tuttavia, dopo aver letto la scritta, non le ho comprate. Non vorrei mai trovarmi la Finanza in casa.

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venerdì 6 Ottobre 2006, 18:01

Prodi e la cultura

La cultura, si sa, è importante. Lo è specialmente quella stampata, e lo è ancora di più per la sinistra italiana: la rivista, il quotidiano e il libro, in ordine crescente, sono considerati l’elemento distintivo delle persone intelligenti (di sinistra) rispetto ai buzzurri qualsiasi (di destra). Deve essere per questo che il governo Prodi ha destinato particolare attenzione all’editoria proprio in questi giorni.

Per prima cosa, la legge finanziaria, per uno di quei miracoli legislativi che esistono solo in Italia, contiene anche una piccola ma cruciale revisione della normativa sul diritto d’autore. E’ stato aggiunto di soppiatto il seguente testo:

“I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29.”

Cosa vuol dire? Ufficialmente, è un modo per “regolamentare” le rassegne stampa professionali, ossia quei servizi che ti mandano ogni giorno una selezione di articoli sugli argomenti che hai specificato di tuo interesse; essi dovranno pagare una quota – presumibilmente, per motivi pratici, proporzionalmente alla quantità di articoli riprodotti – che verrà poi spartita in qualche modo tra gli editori.

Tuttavia, se leggete, non c’è scritto in alcun modo che la questione riguarda solo chi lo fa per mestiere, o chi ne trae un guadagno, o chi lo fa in maniera consistente, o chi lo fa per terzi (gli unici esentati sono gli enti pubblici: se c’è una buona occasione per aggiungersi un privilegio, come farsela sfuggire?). Da adesso, in teoria, anche citare o fotocopiare un capoverso di un articolo di quotidiano è soggetto al pagamento di una tassa. Per dire, per fare un post come questo io avrei dovuto pagare, non si sa bene (ancora) come e quanto. Non parliamo poi, che so, di fotocopiare e conservare gli articoli che mi interessano.

Sulla stessa scia, sono in arrivo altre iniziative, naturalmente tutte mirate a promuovere la vera cultura, a danno dei contribuenti buzzurri. Il vicepremier piacione “Ciriaco” Rutelli, teso a contendere a Veltroni la leadership della romanità, ha tenuto nella capitale gli “Stati generali dell’editoria 2006”, chiamando attorno a un tavolo tutti gli interessati: lui, l’associazione degli editori e i sindacati dei giornalisti.

In tale occasione ha annunciato che il governo costituirà un “Centro per il libro”, in pratica un collettore di soldi pubblici per finanziare le iniziative autopromozionali degli editori; ma soprattutto, riproporrà la legge sul diritto di prestito.

Per chi non è pratico, si tratta dell’attuazione di una famigerata direttiva comunitaria che prevederebbe l’abolizione di un concetto secolare, quello delle biblioteche pubbliche aperte a tutti. Si stabilirebbe difatti il principio che anche una biblioteca pubblica, per quanto gratuita e senza scopo di lucro, deve corrispondere all’editore un compenso per poter dare in prestito i libri. Di conseguenza, le biblioteche pubbliche diverrebbero a pagamento, o, in alternativa, lo Stato dovrebbe remunerare ogni anno gli editori a botte di milioni di euro.

Di fronte a questa prospettiva, approvata dal Parlamento Europeo dopo la solita campagna di lobbying delle grandi aziende del settore, altre nazioni hanno detto no: Spagna e Portogallo hanno fatto ricorso alla giustizia europea. Noi, invece, ci appresteremmo ad implementarla in silenzio, naturalmente sempre per promuovere la cultura.

Peccato che, nella pratica, tutto questo crescente drenaggio di soldi dalle tasche degli italiani e dello Stato finisca nel solito vecchio imbuto, la SIAE, che redistribuisce il maltolto in base al criterio della quantità. Pensavate che i soldi raccolti in nome della promozione della lettura finissero ai piccoli editori e agli scrittori emergenti? Al contrario, come per la musica, finiranno per la maggior parte nelle tasche dei grandi editori, quelli che pubblicano i calendari delle veline, le riviste popolari e i quotidiani gratuiti, che già fanno profitti significativi ogni anno, e i cui prodotti aumentano scientemente la buzzurritudine degli italiani, anzichè diminuirla. Quelli che sono promotori di cultura quando c’è da farsi abbassare l’IVA e farsi finanziare progetti dalla collettività, ma che sono “aziende che devono stare sul mercato” quando c’è da offrire un servizio pubblico o diffondere contenuti non di massa.

In compenso, in tutte le discussioni di cui sopra c’è un grande assente: la rete. Non sono più soltanto quattro aziende specializzate a far ricircolare gli articoli di giornale, ma centinaia di migliaia di persone, ogni giorno nei loro blog. E non sono più solo gli editori a promuovere la lettura, ma – oltre alle biblioteche e alle università, che però, secondo Rutelli, non essendo nè editori nè giornalisti non sono interessate dalla questione – persone e gruppi che digitalizzano libri, li trasformano in audiobook per i ciechi, li traducono in lingue dove non sono mai stati disponibili, e via così, inventando ogni giorno nuovi modi per far circolare la conoscenza, e renderci tutti un po’ meno buzzurri.

Purtroppo, per la gran parte del nostro mondo politico, le persone della rete sono invisibili. O peggio, sono pericolose; perchè in rete non c’è nessun editore che, con un colpo di telefono, può essere “invitato” a modificare un editoriale o ridimensionare una notizia sgradita al politico di turno, o al contrario a dare visibilità alle sue fregnacce. I nostri blog, a colpi di poche decine di lettore per volta, fanno informazione decentralizzata, e quindi, nell’aggregato, non controllabile.

Se volete approfondire, qui trovate una petizione da firmare contro il provvedimento sulle rassegne stampa, mentre qui ne trovate un’altra contro l’esclusione di biblioteche, università e gruppi culturali dalla discussione sulla promozione del libro. A questo ultimo link troverete anche l’articolo del Corriere della Sera che spiega i dettagli della seconda questione… almeno finchè non approveranno la legge di cui alla prima.

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mercoledì 4 Ottobre 2006, 18:26

Se lo Stato arretra

Non è difficile trovare esempi in cronaca: solo negli ultimi giorni, si sono visti (a Torino) un gruppo di pusher senegalesi occupare per tre giorni una delle principali arterie cittadine, difendendo il territorio con la forza; e (a Roma) un gruppo di italiani di periferia assaltare a colpi di mazze e spranghe il bar dei romeni, accusati di ubriacarsi e molestare gli abitanti del quartiere, per riportare un po’ di “ordine” nel luogo dove vivono.

Sono casi di arretramento dello Stato: casi in cui le istituzioni rinunciano al proprio ruolo di mediatori e di garanti – con le buone o con le cattive – della convivenza civile e del rispetto della legge, lasciando libero sfogo agli istinti e agli attriti fino a che la situazione, non gestita, esplode.

D’altra parte, è difficile prendersela con le forze dell’ordine, cronicamente sottodimensionate, utilizzate anche per compiti impropri, e spesso prive di mezzi; costrette ad inseguire ladri e spacciatori che, anche se presi, il giorno dopo sono di nuovo in giro. Il problema è chiaramente politico.

In questo senso, il governo Prodi ha mandato due pessimi segnali all’Italia. Da una parte, con l’indulto, ha rimesso in circolazione malfattori di ogni genere, dimostrando che il crimine paga; dall’altra, al di là di tutte le foglie di fico che in questi giorni vengono agitate, ha prontamente aumentato le tasse. Come a dire: non ce ne frega niente della vostra vita quotidiana o della vostra sicurezza; veniamo una volta l’anno a prendervi dei soldi, e poi sono tutti cavoli vostri.

Non meraviglia, quindi, che di fronte a questo genere di messaggi la reazione crescente sia il fai da te, sia da parte degli onesti esasperati che dei criminali incalliti.

Chissà quanto manca al punto in cui anche da noi, come nelle periferie di Los Angeles o di San Paolo del Brasile, ci saranno intere zone in cui la polizia non oserà più mettere piede, demandate all’autogestione violenta delle fasce più povere e disintegrate della società.

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venerdì 29 Settembre 2006, 08:01

Tanti auguri

Tanti auguri a Silvio Berlusconi, che oggi compie settant’anni! Silvio, ti aspettiamo tutti ai giardinetti, dove potrai giocare con i tuoi nipotini, ma anche provarci con le piacenti nonne degli altri bambini, come facevi ai bei tempi con il primo ministro della Finlandia! E poi, sciogliendoti la bandana a rivelare la tua fluente chioma nuova d’impianto, potrai arringare la folla gridando in trionfo i risultati del tuo ultimo sondaggio, dove il Polo delle Libertà sarà in vantaggio di duecento punti percentuali sugli Ex Comunisti, e Forza Italia, sconfitti in finale gli alleati traditori guidati dal perfido Casini, sarà ancora una volta Campione del Mondo!! Campione del Mondo!!! Campione del Mondo!!!!

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mercoledì 27 Settembre 2006, 08:04

Un pianto italiano

La guerra in Iraq, siamo penso tutti d’accordo, è stata una manovra di imperialismo preordinato, fondata su evidenti bugie, e mirata a sostituire un regime nemico (dittatoriale, ma questo era in realtà un particolare irrilevante) con uno amico, rafforzando nel contempo il consenso interno di George W. Bush; una aggressione militare, forse persino un crimine internazionale. Quella in Afghanistan non è stata troppo diversa. Eppure, a me le parole della sorella del militare italiano morto ieri a Kabul hanno dato molto fastidio.

Per carità, sono sicuramente parole dettate in buona parte dal dolore per la perdita di una persona cara, e quindi forse dovrebbero essere i media a ridimensionarle, anzichè spararle in prima pagina; ma dire che i nostri soldati vengono “lasciati morire come carne da macello”, e quindi invocarne il ritiro, è assolutamente bieco.

Possiamo discutere sulle ragioni per cui l’Italia partecipa a determinate operazioni militari, e persino sull’opportunità di ritirarsi. Ma la vieta retorica dei fiori nei cannoni, del “c’era un ragazzo che come me”, per favore lasciamocela alle spalle.

Dal punto di vista dei singoli, i nostri soldati che vanno in queste missioni sono volontari, hanno scelto liberamente di andare, e ricevono uno stipendio proporzionale al rischio, che conoscono benissimo molto prima di partire. La possibilità di morire facendo il proprio lavoro c’è, ma quello del militare all’estero non è certo l’unico lavoro che ha un rischio significativo di morte: conosco un ragazzo sardo che da anni e anni fa il carabiniere a Cinisello Balsamo, per uno stipendio che è un quarto di quello di un soldato in Afghanistan, e non credo che la mortalità del suo lavoro sia tanto inferiore.

Per la questione di principio, forse tra qualche decennio riusciremo ad avere un mondo privo di guerre; ma anche allora, non credo possibile avere un mondo senza forze armate, perchè la convivenza civile, tra persone come tra stati, si basa anche sull’accettazione – nevrotica o meno ;) – di regole comuni, e sul loro rispetto. Possiamo discutere all’infinito di quale sia il modo giusto e democratico per definire le regole di convivenza del mondo, ma non del fatto che si possa vivere senza avere dei mezzi, in casi estremi anche coercitivi, per farle rispettare; per non parlare dell’esigenza di forze armate di interposizione e pacificazione, che, con tutta l’ironia che ci si può fare sopra e con tutti i fallimenti passati (vedi Bosnia o Somalia), in altre situazioni hanno salvato dall’abisso dell’anarchia violenta intere nazioni.

Un Paese che non capisce questo, un Paese che non ha la capacità di inviare soldati a combattere, se necessario a morire, per difendere la pace e la gente comune là dove è richiesto, è un Paese bambino, che non è in grado di assumersi le proprie responsabilità da membro adulto e rispettato del consesso internazionale.

Allora, torniamo pure indietro dall’Afghanistan anche domani mattina, se pensiamo che la nostra presenza faccia male anzichè bene a quella nazione; ma non facciamolo solo perchè ai primi morti ci mettiamo a piagnucolare.

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martedì 26 Settembre 2006, 22:20

Lapsus freudiani

Fassino a Ballarò: “Se qualcuno avesse criticato i DS dicendo che non sapevano in anticipo della fusione DS-Sanp… scusate, Intesa-Sanpaolo…”

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martedì 26 Settembre 2006, 21:33

Esperti in TV

Quando si parla di Internet in televisione, è raro sentirne parlare con competenza; l’Italia è piena di persone che si dichiarano esperti a sproposito.

Per questo mi sono piacevolmente sorpreso, poco fa, quando guardando il servizio di apertura di Ballarò – che stasera si occupa di Telecom e intercettazioni – ci ho trovato dentro Andrea Monti, collega di tanti anni di Naming Authority, che esperto di libertà digitali dal punto di vista legale (e fondatore di ALCEI, l’equivalente italiano di EFF) lo è davvero.

Naturalmente, però, l’hanno fatto parlare per dieci secondi in tutto, e non si sono risparmiati il vieto stereotipo di intervistare il “tecnico” (anche se Monti è un avvocato) dentro una server farm, con macchine e cavi di rete e lucine ben in vista. Le sue giacca e cravatta stonavano non poco… Ma insomma, non si può avere tutto in una volta sola!

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lunedì 25 Settembre 2006, 20:27

Un consiglio disinteressato

Caro monsignor Milingo, fai attenzione a diventare così scomodo per il Vaticano! Perlomeno, non accettare quando ti offrono un caffè

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