Questo blog crede nella trasparenza, e nei miracoli sovversivi che fa Internet. E’ per questo motivo che qui o qui (NOTA: file completo e definitivo, link aggiornato il 3/5 alle 18:30) – se superate con pazienza tutte le prove che i siti di hosting gratuito di file impongono agli utenti, non registrandovi e non pagando – troverete le dichiarazioni dei redditi 2005 di tutti i torinesi (per ora mancano ancora i cognomi da ZAG in poi, che da Emule non sono ancora arrivati). Io, a leggere i redditi di certe persone (meno del previsto comunque), mi son già fatto crasse ma amare risate. Domani il commento a tutta la vicenda, e magari qualche altra città ; comunque non avete bisogno di me, attaccatevi a un qualsiasi peer-to-peer e ringraziate che esista.
Aggiunta: Dopo aver letto un po’, mi è venuto in mente che forse non a tutti può essere ovvio il significato dei numeri nelle tabelle. In pratica, per chi ha un lavoro dipendente o precario si trova il reddito lordo nella prima colonna e la tassa pagata nella seconda. Chi invece ha una partita IVA o un’impresa ha il fatturato nell’ultima colonna, e il reddito lordo nella penultima, anche se in vari casi c’è scritto zero, compresi casi in cui il reddito non è affatto zero (tipo il mio) – quindi non so bene con che criterio la riempiano o meno. Ovviamente qui non compaiono le rendite finanziarie; inoltre ci sono casi di persone che conosco e che so che hanno presentato la dichiarazione, in cui la riga però è vuota. Insomma, comunque questi numeri vanno presi con le pinze, anzi forse a questo punto sarebbe bene che l’Agenzia delle Entrate ce li spiegasse…
Aggiunta 2: E’ comparsa anche Milano. Se ne vedo altri di grandi città li linkerò qui dentro, ma consiglio a tutti gli interessati di cercarseli da soli: in rete è pieno di istruzioni su come installare Emule per il vostro sistema operativo, e Repubblicaspiega come fare a trovare i file.
Caro Chiampa, i complimenti te li ho fatti, ma una volta basta: capisco che La Stampa insiste nel pubblicare fotocopie della stessa lettera anonima (in alcuni punti praticamente identica parola per parola, vedi kebab ai funghi) per metterti in difficoltà , va bene che la gente vuole politici partecipi e pure sceriffi, ma sentire un sindaco che notifica alla collettività che l’altra sera c’era gente che beveva birra davanti a un supermercato (mio dio che reato!) mette un po’ tristezza…
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Non voglio fare troppo il grillo; ma in questo ponte è stato anche inaugurato il nuovo padiglione alimentare del mercato di Porta Palazzo, ossia la ristrutturazione completa del vecchio edificio storico. Non ho visto il risultato, ma ho ascoltato il servizio al giornale radio regionale: ci si vantava con grande orgoglio di avere speso oltre otto milioni di euro per ripristinare i quarantadue stand del mercato.
Ora, a parte che ti sparano queste cifre con entusiasmo, come se aver speso molto fosse una nota di merito, e invece dovrebbero vantarsi quando riescono a fare le cose spendendo poco; ma otto milioni diviso quarantadue fa circa duecentomila euro per ciascuno stand, che, se non ricordo male da prima della chiusura, è sostanzialmente un grosso cubicolo in muratura dentro il padiglione, con un bancone che serve ad esporre la merce. In pratica, spendevamo meno (e facevamo prima) a comprare a ciascuno di questi ambulanti un appartamento, o un negozio grande il doppio in via Roma. Mah…
Stasera sono tornato a casa dopo un bel giro in centro, che ha incluso un passaggio per le due manifestazioni per poi approdare agli gnocchetti di patate con crauti e speck e al panino con salsiccia calabra piccante della Fiera Europea.
Comunque, tornato a casa, ho già potuto constatare che è partita la solita guerra di cifre sul V2Day: i giornali parlano di 30.000-40.000 persone per Grillo e di 3.000-4.000 per la contromanifestazione istituzionale, i cui organizzatori politici avrebbero dichiarato che “la nostra piazza è stracolma” e “è stato un grande successo”. Bene, io non so contare le persone, ma se dovessi basarmi su quello che ho visto attorno alle 17, direi che il numero dei partecipanti di Grillo tendeva più verso i centomila, mentre quello della manifestazione ufficiale era di qualche centinaio al massimo. Certo è difficile valutare, visto che il centro era anche pieno di curiosi, di amanti dello shopping e di famiglie in gita, ma la sensazione è stata che Grillo avrebbe avuto probabilmente ancora più seguito se la piazza fosse stata più grossa, visto che a un certo punto era praticamente impossibile entrare nella piazza e persino aggirarla sui bordi.
Comunque, anche in questo caso direi che potete farvi una vostra opinione: ho messo su un album fotografico di ciò che ho visto. Anzi, riporto qui sotto le foto, in ordine di scatto, e i miei commenti.
Piazza San Carlo, sede del V2-Day di Grillo, vista da sud: si riesce a malapena a mettere piede nella piazza, l’interno è completamente zeppo di persone.
Persino sotto i portici opposti al palco è quasi impossibile passare, per la gente ferma per firmare o per guardare.
Anche dal lato opposto al palco è impossibile entrare nella piazza, che è completamente piena.
Anche dal lato nord, angolo di via Santa Teresa, si vede una piazza pienissima e densa di gente.
In via Roma, dove si trova un gruppo di banchetti per la raccolta di firme, centinaia di persone sono ordinatamente in fila e in attesa.
Da via Roma lato nord, guardando indietro verso la piazza: la calca straborda dalla piazza e inizia a metà isolato.
Questa è piazza Castello, fotografata due minuti dopo le foto di piazza San Carlo, giusto il tempo di arrivarci a piedi. La piazza è semivuota, e occupata principalmente da gente che chiacchiera o passeggia per i fatti propri, e non è lì per la manifestazione.
Avvicinandosi, siamo ormai a poche decine di metri dal palco e la piazza è ancora semivuota.
Siamo ormai a pochi metri dal palco: qui cominciano ad esserci persone che assistono alla manifestazione “ufficiale” organizzata dalle istituzioni, ma sono comunque abbastanza sparse.
Senza difficoltà siamo arrivati proprio sotto il palco: persino la prima fila è semivuota… A seguire la manifestazione saranno state a dir tanto qualche centinaio di persone.
Non so se la situazione sia stata diversa in altri momenti della giornata; questo però è quello che ho visto io, e mi sembrava giusto farlo vedere anche a voi.
Se oggi – ma anche domani o dopodomani, finisce domenica sera – siete in giro per Torino, al V2-Day o all’anti-V2-Day o anche solo per i fatti vostri, vi consiglio caldamente di passare dalla Fiera Europea: si tratta di un grosso mercatino di cibo di strada da tutta Europa, dove potrete mangiare o comprare le specialità culinarie di vari paesi. Si tiene ai Giardini Reali, cominciando dall’uscita sul portico di piazza Castello e scendendo fino a corso San Maurizio. C’ero stato gli anni scorsi, mangiando un mix di paella, bratwurst e pecorino sardo, e meritava!
All’Hiroshima infatti suona The Niro, il nuovo fenomeno della musica internazionale, un misto tra Jeff Buckley e i Muse:
Certo, forse questo suo primo singolo pecca un pochino di originalità e di troppa aderenza ai modelli (però anche di Mika si poteva dire la stessa cosa), ma comunque incanta al primo ascolto; il ragazzo c’è, e non ha nulla a che vedere – purtroppo – con gli “artisti” che sforna la discografia italiana, dai Finley ai Sonohra passando per gli Zero Assoluto, e che difatti non appena mettono un piede fuori dai patrii confini diventano dei perfetti sconosciuti.
Oppure potrei dirvi che The Niro in realtà è di Roma, si chiama Davide e ha dovuto girare il mondo per i fatti suoi per anni, facendosi conoscere a forza di Myspace e CD masterizzati e aprendo concerti di gruppi famosi, prima di trovare un discografico che gli stampasse il disco…
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Eppure, la distanza che ormai passa tra un Chiamparino e un Veltroni è evidente. Per me è stato emblematico ricevere uno spammone elettorale da un candidato piddino-rutelliano nelle comunali di Roma, una persona che da tempo si occupa di rete all’interno del PD, e che per questo, avendo pescato il mio indirizzo da qualche parte, mi riempie di messaggi. La lucida analisi post-elettorale di questo candidato era la seguente:
“la così forte presenza della Lega riporta in auge una divisione del Paese quantomai deleteria in questo momento di crisi internazionale e difficoltà interne. Le prime dichiarazioni testimoniano l’odio viscerale verso una parte importante di Italia e in particolare contro Roma indicata come unico male supremo.” (grassetto suo)
Anche oggi, la continuazione del post di ieri avrà un sottofondo musicale: è quello di Daniele Silvestri, che ha appena pubblicato un nuovo singolo intitolato appunto Monetine.
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In realtà – trattandosi del singolo che precede la raccolta in uscita tra poco – non è un brano nuovo, ma una canzone di quasi dieci anni fa, Pozzo dei desideri, riarrangiata pesantemente in stile Manu Chao e senza ritornello. Comunque, parla anch’essa del gioco d’azzardo, di come sia diventato in questi anni la speranza dei disperati, l’unica proposta che la società riesce ad offrire a un consistente strato di persone.
E’ interessante vedere Caparezza e Silvestri affrontare contemporaneamente il problema di chi resta ai margini del fiume di ricchezza che attraversa le nostre società , molto visibile ma accessibile soltanto a pochi. Tanto sicuro e rabbioso è Caparezza, quanto intimo e amaro è Silvestri, un artista forse sottovalutato per via di questa sua dimensione un po’ minore nei toni, ma che ha prodotto alcuni dei pezzi più emozionanti di questi anni, da Cohiba a L’autostrada.
Il gioco d’azzardo è sempre stato un no-no, monopolizzato dallo Stato, vietato ai figli come e più della droga, e mantenuto sotto traccia, come vizio imbarazzante dei ricchi. E’ per questo che qualche giorno fa, andando in centro, io mi sono indignato per una intera parete di piazza Carlo Felice occupata da una enorme pubblicità del poker.
Per fortuna non sono stato l’unico, tanto che ne ha parlato qualche giorno fa La Stampa in cronaca. Eppure, quel cartellone non è arrivato lì da solo: qualcuno deve averlo commissionato, certo. Ma qualcun altro deve averlo stampato, trasportato, montato. Immagino anche che un certo numero di uffici pubblici l’abbiano vagliato ed autorizzato. E certamente hanno dato il loro via libera, in cambio di una congrua quantità di denaro, i proprietari del palazzo. Che a nessuno di questi sia venuto un qualche dubbio è francamente deprimente: testimonia di quanto in basso sia sceso il livello di etica, il senso di comunità e di responsabilità reciproca che sta alla base di qualsiasi convivenza civile.
Oggi è una giornata decisamente grigia, tanto che fuori dalla mia finestra c’è il nulla, solo un bagliore smorto e lattiginoso disteso uniformemente sui tetti come se fosse il cielo.
E così, oggi non parlerò di politica se non per notare che per la prima volta, sulla mia lista di benpensanti internazionali del futuro della rete, è stato menzionato un politico italiano, e non solo: il suo pensiero è stato riportato da una delle persone più apprezzate e menzionato come illuminante, moderno e condivisibile. E’ interessante quindi notare come la citazione fosse “market if possible, state if necessary”, dalla lettera di Giulio Tremonti pubblicata ieri dal Financial Times: che dire, Tremonti è suscettibile, ma almeno sa scrivere in inglese.
Comunque, oggi il modo è pigro e sonnacchioso, e dal punto di vista lavorativo produco davvero poco. Però stamattina ho fatto una cosa che non si fa spesso: sono andato a piedi alle Gru.
Per cambiare quattro gomme ci mettono un’ora; probabilmente ciò dipende anche dalla scena che ho visto entrando nell’ufficio, dove la vecchia contabile chiedeva al giovane aiutante come si potesse entrare nel computer. Il giovane le spiegava che doveva usare “admin, admin” come username e password. La signora sbuffava, se lo faceva ripetere due o tre volte, si faceva fare lo spelling di “admin”, e infine se ne usciva esasperata: “Ma insomma! Non potremmo avere una sola password uguale per tutti?”.
Non avendo voglia di aspettare un’ora in officina, io regolarmente ne approfitto: da via Villa Sant’Anselmo, praticamente all’angolo con via Bard, mi incammino per cinque minuti verso il centro; passo davanti a Roby, poi alla sede della Chiesa Cristiana Pentecostale (Chapel of Victory), e infine arrivo a girare a destra in via Porta Littoria. E’ una zona interessante, dove l’isola costruita della città si sfrangia contro l’oceano dei prati, e gli edifici sono bassi e irregolari, salvo qualche palazzo anni ’70 che si staglia ma sembra completamente fuori posto.
In breve, la via arriva all’orlo della città ; l’ultima casetta prima del mare è il famoso “centro estetico”, una anonima villetta caratterizzata da una piccola targa d’ottone con la scritta “Centro Estetico – Suonare”; non ci sono insegne di alcun tipo e nulla che attiri l’attenzione, e naturalmente nessuno metterebbe mai un centro estetico al fondo di via Porta Littoria, una via di estrema periferia dove non puoi proprio arrivare per caso, se non fosse in realtà un “centro estetico”; tanto è vero che oggi, ripassando dopo mesi, ho scoperto che sulla targa d’ottone c’è appiccicato un cartello a pennarello con scritto “Il centro estetico ha chiuso DEFINITIVAMENTE”.
L’orlo della città è un luogo molto particolare; la strada principale che arriva dal centro finisce nello sterrato, e subito dopo nel sottosovrappasso pedonale della ferrovia, una stranezza topologica per cui l’attraversamento ferroviario passa sia sopra che sotto ai binari. Ci sono muratori romeni che bivaccano in macchina, vecchi rifiuti abbandonati, e a destra segue il prato, mentre a sinistra incomincia Torino. Il sottosovrappasso è squallido, e quasi sempre si incrocia qualcuno che piscia; l’interno è ripieno di scritte di studenti che si amano o si mancano, anche se non ci sono scuole nel raggio di chilometri.
Dall’altra parte, si sbuca sullo stradone delle Gru, anzi su un ponte sul verde, largo e recente, che si stacca ardito dalla borgata Lesna, trattenendo il fiato per saltare i prati, e giunge fino al centro commerciale, ignorando nel tragitto un antico podere di campagna che oggi è diroccato, ma che ai suoi tempi, un tre secoli fa, doveva essere davvero bello.
Se arrivate alle Gru in auto, non vedrete mai tutto questo; quei trecento metri saranno solo un lampo in una accelerata evaporazione di petrolio. A piedi, invece, si respira il non-luogo; un posto apparentemente insignificante e vuoto, dove però, tutto attorno, si stratifica con evidenza la vita umana. Respirando il vento e l’umidità del prato, ti puoi immaginare l’antica strada sterrata che portava a Grugliasco, i campi coltivati, la villa settecentesca prima florida, poi diroccata, poi la costruzione del lungo rettilineo della ferrovia per la Francia, la strada asfaltata, le case che cominciano a spuntare come funghi dall’altro lato, l’invasione della città sulla campagna, la chiusura del passaggio a livello che devia il flusso di auto e condanna il futuro centro estetico al suo magico isolamento. E poi il cantiere per il trincerone ferroviario per l’interporto, il centro commerciale, l’allargamento della strada e le invasioni barbariche di tutti i sabati pomeriggio, e siamo arrivati ai giorni nostri.
A metà di tutto questo, un’auto con la scritta “CITTA’ DI TORINO” si ferma proprio accanto a me e alla villa pericolante. Un tizio scende, guarda con attenzione un cartello, poi esclama: “Ma minchia!! E’ comune di Grugliasco!” (lo sapevo pur io, il confine passa proprio sulla strada). Il compare, dall’auto, fa un segno di stizza. Alla fine il primo esclama “Vabbe’, facciamo lo stesso le foto, poi le mandiamo al comune di Grugliasco”. Giornata salvata.
P.S. Naturalmente, dopo essere tornato a casa, la carrozzeria mi ha richiamato per dirmi che avevano montato le gomme sbagliate, cioè due vecchie invece di due nuove che mi erano “dovute” (cioè, che potevano essere montate sulla mia auto addebitandole alla ditta di noleggio e facendo quindi aumentare il conto). Quindi dovrò fare un’altra passeggiata la prossima settimana; nel frattempo, però, per sconfiggere un po’ il cielo grigio (e per averlo promesso a Fabbrone ieri sera), ecco qui Soledad Pastorutti con la sua Tren del cielo. Viva il cielo azzurro, e viva un po’ di sano folk-rock latinoamericano; basta con la plastica stinta della musica anglosassone, e con la roba da vecchi che tira regolarmente fuori Suzukimaruti!
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Ho già parlato in passato di come, pur essendo assolutamente a favore di nuove infrastrutture, la voglia delle istituzioni pubbliche – in particolare piemontesi – di scavare e riscavare mi sembri alquanto sospetta. Potete quindi immaginare la mia reazione quando sul giornale di oggi ho trovato non una ma due belle sparate di Mercedes Bresso.
Peccato che subito dopo si precisi che siccome Pinerolo è piccola edi Torre Pellice non ne parliamo, in realtà non ci sarà alcun tratto stradale; semplicemente, i nuovi supertram circoleranno sui binari dei vecchi treni, fermandosi alle vecchie stazioni, e offrendo lo stesso servizio di prima. Al massimo, visto che accelerano e frenano più velocemente, si piazzeranno un paio di fermate extra in mezzo ai campi, sperando che ci si materializzi prima o poi qualche passeggero. Sfugge quindi a chi serva l’investimento; a parte ovviamente la Alstom di Savigliano, che questi supertram li costruisce.
Tuttavia, questa idea è una bazzecola se la si confronta con la successiva: la Bresso vuole costruire un tunnel autostradale a quattro corsie sotto Torino, partendo dal sottopasso di corso Unità d’Italia, passando sotto il Valentino e piazza Vittorio, e sbucando sul Lungodora all’altezza dell’Italgas. Firmando un accordo con Di Pietro all’ultima settimana da ministro, si vuole costruire un’opera che vien via per due lire, pare un paio di miliardi di euro; che peraltro non sarebbero sufficienti per questa e per le altre autostrade da costruire in zona, per cui la nuova opera sarebbe costruita da privati che poi imporrebbero un pedaggio.
Infatti, si dice, lo scopo dell’opera non sarebbe tanto portare il traffico in centro, ma velocizzare l’attraversamento nord-sud della città . Capisco che se uno arriva da Savona e va ad Aosta debba fare un lungo giro (che peraltro si accorcerà quando finiranno corso Marche), ma ha senso scavare un megatunnel per togliere traffico dalla tangenziale e portarlo sotto il centro città ?
Restano i soliti dubbi sulla pianificazione dei trasporti dell’area torinese; da una parte si fa una metropolitana bellissima, che però costa e fa fatica a venire finita; dall’altra però si vuol fare la tangenziale centro con annesse devastazioni e cantieri. Da una parte si incrementano costi e divieti per andare in centro, dall’altra si costruisce un parcheggio proprio sotto piazza san Carlo. Per questo sembra che l’idea sia di costruire megaopere ovunque, più che di pianificarle con cura.