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Archivio per la categoria 'WeekBowl’s&Music'


lunedì 14 Luglio 2008, 20:54

Singing in the rain

Di concerti bagnati ne ho seguiti parecchi, ma quello di ieri sera li batte tutti: e dire che era stata una bella giornata, tanto che ero uscito in bicicletta per mezzo pomeriggio. Quando però è calato il sole, sulla vecchia fabbrica di Collegno si è scatenata una pioggerellina; quando ci siamo avviati ai cancelli, è diventata una pioggia secca, tanto che i venditori di magliette – di cui peraltro mi chiedo da anni perché, indipendentemente dal tipo di musica e dal luogo del concerto, vengano tutti dalla stessa parte d’Italia – si sono prontamente ritrasformati in venditori di preservativi giganti, cinque euro per cinque centesimi di plastica sottilissima.

All’inizio del concerto, tuttavia, la situazione era potabile, tanto che si erano scatenati sia cori da stadio anche piuttosto sboccati contro i rari tamarri (anzi, più spesso tamarre) che insistevano nel tenere gli ombrelli aperti ostruendo la visuale a mezza platea; sia un o-o-o-o-o-o-o che ricordava un po’ il po-po-po-po-po-po dei Mondiali, ma era in realtà il riff di Black Night. I Deep Purple apprezzano e spuntano sul palco puntualissimi, alle 21 e 30 spaccate; attaccano con la stessa scaletta già sentita l’anno scorso, prima Pictures Of Home che permette a tutti di farsi un assolo, poi Things I Never Said – bonus track dell’ultimo disco il cui scopo essenziale è un ulteriore assolo di Morse -, poi Into The Fire, dove Gillan quasi fa gli acuti. Poi attaccano Strange Kind Of Woman; peccato che nel bel mezzo del primo ponte salti la luce. Loro stessi sono sorpresi e si mettono a ridere, Paice continua insieme al pubblico che cerca disperatamente di tenere vivo il concerto, ma non c’è nulla da fare.

Parte infatti un temporale pazzesco; il resto del gruppo si rifugia sotto un ombrello gentilmente offerto dallo sponsor Cantine.org, mentre io mi infilo sotto un telone da campeggio verde miracolosamente apparso in mezzo alla platea; altri scappano e tornano alle auto. Aspettiamo che passi il temporale; cinque, dieci, quindici minuti e la situazione non fa che peggiorare, un vero torrente acquatico che si rovescia su di noi, e nonostante io abbia la mantellina e sia sotto il telo impermeabile mi infradicio lo stesso. Ci vuole mezz’ora abbondante prima che i fulmini terminino e la pioggia ridiscenda a un livello accettabile. Ma è una bella mezz’ora, in cui noi resistenti sotto il telo socializziamo e ridiamo di quella situazione imprevista, e alla fine ci organizziamo pure per un lancio a testuggine, con il quale conquistiamo la quinta-sesta fila proprio sotto il centro del palco.

E così, si riparte: i Deep Purple riattaccano Strange Kind Of Woman dal preciso punto in cui l’hanno interrotta… Sono i momenti migliori del concerto, non solo Rapture Of The Deep (che è un bellissimo pezzo, ma io sono l’unico nel raggio di cento persone a conoscerla e cantarla) ma soprattutto il pezzo solista di Morse che segue subito dopo, introdotto da Gillan, che dice che farà tornare il sole. Lì, salta fuori la magia: il pubblico ammutolisce e per la parte più intima del pezzo si sente solo la chitarra che arpeggia e scaleggia e lo scroscio della pioggia. Morse – che non era in grandissima serata, cioè eccezionale come sempre, ma non particolarmente ispirato – infila però una sequenza bellissima, magari anche sporca, che deve essere difficile fare virtuosismi alla chitarra con torrenti d’acqua che arrivano giù a mezzo metro dal tuo naso e freddo e umidità ovunque, specie se tieni il plettro in quel modo. Ma è proprio l’imperfezione del tutto a renderla magnifica, un momento davvero emozionante.

Questa parte del concerto è quella che mi coinvolge di più, e non solo perché è l’unica diversa dal concerto dello scorso anno: attaccano The Battle Rages On, e anche qui pochissimi la conoscono, ma a Torino ha un senso particolare. Era infatti proprio per il tour dell’omonimo disco che erano venuti in città, credo per l’ultima volta, nel 1993: quella volta eravamo al Palaruffini e il concerto era stato pieno di laser ma privo di cuore, visto che erano già ai definitivi ferri corti con Blackmore. E’ bello che la rifacciano qui ora, e con ben altro entusiasmo.

Dopo mi fanno anche Demon’s Eye, uno dei miei classici preferiti, ed è una goduria, anche se l’assolo di Morse è insipido e, per una volta, non all’altezza del classico; meglio la scenetta di Gillan che si avvicina a Glover spalla a spalla subito prima di cantare “I don’t need you / anymore” e poi lo guarda e aggiunge “just kidding”. Segue il momento solista di Airey alle tastiere, che infila un po’ di tutto, venti secondi dell’Invenzione a due voci numero 8 di Bach, venti secondi di La donna è mobile, e mezzo minuto di Singing In The Rain, con il pubblico che ride e si rincuora; la pioggia peraltro sta scemando, anzi a questo punto ha quasi smesso. Come da canone, il solo di tastiera diventa Perfect Strangers, e così abbiamo smarcato anche il muto pozzo di tristezza.

Viene quindi il momento dei classici finali; secondo me il peggio della serata. Gillan ha finito la voce da parecchio – direi almeno dal 1985 – e si limita a mugolare qualcosa ogni tanto; gli altri cercano di coprire con assoli allungati. Space Truckin’ non ha vivacità e nemmeno tanto tiro; su Highway Star, la chitarra di Morse è a volume bassissimo e si perde quasi l’assolo; persino Smoke On The Water passa via come fosse niente di speciale. Loro salutano e io sono deluso; alla fine l’ora e venti l’hanno fatta, ma è come se mi avessero portato via il dolce quando già lo pregustavo.

E invece, si salvano in corner; tornano fuori e fanno Hush, e va decisamente meglio, la gente balla e il cielo ormai è asciutto; poi, a tradimento, attaccano Black Night, invocata per ore da tutto il pubblico. Glover cicca l’attacco del solo di tastiera, ma con grande nonchalance fa finta di aver appena inventato un nuovo arrangiamento (comunque ieri Glover ottimo, sempre presente e con belle improvvisazioni), e la canzone va via alla grande; suona come un premio, per aver resistito sotto la pioggia senza defezionare; e ce la godiamo tutta.

Insomma, si sa che i Deep Purple sono vicini ai limiti per via dell’età, e ieri tra la pioggia e gli inconvenienti non è stata la serata magnifica che era stata lo scorso anno a Los Angeles, anche se la ricorderò per la sua stranezza. E’ comunque stato un bel concerto; vale sempre la pena di vederli anche quando le cose non girano tutte al massimo, e non dubito che li rivedremo ancora in giro per un po’.

[tags]deep purple, musica, colonia sonora, collegno[/tags]

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venerdì 11 Luglio 2008, 15:45

Troppo Traffic

Probabilmente sono io che sono troppo torinese: non perdo mai una occasione per brontolare. Eppure vorrei dire qualcosa sulla querelle che si trascina da mesi sul futuro di Traffic, nata dalle dichiarazioni del sindaco Chiamparino sulla possibilità di tagliargli i fondi e trasformarlo in un evento a pagamento, e dalle ripetute reazioni scandalizzate del jet-set musicale della città, capitanato dal direttore di TorinoSette Gabriele Ferraris (vedi l’editoriale dell’altra settimana e le frecciatine nel suo articolo di oggi).

Premetto che mi sento un po’ in colpa, perché tra i diretti predecessori di Traffic c’era quel Mac Pi 48 che io e altri abbiamo organizzato per tutta la seconda metà degli anni ’90: un megaconcerto gratuito nel cortile del Castello del Valentino. Lì lo scopo e il giro del fumo erano chiari: il Politecnico ci metteva alcune migliaia di euro per il palco e il cachet degli artisti, decine di studenti ci mettevano lavoro volontario, si invitavano artisti alla portata (comunque avemmo gente di ottimo livello, a partire dal debutto live all’aperto nella storia dei Subsonica) e si faceva una gran festa, senza pretendere chissà quale raffinatezza culturale. Il rapporto coi vigili non era mai facile; oltre a tonnellate di burocrazia, ci veniva imposto un chiaro limite sul volume e il divieto tassativo di andare oltre la mezzanotte – e nonostante questo, una volta ci prendemmo una multa. Ci preoccupavamo comunque del disturbo; si trattava di una sola serata in pieno giugno, ma regolarmente riempivamo le case di volantini di scuse anticipate per il rumore e tarpavamo i mixeristi troppo allegri col volume, perché ci sembrava del tutto normale che a breve distanza abitassero persone che volessero stare il più in pace possibile.

Qualche anno dopo, ai tempi di Vitaminic, approcciammo il Comune per discutere possibili iniziative estive. Fu lì che scoprii il magico mondo dei concerti estivi: quello per cui, improvvisamente, da metà giugno a fine luglio tutte le amministrazioni pubbliche italiane decidono di voler riempire le piazze con la musica (o, in alternativa, il cabaret). Per i cantanti è un periodo d’oro: qualsiasi canaro stonato costa in quel mese e mezzo tre o quattro volte di più rispetto al resto dell’anno. Ma anche per gli organizzatori è un periodo d’oro: dovunque ci siano fondi pubblici, ci sono persone pronte a intascarli con ogni mezzo.

A Torino, in particolare, mi fu spiegato come le attività musicali estive fossero rigorosamente spartite tra tre o quattro organizzatori o “associazioni culturali”, ognuna con sufficienti connessioni politiche. Ogni tanto le connessioni di qualcuna si rivelavano non abbastanza resistenti e i fondi sparivano; fu così, per dire, che l’Associazione Culturale Barrumba al volger del millennio fu esiliata dalla città e costretta ad inventarsi il Chicobum Festival di Borgaro, che tirò avanti per sette anni senza grossi assegnazzi comunal-provincial-regionali, a dimostrare che un altro mondo sarebbe possibile, anche se l’anno scorso dovettero alzare bandiera bianca.

Tra quelli che a Torino continuano a vivere, gran parte del lavoro lo fa l’Associazione Culturale Hiroshima Mon Amour; compreso Traffic, anche se esso si è poi costituito in una sua propria Associazione Culturale Traffic, diversificando un po’ i loghi sulle richieste di assegnazzi. Traffic è un affare quasi milionario; qui, insomma, il giro del fumo comprende sovvenzioni pubbliche da (pare) centinaia di migliaia di euro, sommate a sponsor privati di dimensione simile o superiore, che servono per permettersi artisti di (vero o presunto) spessore internazionale in piena stagione di punta. Comunque, le associazioni culturali non fanno certo Traffic per cultura; per le decine di persone impegnate nell’organizzazione, si tratta di un lavoro, e come ogni lavoro va remunerato; quindi una parte di questo budget (non ho assolutamente idea di quanto) resta sicuramente nelle loro casse.

Il conseguente sospetto che quando Chiamparino e Ferraris discutono di cultura stiano in realtà discutendo di soldi è comunque legittimo; anzi, a me è venuto pure quello che stiano discutendo di politica, visto che Hiroshima, per dirne una, ha ospitato la festa finale della campagna “ribelli DS per Morgando contro Chiamparino e Bresso” dell’anno scorso, e magari il Chiampa s’è legato la cosa al dito; chissà, magari quelli di Hiroshima stanno già facendo le ricognizioni al parco Chico Mendes.

Chiaritovi quindi che quella su Traffic tutto è, meno che un’aulica discettazione sugli strumenti di diffusione della cultura e sulla loro sostenibilità, facciamo finta che lo sia e discutiamone un attimo. Ieri, verso le 22, essendo già in giro in auto, abbiamo provato ad andare al festival; peccato che nel raggio di chilometri a sud della Pellerina – un’area densamente abitata – non ci fosse un parcheggio disponibile, ma solo decine di macchine che gasavano gli abitanti girando in tondo e non sapendo dove fermarsi. Deciso che non avevo voglia di andarci a piedi, sono tornato a casa, dove sono stato poi svegliato dall’evento clou: un concerto di musica da discoteca a un volume mostruosamente alto, tanto che a casa mia, a una decina di isolati dal limite del parco, tremavano le pareti fino a mezzanotte e un quarto, anche con le finestre chiuse. Non oso immaginare chi abita più vicino…

Supponiamo comunque di riuscire ad andarci, come ho fatto varie volte negli scorsi anni. Bene, sgomitate e arrivate sotto il palco; nonostante il volume, non riuscirete a concentrarvi sulla musica. Difatti, tre quarti delle persone attorno a voi sono lì per caso, “tanto è gratis”, e passano la serata a chiacchierare e ridacchiare a voce alta; ogni tre minuti, nel bel mezzo di un brano, passa un carrettino col compressore acceso e un venditore che grida a voce altissima “cocabbirraggelatiiii…”. E’ chiaro che a Traffic, della musica, non frega niente a nessuno, se non a una minoranza di appassionati che avrebbero volentieri pagato cinque euro per godersi gli artisti in santa pace, invece che pigiati in mezzo a tutti i tamarri della città in libera uscita. Aggiungeteci che, quando il concerto finisce, si rischia la vita perché decine di migliaia di persone si accalcano in un vialetto di tre metri di larghezza, intasato di bancarelle promozionali, pur di uscire…

Insomma, Traffic è non solo insostenibile economicamente, ma è insostenibile anche ambientalmente, per chi ci vive accanto e per chi ci va. Sarà anche un elemento fondamentale della cultura torinese, come il Salone del Libro e il Film Festival, ma a questi ultimi eventi l’ingresso si paga! Gli organizzatori continuano a dire che questo è l’unico festival gratuito di grandi dimensioni in Europa; ma se nessun altro lo fa, non sarà che c’è un motivo?

Io spero che Traffic continui, però come tutte le altre rassegne: voglio dire, quelli di Colonia Sonora (aka Associazione Culturale Radar, ovviamente) si prendono qualche soldo pubblico ma non certo su questa scala, fanno pagare i biglietti, portano artisti interessanti invece di vecchi strabolliti (Sex Pistols e Patti Smith) e amici degli amici (Afterhours e Massimo Volume), e non si riempiono tanto la bocca di presunta indignazione se gli chiedono di far quadrare un po’ meglio i conti, mettere due lire di biglietto, spostarsi in un luogo con più parcheggi e meno case ed evitare di intasare e assordare mezza Torino. Suvvia, Casacci & friends: si può fare.

[tags]musica, torino, traffic, festival, soldi pubblici, rumore, hiroshima mon amour, chiamparino[/tags]

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giovedì 10 Luglio 2008, 08:54

[[Soulwax – NY Excuse]]

Non ho bene idea di che spettacolo possano fare dal vivo due belgi amanti dell’elettronica; del resto, se volete vedere gente che dal vivo sicuramente non manca di presa, è meglio incontrarsi piuttosto domenica sera a Collegno per i Deep Purple.

Ciò detto, NY Excuse dei Soulwax, con il suo andamento ipnotico e postmoderno, è uno dei pezzi migliori dell’arte elettronico-concettuale degli ultimi anni: sono quindi curioso di vederli stasera alla Pellerina per Traffic. Nel frattempo, potete mettervi anche voi in piedi e declamare: “This is the excuse that we’re making / Is it good enough for what you’re paying?”

[tags]soulwax, ny excuse, deep purple, musica, traffic, torino[/tags]

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mercoledì 9 Luglio 2008, 08:31

Revolution #9

(da una chat di ieri sera)

vb> l’italia è veramente piena di peracottari
vb> del tipo “so che mi cerchi e invece di dirti qualcosa non rispondo alle mail e alle telefonate”
am> si
am> fastidioso
vb> eh…
vb> con sms “ti chiamo dopo” senza mai richiamare
am> cmq sono solo io ad avere l’impressione che silvio e soci stavolta scopriranno le carte con una serie di mosse a cominciare dal rendersi impunibili forever and ever per poi implementare l’agenda della p2?
am> e che a prescindere da che azioni correttive successive potranno essere implementate questo cambiera la bilancia del potere in italia?
vb> sì ma noi ci stiamo organizzando
am> cioe’, mi pare che ci siano tutta una serie di forze che stano aspettando il via
am> e che questo ia uno dei motivi della stagnazione della nazione
vb> mah, forse è la quiete prima della tempesta
am> semplicemente perche’ i poteri economici stanno aspettando il momento propizio
am> esatto
vb> magari saranno rivolte di massa per il pane eh
am> nono
am> sto parlando di una cospirazione
am> che cerca il suo big bang da 14 anni
am> e che siccome la situazione non e’ propizia tiene tutto fermo
vb> molto più di 14 anni, sono almeno 30
am> mah
am> cioe’, mi vien da pensare… siamo cmq nel framework EU, potremmo lasciarli fare, QUANTO peggio puo’ essere?
am> che star fermi, dico
vb> lasciarli chi?
vb> la p2?
am> si
am> cioe’, non possono mettere su una dittatura
vb> mah, comunque ci sarà una riduzione progressiva del livello di vita, il massimo che puoi sperare è restarne fuori
vb> scusa, questa non è molto diversa eh
am> beh si
vb> uno mette su per scherzo una finta telefonata tra berlusconi e confalonieri e gli fanno sparire il sito in due ore…
am> sto parlando liberamente, eh
vb> sì, finchè sei irrilevante
am> nel senso… non credo che la situazione sarebbe poi cosi’ diversa, con la differenza che almeno le ruote comincerebbero a girare di nuovo
am> e magari nel tempo la ruota potrebbe girare (non le ruote, la routa)
vb> sei un po’ alla frutta, mi sa
vb> assuefazione alla mancanza di futuro
am> ecco
am> quello io volevo capire
am> non e’ che io la pensi cosi’
am> ma siamo sicuri che sia il worst case?
am> cioe’, il prolungamento di questa paralisi potrebbe essere peggio
am> cmq la mancanza di futuro e’ strutturale nel mondo
vb> peggio per chi, per cosa?
am> o almeno per una buona parte della sua popolazione, oppure per il suo livello
am> per tutti
vb> non c’è mai limite al peggio
am> ecco
am> va bene, mi hai convinto
am> pero’ che si fa?
vb> spe’ che tra un po’ te lo dico
vb> ora non c’è più spazio sul margine del foglio

[tags]beatles, berlusconi, p2, rivoluzione[/tags]

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domenica 1 Giugno 2008, 09:40

[[Enzo Maolucci РTorino che non ̬ New York]]

Questo meme ante litteram di “Torino che non è New York” riemergeva saltuariamente ma con tenacia e regolarità, ora in un articolo sul giornale, ora in un blog cittadino; eppure non avevo mai capito da dove arrivasse. Fortunatamente, grazie a Radio Flash, ora ho scoperto che ricorre il trentennale del brano d’origine della questione, tratto dal disco Barbari e bar di Enzo Maolucci.

E’ un disco curioso perché racconta direttamente della vita spicciola di Torino, in un modo peraltro apocalittico; si stenta a credere che la nostra sonnolenta e provinciale città – e se è provinciale oggi, figuriamoci trent’anni fa – potesse veramente essere un luogo di degrado e di violenza, tanto da meritarsi la fulminante chiosa “c’è chi ammazza e chi si ammazza e non so a chi dare torto”. Poi però, se si pensa che quelli erano gli anni dell’Angelo Azzurro e dei gambizzamenti proletari, la canzone acquista una sua credibilità.

Per noi che non abbiamo vissuto quegli anni se non da bambini, resta la curiosità di capire i riferimenti nel testo; alcuni sono evidenti, e credo di averne individuata una buona parte, ma mi mancano il “letterato impotente”, la “vecchia checca” e il “furto Standa” e forse altri. Vediamo se qualcuno li sa.

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Si ammazzano a Torino, Torino che non è New York
si ammazzano a Torino, Torino che non è

Un letterato impotente ha fatto piangere ragazze della scuola
masturbando un’angoscia insolente da fine con trenta veramon in gola
ad altri basta invece un bianco secco senza poesia
ma ti pesa sai, gioia mia,
mentre scopi le tue notti e l’angoscia muore in gola
ma non fai piangere mai le ragazze della scuola

Si ammazzano a Torino, Torino che non è New York
si ammazzano a Torino, Torino che non è

La diva suicida arrapante ha fatto piangere presidenti americani
e la mezz’ala ammazzata per gioco demente ha fatto piangere i romani scemi
ad altri basta invece un bel maschiaccio senza poesia
ma ti pesa sai, gioia mia,
e ci crepi vecchia checca, sangue e rimmel tra le mani
tra le mani
ma non fai piangere Roma e presidenti americani

Si ammazzano a Torino, Torino che non è New York
si ammazzano a Torino sai, Torino che non è

Un cantautore perdente ha fatto piangere impiegati dell’industria canzoniera
ha sparato da solo nel posto sbagliato, Che Guevara da balera
ad altri basta invece un furto “Standa” senza poesia
e ti sparano sai, gioia mia,
e non ti compri più la Fender, joint e dischi di Santana
di Santana
ma non fai piangere impiegati e a Sanremo non fai pena.

Si ammazzano a Torino, Torino che non è New York
si ammazzano a Torino, Torino che non è

Un cantante di night arrivato ha fatto piangere Torino alcolizzata
si è sparato nel cranio una bottiglia di whisky e un’auto rosa di grossa cilindrata
ad altri basta invece un giusto odio per la gente scema e senza poesia
che ti pesa sai, gioia mia
ma si sparano allo specchio per vedere un uomo morto
c’è chi ammazza e chi si ammazza e non so a chi dare torto

Si ammazzano a Torino, Torino che non è New York
si ammazzano…

[tags]torino, musica, anni ’70, maolucci, new york[/tags]

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venerdì 30 Maggio 2008, 13:59

Intervallo

Mentre scelgo di cosa occuparmi nel post di oggi pomeriggio, allo scopo di tenervi occupati, vi ripropongo la performance di Elnur & Samir, gli azeri dell’Eurovision, con il loro brano Gay After Gay… pardon, Day After Day: sono sicuro che pochi di voi l’hanno apprezzata fino in fondo.

[tags]eurovision, azerbaijan, rock, cappone, castrato di manzo[/tags]

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lunedì 26 Maggio 2008, 08:59

Eurotamarri

Sabato sera sono stato invitato a casa di amici, a piazzarmi davanti a RTR Planeta per seguire la finale 2008 dell’Eurovision Song Contest. Voi probabilmente non ne avrete mai sentito parlare; in pratica, è la versione europea del Festival di Sanremo, in cui gareggia una canzone per ciascuna delle nazioni dell’Eurovisione che scelgono di partecipare. In Italia, un festival canoro basta e avanza, per cui – nonostante la vittoria di Toto Cutugno nel 1990 – ormai da quindici anni non partecipiamo nemmeno; per il resto d’Europa però è un evento che incolla decine di milioni di persone davanti alla TV.

In apparenza, ci si potrebbe chiedere quale sia il senso di mettere in competizione la musica inglese con le tamarrate del resto del continente; la teoria dice che il Regno Unito dovrebbe vincere a mani basse. La realtà, invece, è che – dato che il sistema di voto prevede che ogni nazione, mediante un televoto via SMS, assegni punti alla propria top 10, con il divieto di votare per la propria canzone – nella maggior parte dei casi i maggiori punteggi vanno alle nazioni confinanti o a quelle da cui proviene una folta comunità di emigranti; tanto che durante l’annuncio finale dei voti da ciascun Paese ho cominciato a indovinare in anticipo a quali nazioni sarebbero andati i punteggi più alti, azzeccandoci nell’80% dei casi.

Aggiungeteci che esistono uno zilione di repubbliche ex sovietiche piene di minoranze russe nazionaliste, e capirete come mai quest’anno ha vinto la Russia; l’anno scorso la Russia era arrivata terza, e aveva vinto la Serbia, raccogliendo i voti dello zilione di repubbliche balcaniche; due anni fa aveva vinto la Finlandia, raccogliendo i voti di tutta la Scandinavia e degli inglesi, e la Russia era arrivata seconda. Altre nazioni che causa emigrazione e amicizie politiche non possono non arrivare nei primi posti sono l’Ucraina, la Grecia, la Turchia e l’Armenia; si prevede una forte ascesa della Romania non appena gli emigranti romeni si saranno sufficientemente stabilizzati da avere un televisore e un cellulare con credito da sprecare.

La conclusione che si raggiunge guardando questo festival è che se noi con Giò di Tonno pensavamo di aver toccato il fondo, in realtà c’è ancora molto da scavare. Per buon cuore, comincio dal meglio; siccome però la canzone russa di quest’anno non era male ma era un po’ una lagna – per quanto nobilitata dall’esibizione coreografica del naso che fende il vento – la sostituisco con quella finnica del 2006, un fenomeno che sconvolse il festival come La terra dei cachi da noi:

Ma non fatevi ingannare; a parte un paio di canzoni rockettare, il grosso è musica da discoteca oppure melassa sanremese. E infatti, il resto del podio ci è arrivato grazie alla carta del pop + fregna, che paga sempre; potete quindi scegliere tra la Britney Spears greca:

e la Shakira ucraina:

Gli studenti di terza media di tutta Europa si sono duramente impegnati per scrivere i testi di questi capolavori!

E il resto? Il resto è tamarraggine: potete quindi provare gli Aqua lettoni (tamarri da leggenda) o le Spice Girls tedesche (tamarre da marciapiede); i tamarri islandesi o i tamarri bosniaci. Oppure, potete scegliere tra un disadattato francese senza voce (io i francesi proprio non li capisco) e un disadattato spagnolo in cerca di disco per l’estate.

Insomma, nota di merito per l’azero castrato alla nascita e per gli Heroes del Silencio turchi, ma le uniche performance che assomigliassero a una canzone – cosa che, ricordiamo, richiede sia della musica che un interprete dotato di voce e di carisma – erano Georgia e Portogallo. Ovviamente arrivati fanculesimi, e arrivederci all’anno prossimo; anche se sto pensando di ripubblicare i video in pillole nei prossimi giorni. Per non dimenticare.

[tags]musica, eurovision, europa[/tags]

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venerdì 16 Maggio 2008, 13:22

[[Coldplay – Violet Hill]]

Anche questa è stata una settimana musicale, e non solo perché dopo il coro di Livorno sono andato a scaricarmi Pet Sounds dei Beach Boys; in quel caso ammetto di essere rimasto un po’ deluso, perché è un album di cui ho sentito parlare (da Doonesbury) fin da quando ero ragazzo, e se leggi la pagina sulla Wikipedia inglese sembra il prodotto di uno sforzo creativo mahleriano, dalla complessità inenarrabile e dalla sofferenza infinita; poi lo metti su e ci sono quattro ragazzini che fanno coretti “uuu-uuu-uuuh, pa-ppaa” con la profondità emotiva di un criceto.

Cioè no, ok, è iperprodotto, è orecchiabile, è carino, God Only Knows è un capolavoro che fece rosicare pure Paul McCartney, e c’è dentro più o meno qualsiasi strumento musicale sia stato mai inventato, tanto che sembra sponsorizzato da un grande magazzino specializzato, tipo il leggendario Meruladibrà, che poi nessuno ha mai capito perché se vuoi comprare una chitarra a Torino devi andare fino al paese di tre lettere. Ma è proprio vero che la storia della musica moderna comincia da Hendrix, quel che c’è prima è archeologia.

Ma non divaghiamo: lo scopo di questo post è segnalare che sta uscendo il nuovo disco dei Coldplay. Potevate farne a meno? Potevatelo, ma sarà impossibile lo stesso. Io ho molto apprezzato X&Y, ma solo perché ero in un periodo depresso: riascoltato ora, è una vera lagna… ma magari è solo che i dischi si consumano, quando ne hai sfruttato completamente il contenuto emotivo li puoi archiviare e ritirare fuori solo ogni tanto per una rimpatriata. Comunque, c’è una buona notizia: il sound del singolo Violet Hill è piacevolmente diverso dal disco precedente. Radiofonico, leccatino, ma un po’ più duro e con una spaziale armonia di piano solo alla fine. Promette bene.

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[tags]musica, beach boys, pet sounds, coldplay, violet hill, bra[/tags]

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giovedì 24 Aprile 2008, 11:48

Il Fronte dell’Uomo Qualcuno

Ieri pomeriggio, quando tramite Mantellini e i suoi vetri ho scoperto questa storia – quella per cui Al Gore arriva a Roma e vuole incontrare i blogger, e prontamente gli organizzatori tirano fuori una lista di amici degli amici ai quali chiedono pure di portare gli amici, dopodiché a quelli che si lamentano dicono “ma se c’è ancora posto potete entrare anche voi” e “che volete, noi siamo i blogger col talento, abbiamo pubblicato un sacco di post in questi anni” – mi sono girate un po’ le scatole. Ho lasciato qualche commento qua e là, e poi ho lasciato perdere, convinto che in parte sia un errore altrui – l’azienda che organizza, semplicemente, non capirà una mazza di blog e Internet – e che quelli della lista (non tutti per fortuna) che se la tirano perché “io sono un blogger famoso” e si scambiano inviti a vicenda finiranno seppelliti dalla storia, anzi lo sarebbero già stati se non fossimo in Italia.

Poi però ho avuto l’illuminazione, e ho pensato che il commento migliore l’ha appena scritto Caparezza. E visto che questa è una settimana musicale, eccolo qui: leggete per bene il testo.

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Io diventerò qualcuno. Non studierò, non leggerò, a tutti voi dirò di no: ecco perché diventerò qualcuno. Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio MySpace.

Nel dopoguerra non c’era chi urlava nei comizi più di un cherokee. Non c’erano tv colme di Nembo Kid, né radio_attive come nubi a Chernobyl. C’era l’uomo qualunque, sostenuto dal Fronte dell’Uomo Qualunque. Nella schiena dei partiti affondò le unghie: “Io non sono di destra nè di sinistra, sono un uomo qualunque! E lo stato è demagogo, nel sistema bipolare non mi ci ritrovo.” Oh, ferma tutto! Devo aver avuto un herpes, dato che questo sfogo non mi è nuovo. Vivo decenni dopo nello stesso clima, che su questo fuoco getta più benzina; ma non c’è più l’uomo qualunque, tutti sono qualcuno, tutti sono in vetrina.

Io diventerò qualcuno. Non studierò, non leggerò, a tutti voi dirò di no: ecco perché diventerò qualcuno. Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio MySpace.

Il qualcunista milita in una banda che prende piede se la prendi sotto gamba. Gode come te quando ti stendi sotto Ramba, ma è talmente finto che sembra un ologramma. Partecipa al raduno di quelli che gridano “Italia uno!” poco prima di un programma. Scrive recensioni di cd nel web e non distingue Zenyatta Mondatta da Ummagumma. È una farsa, ha una cultura scarsa, ma non gli basta il ruolo della comparsa. Prima parla per bocca di Giorgio Bocca, poi la pensa come Giampaolo Pansa. Lascia nei forum commenti di boria, ma sì!, sono piccoli momenti di gloria. Porta avanti una staffetta scorretta: non passa il testimone ma passa a testimonial.

Io diventerò qualcuno. Non studierò, non leggerò, a tutti voi dirò di no: ecco perché diventerò qualcuno. Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio MySpace.

«Il Fronte dell’Uomo Qualcuno è il primo partito di questo paese. Grazie e arrivederci.»

Bene, adesso mister e miss faranno del Parlamento la Diaz del blitz. Non distinguono il Foglio dal Manifesto, del resto io non distinguo Libero da Gin Fizz. La democrazia fa la fine del vip che ritrova H.P. sull’uscio dell’hotel Ritz. E siamo tutti nelle mani di chi? Di questi che per diventare qualcuno cambiano nick? Si, il Fronte dell’Uomo Qualcuno ha voti al cubo, mamma che dolore al culo, lo appuro, se questo è uno scherzo manca di sense of humor. Uh, che manrovescio stiamo seppellendo nell’Endemol generation. Devo aspettare di perdere il mio diritto di voto per guadagnare il diritto alla nomination?

Io diventerò qualcuno. Non studierò, non leggerò, a tutti voi dirò di no: ecco perché diventerò qualcuno. Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio MySpace. Io diventerò qualcuno. Non studierò, non leggerò, a tutti voi dirò di no: ecco perché diventerò qualcuno. Se vuoi parlare un po’ con me ti devo addare al mio MySpace.

[tags]caparezza, uomo qualcuno, musica, blog, gore, blogger, quand’è che riaprono blogbabel?[/tags]

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giovedì 24 Aprile 2008, 09:10

Settimana musicale

In attesa dell’infilata di artisti indipendenti – Caparezza e Frankie Hi-NRG in testa – che saranno domani in piazza san Carlo sul palco del V2-Day di Grillo (sì, c’è ed è a Torino: come potevate non saperlo, con tutto lo spazio che gli stanno dando giornali e televisioni?), nonché della più modesta sfilata di artisti dipendenti – Marlene Kuntz, Gianmaria Testa, e persino il soporifero Finardi – che partecipano al tentativo dell’establishment piemontese di contrastare la manifestazione di Grillo facendone un’altra in piazza Castello coi nostri soldi, stasera arriva a Torino la ciliegina sulla torta (ve l’ho detto che sarebbe stata una settimana musicale).

All’Hiroshima infatti suona The Niro, il nuovo fenomeno della musica internazionale, un misto tra Jeff Buckley e i Muse:

Certo, forse questo suo primo singolo pecca un pochino di originalità e di troppa aderenza ai modelli (però anche di Mika si poteva dire la stessa cosa), ma comunque incanta al primo ascolto; il ragazzo c’è, e non ha nulla a che vedere – purtroppo – con gli “artisti” che sforna la discografia italiana, dai Finley ai Sonohra passando per gli Zero Assoluto, e che difatti non appena mettono un piede fuori dai patrii confini diventano dei perfetti sconosciuti.

Oppure potrei dirvi che The Niro in realtà è di Roma, si chiama Davide e ha dovuto girare il mondo per i fatti suoi per anni, facendosi conoscere a forza di Myspace e CD masterizzati e aprendo concerti di gruppi famosi, prima di trovare un discografico che gli stampasse il disco…

[tags]grillo, v2day, 25 aprile, torino, hiroshima, musica, the niro[/tags]

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