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Archivio per la categoria 'WeekBowl’s&Music'


domenica 11 Ottobre 2009, 23:11

[[Cornershop – Who Fingered Rock’n’Roll]]

Per una tarda serata elettrizzante o per un buon inizio di lunedì mattina, vi lascio con l’ultimo singolo dei Cornershop – saranno anche a Torino a fine novembre allo Spazio 211. Buon insalata di rock e buon dito medio al rock’n’roll!

[tags]cornershop, indian indie rock[/tags]

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venerdì 18 Settembre 2009, 17:52

America, pimpami la storia

Oggi mi è capitata per caso nella playlist una vecchia (del 2004) canzone di Morrissey, America is not the world; in piena era Bush, Morrissey – con un sarcasmo davvero coraggioso per il mercato musicale anglosassone – si rivolgeva direttamente all’America invitandola a “stare al suo posto” e dicendole letteralmente “sai dove ti puoi ficcare il tuo hamburger?”. E poi aggiungeva: “America, la terra della libertà, dicevano, e delle opportunità, in modo giusto e per davvero; ma dove il presidente non è mai nero, donna o gay, e fino a quel giorno non c’è nulla che tu possa dirmi, America, per aiutarmi a credere nell’America”.

Ecco, sono passati cinque anni e tutto questo è già passato, è già stato ridicolizzato dalla storia. Morrissey non era certo l’unico a non crederci, anzi non ci credevano nemmeno gli intellettuali neri: quest’estate vedevamo una meravigliosa puntata della prima stagione dei Boondocks (2005), quella in cui Martin Luther King resuscita e si schifa a vedere come sono diventati puerili e ignoranti i neri americani, che si conclude prevedendo “il primo presidente nero Oprah Winfrey nel 2020”, e aggiungendo “ma è soltanto un sogno”.

Riconoscendo dunque agli americani, con tutta la loro innocente e violenta arroganza, quella capacità di fare la Storia che ai popoli europei da troppo tempo manca, penso che sarà interessante vedere se si avvererà presto anche l’augurio del secondo pezzo dello stesso disco di Morrissey, Irish blood, English heart, quello che si conclude dicendo “Sto sognando da un po’ il momento in cui gli inglesi saranno mortalmente stufi dei laburisti e dei conservatori, e sputeranno sul nome di Oliver Cromwell, e daranno il benservito a questa linea reale che ancora lo omaggia e lo omaggerà per sempre”. Chissà…

[tags]musica, storia, stati uniti, america, morrissey, bush, boondocks, inghilterra, caparezza[/tags]

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mercoledì 16 Settembre 2009, 19:49

[[Arctic Monkeys – Crying Lightning]]

Questa sera vi lascio con una canzone che da qualche giorno non mi esce più dalla testa, e precisamente il singolo di apertura del nuovo disco degli Arctic Monkeys. I ragazzini inglesi che stupirono il mondo e la Pellerina qualche anno fa sono cresciuti, e rispetto ai precedenti il disco (prodotto dallo stesso dei Queens of the Stone Age) ha effettivamente acquistato in profondità, e suona un po’ meno indie britannico e un po’ più indie americano. Il singolo è martellante e resta appiccicato; il video è bruttarello ma la musica vale.

Una nota particolare la merita il testo, un bell’affresco di timidezze giovanili urbane nelle periferie britanniche. A differenza del testo di canzone medio, questo è deliziosamente scritto in inglese, intendendo con inglese la lingua insegnata e parlata nell’Inghilterra (possibilmente fuori da quel misto meticcio-internazionale che è Londra; i quattro sono di Sheffield, città grigia e operaia quanto basta) e non un insieme delle stesse venti parole di americano globale ripetute all’infinito. L’effetto di trovare in un brano musicale parole come pastime, indignity, toothache e aggravate è culturalmente rinfrescante; e ha l’ulteriore pregio di rendere il testo di difficile lettura ai tamarri del pianeta.

Dev’essere per questo che Yahoo Answers! si è prontamente riempito di richieste di traduzione – ma la cosa deprimente non è questa, mica tutti devono sapere bene l’inglese per forza. La cosa deprimente sono le numerose risposte una dietro l’altra, tutte realizzate col traduttore automatico di Google, e tutte palesemente sballate, anzi totalmente incomprensibili. E’ deprimente che, invece di studiare l’inglese o di chiedere aiuto a qualche madrelingua o di usare Google nel modo giusto – per cercare i pezzetti che mancano uno a uno – l’unica soluzione per tradurre qualcosa sia il traduttore automatico di Google; è altrettanto deprimente che, dopo aver provato ad usarlo e aver ottenuto un risultato insensato, le persone lo postino lo stesso come se fosse buono, magari pensando pure che “ma sì, tutto sommato va bene”.

E dire che per capire cos’è un “pick and mix”, se proprio uno non è mai stato in Inghilterra, basterebbe usare Google Images.

Comunque, sono in dubbio: devo donare alla rete una traduzione completa oppure no? Per ora è bene segnalare che cracker, lace e gobstopper sono tipi di caramelle (cracker in realtà è un pacchetto di carta che ne contiene parecchie e si usa nelle feste) e che crying lightning è una espressione con la stessa forma di crying wolf (gridare al lupo).

Outside the cafe by the cracker factory
You were practicing a magic trick
And my thoughts got rude as you talked and chewed
On the last of your pick and mix

Said you’re mistaken if you’re thinking that I haven’t been caught cold before
As you bit into your strawberry lace
And then a flip in your attention in the form of a gobstopper
Is all you have left and it was going to waste

Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I love that little game you had called
Crying lightning
And how you like to aggravate the ice-cream man on rainy afternoons

The next time that I caught my own reflection
It was on its way to meet you
Thinking of excuses to postpone
You never look like yourself from the side
But your profile did not hide
The fact you knew I was approaching your throne

With folded arms you occupy the bench like toothache
Stow them, puff your chest out like you never lost a war
And though I try so not to suffer the indignity of reaction
There was no cracks to grasp or gaps to claw

And your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying lightning
And how you like to aggravate the icky man on rainy afternoons
Uninviting
But not half as impossible as everyone assumes, you are
Crying lightning

Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying lightning
Crying lightning
Crying lightning
Crying lightning
Your pastimes consisted of the strange
And twisted and deranged
And I hate that little game you had called
Crying

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mercoledì 3 Giugno 2009, 23:57

Liquidità

La serata è appena finita e già ci sono i primi video… un po’ di parodia musicale dei Fratelli Sberlicchio per riflettere sul nostro stato “in mutande” non fa mai male.

[tags]fratelli sberlicchio, torino a 5 stelle, lista civica, provincia, elezioni, piazza castello, torino, arisa, remix, bastard pop, liquidità, crisi, musica[/tags]

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mercoledì 27 Maggio 2009, 20:52

Percorsi

Forse vi sembrerà strano un pensiero di questo genere in piena campagna elettorale, ma dato che non ci sono abituato – e che questa è una lunga, calda, sonnolenta giornata – nell’attesa tra un giro di mail elettorali e una riunione organizzativa serale mi viene in mente quanto sia imprevedibile la vita.

Dopotutto ho sempre fatto attivismo, ho messo in piedi iniziative “dal basso” di ogni genere, mi sono sempre interessato di politica e dell’ambiente circostante per passione, ma un anno fa di questi tempi non avrei mai immaginato di ritrovarmi candidato alle elezioni, addirittura come presidente della Provincia…

Stamattina ho avuto una lunga conference call al cellulare con una head-hunter tedesca, che doveva intervistarmi per via di una posizione internazionale nella governance di Internet a cui sono candidato. Nonostante lei avesse già letto e riletto il mio curriculum e varie altre fonti su di me, non riusciva a comprendere; faticava a incasellarmi nel suo questionario di valutazione precotto, e alla fine ha dovuto desistere e accettare la quantità di attività apparentemente scorrelate che ho svolto in questi anni come un dato di fatto.

Parlando di stranezza della vita, quindi, mi viene bene lasciarvi con un caso interessante. Cosa fareste voi se foste il figlio di un attore divenuto famoso solo per una scena, uno dei più famosi bisessuali di Hollywood, defunto di AIDS in piena vostra adolescenza; e vostra madre, ex attrice e fotografa di moda, fosse morta nel 2001, precisamente l’11 settembre, sull’aereo che si schiantò contro la più settentrionale delle Twin Towers?

Sarà che vi hanno pure chiamato Elvis, ma finireste per diventare una promessa del folk-rock americano, e per tirar fuori un album dylanesco il cui singolo Shampoo promette davvero bene. Non è forse una storia interessante?

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[tags]vita, curriculum, folk, elvis perkins[/tags]

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martedì 18 Novembre 2008, 16:32

[[Yeasayer – 2080]]

Come appendice al post di ieri, devo aggiungerne la colonna sonora; ovvero 2080, di una band broccolinese indipendente che si chiama Yeasayer e che ha fatto scalpore l’anno scorso, con il suo sound che mescola coretti e vocalità anni ’80 con il rock, l’elettronica, la world music e altro ancora, situandosi da qualche parte tra i Mattafix e i Tears For Fears. Come dice il titolo, è una canzone sul presente; ed esprime bene il mistero della confusione decadente di cui parlavamo, perdendosi nel sogno di un alternativo paesaggio bucolico.

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I can’t sleep when I think about the times we’re living in
I can’t sleep when I think about the future I was born into
Outsiders dressed up like Sunday morning
But with no Berlin wall what the hell you gonna do

It’s a new year, I’m glad to be here
It’s a fresh spring, so let’s sing
In 2080 I’ll surely be dead
So don’t look ahead, never look ahead
It’s a new year, I’m glad to be here
It’s the first spring, so let’s sing
And the moon shines bright on the water tonight
So we won’t drown in the summer sound

Find me, I’ll be sitting by the water fountain
Picket signs, letdowns, meltdown on Monday morning
But it’s alright, but it’s alright, but it’s alright, but it’s alright

Cause in no time, they’ll be gone I guess
I’ll still be standing here

It’s a new year, I’m glad to be here
It’s a fresh spring, so let’s sing
In 2080 I’ll surely be dead
So don’t look ahead, never look ahead
It’s a new year, I’m glad to be here
It’s the first spring, so let’s sing
And the moon shines bright on the water tonight
So we won’t drown in the summer sound

Yeah yeah we can all grab at the chance and be handsome farmers
Yeah you can have twenty one sons and be blood when they marry my daughters
And the pain that we left at the station will stay in a jar behind us
We can pickle the pain into blue ribbon winners at county contests
Yeah yeah we can all grab at the chance and be handsome farmers
Yeah you can have twenty one sons and be blood when they marry my daughters
And the pain that we left at the station will stay in a jar behind us
We can pickle the pain into blue ribbon winners at county contests

[tags]musica, mp3, indie, yeasayer, 2080[/tags]

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lunedì 10 Novembre 2008, 19:04

[[Luca Carboni – Ho visto anche degli zingari felici]]

Mi è capitato di sentire l’altro giorno in radio per caso una nuova canzone, cantata da uno che, dalla voce, sembrava proprio Luca Carboni. La stranezza, però, è che la canzone era bella; quindi mi sono incuriosito, e ho cercato di capire cosa fosse successo.

Sapete infatti che Luca Carboni, con tutto il rispetto che si deve a qualsiasi professionista, rappresenta per me uno dei punti più bassi della storia della musica italiana, e non ho mai capito perché gli abbiano permesso di fare dei dischi. Così ho indagato, e ho scoperto che la canzone, intitolata Ho visto anche degli zingari felici, era cantata insieme a tal Riccardo Sinigallia: ecco, ho pensato, Carboni sfrutta il talento di un giovane sconosciuto per rilanciarsi.

Solo che, indagando ancora, ho scoperto che questo Sinigallia è in realtà l’ex produttore dei Tiromancino (nonché di Gazzé e altri) e insomma, questo spiega l’arrangiamento intimista, ma non il fatto che questi due insieme abbiano tirato fuori un pezzo che è miglia più in alto di qualsiasi altra cosa abbiano mai realizzato da soli. Così, completando l’indagine, ho scoperto che il pezzo non è inedito e non è loro, ma è del 1976 ed è di Claudio Lolli.

Ora io questo Lolli l’ho vagamente sentito nominare talvolta, come un rudere dell’ideologia passata; l’unica cosa che mi fosse mai capitato di ascoltare è la tremenda Borghesia, un tale distillato di luoghi comuni che se uno si fosse messo a cantare la pagina sette di un qualsiasi numero della Pravda avrebbe dimostrato più apertura mentale. Finiti gli anni ’70, per fortuna finì anche l’idea che si potessero vendere dischi mettendo testi di ideologia ortodossa sopra tre accordi in croce (anche se nessuno ha ancora avvertito Ivano Fossati).

Eppure, quest’altro brano è completamente diverso, dimostra una poesia struggente e insieme partecipata che è del tutto assente in Borghesia. Non so cosa sia successo nel mezzo, ma non mi stupisce che questo brano sia diventato uno degli inni del movimento del ’77. Mi sorprende invece l’attualità del percorso che descrive; non tanto per il riferimento decoloniale (peraltro citato) della prima parte, ma per la descrizione delle incertezze e delle durezze di chi si preoccupa ancora di cambiare il mondo; della tensione tra il desiderio di riprendersi la vita e l’abbondanza e la difficoltà di capirsi, di organizzarsi, di comunicare e di trovare una strada per giungere infine a rotolarsi felici in piazza Maggiore; persi nell’avere troppo da fare per fare qualcosa, e nel rovello intellettuale e sfiduciario per cui tutti i movimenti di piazza si spaccano in faide prima ancora di iniziare.

Sono contento che le ideologie degli anni ’70 riposino in pace, e però, sotto sotto, probabilmente il mondo (e la musica come sua manifestazione evidente) ha bisogno di smettere di parlare di niente, e tornare a preoccuparsi collettivamente della propria vita.

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E siamo noi a far ricca la terra
noi che sopportiamo la malattia del sonno e la malaria
noi mandiamo al raccolto cotone riso e grano
e noi piantiamo il mais su tutto l’altopiano

Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane
le nostre braccia arrivano ogni giorno più lontano
da noi vengono i tesori alla terra carpiti
con che poi tutti gli altri restano favoriti

E siamo noi, noi a far bella la luna
con la nostra vita coperta di stracci e di sassi di vetro
quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto, come un ragno nella stanza

E riprendiamola in mano, e riprendiamola intera
riprendiamoci la vita, la terra, la luna
e l’abbondanza

E’ vero che non ci capiamo
che non parliamo mai in due la stessa lingua
che abbiamo paura del buio e anche della luce è vero
che abbiamo tanto da fare che non facciamo mai niente

E’ vero che spesso la strada sembra un inferno, una voce
in cui non riusciamo a stare insieme, dove non riconosciamo mai i nostri fratelli
è vero che beviamo il sangue dei nostri padri
e odiamo tutte le nostre donne e tutti i nostri amici

Ma ho visto anche degli zingari felici
corrersi dietro, far l’amore e rotolarsi per terra
e ho visto anche degli zingari felici
in piazza Maggiore a ubriacarsi di luna
di vendetta e di guerra

[tags]musica, carboni, sinigallia, lolli, anni ’70[/tags]

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sabato 27 Settembre 2008, 12:17

[[Fratelli Calafuria – La nobile arte]]

Ho scoperto per caso da qualche giorno questo disco che si chiama Senza titolo, però ha come sottotitolo Del fregarsene di tutto e del non fregarsene di niente: già una cosa del genere ti fa drizzare le orecchie. Ne è autrice una giovane e promettente band denominata Fratelli Calafuria, anche se il mio intuito di critico musicale mi dice che potrebbero non essere veramente fratelli.

Il disco, comunque, pompa: è un mescolone di qualsiasi cosa rock udita negli ultimi vent’anni, un po’ Scanca Nancy o Marlene Truzz e un po’ delle band molto più serie che non merita storpiarne il nome, a partire dal fatto che buona parte del lato A dopo il singolo potrebbe uscire direttamente da uno degli ultimi dischi dei Faith No More. (Ma esiste ancora nel 2008 il concetto di lato A?) Ma anche il punkettino americano di fine millennio, i Reduci di Beppe (la band torinese diventata famosa in tutto il mondo da quando un gruppo californiano, i Red Hot Chili Peppers, ha cominciato a farne le cover) e persino i Police; d’altra parte i tre sono un trio (e questa è una tautologia) e il cantante fa dei falsetti alla Sting dapaura, ragazzi, dapaura!

Sopra tutto questo popo’ di musiche, i tre mettono dei testi di nonsenso soltanto apparente, che in realtà sotto sotto hanno dei significati: e qui si capisce il sottotitolo. Parliamo quindi del singolo: un singolo proprio carino, commerciale e radiofonico il giusto, e con quella geniale inversione del cazzo che fa sì che la canzone venga ricordata invece che censurata. E poi è anche il mio stile di vita preferito! Comunque il paragone con Elio e le Storie Tese non regge neanche un secondo: qui lo scopo del nonsenso non è farti ridere, ma straniarti e rompere i tuoi schemi di pensiero. Come nell’immortale (Uachi) La merendina, che vi rivela come suonano veramente i jingle pubblicitari del pomeriggio di Raiset nel caso in cui stamattina, appena alzati, non vi siate lavati il cervello.

Purtroppo i tre sono milanesi, per cui c’è da temere che presto comincino a tirarsela come gli Afterhours e i Baustelle (sì lo so che i Baustelle non sono di Milano, ma da come se la tirano credo gli abbiano dato la cittadinanza onoraria). Speriamo di no, e se fanno un giro all’Hiroshima sarà il caso di andarli a vedere.

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Ci vuole stile per andare in manicomio yeah
E non capisco perché, e non capisco perché
Bisogna farsi attraversare dalle cose yeah
E non capisco perché, e non capisco perché

Se c’ho il fisico non ho lo stimolo
Se c’ho lo stimolo non c’ho lo stomaco
Qua non so come fare a non uscire di me

Per cui mi dedico alla nobile arte, nobile arte
Di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
Un zzoca da mattino a sera, un zzoca da mattino, un zzoca da mattino, yeah

Ci vuole il fisico per andare in manicomio yeah
E non capisco perché, e non capisco perché
Bisogna fare le cose e attraversarle yeah
E non capisco perché, e non capisco perché

Se c’ho lo stomaco non c’ho il fegato
Se c’ho il fegato non c’ho il fisico
Oh sono troppo alternativo andate senza di me

Che io mi dedico alla nobile arte, nobile arte
Di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
Un zzoca da mattino a sera, un zzoca da mattino, un zzoca da mattino, yeah

La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
La nobile arte, nobile arte di non fare un zzoca da mattino a sera
Un zzoca da mattino a sera, un zzoca da mattino, un zzoca da mattino, yeah

[tags]musica, rock, fratelli calafuria[/tags]

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venerdì 19 Settembre 2008, 09:18

[[Kula Shaker – Great Dictator (Of The Free World)]]

Siccome negli ultimi giorni vi ho ammannito post seri e lunghi, oggi vi do tregua e mi limito alla musica, anche perché sono troppo impegnato (c’è da mettere in frigo lo champagne per il fallimento di Alitalia).

Prima di passare al brano di oggi, però, devo comunque confermare le voci che stanno sconvolgendo in questi giorni il mondo della musica internazionale: sì, è uscito un nuovo disco dei Metallica, e sì, contiene un brano intitolato The Unforgiven III. Avendo esaurito qualsiasi ispirazione musicale con il Black Album, come tutti i gruppi “maturi” hanno cominciato a fotocopiarsi all’infinito; almeno lo ammettono sin dai titoli.

Le fotocopie, comunque, alle volte sono pure piacevoli, almeno per i fan duri e puri. Per dire, io devo essere rimasto l’unico ad apprezzare i Kula Shaker, visto che il loro terzo disco è uscito addirittura l’anno scorso e fino a tre giorni fa non l’avevo mai sentito menzionare. Anche esso è una copia fedele e un po’ stanca dei due precedenti (che, per chiunque apprezzi la musica di fine ’60 – inizio ’70, sono dei capolavori). Comunque, erano nove anni che non li si ascoltava e quindi per un po’ è un gradevole ritorno; allego uno dei singoli, il cui testo è stato selezionato mediante un concorso tra le scuole elementari cubane (solo i primi due anni). La prossima volta però vi posto un artista sconosciuto, promesso!

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I’m an A1 Major League sociopath
And I’m a hard-loving business man
So don’t fight it (No no no)
You might like it (Ooh yeah)

I cut my foes and my enemies down
And now I’m crawling on the ground
I’m just a man (he’s just a man)
All your chicks can’t understand

I’m a dick, I’m a dick, I’m a dictator
I’m a dick, I’m a dick, I’m a dictator
Dictator of the free world (come on!)
Dictator of the free world
Dictator of the free world
Yeah I’m a dictator of the free world

I’ve been digging for a living in the artic lands
Who cares about the weather when you’re as rich as I am?
I’m making waves
‘Coz Jesus saves!

Oh baby I’m crazy wo-oa-oa-oh
I wanna make love in Guantanamo
‘Cause I’m just a man (he’s just a man)
And you chicks can’t change what I am

I’m a dick, I’m a dick, I’m a dictator
I’m a dick, I’m a dick, I’m a dictator
Dictator of the free world (come on!)
Dictator of the free world
Dictator of the free world
Yeah I’m a dictator of the free world

Oh yeah say my name
Woohoo!

Let’s pray:
God is with us on our side
Who cares if coloured people die
Come on baby come on let’s roll
Close your eyes and lose your soul

Dictator of the free world
Dictator of the free world
Say I’m a dictator of the free world
Dictator of the free world

[tags]musica, metallica, kula shaker, rock[/tags]

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lunedì 11 Agosto 2008, 17:29

Oltre (3)

Ci sono molte cose del Giappone che non ho ancora avuto tempo di raccontare. Oggi, per esempio, sento l’esigenza di farvi vedere qualche video tratto dalla mia passeggiata di domenica pomeriggio da Shinjuku a Shibuya, passando per il parco Yoyogi.

Non ho avuto tempo per attraversare per intero il parco, ma mi è bastato spingermi a pochi metri dall’ingresso principale per osservare tre diverse attrazioni. La prima sono i famosi rockabilly di Yoyogi: gente che non sa ballare, non sa cantare e non sa suonare, ma che è oltre. Molto oltre.

Altrettanto oltre era questo gruppo di ragazzi che poco più in là mettevano in scena un cosplay in piena regola. Purtroppo l’audio è scarso, perché non ho osato avvicinarmi e riprenderli da vicino; in pratica, dal radiolone sul davanti esce una base musicale pre-registrata, mentre loro recitano il loro dramma fantasy in costume secondo un copione ben studiato. L’impegno è ammirevole, il risultato… beh… è di nuovo oltre.

L’ultimo video è l’unico decente: sono gli Stereo Lynch, gruppo indipendente che dispone persino di un sito e di date nei locali alternativi di Tokyo. In effetti questi sapevano suonare e cantare, e così ho registrato un pezzo intero. Stavo quasi per comprargli il disco, poi ho realizzato che ero sotto l’effetto congiunto dei 35 gradi, del 99% di umidità e della Asahi Super Dry.

[tags]tokyo, yoyogi, viaggi, rockabilly, cosplay, stereo lynch[/tags]

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