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sabato 10 Dicembre 2016, 13:37

Equitalia, che piacere

Stamattina mi sono messo a pagare le tasse di fine anno. Già che c’ero, ho controllato le mie varie posizioni; faccio così da quando ho scoperto che Equitalia aveva in serbo per me delle cartelle non dovute che io pensavo fossero state sgravate dal mio commercialista anni prima, e che invece secondo loro erano ancora dovute, ma senza avvertirmi; la volta che andai là a pagare 18 euro arretrati che dovevo alla Camera di Commercio, chiesi per curiosità l’estratto e venne fuori che esistevano ancora queste cartelle, che continuavano a maturare more in silenzio; e magicamente poco dopo cominciarono i solleciti.

Alla fine, oltre un anno fa, anche se io negli anni ho sempre pagato tutto ciò che il mio commercialista mi diceva, dopo anni di pratiche strazianti ho deciso di saldare la parte rimanente delle cartelle pur di togliermeli di torno, anche perché ormai erano passati otto anni, avevo chiuso la partita IVA da quattro, e non avevo voglia di andare avanti a rischiare il fermo della macchina e altri casini per qualche centinaio di euro.

Bene, secondo voi cosa risulta? Che una buona metà degli arretrati che ho pagato più di un anno fa secondo loro non sono mai stati pagati, e sono ancora lì che maturano more in silenzio, forse in attesa di qualche futura occasione per minacciarmi di sequestrarmi la macchina, pignorarmi la casa o altre robe così.

Ovviamente ho dovuto perdere un’oretta a spese mie per ricostruire tutti i passaggi e verificare che le somme che mi chiedono sono proprio quelle che ho già pagato, e adesso dovrò andare a rompere le scatole per fargliele cancellare del tutto.

Tra l’altro gli manderei un messaggio dal sito, ma dentro l’area riservata, in cui l’identità è validata dall’Agenzia delle Entrate o addirittura da SPID, non c’è alcuna possibilità di aprire un ticket. C’è invece una form di contatto da fuori, ma per autenticarmi devo allegare una scansione della mia carta d’identità, favorendo così ogni genere di possibili furti d’identità a mio danno. Geniale…

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venerdì 2 Dicembre 2016, 19:32

Un referendum di distrazione di massa

Da diverse settimane volevo scrivere il mio parere sul referendum di dopodomani, ma non mi ci sono mai messo.

Il motivo è molto semplice: più ci penso e più ritengo questo referendum, se non del tutto inutile, comunque poco importante; un’arma di distrazione di massa.

Alla fine, infatti, non è la forma del procedimento legislativo il problema dell’Italia; i problemi dell’Italia sono economici e culturali, sono la mancanza di meritocrazia, le competenze decrescenti, la scarsa capacità di innovare, i bassi investimenti nelle persone, uniti a una carenza di posizionamento strategico del Paese sul mercato globale. Questi problemi, urgenti e vitali, non sono minimamente affrontati dal referendum.

Ma anche a chi invece è ancora convinto della centralità della politica e della Costituzione, io vorrei far notare che non sono le norme che fanno la democrazia. Certo, le norme hanno delle conseguenze, ma qualsiasi siano le norme ciò che ne determina l’effetto è la mentalità delle persone che sono chiamate ad applicarle.

L’Italia del futuro sarà più o meno democratica, più o meno costruttiva, più o meno competente, non per come sarà scritto questo o quell’articolo della Costituzione, ma per quanto saranno democratici, costruttivi e competenti i politici che la guideranno, dal governo e dall’opposizione.

In politica sono molto spesso le prassi non scritte, quelle delle cose che non sono illegali ma sono inopportune, a fare la democrazia; sono principi come il rispetto reciproco, il riconoscimento della legittimità degli altri, la capacità di dialogare e di arrivare a un compromesso.

E dato che ho visto continuamente calpestare questi principi da tutti, da Renzi come dal M5S e dai rottami del centrodestra, credo che l’esito di questo referendum potrà al massimo decidere se a sistemarsi al potere saranno ancora i renziani o piuttosto i vari giovani rampanti del M5S; ma, qualunque esso sia, non salverà certo l’Italia dal suo declino e dal suo degrado democratico e culturale.

Per questo, avendo avuto l’opportunità di andare via da Torino proprio in questi giorni, non mi sono stracciato le vesti all’idea di non poter andare a votare; e credo che saranno comunque in parecchi a non farlo, o a farlo di controvoglia, votando il meno peggio.

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sabato 26 Novembre 2016, 15:37

Chi ha affondato Valentina

Ho cercato di evitare, ma, visto che continuo a leggere affermazioni a sproposito, vorrei darvi un parere tecnico sulle responsabilità del Comune nelle emergenze di protezione civile (aka “di chi è la colpa dei battelli andati alla deriva nel Po).

La legge, infatti, è molto chiara (D.L. 95/2012, art. 19): il responsabile massimo della protezione civile in un territorio è il sindaco, che deve occuparsi di approntare i piani di emergenza, di avvertire la popolazione in caso di pericolo, e di coordinare la gestione dell’emergenza e dove necessario i primi soccorsi.

In particolare, in caso di allerta meteo, la protezione civile nazionale invia l’allerta a tutti i sindaci; di lì in poi, è l’ufficio del sindaco che deve attivare tutto il resto della macchina comunale. Questo però avviene in maniera molto diversa a seconda delle dimensioni del Comune: se nel piccolo Comune il sindaco fa tutto lui, insieme giusto all’assessore e al vigile del paese, nel grande Comune il sindaco deve attuare una propria procedura di comunicazione, interna all’amministrazione comunale, affinché tutti si attivino per quanto di propria competenza.

Quindi, è impensabile che il sindaco di Torino si possa preoccupare personalmente di verificare se le finestre sono state chiuse in tutti gli edifici comunali o se, appunto, tutti i mezzi comunali sono stati ricoverati come opportuno in vista della tempesta in arrivo. Tuttavia, il sindaco e il suo staff non possono nemmeno starsene lì seduti e dire “ogni organo comunale penserà per sé”, ma devono attivarsi per sollecitare il resto dell’amministrazione a prepararsi e verificare che lo faccia.

Pertanto, per capire se le responsabilità sono del sindaco o della dirigenza GTT o dell’ultimo povero tapino di GTT che doveva materialmente assicurare le barche, bisogna capire dove si è interrotta la catena. La protezione civile ha avvisato il sindaco e/o l’assessore competente dell’allerta meteo? Il messaggio è stato ricevuto, e cosa ha fatto la giunta? Il sindaco o l’assessore hanno fatto un giro di telefonate a tutti i dirigenti comunali e a tutti i manager delle partecipate per dire “c’è una piena in arrivo, fate scattare i preparativi”? E i dirigenti a loro volta hanno attivato le strutture sotto di loro? Senza capire questo, è impossibile sapere se la responsabilità sia di Appendino, di Ceresa o di chissà chi altro.

La polemica politica in questi casi è normale: pensate a quante volte una pesante nevicata mal gestita dal Comune, con le strade non spazzate, ha provocato richieste di dimissioni di sindaco e/o assessore competente. L’importante è evitare di trovare scuse e di scaricare il barile, contando tra l’altro che il presidente di GTT Ceresa, fino a giugno fassiniano, ora è pienamente in sintonia con la nuova amministrazione e ne ha ricevuto la fiducia. Invece dunque di scontrarsi a colpi di slogan, bisogna capire cosa non ha funzionato nell’organizzazione, per evitare che succeda di nuovo.

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martedì 8 Novembre 2016, 13:58

Se votare servisse a qualcosa

Oggi trecento milioni di americani vanno al voto per scegliere se farsi governare da un cretino sessista o dalle banche. Comunque vada, il risultato vero è ben riassunto da questo grafico, che mostra come i nati negli anni ’70 e ’80 comincino a pensare che tutto sommato una dittatura non sarebbe poi così male.

sondaggio-fiducia-democrazia

Il sondaggio viene da uno di quei paper fatti per stupire, visto che per essere classificati come amanti della dittatura bastava dare soltanto nove punti su dieci in risposta alla domanda “quanto è importante per te vivere in un paese democratico”. Ma l’articolo che lo presenta riassume bene il problema: la sensazione crescente nelle nuove generazioni è che chi cambia il mondo lo faccia tramite la propria professione o il proprio attivismo sociale, nonostante e non grazie alla politica e allo Stato, mentre la democrazia sia diventata semplicemente un costosissimo e infinito generatore di buffoni, ladri ed idioti.

Del resto, le poche campagne che in giro per il mondo hanno riavvicinato i giovani alla politica, da Sanders a Podemos, si basano spesso sulla contestazione della democrazia tradizionale, sostituita da forme innovative di partecipazione e di deliberazione diretta. Invece, ogni volta che le persone, grazie ai meccanismi della democrazia rappresentativa, si trovano semplicemente a scegliere tra i due faccioni sopravvissuti alle lotte di potere nei rispettivi partiti, tipicamente promossi con dosi da cavallo di marketing e di populismo, la fiducia nella democrazia scende un po’.

D’altra parte, il vero problema è che la democrazia moderna oggettivamente ha sempre meno armi per essere qualcosa di più di un reality show. La globalizzazione e il liberismo hanno sottratto agli Stati nazionali la parte più importante della propria sovranità, quella economica, che non è stata attribuita ad alcun altro meccanismo su cui i cittadini abbiano effettivamente possibilità di incidere. Al giorno d’oggi, l’idea di “prendere il potere per cambiare le cose” è estremamente naif; è uno slogan molto usato da quelli che entrano in politica presentandosi come “i nuovi”, ma soltanto l’ingenuità e l’entusiasmo possono portare a crederci veramente.

Si creano così due fenomeni contrapposti. Da una parte, c’è un pezzo di società che, trovandosi all’incrocio tra l’analfabetismo crescente e la progressiva fine del lavoro salariato, è sempre più impossibilitato a trovare un lavoro decente, e ha come unica speranza quella che la politica gli faccia avere dall’alto i soldi per vivere; e sono quelli che abbracciano la politica con grande entusiasmo, limitandosi però a ripetere slogan in modo superficiale e ad urlare più forte di quelli che, uguali a loro, sostengono però un altro partito. Dall’altra, c’è un altro pezzo di società, quello con competenze e mezzi culturali, che sarebbe anche interessato a una discussione politica seria e approfondita, ma che se ne ritrae disgustato per l’impossibilità di svolgerla in mezzo alle grida dei primi e agli slogan dei leader politici che se li coltivano; e purtroppo sempre più spesso conclude che la democrazia è roba inutile per ignoranti, da cui bisogna solo difendersi.

In mezzo, anzi sopra alle due, c’è l’1%, l’élite economica e sociale che ha in mano le vere leve del potere e che le usa come vuole, talvolta per proprio vantaggio personale, talvolta per perseguire l’ideale di un mondo globalizzato e tecnologico, anche bello in teoria, di cui però non è lei a sopportare le conseguenze negative.

Da un Paese all’altro, a ben vedere, lo schema delle elezioni di questi anni è sempre lo stesso: il candidato dei poveri e populisti – che sia Trump, Tsipras o Di Maio cambia poco – contro il candidato delle élite, il quale in teoria dovrebbe vincere facilmente, essendo sostenuto più o meno da tutti i media e tutti i poteri forti, e invece non di rado perde, e quando non perde vince per il rotto della cuffia, come probabilmente farà stanotte Hillary Clinton.

E comunque, anche quando vince il candidato populista, poi quasi niente cambia; ci sarà magari un po’ di distribuzione di denaro pubblico a pioggia, ma poco, perché tanto gli Stati hanno sempre meno soldi da spendere; e poi comunque le cose andranno avanti come prima, e il candidato populista abbasserà la cresta molto rapidamente e farà quello che le banche gli dicono, anche perché, se non lo fa e si chiude nel suo mondo ideologico di giustizia sociale fabbricata dall’alto, facilmente finisce come in Venezuela. In Italia, poi, essendo anticipatori di tutto, sostanzialmente non esistono più candidati non populisti; la scelta è tra il populismo di governo e quello di opposizione, pronti a scambiarsi i ruoli senza cambiare il risultato.

Insomma, come non diceva Mark Twain, “se votare servisse a qualcosa non ce lo farebbero fare”; un po’ ovunque, questa è la percezione proprio della parte della società che, per ruolo sociale e per cultura, avrebbe meno interessi personali da perseguire e più capacità da mettere a disposizione; quella che tradizionalmente ha sempre avuto nella democrazia occidentale la massima fiducia e ne è stata la spina dorsale.

E così, il rischio è che la fine della classe media comporti anche la fine della democrazia; e che invece di inventare nuove forme di autogoverno, sfruttando le possibilità di partecipazione attiva introdotte dalla tecnologia, la società si indirizzi senza troppi rimpianti, almeno al principio, verso una nuova età delle dittature.

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sabato 5 Novembre 2016, 15:39

Capire la politica con la logica

Partiamo dai seguenti fatti avvenuti stamattina:

1. Il giornale cittadino pubblica una entusiastica guida alla “notte dell’arte contemporanea” che si svolge stasera a Torino.

2. L’account ufficiale del M5S, partito che amministra Torino, la rilancia dicendo che è un grande evento, che “Torino è viva” e che chiunque abbia una opinione diversa è “roso dall’invidia”.

3. Il capogruppo del PD, ex assessore ora capo dell’opposizione, la rilancia dicendo che è un grande evento, che è tutto merito della vecchia giunta PD e che il M5S si vanta di ciò che ha trovato “senza fare nulla”.

4. A un commento di un elettore avverso che accusa il M5S di prendersi meriti non propri, la risposta del M5S, con tono stizzito, è negare di aver mai detto che la manifestazione sia merito proprio, confermando quindi le parole del capogruppo del PD.

Ora, mettendo insieme le quattro affermazioni con logica aristotelica, si conclude per forza che:

A. Circa il 70% di Torino è roso dall’invidia.

B. Il M5S pensa che la politica culturale della precedente giunta PD sia ottima.

C. Chi ha votato M5S desiderando una discontinuità nella politica culturale rispetto al PD è un rosicone.

D. A causa della grande vita culturale di Torino, i torinesi che non votano né PD né M5S invidiano se stessi.

E. L’account ufficiale del M5S è impegnato a decantare i grandi risultati della precedente amministrazione PD, rispondendo pure male ai commentatori che li negano.

F. Il PD e il M5S sono d’accordo sull’importanza della cultura, però passano il tempo ad accusarsi l’un l’altro di non capirla.

G. Il PD cambia giudizio su Torino a giorni alterni: un giorno va tutto bene perché ci sono stati loro, e il giorno dopo va tutto male perché non ci sono più loro.

H. Nonostante i dubbi dei più, sia il PD che il M5S pensano che Torino sia tuttora una capitale culturale di altissimo livello, e insomma torinesi basta lamentarsi, gli stipendi di tutti i politici cittadini sono più che meritati.

I. Stasera ricchi premi e cotillon per tutti. Che fortunati che siamo!

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mercoledì 2 Novembre 2016, 19:54

Pensaci, ragazzo gobbo

Ok, ragazzo.

Hai trent’anni scarsi, sei gobbo e stasera guarderai la partita. L’ho capito perché ti presenti al supermercato sotto casa alle sette abbondanti di sera e metti sul nastro della cassa subito prima di me una cosa sola: un pacco di arachidi salate formato gigante.

E poi chiedi un sacchetto. Un sacchetto di plastica, non riutilizzabile, per portare una sola cosa.

E paghi con dieci euro interi, costringendo la cassiera a riempirti di monetine.

E poi appoggi le arachidi sul piano della cassa un millimetro dopo il lettore a barre, per cercare di aprire il sacchetto.

La cassiera ha già battuto tre dei dieci pezzi della mia spesa, e non ha spazio per metterli, e tu ancora non sei riuscito nemmeno a capire qual è il sopra e qual è il sotto. Lei sbuffa, e solo allora tu capisci che stai bloccando una lunga coda di persone, tiri una manata alle arachidi e ti sposti in là di quel mezzo metro che permette almeno a lei di passare i prodotti, e a me di aprire la borsa di tela e metterceli dentro.

Quando la cassiera batte l’ultimo pezzo, io ho già ordinatamente riempito la borsa di tela e ho pronti in mano i soldi per pagare, venti euro a cui aggiungo subito due centesimi perché il mio totale fa 9,52. Io prendo 10,50 di resto, tiro su la borsa e mi avvio all’uscita, mentre tu forse, finalmente, sei riuscito a separare i due bordi del sacchetto e puoi cominciare a pensare a come metterci dentro il tuo unico pacco di arachidi salate formato gigante.

E mi viene in mente che in un futuro non troppo remoto, quando gli esseri umani all’uscita dell’In’s saranno inseguiti da una razza di dinosauri mutanti che vogliono usarli come aperitivo prima di guardare la partita, io avrò qualche speranza di salvarmi, mentre tu no.

Tu sarai ripescato sul fondo dello stomaco di un tirannosauro, ancora col tuo sacchettino di plastica inquinante in mano, mentre cerchi disperatamente di separare i due bordi.

E quindi pensaci, stasera, mentre guardi la partita: già sei gobbo, almeno impara a fare la spesa.

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sabato 29 Ottobre 2016, 10:37

Sull’acqua bisogna cambiare rotta

Vorrei dare ancora un consiglio al M5S torinese, che sembra infilarsi sempre di più in un vicolo cieco senza nemmeno rendersene conto.

Dal punto di vista politico, l’operazione su Smat è stata un disastro totale: il M5S ha rotto con i comitati e con i sostenitori dell’acqua pubblica, scegliendo di usare le bollette dell’acqua come riserva di soldi (“come bancomat”, dicono i comitati) per coprire le spese generali del Comune, cosa che nemmeno il PD aveva fatto; e poi la cosa non è nemmeno andata a buon fine.

In termini di tecnica politica, è un caso di dilettantismo evidente, perché non porti in votazione una decisione divisiva se non ti sei assicurato di avere i voti per farla approvare. Inoltre, il massiccio voto contrario dei piccoli Comuni è motivato anche dalla mancanza di rispetto mostrata dalla sindaca nei loro confronti: forse non sapendo che oltre alle quote serviva anche una percentuale sul numero di Comuni, si è limitata ad accordarsi con quelli più grossi, senza nemmeno consultare quelli piccoli; ed è solo normale che questi rispondano votando contro.

Ma la cosa peggiore è la reazione, che trovate nel comunicato ufficiale: un vaneggiamento che cerca di salvare la faccia scaricando le colpe su chi ha votato contro, accusato di essere un crudele quadro di partito che vuole affamare i poveri e ride alle loro spalle, dipingendo una scena da Oliver Twist che può essere credibile solo a chi non conosce l’argomento.

E’ indubbio che il PD abbia colto al volo l’occasione per mettere in difficoltà la giunta: si chiama “fare opposizione”, lo facevamo noi gli anni scorsi. Ma il M5S deve riflettere sul fatto che a votare contro non sono stati solo “i piddini”, ma anche Comuni amici e simpatizzanti, retti da liste civiche che hanno a cuore il bene comune.

Questi hanno votato contro non per affamare i poveri, ma perché oggettivamente l’operazione tentata da Appendino è contro tutti i principi dell’acqua pubblica. Trattarli da criminali nei comunicati è arrogante, è maleducato, è intellettualmente disonesto e soprattutto peggiora le cose, perché certo non aiuterà la giunta torinese la prossima volta che avrà di nuovo bisogno del loro consenso, e non faciliterà la gestione pentastellata della Città Metropolitana.

Del resto, vedere i maggiori esponenti dell’acqua pubblica cittadina – tra cui addirittura un fondatore del meetup torinese – rallegrarsi per il successo dell’opposizione PD nel difendere l’acqua pubblica, dopo aver passato anni ad attaccarlo e a sostenere il M5S, è un capolavoro di autogol politico; dovrebbe far riflettere, far prendere una pausa, chiedere scusa e cambiare registro, invece che reagire pubblicamente a male parole, negando le proprie responsabilità e limitandosi a gestire la comunicazione di massa, come se un post su Facebook potesse sempre risolvere ogni problema.

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venerdì 28 Ottobre 2016, 13:20

Il mio nuovo lavoro

Ho il piacere di annunciare che dal primo novembre inizierò un nuovo lavoro, come responsabile di progetti di ricerca e innovazione aperta in Open-Xchange (o, come tutti la chiamano, OX).

20160920-ox

OX è una media azienda tedesca in forte crescita, con uffici e sussidiarie in giro per l’Europa, che produce alcuni dei software liberi vitali per il funzionamento di Internet, tra cui il server di posta Dovecot (usato sul 70% dei server del pianeta) e il server DNS PowerDNS, nonché una piattaforma di webmail e collaborazione usata da molti grandi provider. L’azienda si basa sulla filosofia open source (il management arriva dall’esperienza originaria di SUSE Linux) e intende promuovere diverse iniziative tecniche per difendere la sicurezza, la neutralità e la libertà di Internet tramite nuovi servizi basati su standard aperti. Per esempio, il primo tema di cui mi occuperò è la sicurezza nel trasporto delle email, che oggi viaggiano spesso in chiaro su e giù per la rete e sono facilmente intercettabili e regolarmente intercettate.

Per me, questa è una grande opportunità di incidere sul futuro di Internet tramite una attività creativa che mette insieme tutte le mie competenze ed esperienze, da quella ingegneristica a quella di comunicazione, da quella di “startupper” a quella di esperto di policy. E’ un lavoro con i piedi a Torino, dove resterò basato, ma con testa in Germania e corpo e anima in giro per il mondo, ragionando di problemi globali in un ambiente internazionale.

Nelle prossime settimane cercherò di raccontarvi di più dell’intera esperienza, ma per ora posso solo dire che meglio di così non potevo trovare e che non vedo l’ora di cominciare!

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mercoledì 26 Ottobre 2016, 15:30

Domande frequenti su me e il M5S (2)

Pensavo di avere esaurito le domande sul rapporto tra me e il M5S con la nota della settimana scorsa, e invece ne sono spuntate ancora molte, addirittura fatte pubblicamente da esponenti del M5S stesso; e io, pur anonimizzando i commenti perché non voglio fare polemica personale, ci tengo a dare una risposta pubblica.

Non sto aspettando le elezioni parlamentari per candidarmi. In una discussione (tristissima) su un post altrui, sono stato illuminato sul fatto che nel Movimento torinese gira questa voce:

m5sdomande2-commento-1

Ebbene, posso smentirla subito: la politica mi piace, se ci saranno ancora occasioni interessanti per farla le considererò volentieri, ma al momento è più facile che io possa fare il portiere della Juve piuttosto che il parlamentare del M5S. Innanzi tutto, perché il M5S non mi candiderebbe mai, anche prima di questi ultimi mesi: non mi hanno fatto fare neanche l’usciere in Municipio, secondo voi mi fanno fare il parlamentare?

Ma anche perché, per candidarsi in un partito, bisogna essere totalmente convinti della sua proposta politica e soprattutto di come esso la porterebbe avanti, e in questo momento, pur riconoscendo molte battaglie condivisibili, io ho troppi dubbi e il M5S ne ha combinate troppe per i miei gusti.

Comunque, non ho avuto risposta alla domanda “dove avrei detto questa cosa?”, perché non le ho mai dette, e il fatto che nel M5S torinese vengano ancora messe in giro voci malevole alle mie spalle mi dà veramente fastidio, oltre a farmi chiedere se queste energie non sarebbero meglio spese, tipo, ad amministrare la città e la provincia.

Non sto fondando un partito con Pizzarotti. Già, perché gira anche questa paranoia, che nel M5S viene immediatamente usata contro chiunque manifesti idee indipendenti: uno dei momenti più imbarazzanti della mia esperienza a cinque stelle fu quando Rodotà fu scaricato pubblicamente come “ottuagenario miracolato dal web”, perché secondo i leader del M5S stava per fondare un nuovo partito con Civati (certo, come no). Comunque, la smentisco subito; peraltro, a quanto ne so nemmeno Pizzarotti sta fondando il partito di Pizzarotti, anche se, dopo essere stato emarginato e trattato come una pezza da piedi per quattro anni, ne avrebbe ogni diritto.

Non parlo della riduzione degli stipendi perché non mi risulta alcuna riduzione degli stipendi. Una consigliera M5S della cintura mi accusa: perché non parli della riduzione degli stipendi?

m5sdomande2-commento-2

Ora, il taglio degli stipendi è una cosa assolutamente meritoria, anche se i parlamentari europei si tagliano mille euro su ventimila o giù di lì, e sui tagli di quelli nazionali sono noti i dubbi (accettabili però quando vengono dai cittadini a cui i tagli sono stati promessi, non quando vengono da esponenti di partiti che non si tagliano niente). A livello comunale, però, mi risulta che nessuno degli eletti del M5S si sia tagliato alcunché.

Questi, infatti, sono gli stipendi percepiti nel mese di settembre come risultano dal sito del Comune, qui e qui (ringrazio la persona che ha raccolto i dati e pubblicato gli screenshot):

m5sdomande2-stipendi-1
m5sdomande2-stipendi-2

Sempre considerando il limite imposto dalle sacre regole del Movimento pari a 5000 euro lordi al mese (ammesso che sia quello, perché nel famoso video dello “SVG4 zip war airganon” Grillo parlava di 1200 euro, ma vabbe’), per i consiglieri comunali non c’è alcun taglio da fare, a meno che non siano lavoratori dipendenti che cumulano i 2280 euro con il proprio stipendio, messo a carico del Comune per tutte le ore trascorse in seduta; in questo caso dovrebbero fare come correttamente fece Chiara Appendino, cioè rinunciare ai gettoni, o farlo almeno per la parte che, nel cumulo, eccede la soglia dei 5000 euro.

Tuttavia, almeno per i due eletti (sindaca e presidente del consiglio comunale) che hanno uno stipendio superiore a 5000 euro il taglio sarebbe doveroso, e sarebbe bello che lo facessero anche gli assessori… a meno che non l’abbiano già fatto senza ancora comunicarlo, anzi conto che sia così e mi aspetto un comunicato in tal senso per chiudere ogni dubbio (sì, vi voglio bene e vi sto dando una elegante via di uscita).

Del resto, facendo due conti, solo i 25 eletti e la giunta ci costano una milionata e mezzo di euro l’anno, senza considerare i rimborsi ai datori di lavoro; in più bisognerebbe considerare gli attivisti che sono stati assunti in Comune come staffisti e i 40 consiglieri circoscrizionali, arrivando a un paio di milioni di euro l’anno. Non sono pochi soldi e ci vorrebbe più trasparenza, considerando che la relativa pagina sul sito del M5S Torino è ferma ai miei stipendi dello scorso mandato (e solo ai miei).

Non sto rosicando perché io non ho più uno stipendio e gli altri sì. Non sono affatto arrabbiato per motivi economici; al massimo, mi chiedo come un movimento che reclamava la trasparenza e che criticava su Facebook i curriculum semivuoti della giunta Fassino possa poi pubblicare, a fronte di 5900 euro al mese, un curriculum come questo. Nel frattempo, però, vi comunico che uno stipendio me lo sono già trovato e sto scrivendo questi post proprio perché vorrei chiudere tutte queste discussioni una volta per tutte e pensare al mio nuovo lavoro (i cui dettagli racconterò a brevissimo, non me li chiedete qui).

Non mi dimetto perché non ho niente da cui dimettermi. Ci sono sostenitori del M5S che vengono sulla mia bacheca a gridare “dimettiti”. Sono un privato cittadino, non ricopro alcun ruolo pubblico, da cosa dovrei dimettermi?

Non mi cancello dal M5S perché resto un cittadino attivo. Sono tuttora iscritto al portale nazionale del M5S e all’elenco degli attivisti torinesi. Non è che ci tenga particolarmente, ma non vedo perché cancellarmi: il M5S continua a fare anche cose buone, e se nel mio tempo libero potrò dare un contributo costruttivo lo farò volentieri. Per esempio, trovo interessante, anche se ancora molto limitata, la possibilità di votare online le proposte di legge; e se faranno una assemblea cittadina in cui si discuta di politica, anziché di gazebo da montare, cercherò di andarci. E rassicuro ancora tutti: nonostante ciò che dicono alle mie spalle, non presenterò alcuna fattura per la consulenza, come non l’ho mai fatto per tutto il tempo, le competenze e le energie che ho dedicato al Movimento 5 Stelle per otto anni.

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venerdì 21 Ottobre 2016, 16:18

La macchina ha un buco nella gomma

La notizia del giorno a Torino è l’arrivo della Guardia di Finanza in Municipio per una indagine su possibili irregolarità nel bilancio del Comune. Ne parlano tutti, ma più che altro in toni propagandistici, tra un trionfo dell’onestà (i pro M5S) e una minimizzazione a prescindere (i pro PD); tra accuse di “ladri” e controaccuse di “populisti”.

Eppure, cercando di capire le cose dai giornali, emerge un quadro un po’ diverso; e per questo ho pensato di mettere per iscritto quello che ho capito, con l’esperienza di consigliere comunale alle spalle, e che non è stato spiegato molto bene. Cercherò di fare ancora una volta quel lavoro di informazione ai cittadini che però, ecco, adesso dovrebbe magari fare qualcuno dei quaranta consiglieri comunali in carica, che hanno modo di avere le informazioni precise ed aggiornate che io non ho più.

Per prima cosa, che cosa è questo “buco di 50 milioni di euro”? E’ scappato qualcuno con i soldi nella valigia? No, leggendo i giornali si capisce quale sia la questione: è un disallineamento delle aspettative tra creditori e debitori, e in particolare tra il Comune di Torino da una parte, e due sue società dall’altra.

Le due società sono GTT, che notoriamente gestisce i trasporti pubblici, e Infra.To, che, meno nota, è la “proprietaria dei muri” della metropolitana e di altre infrastrutture cittadine, in ossequio al principio neoliberista per cui bisogna separare la rete dal servizio, per poi mettere a gara d’appalto il servizio stesso; sono società interamente di proprietà comunale, anche se più volte Fassino ha tentato di vendere GTT ai privati, senza mai trovare qualcuno che se la pigliasse a condizioni accettabili.

Allora, qual è la questione? Ve la spiego così: supponete di aver chiesto a vostro cugino di tagliarvi l’erba del prato in cambio di 20 euro. Il lavoro è avvenuto, poi però voi non avevate i 20 euro in tasca, e gli avete detto che glieli davate poi; e quindi vostro cugino è rimasto in credito con voi di 20 euro. Poi magari, nel tempo, gli avete detto: ma dai, ormai sono passati anni, vuoi davvero questi 20 euro? Ti ho già offerto una cena l’altro giorno, facciamo che siamo pari. E lui niente: no, grazie per la cena ma voglio anche i miei 20 euro, anzi, siccome in realtà ho tagliato anche l’aiuola davanti al garage, me ne devi 25. E voi: no guarda, non rompere le scatole, sai che non c’ho una lira, secondo me non ti devo più niente.

Risultato? Un contenzioso tra parenti, in cui ognuno pretende di avere ragione; per cui voi scrivete nei vostri conti che non dovete più niente a vostro cugino, mentre lui scrive che ha un credito di 25 euro verso di voi. Poi, visto che siete parenti, probabilmente non finirete in tribunale tra di voi; ognuno si tiene la sua posizione e se la porta avanti all’infinito nei propri conti. Certo, se a un certo punto si arrivasse davanti al giudice è possibile che voi veniate obbligati a pagare 25 euro, e quindi vi troviate con 25 euro di “buco”; è anche possibile che invece voi abbiate ragione, e che il buco resti al cugino; o, più facilmente, che ci si metta d’accordo amichevolmente per dividersi il buco a metà o per compensarlo con un altro lavoretto pagato, senza ingrassare gli avvocati.

Un caso simile, per esempio, è successo negli scorsi anni tra Comune/GTT e Regione Piemonte; la Regione riceve dal governo i fondi per il trasporto pubblico, senza i quali il trasporto non può circolare visto che i biglietti coprono giusto un terzo dei costi, e li ripartisce ai Comuni; però a un certo punto, essendo senza soldi, ha deciso di tagliare i fondi già stanziati, non solo per gli anni successivi ma retroattivamente per quello in corso. A quel punto il Comune ha detto: ma come, io quei soldi li ho già anche spesi! Fassino ha fatto causa a Chiamparino e alla fine ha vinto, però poi ci si è messi comunque a negoziare su quanti soldi effettivamente la Regione potesse ridare al Comune.

Allora, avrete capito che con questi meccanismi nessuno fugge alle Bahamas con dei soldi in tasca lasciando il “buco”. Il problema, però, è verso i terzi: perché a questo punto sia voi che vostro cugino vantate di avere 25 euro a disposizione, o al massimo da incassare, ma in realtà solo uno dei due può averli; e se si calcola il patrimonio familiare complessivo, sembra che di euro ce ne siano 50 anche se sono solo 25. Se andate a chiedere un prestito in banca, la banca ve lo dà pensando che abbiate un patrimonio che in realtà non avete per intero: e così si migliorano i bilanci.

Perché questo sia un reato, tuttavia, bisogna provare che il meccanismo sia stato concepito apposta per truffare i terzi; ovvero che non sia successo semplicemente che, in buona fede, ciascuno dei due parenti ritenesse di avere ragione nella disputa, ma che invece loro si siano messi d’accordo per dire “senti, tu dì che aspetti 25 euro da me, io dico che non ti devo niente, e così, ognuno con i propri creditori, tutti e due sembriamo più solidi”, e riusciamo a chiudere il bilancio in pareggio e non in perdita. Questo sarà l’oggetto delle indagini.

Certo, la situazione in questo caso è complicata dal fatto che, proprio per evitare queste situazioni ampiamente diffuse, la legge da qualche tempo (poco) impone che il bilancio di rendiconto del Comune, cioè il documento fatto dopo la fine dell’anno in cui si tirano le somme di spese ed entrate, contenga una dichiarazione dei debiti e crediti con ciascuna delle società partecipate, concordata con esse; e in questo caso è ovviamente impossibile sostenere due versioni diverse.

Leggendo i giornali, pare che nel caso di GTT e Infra.To questa dichiarazione non sia mai stata presentata, il che, in teoria, avrebbe dovuto impedire l’approvazione del bilancio; in pratica, si è deciso di approvarlo lo stesso. Tuttavia, a scanso di querele per calunnia, io non posso sapere se questi documenti mancavano per errore perché ce li si è dimenticati o perché non si è fatto in tempo a produrli, oppure mancavano perché non ci si accordava su quali crediti considerare buoni, o addirittura perché ci si è messi d’accordo in cattiva fede in modo da poter far figurare la stessa cifra in positivo in entrambi i bilanci: questo lo accerterà l’indagine.

Ora, veniamo alle responsabilità: e qui la cosa si fa più spinosa. Già, perché – secondo quanto riportato dai giornali – mentre il bilancio di rendiconto 2015 del Comune è stato approvato dal consiglio comunale passato, e quello di GTT dalla giunta Fassino, il bilancio 2015 di Infra.To è stato approvato in estate dalla giunta Appendino, e la stessa sindaca se ne è assunta la responsabilità durante una discussione di commissione qualche settimana fa.

Del resto, sempre da quanto ho capito dai giornali, non è stato il M5S ad accorgersi del problema. Non ce ne siamo accorti prima, quando Chiara era, da consigliera di opposizione, vicepresidente della commissione bilancio; e non se ne sono evidentemente accorti quando, già amministrando il Comune, hanno approvato l’ultimo dei tre bilanci (ovviamente in buona fede). Chi se ne è accorto, invece, è l’ex candidato sindaco della Lega, il notaio Morano, eletto a giugno, che ha presentato l’esposto da cui pare siano partite le indagini.

Attualmente, quindi, non si sa nemmeno chi sia indagato e per quali eventuali reati; e bisognerebbe essere legali esperti della materia per capire se sono accusabili di reati solo quelli che consapevolmente (ammesso che sia avvenuto) abbiano inserito cifre irregolari nei bilanci, o anche quelli che abbiano inconsapevolmente approvato questi bilanci. Se è il primo caso, probabilmente l’indagine potrebbe riguardare solo dirigenti delle società partecipate, funzionari comunali e magari qualche assessore; se è il secondo, potrebbero venire indagati sia Fassino che Appendino e anche i consiglieri comunali che hanno votato il primo bilancio.

Diversa è poi la questione in sede civile e di Corte dei Conti, dove sicuramente tutti gli amministratori pubblici che hanno votato queste delibere, anche in buona fede, potrebbero venire chiamati a rifondere personalmente alle casse pubbliche gli eventuali danni; è già successo ad Alessandria.

Quanto alle conseguenze economiche concrete, per il Comune non dovrebbero essere significative: è difficile che tutti questi 50 milioni di euro risultino a carico suo. Magari si tratterà di recuperare un ammanco di qualche milione di euro, tipo i cinque di cui si parlava inizialmente; per fare una proporzione, è come se a una persona che guadagna 1000 euro netti al mese mancassero a fine anno 50 euro; dovrà rinunciare a qualcosa, ma comunque non andrà in rovina per quelli. Di sicuro, insomma, non è una “voragine”.

Diversa è la situazione per le due partecipate, in particolare per Infra.To, che da tempo soffre di una situazione economica complicata dal fatto che i suoi unici clienti sono sostanzialmente GTT (per l’uso delle infrastrutture) e il Comune (per la progettazione dei nuovi tratti di metropolitana); e sono clienti che pagano poco e male. Addirittura, un paio di anni fa, per far fronte alla situazione, il Comune ha “ricapitalizzato in natura” la società, conferendole un preziosissimo nuovo patrimonio: i binari di alcune linee del tram. Solo quelli del 16 furono valutati 35 milioni di euro, con tanto di perizia: e chi non pagherebbe una cifra del genere per comprarseli?

In questo modo, la società aumentò il proprio patrimonio e risultò in miglior salute finanziaria; ma se ora si scoprisse che i 165 milioni di euro di crediti che Infra.To sostiene di avere con il Comune sin dal 2006 sono anche solo in parte non più esigibili, la società potrebbe avere dei problemi, mettendo a rischio in particolare il tormentatissimo completamento della linea 1 fino a piazza Bengasi.

Io non so, dunque, cosa verrà fuori dalle indagini, chi sarà indagato e come. So solo che il dibattito politico cittadino di queste ultime ventiquattr’ore è stato secondo me piuttosto inutile, a base di nessuna informazione ai cittadini e di molta propaganda, come se fossimo ancora in piena campagna elettorale.

Già, perché il vero messaggio che ci manda tutta questa vicenda è che il trasporto pubblico locale, a Torino e in tutta Italia, è agonizzante per mancanza di fondi; e che le relative aziende stanno in piedi con lo scotch, legale o illegale che sia. E allora, invece di discutere se questa sia una voragine o una buchetta e se sia stato più distratto Fassino o Appendino, dovremmo chiedere alla politica (tutta) come pensi concretamente di difendere i nostri servizi pubblici, e cosa stia facendo per salvarli.

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