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sabato 13 Ottobre 2007, 15:50

Otoberfest, ovvero dell’autoriduzione proletaria

Di Eataly, come ricorderete, ho già detto tutto il male possibile. Eppure, io al cibo non so resistere, specie se in compagnia: e così, mercoledì sono stato coinvolto nell’assalto alla Otoberfest (o meglio, questa sarebbe la grafia corretta in piemontese; loro, che sono barotti, scrivono un improbabile Ütuberfest), che colà si tiene per tutta la settimana, sino a domani sera.

L’assalto doveva avvenire alle 19, orario di apertura, ma viene purtroppo ritardato causa orari lavorativi di parte del gruppo: e così, ci presentiamo là attorno alle 21, per scoprire una ventina di persone in attesa all’ingresso della zona dedicata, di fronte a un signore che con forte accento di vacca ci annuncia che bisognerà attendere circa mezz’ora. Chiediamo se si può prenotare, la risposta è no; prendere un numero e andare a fare un giro, nemmeno; a che ora precisamente riapriranno gli ingressi, boh. Non c’è nemmeno una fila; semplicemente un grumo di gente che sgomita cercando di stare il più possibile vicino all’ingresso, e passandosi continuamente davanti.

Dopo venti minuti di famelica attesa, riusciamo finalmente ad entrare… quasi. Già, perchè avendo aperto le cataratte, la gente-che-non-ci-vede-più-dalla-fame si proietta nello stretto ingresso a gomiti alti; amici perdono amici, madri perdono bambini, famiglie vengono disperse e finiranno per sempre a Chi l’ha visto. Noi siamo in sei; i quattro dai gomiti più allenati entrano; i due più timidi e meno scattanti restano fuori dal numero chiuso.

Qui si espone l’uomo di mondo, cioè io; chiedo al tizio dal sapor di vacca se può far passare i due rimanenti, che non si è mai visto di un posto dove i gruppi in attesa di cenare vengono separati a metà, e piuttosto potevano organizzarsi un minimo. Il tizio nicchia, ci dice che ha già tenuto fuori gente che aveva già pagato la cena, poi si affida alla tipica morale a scomparsa che regna in questi casi: invece di assumersi le proprie responsabilità, dice “per me va bene, se va bene agli altri in attesa”. Attimo di gelo; i due non scattanti non scattano, lasciando così il tempo a due più svegli di loro di dire “ma allora entriamo noi”. Preparo il fucile, e insomma riusciamo a fare entrare i nostri e tenere fuori gli altri.

All’alba delle 21:25 saliamo così le scale di Eataly, solo per trovarci di fronte a una ulteriore coda alla cassa. Arriviamo infine al bancone, dove una ragazza che sfoggia il caratteristico sguardo sveglio di chi è stato lobotomizzato da bambino ci spiega in soli quattro minuti che possiamo acquistare una birra a due euro, sei birre a dieci euro, il buffet a libero servizio a quindici, e dobbiamo lasciare tre euro di cauzione per avere il bicchiere in cui farsi servire la birra.

Qui parte il dramma. Il buffet è invitante, ma c’è una ulteriore e significativa coda per arrivarci, e poi è pur sempre un buffet da apericena; servono delle crespelle, e poi formaggi, salumi, pane, focaccia, insalata. L’idea di spendere quindici euro per un aperitivo, quando il prezzo di mercato, cocktail incluso, è tra i cinque e i sette, non piace ad alcuni; altri vorrebbero fregarsene e provare; tutti, comunque, odiano Eataly, compresi quelli che non c’erano mai stati e pensavano che io fossi un po’ troppo negativo. Alla fine, prendo un buono da sei birre, ne bevo una, ne offro un’altra ad Andrea, e poi scappiamo fuori a mangiare ai fast food dell’8 Gallery.

Poteva finire qui? Forse sì, ma a me non piace essere preso per i fondelli da una attività commerciale di gente dalle scarpe grosse, che ti fa pagare tutto uno sproposito e naviga nei miliardi, ma non ha neanche la decenza di organizzarsi per gestire i clienti non dico in modo perfetto, ma almeno come una trattoria di periferia.

Per cui, parte il piano “Rivincita con autoriduzione proletaria”: ieri sera, ci presentiamo in due alle 18:50, quando l’ingresso non è ancora presidiato nè chiaramente indicato. Saliamo di corsa le scale, e ci mettiamo in coda dietro a una decina di altri previdenti. Alle 19:10 (perchè, con la solita disorganizzazione, alle 19 non sono ancora pronti) aprono le porte; dietro di noi ci sono già un centinaio di persone, ma noi nel giro di tre minuti siamo alla cassa, dove prendiamo due bicchieri e un buffet, visto che io ho ancora quattro birre dalla sera precedente.

Io pago un buffet e un bicchiere; la tizia va in crisi, e prende la calcolatrice (non scherzo!) per fare 15 euro + 3 euro. Poi mi dà un euro di resto invece di due, e io la guardo perplesso, e lei mi spiega che, da oggi, la cauzione del bicchiere è salita a quattro euro; li pago di corsa prima che diventino cinque. Mi timbrano la mano con la data del giorno – no dico ragazzi, come nei centri sociali, ma lì almeno hanno i simbolini; proprio il numero sulla mano no, fa tanto Auschwitz! – e io mi presento al deserto buffet.

E qui, perfidamente, giriamo a nostro vantaggio la loro disorganizzazione; perchè alle 19:35 io ho già fatto tre giri del buffet, senza un secondo di attesa, e loro avranno fatto entrare sì e no cinquanta persone, visto quanto ci mettono a farle pagare; sai, ogni volta fare 15 + 4 (o, Dio non voglia, 15 + 10 + 4) con la calcolatrice… Ovviamente, io riempio ogni volta il piatto di roba, facendo pure tanti complimenti allo stagista da 400 euro lordi al mese che hanno messo a servire le lasagne; poi arrivo al tavolo, e ne mangiamo in due.

Il cibo, va detto, è di qualità eccellente; le lasagne sono ottime, i formaggi sono buoni, i salumi sublimi (nota: andare a comprare la mortadella da Eataly, dopo aver rapinato la banca). Mi servo senza ritegno di mezzo chilo di ottimo tonno delle Azzorre (cioè, non so da dove venisse, ma a Eataly non si può mica chiamarlo soltanto “tonno”). Le birre sono anche molto buone; a sorpresa, la migliore non è la Nora della leggendaria Baladin, ma una Menabrea 150° Anniversario che sa di lievito, e sembra di bere la pasta della pizza. Il suo unico difetto è che non riesce a trasformare in bellezze l’ammucchiata di bruttoni di ogni sesso che c’era in sala: concludo che il gene della bellezza fisica non è mai arrivato fino in Piemonte.

Purtroppo non sono riuscito a provare la pizza rossa, perché hanno cominciato a portarla dopo un po’, e appena la mettevano sul tavolo del buffet c’era una gazzarra indegna; le donne in particolare si riempivano i piatti senza ritegno, tipo cinque o otto pezzi per volta (appunto: mai sottovalutare l’aggressività femminile in materia di procurare il cibo, specie alla “festa della gente che compensa con il cibo le carenze affettive”).

Insomma, esco strapieno e compensato. Mentre scendiamo le scale, e sono le nove meno un quarto, la coda è diventata epica; inizia praticamente all’ingresso di Eataly, attraversa il piano terreno del negozio, si inerpica su per due piani di scale, poi percorre tutto il museo che sta al piano alto; saranno tranquillamente, senza esagerare, un centinaio di metri di coda, ovviamente amorfa e sregolata.

O voi in coda, che avete la faccia di quelli che si fanno turlupinare da Eataly! Imparate l’arte dell’autoriduzione proletaria, ché il capitalismo dalla faccia buona è fin peggiore di quello dalla faccia cattiva, e chi si fa abbindolare dalle finte motivazioni etiche finisce cornuto, mazziato, e a pancia vuota.

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venerdì 12 Ottobre 2007, 07:58

I conti tornano

Ieri i giornali titolavano che governo e sindacati hanno vinto: il loro progetto di riforma del welfare è stato approvato dai lavoratori con una valanga di voti, oltre l’80%! Dopodichè ci sono le percentuali delle grandi fabbriche: Alfa Romeo di Pomigliano, sì 8%, no 92%. Fiat Melfi, no all’85%. Alenia, no al 65%. E così via. Però hanno stravinto i sì.

Ci si può prodigare in spiegazioni credibili, secondo cui i vecchi operai conservatori e politicizzati delle grandi fabbriche hanno votato contro, mentre i giovani precari delle piccole imprese di servizi hanno votato a favore, e messi tutti insieme ribaltano il risultato. Resta il fatto che alla fine, sommando tutto insieme, comunque in qualche modo i conti tornano: senza alcun dubbio, ha vinto il sì con l’80%!

E non dubitate: domenica, alle primarie del Partito Democratico, magari i seggi saranno deserti, ma alla fine avranno votato almeno due milioni di persone!

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giovedì 11 Ottobre 2007, 11:51

Scene da un ministero

(con un riferimento velato e del tutto non casuale a questa cosa qui, di cui parlava martedì Repubblica – ma toh, l’articolo che criticava il governo, pur comparendo ancora nei risultati di Google, è stato rimosso in tutta fretta dal loro sito…)

Rappresentante del Ministero ABC: Bene, ora possiamo incominciare la riunione…
Rappresentante del Ministero XYZ: Mi scusi, mi scusi!
ABC: Sì?
XYZ: Volevo lamentarmi per lo scarso anticipo con cui sono stato invitato a questa riunione!
ABC: Eh, purtroppo abbiamo potuto dare soltanto una settimana di preavviso, ci dispiace.
XYZ: Sì, ma io ho saputo di questa riunione solo due ore fa!
ABC: Come, due ore fa? Ma noi abbiamo inviato la convocazione per iscritto una settimana fa, alla dott.ssa JKL!
XYZ: E come mai non l’avete inviata a me? Io sono (pausa ad effetto) il Consulente ICT & New Media del Ministro XYZ!
ABC: Sì, ma quando abbiamo interpellato le varie amministrazioni per comporre il comitato, dal vostro ministero ci è stata indicata come referente la dott.ssa JKL…
XYZ: Eh, ma non importa, dovevate informarvi meglio! E visto che siamo qui per Internet, non è possibile che si utilizzi la carta! La prossima volta inviate le comunicazioni anche a me, e usate la posta elettronica: un cc non costa nulla!
ABC: Va bene; allora, visto che un cc non costa nulla, le invieremo le convocazioni per email: qual è il suo indirizzo di posta elettronica?
XYZ: (Attimo di smarrimento)
ABC: (Sguardo interrogativo)
XYZ: Uhm… era qualcosa tipo… c’aveva il mio nome… un punto… Un attimo, eh, che prendo l’agenda: non me lo ricordo!

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mercoledì 10 Ottobre 2007, 18:28

I will not illegally download this movie

Lunedì sera siamo andati a vedere il film dei Simpson, al cine Massaua, già teatro nella mia infanzia e ora multisala con annesso ristorante messico-tarro.

Siamo entrati all’orario annunciato, e abbiamo dovuto sorbirci dieci-dodici minuti di pubblicità; alla fine è iniziato il film, che poi altro non è che un episodio dei Simpson gonfiato fino a un’ora e un quarto di lunghezza (divertente comunque). Nella sigla iniziale, la scritta che Bart scrive sulla lavagna è appunto “I WILL NOT ILLEGALLY DOWNLOAD THIS MOVIE”.

O almeno così pareva di capire, perchè cinque minuti dopo l’inizio le immagini erano già sfocate, fino a diventare praticamente inguardabili, tanto da far male agli occhi. C’è voluto un quarto d’ora, e uno spettatore incazzato che è uscito a svegliare il proiezionista, perché se ne accorgessero e lo rimettessero a fuoco. Dieci minuti dopo, hanno troncato una battuta a metà per chiamare l’intervallo in anticipo e sistemare meglio il problema.

Giunti alla precoce fine del film, dopo poco più di un’ora, cominciamo a sorbirci i titoli di coda: difatti, su di essi sono sovrapposte varie scenette che invitano ad aspettare in sala, perché c’è un pezzo di film dopo la fine dei titoli. Peccato che dopo il primo minuto dei titoli, in sala vengano accese le luci, rendendo lo schermo quasi invisibile e spingendo la gente ad andarsene.

Noi, e un paio di manipoli di coraggiosi, resistiamo. Aspettiamo quasi dieci minuti di titoli insopportabilmente prolissi, per vedere cosa c’è alla fine del film.

E, quando i titoli finiscono, pare che cominci un dialogo; ma la proiezione viene conclusa bruscamente. Guardiamo l’inserviente in sala, che alza le spalle e fa, “Eh, ce l’hanno mandato così…”.

Morale: d’ora in poi smetterò di vedere i film al cinema. Li si può vedere molto meglio scaricandoli illegalmente.

P.S. 1: Comunque, probabilmente non c’era più niente da vedere: difatti la prima parola di Maggie – detta durante i titoli – che in italiano è “continua”, nell’originale è “sequel”: non si riferisce quindi ai titoli stessi.

P.S. 2: Il filone più carino del film (purtroppo molto marginale e presto esaurito) è decisamente quello del maiale adottato da Homer e denominato Spider Pig, o in italiano Spider Pork, per motivi di rima che scoprirete guardando la gag qui sotto e che è già leggenda:

Ora, potevamo noi italiani non distinguerci? Non dimostrare che la mamma dei cretini è sempre incinta? No, vero? E quindi ecco la nostra risposta, in diretta da Sorrento (NA), con tanto di entusiastici commenti dei visitatori. Qualcuno chiami la protezione animali.

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mercoledì 10 Ottobre 2007, 13:41

Nomi strani

Se vi siete mai posti dei dubbi in merito, qui c’è un video in cui ICANN spiega i concetti fondamentali sui nomi a dominio internazionalizzati (IDN), con l’apparizione di Tina Dam (che se non è stata Miss Danimarca avrebbe dovuto esserlo) e le barchette di Marina del Rey sullo sfondo.

La cosa interessante è che usano dotSub, e quindi ho potuto dedicare mezz’oretta a sottotitolarvi il video in italiano.

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martedì 9 Ottobre 2007, 23:48

Contempla azioni

Improvvise – fermo alla stazione di Asti, buio fuori e buio sullo schermo del mio portatile, ozioso da alcuni minuti – si sviluppano sul sottile foglio di cristalli liquidi immagini morbide e fascinose di pecore elettriche; esplodono e implodono e si rimescolano geometricamente, proprio come la vita, come ad esempio quella di cui sto leggendo dal libro che ho in mano, la vita di Alexander Langer; una persona che sarei felice di essere stato, coerente nel farsi colla trasparente e resistente, ad assorbire il male e l’attrito del mondo, costi quel che costi (e costò molto).

La notte scorre fuori dal treno, e nelle orecchie ho un vecchio e visionario adagio dei Casino Royale, riempi i tuoi polmoni di pensieri buoni, comincia da te stesso e poi rivoluzioni, fai tuo lo spazio vuoto dove puoi arrivare, e illumina la notte di energia stellare. La giornata, lunga, è ormai prossima alla fine. Anche oggi si è posato un altro mattone per un disegno che non conosco, ma che certamente, quando si farà apprezzare in tutta la sua interezza, presenterà una armonia sorprendente. A prima vista non si apprezza quanto sia difficile disegnarsi la vita; a seconda vista, se ne vede invece la fatica e lo scoramento; ma guardando ancora meglio, in fondo in fondo al pozzo, in ognuno di noi c’è soltanto e comunque senso.

Cogliere quello degli altri e offrire il proprio, in ogni fugace opportunità di contatto, è un premio e un piacere riservato ai fortunati; pur se è vero che ognuno è fabbro della propria fortuna. Contempla azioni, e assicurati di aver sempre pronti incudine e martello.

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lunedì 8 Ottobre 2007, 18:25

Multarolo del c…

L’espressione viene da un vecchio post di Andrea (che tra l’altro, come ho scoperto cercando il link, ha ricominciato a bloggare, seppur saltuariamente), e non avrei mai pensato di essere io ad usarla per qualcuno. Eppure, ammetto che mi è subito tornata in mente leggendo questa lettera, ossia la risposta di un responsabile dei vigili urbani a un articolo della Stampa (questo) che denunciava la nuova abitudine dei vigili torinesi di piazzarsi in incognito, contromano, in divieto di sosta e in posizioni pericolose pur di effettuare multe tramite telecamera. E dire che, pur essendo un guidatore sportivo, non ho mai commesso infrazioni significative né perso punti dalla patente, e non avrei mai pensato di trovarmi un giorno a simpatizzare col multato anziché col multante.

Premetto che un dibattito come quello di cui sopra non dovrebbe nemmeno esistere: gli automobilisti dovrebbero fare il proprio dovere, rispettando i segnali stradali; e i vigili dovrebbero fare il proprio dovere, rispettando le leggi che – essendo noi uno stato di diritto – impongono loro certi vincoli a garanzia del cittadino.

Purtroppo, come al solito, bisogna buttarla in caciara: e allora da una parte ci sono gli automobilisti che guidano in maniera pericolosa (il che, tra l’altro, vuol dire troppo veloce ma anche troppo piano o troppo distrattamente) e si lamentano quando vengono multati, anche quando hanno torto marcio; dall’altra ci sono i vigili che si comportano da sceriffi, spesso selezionando accuratamente le proprie vittime tra quelle che non alzeranno mai la voce.

Dopo accurata analisi, io mi sento più dalla parte dei cittadini incazzati, che da quella dei vigili. Perché il traffico a Torino è iper-regolamentato, e in questo caso noi torinesi diamo il peggio di tutti, incrociando una ossessione svizzera con una faciloneria tutta italiana.

Perché sono d’accordo anche io che la svolta a sinistra dal viale di corso Regina Margherita sia pericolosa e di intralcio, e quindi vada repressa; anzi, per favore, reprimetela più duramente. Ma non credo che sia necessario mettersi in incognito e contromano per farlo: ci si può mettere oltre l’incrocio e fermare i trasgressori per contestare la violazione. L’effetto repressivo è anche maggiore, visto che pure quelli che non saranno fermati vedranno i vigili e penseranno che la prossima volta potrebbe toccare a loro. Solo che così si fa meno cassa, e il piatto del Comune piange.

Un altro problema è poi la quantità abnorme di divieti che sono spuntati in città negli ultimi anni, spesso così tanto per vietare, senza pensare ad offrire alternative a chi da quella parte dovrà pur passare. Ad esempio, sono comparsi divieti di svolta a destra in vari viali; da corso Peschiera in corso Monte Cucco e in corso Racconigi, per dire. Sarà anche possibile che la svolta a destra in quel punto intralci, ma allora si doveva aprire un varco per permettere l’immissione nel controviale poco prima dell’incrocio; o come minimo mettere una indicazione preventiva all’incrocio precedente (costringendo però chi deve svoltare a percorrere centinaia di metri in controviali pieni di auto in doppia fila, cantieri e ostacoli vari…). Fatto così, vuol soltanto dire mettere un divieto in più, magari per poi fare delle multe – a quel punto veramente insensate.

Idem per i limiti di velocità lumaca (cinquanta all’ora nei grandi viali è una velocità ridicola, così come settanta in strade extraurbane senza incroci come gli approcci alle tangenziali), per i divieti di sosta non interpretabili da essere umano (quelli con sei fasce orarie diverse, una di divieto, una solo per residenti, una di sosta a pagamento, una solo per operatori con contrassegno giallo a righe…), per le strisce gialle con cui qualsiasi potentato parapubblico si ritaglia parcheggi gratuiti in pieno centro (i mezzi pubblici li usino i privati), e così via.

A tutto questo si aggiunge la sostanziale impunità per altri tipi di violazioni che i vigili e le forze dell’ordine dovrebbero reprimere, dal commercio ambulante ai lavavetri ai semafori, dai parcheggiatori abusivi ai furgoni abbandonati con le quattro frecce in mezzo ai viali (ma guai a toccare i commercianti).

Per cui, massima ammirazione per chi combatte quotidianamente la dura lotta contro il caos del traffico, ma preferirei che prima di tutto si regolasse il traffico in modo ragionevole, eliminando i divieti troppo restrittivi – anche perché troppi divieti uguale nessun divieto – e poi che ci si dedicasse anche ad altro, non solo alle multe via telecamera; e che comunque i vigili dessero sempre l’esempio, invece di farsi spesso vedere a fare le stesse manovre vietate e pericolose che poi stigmatizzano quando le facciamo noi.

Se no, anche a Torino finirà come a Settimo, dove il sindaco, dopo aver tappezzato la cittadina di telecamere anti-rosso “ciniche e implacabili” che scattavano anche quando avevi ragione, è stato costretto a mettersi in ginocchio sui ceci per evitare il linciaggio da parte dei propri cittadini.

Oppure come a Collegno, dove il nuovo autovelox e controllo del rosso all’incrocio tra corso Francia e via Castagnevizza è stato distrutto a sassate dagli abitanti della zona, esasperati dopo la prima ondata di multe per essere sfrecciati su un viale a tre corsie alla temibile velocità di cinquantasei all’ora.

Saranno degli incivili, ma non si può non capirli.

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domenica 7 Ottobre 2007, 14:10

Hack the captcha

Come passare una buona domenica mattina svagandosi un po’? Beh, non so voi, ma io l’ho passata cercando di craccare un captcha, così per divertimento.

Immagino che tutti sappiate cos’è un captcha: è una di quelle immaginine contenenti del testo deformato, che vanno di moda per impedire ai bot l’accesso ad un determinato servizio online, lasciando passare gli umani. La capacità di riconoscere dei caratteri deformati è semplice per un essere umano, ma fuori portata dei computer, non essendo algoritmica. Anche io avevo un captcha fatto in casa sul blog precedente (qui non ce l’ho perchè uso Akismet, un filtro antispam euristico).

Tutto bene? Beh, no, in realtà i captcha sono una maledizione per molti e andrebbero abbandonati, e qui potete scoprire il perchè secondo il W3C. Ad esempio se ci vedete poco o nulla non potete superarli, alla faccia dell’accessibilità del web. (Apprezzo quindi Vodafone che, sul captcha per inviare SMS gratis dal 190 online, ha recentemente aggiunto un pulsante “leggi il codice”, che aiuta chi ci vede poco.)

Quello che volevo craccare io era un captcha semplicissimo: tre caratteri (numeri o lettere maiuscole) scritti in rosso su fondo bianco, con due barre orizzontali. C’è voluta un’oretta – più che altro perchè la documentazione di Perlmagick è sostanzialmente inesistente, tanto è vero che le mie pur limitate abilità nell’uso della libreria sforano già nell’esoterico – per scrivere una paginetta di Perl che aprisse l’immagine, sostituisse le due barre orizzontali con due barre bianche, poi ricostruisse i caratteri sottostanti con un algoritmo semplicissimo: se i pixel sopra e sotto sono entrambi rossi, coloralo di rosso; se uno solo è rosso, coloralo di rosa.

A questo punto, si fa una conversione in bianco e nero (formato PBM) e si dà tutto in pasto a GNU Ocrad, uno dei rarissimi OCR liberi, che ha pure l’interfaccia Perl. All’inizio Ocrad non ci beccava una mazza, e ho capito esaminando le immagini che il problema erano i pixel sparsi che restavano dopo la conversione in bianco e nero: per cui ho applicato una funzione di soglia sulla luminosità – che mi sono riscritto io, non riuscendo a capire come funzionasse quella integrata in Perlmagick – e ho cancellato prima della conversione tutti i pixel che non fossero sufficientemente scuri.

Con un po’ di prove, ho trovato i valori ottimali della soglia, e visto che essi variavano da immagine a immagine (ne avevo una decina di prova) ho scritto un algoritmo iterativo per provare su ogni immagine con soglie crescenti, e prendere una decisione a maggioranza. Poi ho aggiunto un po’ di intelligenza sparsa – che so, se trovi “l” (elle minuscola) allora è “1” (uno) – e ho raggiunto una percentuale di successo attorno al 75%, che per un captcha va benissimo, visto che se sbagli basta riprovare, come farebbe un umano qualsiasi.

Poi ci ho messo attorno la fuffa ormai banale (basata su LWP e figli) che scarica la pagina, scarica l’immagine, la dà in pasto al frullino, compila in automatico la form e la invia, non dimenticando di cancellare i cookie ad ogni giro.

Alla fine non funziona, perchè il mio captcha è dentro un sistema di votazione online, e anche se la risposta ottenuta dal sito è positiva probabilmente c’è un controllo lato server sull’indirizzo IP; e quindi non riesco a barare. Ma non era questo l’obiettivo; il punto era la sfida intellettuale di riuscire a craccare il captcha e il controllo sui cookie, e quello è stato raggiunto pienamente.

Comunque, sono ancora un dilettante: qui c’è un tipo che dichiara di averne sconfitti a decine. Naturalmente, l’attacco si basa sul fatto che l’algoritmo di generazione del captcha è prevedibile, e molto poco vario (basterebbe cambiare font, deformare i caratteri, insomma darsi un minimo da fare… persino il mio captcha fatto in casa in dieci minuti aveva i caratteri deformati ad onda, e le barre diagonali con un angolo casuale); e su un po’ di training da parte dell’umano. Alla fine, però, le barriere saltano sempre…

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sabato 6 Ottobre 2007, 17:13

Mappe cliccabili

Se la Apple lascia a desiderare, il mondo del free software ne sa sempre una più del diavolo.

Dovevo realizzare questa mappa interattiva per questo progetto, e avevo già bestemmiato a sufficienza per realizzare tutti i fotogrammi, visto che come file di partenza avevo una mappa grossa la metà e piena di scritte sovrapposte, che ho dovuto cancellare a mano per poi ricostruire pixel per pixel, atlante alla mano, i confini provinciali sottostanti (e qui ci sta un bel vaffanculo alla forma assurda della provincia di Vercelli, dopo che è stata morsicata da quelli di Biella).

Ovviamente, non avevo voglia di misurare a manina le coordinate di ognuno dei singoli punti del poligono che approssima ciascuna forma… e così, cercando strumenti appropriati, ho scoperto che Gimp ha sotto Filtri -> Web un ottimo plugin denominato Imagemap, o Mappaimmagine se avete Gimp in italiano (che qui, come dice Mastella, s’ha da difendere la nostra lingua patria).

Certo, è buggato, spesso si pianta (salvate spesso o meglio copiate e incollate i blocchi di codice man mano che generate le aree, c’è una voce di menu che vi permette di vedere direttamente il codice HTML), ma permette di fare esattamente ciò che serve, cioè disegnare le aree poligonali complesse di una mappa semplicemente cliccando sulla sequenza di vertici del poligono, ossia tracciando i confini dell’area con dei segmenti.

E così, in un quarto d’ora ho avuto la mia mappa cliccabile bella fatta, pronta per cominciare a bestemmiare con i javascript per animarla!

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sabato 6 Ottobre 2007, 15:43

Cara Apple

Capisco che il tuo scopo sia quello di rendermi la vita più facile proponendomi ottimi e abbondanti esempi per il software che mi ammannisci (qualunque cosa sia, ché la metà non l’ho mai aperto).

Ma perché, dopo settimane di lotta con lo scarso spazio libero sui 30 GB del mio hard disk, grazie a una perquisizione accurata devo scoprire che esiste in un posto imbucato una directory preinstallata e denominata “GarageBand Demo Songs”, che occupa 370 MB?

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