Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Ven 11 - 3:53
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione
sabato 25 Agosto 2007, 10:37

Los Angeles (3)

(Segue dalla seconda puntata…)

Come dicevo, l’unica parte un po’ interessante di Downtown Los Angeles è il centro antico, all’angolo tra Main Street e l’autostrada 101 (qui le autostrade le costruiscono scavando al posto dei vecchi corsi, un po’ come se per fare la Torino-Milano avessero cominciato abbattendo le case per trasformare via Roma in un trincerone a otto corsie: mica vorrai farti i semafori per arrivare in centro dalla tangenziale?). Sorprendentemente, ci sono alcuni edifici di inizio Ottocento, quando Los Angeles era messicana, e la originale missione dei frati francescani che fondarono il posto come El Pueblo de Nuestra Senora La Reina de Los Angeles del Rìo Porciuncula (quello di Assisi); abbreviato L.A., va per la maggior contrazione toponomastica della storia. Soprattutto, qui è pieno di messicani e finalmente ci si sente un po’ a casa, anche se a fianco della missione c’è un parcheggio (ma ci sono parcheggi ovunque: l’idea è che in un isolato si fanno case e in quello a fianco si fa un parcheggio sopraelevato a pagamento).

C’è una bella piazza, e c’è Olvera Street, un mercatino pieno di bancarelle di chincaglierie messicane fatte in Cina. E c’è la Union Station, la stazione dei treni, uno dei peggiori investimenti pubblici della storia americana – fu costruita nel 1939, dal 1940 cominciarono a smantellare le ferrovie e sostituirle con auto, bus e aerei. E’ grandiosa, scura e austera all’interno, allagata dal sole nei chiostri e nei cortili esterni; è ancora usata, ma solo in parte, per i pochi treni rimasti, e per farla fruttare un po’ ci hanno persino girato Blade Runner (la sede della polizia). Certo, prima di capire dove si prende la metro e dove si comprano i biglietti ci vorrà un po’, perché ogni servizio pubblico è gestito da una azienda separata, e il concetto di integrazione è inesistente. Ma vale la pena arrivare fin qui.

A questo punto dovreste aver capito che, a differenza delle città a cui siamo abituati, a Los Angeles non ci sono zone storiche da vedere, e zone non storiche da ignorare; il punto della visita è l’esperienza di vita. Per questo sono stato ben contento, quando pagavo io, di spostarmi in un motel: un classico Travelodge, che è il tipico albergo degli americani medi, per affari o per vacanza che sia. A parte Las Vegas, solo i ricchi vanno negli alberghi “all’europea”; gli altri si muovono in auto e usano i motel.

I Travelodge sono tutti uguali da un capo all’altro dell’America: c’è un ingresso dalla strada, vicino alla reception, che controlla cosa succede; poi c’è una specie di lunga casa di ringhiera su due piani, a L, che dà sul cortile interno, che è un parcheggio a pettine. Se siete al pianterreno, potete parcheggiare col muso a mezzo metro dalla porta della camera: difatti le camere danno sul passaggio coperto a pianterreno, o sul balcone al primo piano. Ogni camera ha un bel letto matrimoniale, un televisore con la TV via cavo, un frigo vuoto per le vostre cose, un forno a microonde, un vecchio condizionatore elettrico, una cassaforte, un ripostiglio, e un bagno più che discreto, che di solito funziona bene. In mezzo al parcheggio, c’è anche una piscinetta, nemmeno troppo piccola (non fosse che di solito è monopolizzata da qualche famigliola). Insomma, ci si può vivere per una settimana con vari comfort, e in occasioni passate il forno a microonde mi venne piuttosto utile per risparmiare sui pasti.

Qui io ho dormito per 95 dollari a notte tasse incluse, che per un motel è tanto, ma per un albergo di Los Angeles a “due fermate della metro” sia da Downtown che da Hollywood non è molto. In più, esso stava di fronte alla fermata della metro di Sunset/Vermont, abbastanza vicino alle uscite dell’autostrada, in una zona con vari servizi: tre o quattro fast food tra cui un simil-Starbucks, un paio di benzinai con negozietto di cibarie aperto 24 ore su 24, un bank-in – cioè un bancomat che funziona come un drive-in, senza scendere dall’auto; sembra ridicolo, ma lo rivalutate parecchio se dovete prelevare col buio… e capite nel contempo perchè la Focus americana abbia un dispositivo che abbassa automaticamente la sicura delle porte dopo dieci secondi che la guidate – e poi, un paio di ospedali – tra cui il già citato Ospedale Infantile Haim Saban – e la sede mondiale della chiesa di Scientology, caso mai abbiate una crisi esistenziale nel cuore della notte.

Del resto, in America le città vanno a zone. Può capitarvi come a me, di essere a Hollywood, dover riconsegnare a breve l’auto nell’ufficio Avis del centro città, e nel contempo aver finito i contanti. La periferia di Hollywood, però, è una zona di casette, quindi niente banche, ma un sacco di negozi, e di benzinai. Alla fine, dopo venti minuti, trovate una banca e prelevate, ma siete già quasi in centro. Così andate fino all’ufficio di noleggio, sperando di trovare un benzinaio in centro per fare l’obbligatorio pieno prima di riconsegnare l’auto. Sperate male: perché il terreno in centro serve per i grattacieli, e non ho visto un singolo benzinaio in tutta la zona. I benzinai sono rigorosamente collocati fuori dal centro e sulle avenue più frequentate, meglio se all’incrocio di due di loro; e così dovrete uscire fuori lungo Wilshire per un paio di chilometri, per trovarne uno.

Peraltro, i problemi di muoversi in un ambiente sconosciuto non si limitano al cercare banche in un quartiere di benzinai, e poi benzinai in un quartiere di banche. Fare benzina non è così facile: perchè in America nessuno mai si fiderebbe a lasciarti fare ciò che fai qui, cioè prima mettere benzina e poi andare a pagare (e nemmeno si fiderebbe a metterti benzina lui, almeno nelle città). Tutti i benzinai sono self-serve, pre-pay: metti la macchina davanti alla pompa, scendi, lasci una certa cifra alla cassa, che ti autorizza a far benzina per quell’importo. Torni alla pompa, metti la benzina, e se ne hai avanzata torni indietro a farti dare il resto. Poi, può succederti come a me, di aver messo la macchina con il serbatoio dal lato sbagliato, contando sull’estensibilità della pompa, e di scoprire che in America le pompe non sono estensibili; e così, devi improvvisare una inversione in mezzo al piazzale pieno di gente, mentre un coreano cerca di fregarti il posto e tendenzialmente anche la benzina che hai già pagato. E’ appena normale che, in tutto questo, tu faccia la manovra col serbatoio aperto e il tappo penzolante!

(continua…)

divider

Comments are closed.

 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike