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Archivio per il mese di Febbraio 2008


martedì 5 Febbraio 2008, 21:44

Striscia il negozio

È bello vedere l’iniziativa privata in tutta la sua intraprendenza; e così vi riporto che, come da volantino trovato stasera nella buca delle lettere di casa mia, qui vicino apre un negozio denominato Striscia la bellezza, che oltre a vendere shampoo e prodotti estetici si occupa anche di “bijogotteria” e “pearcing”. Che dite, gli diamo una chance, o è la prova che la televisione ha già fatto troppi danni?

[tags]negozi[/tags]

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lunedì 4 Febbraio 2008, 15:46

Casalingo

Immaginate di essere appena arrivati a casa molto soddisfatti per avere infilato in un solo giro e in maniera ottimizzata l’accompagnamento di persone, un appuntamento, il pranzo con amici, il trasloco di vari scatoloni di libri cd e bottiglie di vino, e la spesa settimanale. Fate il giro dal cortile a scaricare il tutto, tornate giù a parcheggiare, poi tornate su nella vostra calda tiepida casa proprio mentre una nevicata incipiente comincia a imbiancare le cime dei tetti che vedete dalla finestra. In pieno trip da übercasalingo soddisfatto di un buon lavoro, che cosa fareste?

Io, dall’eccitazione, ho pulito il fornello. Compresa l’impossibile incrostazione di uova e spinaci regalatami giorni fa insieme alla cena dal dimagrente misterioso. Una soddisfazione così non ha prezzo.

[tags]casalingo[/tags]

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domenica 3 Febbraio 2008, 20:41

Pomeriggi hi-tech

Oggi pomeriggio, probabilmente sull’entusiasmo per la vittoria del Toro, mi sono messo a lavorare sulla rete di casa; e ho perso circa tre ore, senza successo, per far funzionare:
1) la Airport Express – l’access point Apple – in modalità WDS, ossia come estensione del modem-router wireless che mi collega a Internet, in modo da poter condividere la rete con altri computer via cavo dalla porta Ethernet della Airport;
2) la tanto sbandierata condivisione in rete della stampante tramite la porta USB della stessa Airport Express.

Per la prima cosa, il risultato dell’applicazione o del buon senso o delle istruzioni reperite in rete è quello di far sparire dalla rete wireless uno o entrambi gli access point, e solitamente di far finire la Airport Express in uno stato in cui da una parte non riesce a connettersi alla rete, e dall’altra non è visibile per la configurazione remota, per cui l’unica soluzione è il reset hardware per poi ricominciare da capo.

Per questa seconda cosa, le istruzioni fornite da Apple sono:
“1) Collegare la stampante alla Airport con un cavo USB;
2) Accendere la Airport;
3) Accendere la stampante;
4) Funziona! Non è meraviglioso il mondo Apple?”

Ovviamente non solo non funziona, ma non dà alcun segno di vita. Non ho ancora smanettato più di tanto, ma mi sento già preso per il culo dagli uffici marketing di almeno tre diverse multinazionali.

[tags]tecnologia, marketing, apple, airport, wi-fi[/tags]

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sabato 2 Febbraio 2008, 11:16

Bar presidenziale

Sì, avrei potuto tirare fuori argomentazioni ragionate e suffragate da fatti, come faccio di solito, per proporre la mia opinione sulla corsa presidenziale americana (quella democratica, perché di quella repubblicana si sono perse le tracce, visto che dopo il ritiro di Giuliani essa vede schierati una serie di personaggi con il carisma di un fagiolo bollito).

Ma poi ho pensato che tutto ciò sarebbe stato vecchio, superato, lento; e invece anch’io, come tutti i media e i blogger italiani, voglio essere rock. E così, ho deciso di dirvi che, dopo lunga incertezza, il mio voto virtuale andrà a Hillary Clinton.

Certo, sono stato molto insicuro, perché guardandola bene Hillary è tirata, e soprattutto ha due guance improponibili, due veri canotti, due specie di tette aggiuntive che sporgono dagli zigomi e ammiccano alla popolazione maschile con il sex appeal di una Sandra Milo della terza età. E io da una candidata femmina mi aspetterei che fosse figa, tipo la Prestigiacomo o la Brambilla: se proprio devo farmi prendere per il culo da qualcuno, almeno che sia da una bella donna.

Ma alla fine ho deciso che esiste un argomento risolutivo che mi rende impossibile sostenere Baracca Obama: vorrete mica che si possa votare per uno che è un sosia quasi perfetto di Davide Treseghe??

[tags]usa, presidenziali, clinton, obama, oggi mi sento moderno[/tags]

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venerdì 1 Febbraio 2008, 15:36

Un post antipatico

Ho capito dalle reazioni al post di ieri mattina che avete voglia di discutere del “problema dei salari”. Ho anche capito che alcuni di voi hanno già un’idea, che peraltro è quella che va per la maggiore: che in Italia ci sia una grande categoria, i lavoratori dipendenti, che si fa un mazzo tanto e manda avanti il Paese, ma in questi anni è diventata povera; e che deve poi subire le angherie di un’altra grande categoria – alle volte identificata con gli autonomi, alle volte con i padroni, alle volte con i commercianti, e più spesso come “tutti gli altri” – che sfrutta il lavoro dipendente per alzare i prezzi, fare i miliardi e andare alle Maldive.

Lo scopo del post non è tanto smentire la teoria di cui sopra, che così scritta è esagerata, ma per cui esistono comunque delle evidenti ragioni a supporto. E’ invece quello di affiancare alla spiegazione popolare altre spiegazioni più impopolari, ma che potrebbero essere altrettanto vere.

Come dicevamo ieri, innanzi tutto la sensazione di grande impoverimento dei lavoratori dipendenti non pare confermata dai fatti, che dicono – secondo Banca d’Italia – che il loro potere d’acquisto in termini reali è rimasto sostanzialmente lo stesso del 2000. Le cifre dicono se mai che i dipendenti non hanno partecipato all’arricchimento di cui invece hanno goduto i lavoratori autonomi; che è ugualmente un fenomeno spiacevole, ma ben diverso dal dire che i dipendenti sono al collasso.

La sensazione di star per finire in mezzo alla strada è appunto (con le dovute eccezioni) una sensazione, collegata al clima di sfiducia generale che è uno dei veri problemi dell’Italia, oltre che all’effetto ostentazione per cui l’aumento del numero di Cayenne per strada (dovuto all’aumento dei molto ricchi, che però è un fenomeno globale che definirei storico e sovranazionale) aumenta il bisogno percepito e insieme il desiderio di maggiore ricchezza.

Bisogna poi segnalare un’altra cosa, ossia che, trattandosi di medie, pare molto difficile generalizzare in questo modo. Sicuramente l’arricchimento degli autonomi è medio, nel senso che ci sono categorie che hanno speculato pesantemente e che probabilmente si sono arricchite non del 13%, ma del 130%; tuttavia la categoria degli autonomi contiene ormai tonnellate di giovani precari con contratto a progetto, e dubito molto che i loro salari siano cresciuti in tal modo. E tra i dipendenti, sarà veramente tutto uniforme?

A questo punto, inquadriamo il problema come “perché i dipendenti non partecipano all’arricchimento generale?”. C’è la teoria tradizionale di sinistra che sostiene che la risposta è “perché i padroni sono stronzi”, e che l’unico modo che i lavoratori hanno per ricevere una fetta di utile è la lotta di classe. In questi anni, tuttavia, abbiamo visto spuntare fenomeni fuori da queste regole; come imprenditori che al termine di una buona annata aumentano spontaneamente lo stipendio ai dipendenti (l’ultimo è Della Valle) o, più facilmente, aziende che utilizzano in misura sempre maggiore lo strumento del premio di produzione variabile legato agli utili. E’ peraltro significativo che, come successo a Della Valle, siano i sindacati i primi a contestare queste pratiche, perché – detto banalmente – privano i sindacati del loro ruolo e ne dimostrano (solo in queste situazioni, sia chiaro) l’inutilità.

C’è però una spiegazione più direttamente collegata all’economia di mercato, che sosterrebbe che gli aumenti di stipendio sarebbero direttamente proporzionali al valore della prestazione prestata. Si potrebbe quindi concludere che i dipendenti non ottengono aumenti (in termini reali) perché il valore di mercato delle loro prestazioni non aumenta, a differenza del valore di mercato delle prestazioni dei lavoratori autonomi.

In parte, ciò è facilmente verificabile: il prezzo di mercato di un idraulico, per dire, è oggettivamente aumentato di parecchio in questi anni. Probabilmente sarebbe aumentato di meno se ci fosse stata più concorrenza, e se fosse stato più facile, ad esempio, importare idraulici polacchi e turchi. Probabilmente avremmo tutti più soldi in tasca se, per esempio, si abolissero gli ordini professionali e la loro capacità di impedire la concorrenza su molti servizi magari infrequentemente utilizzati, ma che quando ti servono ti mandano il conto in banca in rosso. In generale, il fatto che l’economia sia piena di squali non è risolubile per decreto ad personam o ad pretium, ma solo tramite l’adozione di adeguati incentivi e disincentivi e di buone regole per il mercato; a meno naturalmente di non voler tornare a una economia nazionalizzata, con i prezzi fissati direttamente dallo Stato (il che però ha tutt’altri ordini di problemi).

In parte, c’è una ipotesi ancora più antipatica: che l’arricchimento riguardi principalmente i lavoratori autonomi perché la crescita stessa del PIL derivi principalmente dai lavoratori autonomi. Non so che esperienze abbiate voi, ma parlando con amici e conoscenti che lavorano da dipendenti in grandi aziende si ha la sensazione che spesso ci sia poco da fare, e anzi ce ne sia sempre di meno… con qualche solitaria eccezione di dipendenti in aziende di consulenza che lavorano 12 ore al giorno da anni, ma vi assicuro che il loro stipendio, in questi anni, è rimasto tutt’altro che fermo.

Quel po’ di crescita che ancora l’Italia mette insieme potrebbe insomma derivare prevalentemente dalla piccola impresa e dalla galassia delle partite IVA, e quindi arricchire sostanzialmente loro; mentre le nostre grandi aziende che, con poche eccezioni, paiono ferme, obsolete e preda designata di qualche acquisizione dall’estero, non crescono e di conseguenza non hanno i soldi per aumentare gli stipendi, né ne avrebbero motivo, a fronte di dipendenti il cui lavoro, anche se spesso non per colpa loro, genera sempre meno valore.

O, se preferite, se le nostre grandi aziende potessero licenziare un po’ di dipendenti improduttivi e meglio ancora un po’ di dirigenti raccomandati e incapaci, probabilmente avrebbero i capitali e il dinamismo sia per crescere che per aumentare gli stipendi.

E infine, resta sempre l’obiezione di base che, se il lavoro dipendente non è adeguatamente gratificato, nulla vieta di cambiare tipo di lavoro, specie al giorno d’oggi in cui per fondare una piccola impresa di servizi non servono capitali. In altre parole, la crisi storica di determinati modelli di rapporto di lavoro è aggravata dalla scarsa propensione degli italiani a mettersi in discussione.

Naturalmente, per mettere ordine in queste ipotesi ci vorrebbero studi statistici più approfonditi; per ora, non si può che andare a sensazione. Eppure tutto ciò, come ben vedete, non pare affatto risolubile regalando dei soldi ai dipendenti e nemmeno detassando i salari. Se il problema è che Telecom non cresce perché è gestita male, non è riducendo le tasse ai suoi dipendenti che la si farà ricominciare a crescere. Se il problema è che i distributori agroalimentari fanno cartello per alzare i prezzi, non è con cinquanta euro in più in busta paga che si eviterà il prossimo aumento del 20% della verdura e della pasta, o che se ne limiterà l’impatto.

Anzi, sono pronto a scommettere che ad un calo dell’1% delle tasse sulle buste paga, realizzato con enormi sacrifici in termini di conti pubblici, corrisponderebbe nel giro di sei mesi un aumento dei prezzi di almeno altrettanto, o probabilmente del doppio; perché, se i problemi derivano dalla struttura dell’economia, pompare soldi non sposta gli equilibri ma genera soltanto inflazione.

[tags]economia, salari, inflazione[/tags]

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