Lo sparo
Stamattina non mi ha sorpreso più di tanto leggere sul blog di Flavia Amabile – uno di quei casi di blogger per cui ti chiedi “ma ogni tanto troverà anche il tempo di lavorare?” – che su Facebook è partita una campagna, già con oltre mille adepti, per uccidere Berlusconi. Per carità , posso immaginare che tutto ciò sia soltanto uno scherzo; si sa però che lo scherzo non è altro che una versione depotenziata della realtà , e che nessuno scherzerebbe sull’uccidere Berlusconi se sotto sotto non sperasse che succedesse davvero.
D’altra parte, mentre all’ora di pranzo pedalavo sul cavalcavia di corso Sommeiller, mi ha colpito una grossa scritta rossa, tracciata con lo spray sullo sfondo di uno dei grandi cartelloni pubblicitari che guardano la salita. C’era scritta una serie di cose, seguite da minacce a Sacconi, a Berlusconi e alla Marcegaglia, concludendo con l’ovvia stella a cinque punte. Per carità , una cosa è disegnare stelle a cinque punte e una cosa è pensarle davvero, ma le morti di Biagi e D’Antona non sono poi così lontane.
Persino davanti alla piazzetta del pranzo politecnico, all’incrocio tra via Vigone e via Monginevro, una mano sconosciuta ha versato con uno spray nero un bestemmione, che non riporto per rispetto dei miei lettori cattolici. Una bestemmia scritta non è una bestemmia istintiva, di quelle che vengono fuori a molti nell’incazzatura del momento; una bestemmia scritta in un luogo pubblico è desiderio di colpire, di offendere, insomma è uno sparo a salve.
Gli spari a salve non vengono solo dagli scontenti: basta distillare l’umore di molti commenti alla protesta della scuola e dell’università . Forse voi, bazzicando questi ambienti, avete l’impressione che l’Italia sia avvolta da una protesta ampia e dilagante, ma non è così: o meglio, dilaga la protesta contro la protesta. Se il Rettore dice che non manderà la polizia a sgomberare le aule, sono pronti mille italiani medi a invocare legge e ordine a colpi di manganello. Paradossalmente, non interessa nemmeno valutare le ragioni della protesta, anzi nemmeno conoscerle. Ciò che interessa è che la protesta finisca; spesso addirittura per un senso di disfacimento e rassegnazione, per un “credi che io stia meglio? eppure sto zitto al mio posto” che molti pensano, arrivando a rovesciare le prospettive a considerare arrogante e pretenzioso chi chiede soltanto un mondo migliore in cui vivere.
Sui nostri media controllati e censurati, la rabbia trova sempre meno spazio; trova invece spazio la paura, che è funzionale ad aumentare le schiere di coloro che reclamano repressione indistinta, non solo dove ci vorrebbe – verso i criminali, verso gli spacciatori, e aggiungiamoci magari gli evasori e i corrotti, che non li cita mai nessuno – ma anche verso qualsiasi opinione diversa da quella del potere. I meccanismi bastardi del potere sono molti, ce li ha spiegati Cossiga a chiare lettere soltanto la settimana scorsa; ma quando la protesta diventa impossibile, quando viene repressa senza ascoltarla e senza concederle spazio per canali democratici, a chi dissente resta una sola cosa: lo sparo.
Se le premesse sono queste, mi chiedo anzi come mai lo sparo, in questo duemilaotto senza speranza, non ci sia ancora stato.
[tags]italia, politica, democrazia, terrorismo, protesta[/tags]