Sky
Vittorio vb Bertola
Affacciato sul Web dal 1995

Sab 21 - 14:54
Ciao, essere umano non identificato!
Italiano English Piemonteis
home
home
home
chi sono
chi sono
guida al sito
guida al sito
novità nel sito
novità nel sito
licenza
licenza
contattami
contattami
blog
near a tree [it]
near a tree [it]
vecchi blog
vecchi blog
personale
documenti
documenti
foto
foto
video
video
musica
musica
attività
net governance
net governance
cons. comunale
cons. comunale
software
software
aiuto
howto
howto
guida a internet
guida a internet
usenet e faq
usenet e faq
il resto
il piemontese
il piemontese
conan
conan
mononoke hime
mononoke hime
software antico
software antico
lavoro
consulenze
consulenze
conferenze
conferenze
job placement
job placement
business angel
business angel
siti e software
siti e software
admin
login
login
your vb
your vb
registrazione
registrazione

Archivio per il giorno 30 Ottobre 2008


giovedì 30 Ottobre 2008, 12:10

Giovani limoni e radici secche

Non pensavo di ritornare subito sul rapporto tra imprenditori e tecnici dell’ICT, nonostante assista regolarmente a perle su perle: l’ultima è una azienda dot com che, pur avendo come unico prodotto un sito web, per scelta non ha un sistemista: infatti il ragionamento è stato “diamo da fare l’installazione dei server in outsourcing, tanto dopo che li abbiamo installati un sistemista non serve più”. Alle richieste di assumere un sistemista, anche solo part time o su chiamata, l’azienda ha risposto sempre di no, perché era una spesa non necessaria. Poi, al primo serio problema con server che si piantano e sito malfunzionante, la reazione del management è stata non di chiamare un sistemista di corsa sperando di trovarne uno, ma di cazziare ancora di più il reparto sviluppo – peraltro composto di un neolaureato e di uno stagista, e che va avanti a forza di serate fino alle 22 e ferie negate per tutta l’estate – perché non era in grado di risolvere il problema sistemistico.

Questo genere di situazione è la punta dell’iceberg costituito da un problema molto più grave: perché, nonostante l’ICT sia uno dei pochissimi settori che possono ancora reggere l’economia di un paese sviluppato, praticamente nessuna azienda italiana dell’ICT ha successo su scala globale, e quelle che reggono lo fanno in buona parte solo su scala nazionale e solo grazie a commesse ricevute per amicizia (quando non per stecche) da pubbliche amministrazioni o manager amici?

La mentalità dell’imprenditore italiano medio è ristretta: se gli date in mano un budget di 100 con cui fare una nuova impresa, lui allocherà 80 a se stesso, al proprio SUV e al telefonino fico, e poi coi 20 rimasti cercherà di assumere (anzi, di non assumere) collaboratori vari, stagisti, consulenti e personale vario, selezionato esclusivamente perché costi poco. Conosco personalmente più d’un piccolo-medio imprenditore che parla dei propri dipendenti con il nomignolo di “carne da macello” o “scimmie ammaestrate”, magari adottando esplicitamente la tattica di prendere una persona in stage promettendo una assunzione, tenerla sottopagata o gratis finché non si stufa, e poi prenderne un’altra.

Purtroppo, nell’ICT questo non funziona: il lavoro dei tecnici è un lavoro ad alta densità di conoscenza, che non può essere programmato come quello di un operaio. Specialmente se ciò che si crea è innovativo, non si può sapere in anticipo quando sarà finito, e nemmeno se lo si riuscirà a fare e come; in questa situazione, l’investire su una persona, il qualificarla, il tenersela – evitando così i costi, che quasi nessun imprenditore considera, di inserire nuove persone e di doverle formare da capo – è vitale per il successo dell’azienda, a tutti i livelli; le persone non sono intercambiabili.

Sperare di competere globalmente nell’ICT con aziende piene di stagisti e giovani-limone, da spremere fin che ce n’é, è pura utopia: è chiaro che l’Italia, con questo approccio imprenditoriale, non andrà mai da nessuna parte. Alla fine, però, nel malato sistema economico nostrano le cose comunque vanno avanti: tanto le commesse arrivano raramente per via della qualità dei prodotti e dei servizi dell’azienda, e arrivano più spesso per capacità commerciali o direttamente per amicizie. Tanto, dall’altra parte c’è spesso un’altra azienda piena di giovani limoni, che per carenza di competenza non è in grado di capire la qualità del prodotto informatico che sta comprando.

Anzi, probabilmente nemmeno gliene frega, dato che esistono molti giovani limoni che provano piacere a farsi spremere per poche lire, ma solo per qualche anno di inizio carriera; poi tutti i giovani italiani imparano che alla fine la via migliore per il successo è lavorare il meno possibile, stare al proprio posto e leccare sederi. E quindi, se il capo vuole quell’applicativo inutile e pieno di bachi perché il commerciale è suo amico, vada per quell’applicativo inutile e pieno di bachi.

Stringi stringi, il punto fondamentale è sempre lo stesso: la mancanza di meritocrazia e di capacità in tutta la nostra società, evolutasi addirittura nel disprezzo per la meritocrazia e per la capacità stessa. Certo che è difficile immaginare un modo con cui questa mentalità possa cambiare… eppure, non dimentico la lezione della mia visita africana: a forza di non irrigare il terreno, prima o poi le radici seccano, e presto i limoni non avranno più nemmeno il succo.

[tags]italia, informatica, lavoro, economia, aziende, imprenditori, meritocrazia, ict[/tags]

divider
 
Creative Commons License
Questo sito è (C) 1995-2024 di Vittorio Bertola - Informativa privacy e cookie
Alcuni diritti riservati secondo la licenza Creative Commons Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo
Attribution Noncommercial Sharealike