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martedì 14 Ottobre 2008, 11:54

Demolizioni

Mi scuserete se prendo ancora una volta spunto dalla foto di Chiamparino con l’elmetto da cantiere in testa, stile presidente operaio, per commentare le ulteriori dichiarazioni rilasciate a tre giorni dalle precedenti, questa volta a La Stampa (speriamo che tra un’intervista e l’altra trovi anche il tempo per il suo doppio incarico di sindaco e di ministro-ombra dell’opposizione-ombra).

Dice stavolta Chiamparino: a che servono tutti questi consiglieri comunali, provinciali, regionali? Tagliamone la metà: così si ottengono sicuramente dei risparmi economici”. Quella sui costi della politica è una battaglia già vinta: tutti gli italiani sono stufi dei politici, e sono convinti che non servano a niente, anzi ci mangino soltanto; e, vedendo i politici che abbiamo, non gli si può dare torto.

Dall’altra parte arriva il ministro Gelmini: a cosa servono tutti questi maestri, perché non ne licenziamo 75.000? La segue a ruota Brunetta: cacciamo 2.600 precari dell’università? Tanto lo sappiamo tutti che la scuola e l’università, enti pubblici per eccellenza, sono pieni di fancazzisti, raccomandati, fagnani, parenti, incapaci di vario genere e natura. E giù gli applausi degli italiani impoveriti: finalmente risparmieremo qualche lira.

Ora, io sono sempre stato in prima linea per far cacciare gli assenteisti, tanto che sul forum di Specchio dei Tempi sono convinti che io ce l’abbia coi dipendenti pubblici. In più, la reazione standard della scuola e dell’università – è trent’anni che a qualsiasi lamentela sul servizio i professori rispondono di tacere o al massimo di aumentargli lo stipendio, e che ad ottobre cadono gli scioperi come d’autunno sugli alberi le foglie – fa sì che effettivamente venga voglia a chi assiste di prendere la mannaia, pur di convincere i lavoratori del settore che no, pretendere da tutti 40 ore di lavoro settimanale – e non solo dai santi che si immolano per i colleghi – non è una vessazione e un attacco alla cultura, ma solo una misura di banale equità; e decentrare la raccolta e la spesa dei fondi, chiedendo agli enti pubblici della formazione di gestirsi in autonomia ma di avere anche bilanci in pareggio, non è una svendita al capitalismo ma una necessità per ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza.

Non ci si può però esimere dal dubbio: che ne sarà della scuola e dell’università pubbliche dopo tutti questi tagli? Non sarà effettivamente che i tagli non andranno solo a ridurre gli immani sprechi e le raccomandazioni, ma finiranno per impedire che tutti abbiano un minimo di formazione decente? E questi giovani sempre più ignoranti, a che servono?

Idem per la politica: tagliare i consiglieri significa ridurre il dialogo, escludere sempre di più le minoranze, concentrare tutto il potere nelle mani di due grandi partiti. Alla fine, non finiremo per perdere la democrazia?

Vedete, il sospetto peggiore è che tutto questo non sia affatto casuale. Se ci pensate, vent’anni fa non ci sarebbe stato modo di demolire la scuola pubblica o i consigli comunali: si sarebbe sollevato il Paese. Allora, per vent’anni Berlusconi e antiberlusconiani ci hanno ammannito uno spettacolo di sprechi senza fine e di incompetenti alla ribalta, che però hanno gestito loro e hanno scelto loro: tutti questi politici incapaci che vediamo sono il frutto delle leggi che loro hanno fatto per eliminare le scelte popolari e scegliersi da soli i parlamentari, come fossero dei dipendenti. Così le raccomandazioni, così l’immigrazione fuori controllo, così l’insicurezza e l’impoverimento, che derivano sì da fenomeni mondiali che i nostri politici non capiscono e non sanno gestire, ma che sono stati anche lasciati fermentare in modo apparentemente inspiegabile.

Quindi, prima si fa in modo che il sistema vada a ramengo, poi, quando tutti sono infuriati perché il sistema non funziona, lo si demolisce tra gli applausi della folla.

E invece il problema non sono i docenti universitari e i consiglieri comunali, ma (la maggior parte di) questi docenti universitari e questi consiglieri comunali. Basterebbe sceglierseli meglio. Basterebbe poterseli scegliere.

[tags]demolizioni, chiamparino, berlusconi, politica, italia, scuola, università[/tags]

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3 commenti a “Demolizioni”

  1. Attila:

    Non per voler fare l’ultrà di Brunetta… ma qualcuno ha visto chi è stato eletto come rettore della più grande Università italica?

    Come si può parlare di fondi, assunzioni, etc… davanti a questi spettacoli bisognerà pur cominciare, sennò sono solo ciance sul cd “cambiamento”, quando il cd “cambiamento” deve essere assolutamente Not in my Backyard (per non dire “non dove io mangio”).

    Sempre che tutti questi tagli portino effettivamente ad un cambiamento… siamo in Italia, per cui non è che ci scommetterei più di un euro alla Snai.

  2. Boh/ Orientalia4All:

    penso che tu abbia ragione, 20 anni fa nessuno avrebbe potuto mettere le mani sulla scuola pubblica. Ora l’università pubblica e la ricerca sono allo sfascio, la scuola pure.

  3. Alberto:

    Vb, quello che tu dici, e che condivido, è il riassunto dei motivi per il quale considero deteriore il brunettismo. Nessuno è tanto ingenuo da non accorgersi che la campagna contro i fannulloni del pubblico impiego fosse una preparazione strumentale ai tagli al pubblico impiego. Non so se i dipendenti pubblici meritevoli di tagli siano una maggioranza o una minoranza. Sicuramente tra quanti oggi contestano Brunetta vi sono moltissimi che hanno fatto con onestà ed entusiasmo il proprio lavoro ed ora se lo vedono svalutare come se formare le generazioni che guideranno il paese di domani fosse un’attività da parassiti.
    Vedere le attività didattiche come un problema di contorno è purtroppo caratteristico di quella parte (temo maggioritaria) della nostra classe dirigente che non sa guardare oltre al proprio naso (forse perché cresciuta in un’economia protetta che non l’ha mai abituata ad affrontare le proprie responsabilità). Le dichiarazioni vergognose e farneticanti della Marcegaglia sull’UE di poche ore fa ci fanno capire che questo non è problema solo della classe politica ed il modo sprezzante con cui Barroso ha replicato, più o meno come si zittisce uno che straparla, ci dimostra di quanta poca credibilità godiamo ormai in Europa, meritatamente.

 
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