Assimilati
C’è una storia che probabilmente non conoscete, e che completa il quadretto sugli inceneritori e sul trattamento dei rifiuti all’italiana: è la storia dei CIP6.
Il CIP6 – così chiamato dal numero della delibera del Comitato Interministeriale Prezzi che lo istituì – è un prelievo speciale aggiuntivo del 7% su ognuna delle nostre bollette dell’energia elettrica, che stiamo pagando sin dall’inizio degli anni ’90. Fu istituito dall’Unione Europea per finanziare la produzione di energia da fonti rinnovabili, pagando a chi la produceva un prezzo superiore a quello di mercato, e fin qui tutto bene.
Il problema è che, all’italiana, quando la direttiva fu recepita i nostri governanti aggiunsero a “fonti rinnovabili” la paroletta magica “e assimilate”. Sotto quella assimilazione è passato di tutto: in particolare, è passato il bruciare i rifiuti negli inceneritori ed è passato il bruciare gli scarti di produzione petroliferi delle raffinerie (più rinnovabile ed ecologico di così…). Anzi, ci si è presa la mano: così, dei circa 50 miliardi di euro estratti in questi vent’anni dalle tasche degli italiani circa il 90% va ai petrolieri e agli inceneritoristi, mentre solo il 10% va effettivamene a finanziare la produzione di energia eolica, idroelettrica, solare e così via.
E non è un dettaglio da poco: pensate che solo il famoso e tanto strombazzato inceneritore di Brescia ha ricevuto nell’ultimo esercizio disponibile qualcosa come 66 milioni di euro di contributo pubblico CIP6, e da quando esiste è già ben oltre i 400. Grazie a questi soldi, la relativa azienda si è già ripagata il costo di costruzione e ora è tutto guadagno; senza questi soldi, l’impresa sarebbe in perdita e totalmente insostenibile.
Direte voi, ma come è possibile? Se lo è chiesta anche l’Unione Europea, tanto che nel 2001, per porre fine a questa manfrina, emise una nuova direttiva in cui compariva un elenco chiaro di cosa poteva essere considerato fonte di energia rinnovabile: ovviamente il bruciare i rifiuti (a parte quelli organici) e il bruciare gli scarti del petrolio non comparivano nell’elenco. Naturalmente l’Italia se ne è fregata: e naturalmente ci hanno multato.
Tutti i tentativi di affrontare la questione in Parlamento sono naufragati quasi completamente… del resto, questa è una delle tabelline di ripartizione del contributo che ho trovato in rete, risalente al 2004:
EDISON (53,4%)
ERG-GARRONE (10,8%)
SARLUX-MORATTI (10.3%)
ROSIGNANO ENERGIA (6,3%)
FOSTER WEELER (5,1%)
ENIPOWER (3,8%)
API ENERGIA (5,3%)
ELETTRA GLT (3,2%)
IRENE (0,9%)
ITALIANA COKE (0,3%)
ALTRI (0,6%)
Considerato che il totale annuo è di circa 3,5 miliardi di euro, anche una frazione di punto percentuale vuol dire decine di milioni di euro l’anno. Adesso avete capito come funziona il business dell’energia e dei rifiuti in Italia?
P.S. Domani alle 13 sono di nuovo su Videogruppo; non vi ho ancora raccontato il dietro le quinte di lunedì sera, vorrà dire che farò un post unico…
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