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sabato 3 Settembre 2011, 12:14

Guidare negli Stati Uniti (4) – Segnali e precedenze

Le puntate precedenti sono state pubblicate il 28, 29 e 30 agosto.

I segnali americani non vi sconvolgeranno più di tanto, perché sono piuttosto semplici e, a patto di conoscere bene l’inglese, facilmente comprensibili. E’ solo dopo un po’ di tempo che vi accorgerete che sono piuttosto diversi dai nostri.

Girando per l’Europa, i cartelli non cambiano; al massimo sono diversi i tipi di carattere e i dettagli dei disegni. Negli Stati Uniti, invece, dei nostri segnali ne sopravvivono molto pochi; in sostanza, lo stop, il dare la precedenza, il senso unico e il senso vietato. Esistono poi i limiti di velocità, che sono un rettangolo con scritto “SPEED LIMIT” e la cifra, e i segnali di pericolo, che però non sono triangolari, ma gialli e romboidali; alcuni hanno al centro un disegno che illustra il tipo di pericolo, diverso dai nostri ma non troppo da non essere riconoscibile, ma molti hanno semplicemente una scritta. Non esistono invece i segnali di direzione obbligatoria, se non il divieto di svolta (quello rotondo con la direzione della curva sbarrata, che da noi è stato abolito una dozzina di anni fa).

La scarsità di segnali grafici è il risultato di una scelta culturale radicalmente opposta alla nostra. Da noi, i segnali sono “muti”, codificati appunto secondo uno standard grafico che richiede di essere studiato quando si prende la patente; senza tale studio, non si avrebbe modo di sapere cosa vuol dire quando si trova il triangolo rovesciato della precedenza o il cerchio sbarrato del senso vietato. Al contrario, negli Stati Uniti la logica è che il cartello deve essere comprensibile anche a chi non ha studiato o non si ricorda le lezioni, all’unica condizione che parli la lingua nazionale (l’inglese).

Per questo motivo, anche i pochi segnali grafici sono sottotitolati; su tutti i segnali di senso vietato c’è scritto “DO NOT” sopra e “ENTER” sotto la barra bianca; su tutti i triangoli per dare la precedenza c’è scritto “YIELD”, e peraltro sono molto più rari dello “STOP” ottagonale, che è ubiquo; sulle frecce oblunghe del senso unico c’è scritto “ONE WAY”. Come detto, i segnali di pericolo sono più spesso scritti che disegnati; dove noi avremmo il cartello triangolare col disegno del dosso, trovate un rombo con scritto “BUMP” o “DIP”; alle strettoie c’è scritto “ROAD NARROWS”; dove la strada è dissestata c’è scritto “ROUGH ROAD” o “LOOSE GRAVEL”.

I cartelli di direzione illustrano bene una delle caratteristiche della segnaletica americana, quella di essere più scarsa della nostra. Ad ogni incrocio tra strade a senso unico, noi abbiamo solitamente un cartello di preavviso delle direzioni consentite (tondo blu), spesso ripetuto su entrambi i lati della strada, poi all’incrocio un segnale rettangolare orizzontale di senso unico all’inizio delle direzioni consentite, e un segnale di senso vietato in quelle non consentite. Troppa grazia! A San Francisco, in molti incroci dentro i quartieri l’unica indicazione del fatto che la traversa è a senso unico è un segnale rettangolare di “ONE WAY”, posizionato però dal lato opposto rispetto a noi, cioè quello in cui non si può andare. I segnali di senso vietato sono usati con parsimonia e soprattutto in situazioni “frontali”, cioè in cui c’è del traffico che arriva di fronte e altrimenti proseguirebbe contromano (in generale, ci sono meno strade a senso unico che da noi). In compenso, negli incroci più trafficati – dove peraltro si capisce di non poter svoltare in una direzione semplicemente dall’assenza della relativa corsia – spesso c’è una scritta “NO LEFT TURN” o “NO RIGHT TURN” che ribadisce il concetto.

Anche la precedenza è interpretata in maniera piuttosto diversa. E’ piuttosto raro che si arrivi a un incrocio senza che vi siano segnali di precedenza, proprio perché il concetto di “precedenza a destra” è un’altra cosa che bisogna sapere e che non è desumibile semplicemente leggendo i cartelli. Ci sono mediamente più semafori, almeno nelle città; molte città sono costituite da grandi isolati (blocks) delimitati da strade che hanno un semaforo a ogni singolo incrocio, e al loro interno hanno soltanto stradine residenziali, spesso senza uscita, che si immettono su quella grande con uno stop. (Sono, in sostanza, costruite a isole; uno naviga nel mare aperto della città fino all’ingresso della sua isola, che nei quartieri ricchi può avere anche un cancello e una guardia, e poi vi entra per cercare la singola casa; questo riflette una società in cui ricchi e poveri convivono gomito a gomito, ma stando ben attenti a far finta di non conoscersi.)

E poi, c’è la grande invenzione americana dello “stop a quattro vie”, che è quasi onnipresente all’interno delle singole isole, ossia nelle zone residenziali dove il traffico non giustifica il mettere un semaforo ad ogni incrocio. Alla mia prima visita negli Stati Uniti rimasi completamente basito, arrivando a un incrocio e trovando il cartello ottagonale di stop messo su tutte e quattro le direzioni di accesso… che vuol dire?

Noi siamo abituati a considerare il segnale di stop come un dare la precedenza un po’ più autoritario; non solo devi dare la precedenza, ma devi anche fermarti perché l’incrocio è pericoloso. Negli Stati Uniti, invece, lo stop indica di fermarsi ma non necessariamente di dare la precedenza; la precedenza va data solo se la strada da cui arrivano le altre auto non ha essa stessa uno stop. Se invece anche loro hanno lo stop – cosa che si può dedurre perché guardando si vede l’inconfondibile forma ottagonale del cartello, anche se a rovescio, e perché generalmente sotto il tuo stesso stop c’è scritto “4-WAY” o “ALL-WAY” – conta l’ordine di arrivo sulla riga bianca tracciata sull’asfalto; si occupa l’incrocio uno per volta (due solo in casi eccezionali, se le due traiettorie non si sfiorano nemmeno) e si aspetta che chi passa sia uscito dall’incrocio per passare al successivo veicolo in ordine di arrivo.

In realtà, è un metodo molto intelligente; è sicuro, perché tutti si devono fermare e nessuno abborda l’incrocio ad alta velocità pensando di avere diritto di passaggio; in caso di traffico, dato che conta il momento in cui il singolo veicolo arriva sulla riga bianca (e non quello in cui si accoda), si passa a turno uno per volta da ciascuna delle quattro vie, evitando quelle situazioni in cui immettersi dalla strada che non ha precedenza è difficoltoso e si forma una lunga coda; se devi girare a sinistra, non stai lì ad attendere una vita che siano passati tutti, ma passi anche tu secondo ordine. Ha l’unico problema che è un metodo lento, perché ci si deve fermare, perché passa un veicolo per volta e perché ogni volta c’è un attimo di suspence da western per capire chi è il prossimo che passa, cosa che in incroci un po’ grossi può non essere immediatamente evidente a tutti. Noi italiani, fidatevi, finiamo per passare velocemente perché siamo abituati a buttarci in mezzo al traffico per riuscire ad immetterci, il che ci dota di riflessi molto migliori di quelli degli americani.

In generale, gli americani hanno una concezione dello spaziotempo al volante molto diversa dalla nostra. Una volta mi sono trovato a Los Angeles su un vialone, sulla corsia più a sinistra di tre, improvvisamente bloccato dietro a un tizio fermo prima di un incrocio con la freccia a sinistra, accanto allo spartitraffico. L’incrocio era senza semaforo, vuoto, e non arrivava nessuno né nel senso opposto, né dalla strada laterale. Ho cominciato a bestemmiare pensando che il tizio avesse accostato lì, nel bel mezzo della carreggiata, per farsi i fatti propri, o magari per aspettare qualcuno – come sarebbe stato da noi. Ho aspettato che passasse il traffico e poi ho cambiato corsia per aggirarlo, bestemmiando… e ho capito.

In pratica, il tizio doveva girare a sinistra, ed è vero che non c’erano macchine in vista se non nella nostra direzione; ma là dall’altra parte, oltre la siepe, oltre le quattro corsie in direzione opposta, oltre la fila di auto parcheggiate, sul bordo del marciapiede c’era un pedone che sembrava voler attraversare sulle strisce la strada laterale in cui lui voleva svoltare. E dunque, lui non poteva occupare l’incrocio fino a che tutto quello che doveva passare con precedenza, compreso il pedone sulle strisce, si fosse tolto di mezzo.

Da noi, l’auto avrebbe svoltato di corsa per non rischiare di perdere il momento di tregua sul viale nella direzione opposta, e poi, se gentile, si sarebbe fermata un po’ in mezzo tra la strada e le strisce, facendo passare il pedone; più facilmente, sarebbe passata di corsa anche sulle strisce, intimando al pedone di non muoversi. Da noi è normale attraversare in stile Frogger, per cui, se un pedone attraversa sulle strisce, le auto ferme in attesa (nel raro caso in cui si siano fermate) cominciano subito a passargli dietro o davanti, a venti centimetri dal naso o dalle spalle, non appena si è liberato un varco sufficiente. Se lo faceste là, persino a Los Angeles – città dal traffico tremendo, dove ovviamente si guida un po’ più sportivo e ho persino sentito suonare il clacson un paio di volte – sareste considerati dei probabili serial killer.

Almeno, però, avete capito come fanno a crearsi quegli ingorghi giganteschi: ottimizzando le regole per la sicurezza anziché per la velocità, la portata del sistema diminuisce. Da noi sarebbero tutti subito infuriati, ma basterebbe dotarsi di pazienza…

[tags]guida, auto, stati uniti[/tags]

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2 commenti a “Guidare negli Stati Uniti (4) – Segnali e precedenze”

  1. rccs:

    Secondo me ci son troppi ingorghi semplicemente perchè ci sono troppe auto. E ci son troppe auto perchè la vita è pensata esclusivamente in funzione di spostamenti di auto. Praticamente per attraversare la strada bisogna farlo in auto.

    Commento di una americano. Se negli USA vedi gente in bici o fa parte del team US-Postal oppure gli hanno ritirato la patente per l’alcool.

  2. for those...:

    Anche secondo me ci sono troppe auto persino negli spazi immensi americani.
    O meglio, negli spazi immensi le auto non sono ancora troppe ma negli spazi ormai non più immensi delle città…

 
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