Ricominciare a volare
È un po’ che volevo scrivere qualche riga su quello che sta succedendo nel Movimento in queste settimane – se non altro perché la discussione si sofferma generalmente su questioni importanti ma superficiali, come quella di come e quanto apparire in televisione o quella delle regole per le candidature nazionali, senza scendere al cuore del problema. Naturalmente le mie osservazioni sono personali e può darsi che altrove la situazione sia diversa, ma sono due i problemi di cui mi piacerebbe discutere con voi.
Il primo è il cambiamento del clima interno. Chiunque sia attivo nel Movimento da più di un paio d’anni ricorda com’era una volta: eravamo gruppetti di persone senza risorse e senza esperienza ma con tanta voglia di fare e tanta amicizia; imparavamo tra noi a vicenda e ci concentravamo sul capire il mondo e sul modificare di conseguenza, prima ancora che la politica, gli stili di vita e i meccanismi sociali ed economici. La sensazione dominante era la speranza, l’energia.
Da qualche tempo, il vento è cambiato e il sentimento è un altro: è la rabbia, è la paura. Basta aprire Facebook o il blog di Grillo per trovare quasi soltanto litigi interni, ragionamenti di tattica politica e di leggi elettorali, attacchi ai giornalisti e ai politici, racconti di tragedie personali e di timori per il futuro. L’attività costruttiva dei gruppi locali finisce sempre più in secondo piano, dato che l’attenzione si concentra sulle questioni politiche nazionali. Il programma c’è, ma a parte linkarlo ossessivamente non c’è più spazio per approfondirlo, per raccontare nel dettaglio la visione di un mondo migliore che pure avremmo dentro.
La rabbia e la paura rischiano di diventare una ideologia e tracimano in comportamenti politici. La paura impedisce il dialogo, interno ed esterno, e porta a sospettare di tutti; qualsiasi comportamento non perfettamente allineato agli slogan porta subito alla crocifissione in piazza, da parte della rete prima ancora che di Grillo. La paura è alla base delle scelte sulle candidature al Parlamento, scelte legittime e senza tante alternative ma che hanno privilegiato l’assicurarsi di mandare a Roma persone fidate piuttosto che l’assicurarsi di mandare a Roma persone capaci, scompigliando al contempo l’umore e gli equilibri di molti gruppi locali.
Questo mi porta al secondo problema: il fattore umano. Il Movimento ha sempre voluto combattere il personalismo della politica, cercando di mettere le idee e il progetto collettivo prima dei singoli; e questo è sacrosanto. Tuttavia, è in atto una estremizzazione di questo concetto per cui anche solo esprimere una qualsiasi aspettativa o desiderio personale (non parliamo poi di candidature) diventa per una parte del Movimento un sintomo di corruzione morale; e le capacità e le attitudini dei singoli vengono sminuite come un fattore ininfluente, come se “ognuno vale uno” volesse dire “l’uno vale l’altro”.
Ho sentito dire che “deve andare avanti il Movimento, non le persone”; il problema è che il Movimento senza persone non esiste. Nella società della comunicazione e dei beni immateriali, il successo di una qualsiasi organizzazione umana – sia un’azienda o un movimento – dipende dalla qualità di chi vi partecipa e dal modo in cui si scelgono, si organizzano e si motivano le persone. Una organizzazione che non usa la meritocrazia per mettere in ogni posizione la persona ad essa più adatta è destinata a fallire o a diventare un problema e un ostacolo allo sviluppo generale.
Essendo io in origine uno di quegli ingegneri spettinati che trovano i computer molto più affidabili e sinceri degli umani, capisco il desiderio di concepire il Movimento come una macchina perfetta in cui ogni ingranaggio sia sostituibile a piacere. Il problema è che gli umani non sono perfetti e non sono ingranaggi; un ingranaggio non sbaglia, non tradisce e non lascia per stanchezza, ma una persona – se offesa, sfinita, delusa, trascurata – facilmente lo farà ; e questo sarà la rovina del Movimento.
Le elezioni non sono poi così vicine e c’è ancora tempo per correggere l’approccio; io vorrei che il Movimento presentasse all’Italia una proposta positiva e convincente per un nuovo corso nazionale, basata su progetti concreti e su persone (tante) credibili e capaci di realizzarli. Vorrei che si ignorassero le polemiche, le provocazioni e l’aria fritta mediatica e che ci si concentrasse sulle cose da fare per salvare l’Italia. E vorrei un Movimento in cui possono coesistere opinioni diverse nell’ambito di un programma comune. Che dite, ce la faremo?
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