Tares, disorganizzazione sulla pelle dei cittadini
A dicembre più o meno tutti i torinesi furono investiti dal ciclone Tares. Entro il 16 dicembre bisognava pagare una tassa costosa e complicatissima da calcolare (come avevamo già denunciato) e obbligatoriamente da versare col modello F24 indicando un numero di atto fornito dal Comune sui bollettini, ma i bollettini a centinaia di migliaia di persone il giorno della scadenza non erano ancora arrivati. Il Comune disse che la tassa si poteva pagare “nei giorni immediatamente successivi” senza dire quanti, ma una parte della tassa era diretta allo Stato e il Comune non aveva il potere di rimandarla.
Bisogna dire che il caos fu tale (e distribuito un po’ in tutta Italia) che poi lo Stato spostò d’autorità la scadenza al 24 gennaio, per cui multe per il ritardo non dovrebbero arrivare a nessuno. Tuttavia, in quei giorni gli uffici comunali preposti, in corso Racconigi, furono presi d’assalto in ogni modo (di persona, al telefono, per e-mail), e nonostante l’impegno di chi ci lavora furono sommersi, con code che uscivano dal portone d’ingresso.
In più, si verificò ogni genere di problema: in particolare, la tassa dipende pesantemente dal numero di persone che abitano nell’appartamento, ma sul bollettino non era indicato il numero di occupanti risultante al Comune, per cui era molto difficile verificarne la correttezza (il mio ad esempio era sbagliato, ma me ne sono accorto solo facendo le prove con le formule riportate sui bollettini e vedendo se il totale corrispondeva). Per gli appartamenti sfitti o tenuti a disposizione, bisognava comunicare al Comune il numero di occupanti altrimenti ne sarebbero stati attribuiti due, anche per case sostanzialmente inutilizzate e che non producono immondizia; ma quasi nessuno lo sapeva.
Noi abbiamo presentato una interpellanza per chiedere spiegazioni sull’accaduto; nel video trovate la risposta dell’assessore Passoni (per lui inviare i bollettini lunedì 9 dicembre per la scadenza del 16 non è tardi…). Abbiamo voluto fare anche delle proposte: per esempio, perché il numero di occupanti attribuito all’appartamento non viene esplicitamente indicato sui bollettini, in modo da permettere un facile controllo? E perché i bollettini – che il sistema informatico del Comune già genera in formato PDF, per poi mandarli alla stampa e imbustamento – non vengono inviati per posta elettronica certificata a chi lo chiede? Così risparmieremmo tutti tempo e denaro e ci sarebbe anche la prova dell’avvenuto invio.
La tassa sui rifiuti è un tema complesso, su cui noi abbiamo anche proposto e ottenuto diversi miglioramenti; dopo cinque anni di pausa e dopo tre anni di nostre pressioni, in queste settimane è finalmente ricominciata l’estensione della raccolta differenziata porta a porta, abbracciando 35.000 abitanti della Crocetta. Tuttavia, il costo dello smaltimento dei rifiuti che paghiamo a Torino è tra i più alti d’Italia e, a causa della scelta scellerata di bruciare i rifiuti invece di recuperarli, lo resterà per anni. Se perlomeno l’amministrazione riuscisse a farlo pagare senza complicare troppo la vita alle persone, sarebbe già un passo avanti.
12 Febbraio 2014, 17:57
No no no no no.
Dilla tutta, dilla bene: il Comune non disse proprio niente. “Un funzionario comunale disse che…”
C’è una bella differenza: perché il funzionario non è ufficiale, ed infatti sul sito – al 16 dicembre, ultimo giorno in cui ho controllato – non risultava nulla. Questo significa che la multa poteva sempre arrivare, e senza che il Comune dovesse smentire alcunché. Le chiacchiere di un funzionariuccio con un pennivendolo non sono legge, nemmeno a Torino.
Detto questo: io pago al mio condominio 60eur all’anno per il ragazzo che movimenta i bidoni dal cortile al marciapiede antistante il palazzo. Costo che grava sulle mie spalle, che devo sostenere ma che non è una tassa. Se sommo anche questo, la TARES dell’anno scorso mi è costata oltre 5 eur al metro quadro calpestabile. Ed io vivo da solo.
Nemmeno so perché scrivo queste cose: il fatto è che la raccolta rifiuti è un business. Un mio amico che lavorava in una delle discariche mi parlò degli accordi che intercorrevano tra le diverse parti, e parliamo della fine degli anni 90. Potrei dirti di più: ma lui non confermerebbe – lavora per il Comune, e di perdere il posto di lavoro non ha voglia – e la mia conoscenza e solo per sentito dire. Quindi niente querele per diffamazione. Ma lo raccontò ad una cena di leva, ed eravamo più di 60: quindi, la cosa non è certo un segreto. La gente lo sa, anche quelli che negano e fingono di indignarsi.