Il ventennio grillista
Qualche giorno fa su Radio Popolare intervistavano Emiliano Fittipaldi, il giornalista dell’Espresso autore dello scoop sulle polizze della Raggi. Popolare vive ancora negli anni ’90, se non nei ’70, e quindi gli hanno chiesto: ma i continui attacchi di Di Maio e di tutto il M5S ai giornalisti e ai magistrati non sono un modo di fare berlusconiano? Lui li ha gelati rispondendo: a me ricordano piuttosto il periodo che portò al ventennio fascista.
Questo piccolo scambio ha suscitato in me una riflessione. E’ dalla nascita del Movimento 5 Stelle che si dice che al suo interno ci sono modi di fare squadristi, ma dall’interno noi abbiamo sempre, credo a ragione, derubricato la cosa a folklore marginale di pochi idioti; il Movimento delle origini, infatti, brulicava di partecipazione, di riflessioni sulla democrazia, di assemblee, di decisioni collettive. Era una cosa a metà tra il Partito Pirata e i girotondi antiberlusconiani, pieno di persone che venivano dai partiti e dai movimenti di sinistra, dall’ambientalismo, dalla cittadinanza attiva; e questo corpo diffuso bilanciava ampiamente il ruolo e il tono forte dei due capi politici, e il seguito personale carismatico di Beppe Grillo nella pancia del Paese.
Il problema è che, progressivamente, la partecipazione e la democrazia si sono spente; degli originari attivisti di 7-10 anni fa per cui “ognuno vale uno”, adesso una parte sono VIP televisivi o comunque politici in carriera, concentrati sulla gestione del consenso collettivo e personale, mentre quasi tutti gli altri hanno smesso o sono stati allontanati. Nessuna decisione è più presa dal basso; le discussioni avvengono tra eletti, in stanze chiuse, e vengono poi trasformate in propaganda con cui indottrinare la base e l’elettorato, o al massimo in qualche plebiscito online dall’esito già scritto.
Nel frattempo, la situazione politica italiana non fa che deteriorarsi. La somma di una crisi economica nazionale senza sbocchi e di un dibattito politico e mediatico sempre più rabbioso, divisivo e slegato dai fatti ricorda davvero il periodo di cent’anni fa che precedette il fascismo, peggiorato ulteriormente dalla novità della pressione socioculturale dovuta a flussi migratori ingestiti e probabilmente ingestibili. Nessun italiano di oggi ha vissuto quel periodo, e l’Italia, a differenza di altre nazioni, non ha mai maturato alcun anticorpo contro di esso.
Il M5S probabilmente dall’anno prossimo governerà l’Italia, o sarà perlomeno il maggior partito in una situazione di stallo totale che ridurrà ulteriormente la fiducia nella democrazia. Per questo è giusto chiedersi se sia davvero possibile un Ventennio a cinque stelle; non è detto che il M5S al potere porti per forza a un nuovo regime autoritario, ma i segnali preoccupanti esistono.
Preoccupante, difatti, non è soltanto lo squadrismo diffuso della base, di cui sotto vi darò un piccolo esempio; è preoccupante la reazione dei vertici e degli eletti a tutti i livelli, ovvero la futura classe dirigente del Paese, che non si dissociano mai da questi comportamenti, ma stanno zitti o peggio aizzano la folla contro chi dissente, contro i giornali, contro i giudici (solo quelli che indagano il M5S però), cioè contro gli elementi fondamentali di qualsiasi democrazia occidentale.
Sono quelli che se Feltri fa un titolo sessista e disgustoso contro la Raggi si scandalizzano a morte, salvo poi applaudire il capo e i colleghi, o perlomeno esibirsi nei distinguo, quando essi fanno la stessa cosa. Sono quelli che davanti a qualsiasi cattivo comportamento di qualcuno del M5S rispondono dicendo che è tutto un complotto dei giornali, o di “traditori” che vogliono “apparire sui giornali” o “tenersi la poltrona”. E non si capisce se ci credono veramente, nel qual caso sono talmente dissociati dalla realtà da essere pericolosi, o se sono solo furbetti, nel qual caso sono disonesti e pronti a tutto per mantenere il consenso e quindi altrettanto pericolosi.
Per questo a me spaventano i discorsi un po’ da bar, pieni di luoghi comuni, della nuova dirigenza grillina. Non è tanto un problema di grammatica e stile letterario, ma di scarsità di cultura politica, che porta queste persone a fare tutto un discorso sulla censura dei poteri forti o sulla resistenza al nazifascismo, e poi ad andare nelle riunioni interne a imporre la linea unica del capo o a cercare di cacciare chi la pensa diversamente da loro, essendo pure convinti che queste cose stiano bene insieme.
Oltre a quella della propria effettiva capacità amministrativa, questa è per me la principale questione sul tavolo del Movimento 5 Stelle. Siamo tutti convinti che il vecchio sistema politico sia corrotto e incapace, non c’è bisogno di ripeterlo; ma è comunque meglio una democrazia corrotta che una nuova dittatura. Per questo, se il M5S vuole governare il Paese, è il momento che i suoi eletti e i suoi sostenitori cambino registro – se ne sono capaci.
E ora, per farvi capire di cosa parlo, incollo un po’ dei commenti e dei messaggi che ho ricevuto da simpatizzanti e attivisti a cinque stelle dopo il mio post sulle polizze della Raggi: buona lettura.