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martedì 10 Novembre 2015, 11:46

Perché non mi ricandido

Domenica è stata una giornata importante; vi è stato l’annuncio della candidatura di Appendino a sindaco per il M5S, e il mio annuncio di lasciare la politica attiva a fine mandato. Ho cercato di fare il mio annuncio in maniera trasparente all’inizio della campagna, limitando al minimo la polemica e accompagnandolo a frasi positive; eppure, un gruppo di attivisti è apparso in massa sul mio profilo per accusarmi pubblicamente di essere un bugiardo e di non aver riportato correttamente le ragioni e le modalità della scelta, il che poi ha provocato le telefonate dei giornalisti per chiedere “scusi ma lei è un bugiardo?” e le conseguenti polemiche anche sulla stampa, che potevano tranquillamente essere evitate se mi avessero risposto semplicemente “grazie e arrivederci”.

Comunque, visto che non sono un bugiardo e visto che ho ricevuto molte domande sul perché e per come delle mie scelte, ho scritto questo post per spiegare tutto per bene a chi fosse interessato, sperando che sia l’ultimo e che si possa poi voltare pagina.

Premetto che credo di essere stato un buon consigliere comunale; tutto è sempre migliorabile, specie col senno di poi, ma in questi anni ho presentato centinaia di atti, ho affrontato in modo costruttivo i piccoli e grandi problemi di tanti cittadini e comitati, e sono il consigliere comunale più presente di tutta la Sala Rossa, sia dall’inizio del mandato che nell’anno 2015 (vedi i dati sulle presenze qui sotto e anche la mia relazione di metà mandato).

C’è tuttavia una parte del Movimento 5 Stelle di Torino che non condivide questo giudizio; non starebbe a me dirlo e chi vuole potrà spiegarlo meglio, ma le critiche che mi vengono fatte sono tipicamente queste:
1. essere poco aggressivo nei miei interventi, urlare troppo poco in aula, lavorare troppo sull’attività istituzionale e troppo poco a trovare e montare scandali per attaccare Fassino;
2. essere troppo poco allineato al partito, raccontare in rete troppo delle nostre discussioni interne, criticare troppo spesso in pubblico i parlamentari e le scelte del Movimento;
3. essere troppo poco “progressista”, aver preso posizioni troppo “conservatrici” su temi come la chiusura dei CIE, la concessione della residenza ai profughi, le occupazioni e così via.

Io ritengo queste critiche immotivate e in buona parte anche non coerenti con quello che voleva essere il Movimento 5 Stelle almeno alle origini, con il “nè di destra nè di sinistra” e con le promesse di trasparenza e partecipazione; e penso che un giudizio sul mio mandato dovrebbe essere espresso dai cittadini e non solo dal partito.

Eppure, per questa situazione, negli ultimi due anni ho portato avanti il mio mandato abbastanza da separato in casa, con periodi più o meno tesi ma certamente senza grande serenità e con ripercussioni anche sulla vita personale. Più volte sono state chieste le mie dimissioni anche da parte di altri eletti, ho subito un tentativo di cacciarmi dalla carica di capogruppo e sostituirmi con Appendino (finito nel nulla quando chiesi di renderlo pubblico e di votare sul portale), un processo politico a livello provinciale con successivo provvedimento disciplinare, persino una mezza aggressione in piazza da parte di un attivista un po’ agitato.

Nonostante questo, io non ho mai voluto abbandonare il M5S e dimettermi, perché credo che l’unità sia un requisito fondamentale per scalzare il sistema, e che per essa sia necessario accettare anche le penalizzazioni personali; non ho nemmeno mai reso pubbliche molte delle cose che ho subito.

Siamo così giunti alla nuova campagna elettorale e in particolare alla scadenza fissata per proporsi come candidato sindaco, il 4 novembre; in una situazione peraltro un po’ strana, visto che la candidatura di Appendino a sindaco era già stata ufficializzata a livello nazionale in un articolo del Fatto Quotidiano del 28 ottobre. Come capogruppo uscente e ex candidato sindaco sarei comunque stato il candidato più ovvio, come è stato per Bono in Regione, ma mi sono reso conto da solo e da molto tempo che la mia candidatura avrebbe spaccato il movimento, portando a una votazione da cui, qualunque fosse stato l’esito, il movimento sarebbe uscito diviso.

Per questo motivo, io ho deciso di fare un passo indietro, di non presentarmi alle selezioni interne e di sostenere Appendino come candidato sindaco, non solo per le sue capacità e il suo appeal mediatico, ma perché riscuote il massimo gradimento interno anche a livello regionale e nazionale. L’ho detto anche pubblicamente già dalla scorsa estate, quando i giornalisti hanno cominciato a chiedermelo, pur non rinunciando a criticare una evidente deriva a sinistra che non condivido.

Ho deciso anche di non ricandidarmi a consigliere comunale, anche se penso che sarei rieletto senza problemi, per diversi motivi: sia perché dopo cinque anni non ho voglia e motivazioni per rifare la stessa cosa per altri cinque, sia per non incollarmi alla poltrona e lasciare ad altri la possibilità di fare la stessa esperienza (comunque bellissima) che ho fatto io, sia perché non me lo posso permettere dal punto di vista lavorativo; per fare seriamente il consigliere comunale ho lasciato il mio lavoro, accettando di guadagnare la metà di prima e di rimanere con cinque anni di buco per la pensione; questi sacrifici non sono sostenibili per altri cinque anni, e inoltre, se già sarà difficile rientrare nel mondo del lavoro adesso a 41 anni, non oso immaginare come sarebbe a 46.

Mi rendo però conto di essere comunque, per il nostro elettorato e per tutti i cittadini e i gruppi che hanno lavorato con me in questi anni, una figura di riferimento importante per la credibilità del Movimento 5 Stelle. La difficoltà della nostra proposta per le elezioni comunali sarà convincere i torinesi di essere davvero in grado di amministrare bene una città di un milione di abitanti con un sacco di problemi, e mi sembra più difficile farlo senza avere a bordo le uniche due persone che hanno idea di prima mano di come funziona il Comune di Torino, ossia io e Appendino.

Per questo motivo, nell’annunciare in riunione la mia rinuncia alla candidatura a sindaco, ho fatto un’altra proposta. Credo che sarebbe stata la cosa migliore per il Movimento, per dimostrare unità e rassicurare tutte le anime del nostro elettorato, presentare da subito oltre al candidato sindaco Appendino anche Bertola come futuro vicesindaco, mettendo da parte tutti gli screzi del passato, dimostrando unità e lavorando insieme in squadra per conquistare Torino. Per me sarebbe stata una opportunità stimolante per mettere a frutto le mie capacità e l’esperienza di questi cinque anni, e motivarmi a fare un secondo mandato in politica prima di tornare alla vita normale.

Credevo che si trattasse di una proposta ovvia, ragionevole e fatta nell’interesse del Movimento e mi aspettavo che potesse avere il consenso di tutti. Purtroppo, la proposta è stata invece respinta; dopo una lunga e tesa discussione in cui è stato detto un po’ di tutto, tra persone che mi hanno difeso a spada tratta, altre che volevano apertamente scaricarmi e mi hanno accusato di “poltronismo”, e molte che comunque mi stimano ma volevano evitare lo scontro, l’assemblea ha deciso a grande maggioranza di non decidere e di rimandare la questione a dopo le elezioni.

La stessa Appendino non ha speso alcuna parola a sostegno della mia proposta, anzi ha spiegato di avere altre idee in merito alle nomine di vicesindaco e assessori, da fare comunque dopo il voto; e molti dei suoi sostenitori hanno ribadito che tali nomine saranno comunque di sua esclusiva pertinenza e basate sulla sua fiducia personale. Per cui, magari dopo le elezioni io potrei essere nominato vicesindaco o assessore o consigliere d’amministrazione o chissà che altro, ma il mio problema non è mai stato quello di avere garantita una nomina, quanto piuttosto quello di capire che tipo di progetto politico si volesse presentare e se il Movimento, dopo anni di critiche nei miei confronti, avesse ancora sufficiente fiducia in me, una fiducia di cui il peso di una eventuale nomina è il simbolo e non lo scopo.

Essendo stata bocciata l’idea di un progetto politico di squadra, in cui fossero rappresentate sia l’anima di sinistra che quella populista del Movimento, per presentare invece un progetto tutto centrato sulla persona del candidato sindaco e disegnato per guardare da una parte sola, e avendo ricevuto in assemblea attacchi personali pesanti proprio da persone molto vicine ad Appendino senza essere stato difeso, e nessun atto concreto di stima ma un “lavora e dopo le elezioni valuteremo il tuo curriculum”, non posso che prendere atto di una situazione insostenibile e fare l’ultimo favore che posso al Movimento, ovvero chiamarmi fuori da subito lasciando Appendino libera di farsi la sua campagna elettorale senza che le chiedano ogni cinque minuti cosa farà Vittorio Bertola, e senza che la mia nota antipatia per le occupazioni e l’immigrazione incontrollata pregiudichi il suo dialogo con certi ambienti della città.

Declino anche, pur ringraziando, la proposta fattami da diversi attivisti in questi giorni, cioè quella di candidarmi a consigliere anche se non lo voglio fare, per poi dimettermi subito dopo il voto per fare qualcos’altro se vinciamo o per lasciare la politica se perdiamo: mi sembra una presa in giro verso gli elettori.

In fin dei conti, io sono un cittadino in servizio civile temporaneo che ha creduto nel progetto originario di Grillo, quello (per chi se lo ricorda ancora) del “dipendente dei cittadini a tempo determinato”; non ho mai pensato di fare politica per tutta la vita. Mi appresto pertanto a ritornare un semplice attivista; finirò gli ultimi mesi di mandato e continuerò a contribuire al buon andamento di questa campagna, pur difendendo la mia visione delle cose e non condividendo l’impostazione politica di fondo. Nel frattempo, comincio a ragionare sulle mie opportunità lavorative a partire dalla prossima primavera (si accettano proposte).

In conclusione, vorrei ringraziare quegli attivisti che in assemblea, pur di fronte a un ambiente in parte ostile che comprendeva anche consiglieri regionali e parlamentari, non hanno avuto paura di dichiarare il loro sostegno per la mia proposta.

E poi, vorrei ringraziare di cuore ancora una volta tutti i cittadini che mi hanno seguito, sostenuto e incoraggiato in questa avventura politica. Senza di voi, avrei probabilmente già lasciato molto tempo fa. Molte delle emozioni che mi avete fatto vivere resteranno indelebilmente nella mia memoria e nel mio cuore, e spero di avere ancora l’opportunità di servire il bene comune, i cittadini e l’Italia, in altre forme e in altri modi nel futuro.

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10 commenti a “Perché non mi ricandido”

  1. Andrea:

    Grazie, cittadino.

  2. Marc:

    Semplicemente un grazie per tutto quello che hai fatto e che ancora farai per i cittadini.

  3. Alessandro:

    Il tuo lavoro è stato e sarà un buon lavoro, quindi spero che continuerai ancora un po’.

  4. Laura:

    Mi piace molto la Appendino, ma anche te lavori bene. Spero che continuiate a lavorare per il bene dei cittadini.

  5. Dario Spadaccini:

    Salve.
    Sono un attivista di Roma e leggere questo articolo è stata la mia prima occasione di conoscerti.
    E’ un bellissimo articolo che rende perfettamente l’idea di come dovrebbe porsi un cittadino prestato alla gestione della cosa pubblica.
    C’è solo una cosa che mi ha lasciato perplesso: è una apparente (mi auguro) contraddizione tra i problemi oggettivi derivanti dal proseguimento dell’attività politica (ad esempio “questi sacrifici non sono sostenibili per altri cinque anni, e inoltre, se già sarà difficile rientrare nel mondo del lavoro adesso a 41 anni, non oso immaginare come sarebbe a 46”), problemi che lasciano presagire una posizione irremovibile sulla rinuncia a ricandidarsi a qualsivoglia incarico istituzionale, per poi leggere, qualche paragrafo più avanti, la disponibilità a ricoprire la carica di vice sindaco per un altro mandato della durata di 5 anni.
    Comunque sia, ti faccio i miei complimenti per le tue scelte oculate per il bene del MoVimento e ti auguro di proseguire serenamente la tua attività, qualunque essa sia, politica o professionale.

  6. vb:

    @Dario Spadaccini: Quando tu devi scegliere la tua attività principale per i prossimi cinque anni della tua vita (perché anche se non consideriamo la politica una professione, comunque se la fai a tempo pieno quello è anche ciò che ti permette di pagare le bollette a fine mese) ci sono diversi fattori da prendere in considerazione; ovviamente ci sono lo stipendio, la sicurezza del contratto, le prospettive a lungo termine, ma prima ancora ci sono le motivazioni, la voglia, il piacere di fare quella cosa.

    Fare il vicesindaco, poter finalmente gestire in prima persona un pezzo della mia città e avere la possibilità di risolvere qualche problema concreto, sarebbe un’avventura nuova e motivante. Rifare il consigliere comunale per altri cinque anni invece no, ho già fatto l’esperienza dal 2011 a oggi e nella vita dopo un periodo comunque piuttosto lungo bisogna cambiare, altrimenti ci si siede e non si trovano più le energie. Perdipiù, le condizioni economiche tra le due cariche sono diverse, per cui è vero che in entrambi i casi “mi troverei in mezzo a una strada a 46 anni”, ma in un caso comunque avrei potuto guadagnare un po’ di più e mettere qualcosa da parte, nell’altro no, anzi probabilmente avrei dovuto mangiarmi un altro po’ i miei risparmi, e anche questi fattori inevitabilmente contano.

  7. Natale:

    Grazie Vittorio, per tutti questi anni di impegno e di difesa della nostra città.
    Hai tutto il mio sostegno per le tue posizioni, che a mio parere sono corrette e coerenti.

  8. Christian:

    Fare il vicesindaco, ossia diventare assessore, darebbe anche remunerazioni ben diverse da quelle del Consigliere comunale, e permetterebbe di sanare il danno previdenziale. Mi ha fatto riflettere molto questo fatto, conosco telematicamente Vittorio fin dagli inizi (anche se sono di Milano), ma se si vuol lasciare al Paese una classe dirigente onesta e competente, non si può pensare di farlo a esclusivo danno degli eletti. Anche a Milano Mattia Calise ha preferito non ricandidarsi, forse per non precludersi possibilità migliori e per un possibile un percorso di crescita, ma non si può ignorare che questa generazione (nonostante i 20 anni di differenza tra i due) avrà la pensione determinata dal metodo contributivo, nel migliore dei casi dal metodo misto e le penalizzazioni sono evidenti. Per me la politica è un lavoro a tempo determinato, non deve generare privilegi, ma neppure danni.

    Come ti considerano i gettoni da Consigliere comunale?

    http://www.inps.it/portale/default.aspx?itemdir=4806

  9. vb:

    I gettoni del consiglio comunale sono un reddito (quindi ci pago sopra l’IRPEF) ma finiscono nella categoria “altri redditi”, per cui non sono soggetti a contributi previdenziali e non generano diritti pensionistici. In sostanza, ai fini pensionistici è come se fossi disoccupato.

    L’unica possibilità sarebbe stata quella di versare dei contributi volontari; mi ero informato e si parlava di almeno 300 euro al mese, che avrei dovuto pagare di tasca mia togliendoli da quello che guadagno, senza alcuna garanzia su che tipo e importo di pensione avrei potuto percepire in futuro, per cui ho preferito soprassedere.

  10. Marco dei monti:

    Come minimo un enorme ‘grazie Vittorio’ per il tuo lavoro e la tua umiltà che dovrebbe servire di esempio a tutti.
    Ti auguro ogni bene e grandi soddisfazioni lavorative.

    Nota per il Movimento:
    Questa cosa dei contributi va risolta! Non è possibile che vadano persi 5 anni lavorativi. E’ semplicemente assurdo!
    Creiamo un fondo.

 
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