Il gioco della sedia
Tutti si sono scandalizzati per la provocazione di Erdogan nell’incontro diplomatico tra lui e le istituzioni europee, e per la mancata risposta da parte del presidente del Consiglio Europeo Michel. “Erdogan è arrogante, maleducato e sessista e l’Europa avrebbe dovuto reagire”, è il commento generale.
In diplomazia, però, le cose non sono mai così semplici, e così dirette nel significato. Naturalmente Erdogan non ha fatto questo perché è maschilista e voleva umiliare una donna, ma perché ha visto una opportunità : quella di spaccare e indebolire l’Europa, sottolineando che nel rapporto è lui il più forte.
Intanto, in Europa vivono almeno dieci milioni di turchi, sette solo in Germania: una cifra enorme. Una parte di loro è scappata dalla Turchia anche per motivi politici, ma una parte significativa, probabilmente preponderante, è qui per lavorare ma è orgogliosissima di essere turca, e in genere anche molto contenta di Erdogan. Già solo per questo, l’Europa non può permettersi di rompere i rapporti con lui, o rischia seri problemi interni e persino il terrorismo. Per Erdogan, rispondere in questo modo a una missione in cui l’Europa si presenta da lui col ditino alzato proprio per contestargli i diritti umani è un modo per ribadire che nel rapporto tra Europa e Turchia è la Turchia che comanda.
Simmetricamente, proprio perché eravamo stati noi a chiedere l’incontro, era diplomaticamente impossibile per i due leader europei contestare apertamente la situazione. Questo avrebbe creato un incidente diplomatico che avrebbe vanificato l’intero viaggio, e che gli avrebbe pure fatto fare la figura dei polli col resto del mondo. Si sono messi in una situazione in cui potevano solo subire.
Ma quel che Erdogan sapeva – e che sanno tutti – è che l’Europa non è affatto unita. Se notate, mentre la scontentezza di Von der Leyen è emersa subito (e lei si è subito fatta supportare dal suo partito, l’EPP), Michel ha impiegato 36 ore a rispondere. L’ha fatto solo perché stava venendo preso a pesci in faccia da tutta la pubblica opinione, ma la sua posizione iniziale, ribadita per tutte le 36 ore dal suo staff, era che l’incidente era deplorevole ma alla fine era giusto così, perché lui non è alla pari di Von der Leyen, ma più alto in grado; cosa che, se notate, ai media è stata detta e fatta dire sin da subito.
Del resto, l’idea che in un incontro diplomatico si facciano “sorprese”, e la parte ospite non abbia idea di come funzionerà l’incontro, è ridicola: generalmente tutto, compresa la disposizione delle sedie, viene discusso e concordato prima nel dettaglio. Può darsi che Erdogan abbia fatto un agguato, ma può anche darsi che il suo staff e quello di Michel abbiano concordato questa sistemazione, e che lui ci abbia visto una opportunità per ribadire che lui, nonostante a livello mediatico nessuno lo caghi e la maggior parte degli europei manco sappia che esiste, conta più di Von der Leyen, non pensando che la cosa sarebbe finita sui giornali in questo modo.
E infatti, ancora nel suo messaggio Michel non dice che i turchi hanno sbagliato, ma che hanno interpretato il protocollo in maniera troppo stretta (sottinteso: lui invece avrebbe graziosamente concesso alla sua sottoposta di sedergli vicino). Al contrario, lo staff di Von der Leyen dice che lei è esattamente pari grado di Michel e che il protocollo è stato sbagliato: una cosa molto diversa. I due staff, come racconta Politico, sono andati avanti per tutto il giorno a ripetere con fermezza in pubblico cose opposte.
E’ questa la genialità diplomatica di Erdogan: ha messo il dito nella piaga vera, cioè nel fatto che “in Europa non si sa chi comanda”. Ed è vero, perché le tre istituzioni fondamentali – Commissione, Parlamento e Consiglio – finiscono spesso a litigare sulle reciproche competenze invece che a lavorare insieme per l’Europa. E’ vero perché le procedure per arrivare a una decisione senza scontentare nessuno sono talmente lunghe e complesse che quasi tutto richiede anni, e non di rado non arriva mai in porto (qualcuno ha visto la nuova legge sui cookies in discussione dal 2016?).
Noi europei siamo talmente rincoglioniti che questo lo facciamo passare come un valore: siamo tutti fratelli e decidiamo solo se siamo tutti d’accordo e se qualcuno non è d’accordo passiamo tanto tempo a parlare per non rompere la nostra amicizia. La realtà è che questo è il meno peggio che possiamo fare, in un continente in cui la maggior parte delle persone si sente ancora orgogliosamente irlandese, olandese, italiana, polacca o portoghese invece che europea, e nessuna capitale europea vuole più cedere un briciolo di potere a Bruxelles, anzi. Ma quello che tendiamo a dimenticare è che la nostra elevata democrazia e la complicazione burocratica delle nostre procedure hanno un costo crescente, come dimostra anche l’impietoso confronto con il resto del mondo occidentale sulle vaccinazioni.
Sarebbe eccessivo biasimare Michel e von der Leyen for questa situazione, che loro hanno soltanto ereditato. Ma forse, tra tanti orizzonti 2027 e piani strategici, sarebbe opportuno porsi davvero il problema di come ripensare la struttura dell’Unione Europea in modo che sia chiaro a tutti chi comanda.