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Archivio per la categoria 'Itaaaalia'


martedì 16 Agosto 2016, 13:56

Un disastro certificato

Qualche giorno fa, mi è arrivato l’avviso di scadenza della mia casella di posta elettronica certificata, che avevo aperto tre anni fa presso le Poste.

Ora, la webmail PEC di Postecert è una cosa orripilante, con una interfaccia che pare ferma al 1999 e all’era dei CGI, con font piccolissimi e illeggibili, pulsanti indistinguibili, nessun tipo di responsività… un disastro di interfaccia utente. Però funziona, e per le tre volte l’anno che mi serve va bene, per cui mi loggo, entro e… nell’account non c’è il pulsante di rinnovo e nemmeno alcun avviso di scadenza.

Allora rileggo la mail, e scopro che per rinnovare la casella PEC bisogna andare su un altro sito, loggarsi con un altro account con diverso username e password, ed effettuare la procedura. Digito l’indirizzo, e il browser resta appeso, dando infine errore; solo dopo un paio di tentativi capisco che il sito è solo HTTPS e non c’è la banale redirezione automatica dall’HTTP, ma bisogna inserire “https” a mano.

Mi viene allora fuori una pagina in Times New Roman, priva di CSS, nella quale (dopo aver recuperato da vecchie mail i dati) effettuo il login e avvio il rinnovo, ma senza che mi venga detto quanto costa. Mi viene presentato un form (altro che 1999, siamo a metà anni ’90) nel quale ci sono tutti i miei dati e, con un elegante dropdown, posso scegliere la durata del rinnovo. Soltanto nell’ultima schermata di conferma compare la cifra, peraltro inserita in mezzo al form tra tutti gli altri dati, e per sapere quanto costano le varie opzioni disponibili devo tornare indietro e reinviare la form scegliendo ogni volta una durata diversa…

Alla fine rinnovo, pago (su un altro sito ancora) con carta di credito, non mi arriva nemmeno una mail di conferma ma penso sia andato tutto a buon fine. Però mi chiedo: ma se i maggiori servizi digitali del Paese sono messi così, dove pensiamo di andare? E dire che di persone in grado di progettare un servizio web almeno decentemente usabile ormai ce ne sono molte, e ne conosco qualcuna che pure già lavora con le Poste, ma allora come è possibile che in questo settore l’approssimazione continui a dilagare?

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lunedì 4 Luglio 2016, 13:59

Vodafone Smart Passport: le mani nelle mie tasche

Se siete italiani, ci sono ottime probabilità che siate o siate stati nella vita dei clienti Vodafone. Io ci ho persino lavorato, nel 1999, quando si chiamava ancora Omnitel; ci sono dunque affezionato. Nonostante questo, ultimamente stanno riuscendo a comportarsi veramente male.

Già l’anno scorso ero rimasto vittima di Vodafone Exclusive, il servizio aggiuntivo da 1,90 Euro al mese che veniva attivato mediante silenzio assenso, generalmente a persone come me che mai l’avrebbero voluto. Adesso la storia si ripete, grazie alla vicenda del roaming europeo.

Ricorderete infatti che in primavera ci eravamo beccati i comunicati trionfalistici dell’Unione Europea sui grandi vantaggi per i cittadini che essa sempre ci dona: in questo caso, l’abolizione dei costi di roaming spropositati che si pagavano per usare il telefono all’estero. In effetti, il Parlamento Europeo ha approvato un Regolamento che prevede un tetto massimo piuttosto ridotto ai costi di roaming, e la loro completa abolizione a partire dal giugno 2017.

Il 29 aprile, infatti, Vodafone mi ha mandato il seguente messaggio:

vodasmartpassport-1

Il messaggio è ambiguo, e fa sembrare che il regolamento europeo imponga a tutti i clienti di adottare “dal 12/6” l’offerta Smart Passport, ovvero un acquisto in blocco di 60 minuti, 60 SMS e 200 MB al giorno per tre euro “solo in caso di utilizzo”. Solo leggendo fino in fondo si scopre che “se disattivi Smart Passport, dal 30/4 paghi secondo le nuove tariffe europee”, e infine che puoi recedere dal contratto senza penali, il che deve sempre trarvi in allarme perché i fornitori di servizi, e solo perché obbligati, vi concedono di recedere dal contratto senza penali solo quando modificano unilateralmente le condizioni di contratto in maniera sfavorevole per voi: quindi “puoi recedere dal contratto” = “fregatura in arrivo”.

In questo caso, se ci pensate un attimo, il danno per l’utente medio è evidente: se veramente fate in un giorno 60 minuti di telefonate dall’estero va bene, ma se, come l’utente medio, all’estero disabilitate i dati, usate il telefono pochissimo e magari rispondete velocemente e dopo venti secondi mettete giù, non spenderete mai 3 euro. E infatti, la settimana prima ero stato in Francia e queste erano le mie tariffe: per ricevere telefonate pagavo 6 cent al minuto, per mandare un SMS 7 cent (notate che in Italia, trattandosi di una SIM secondaria su cui non ho alcun piano attivo, pago un SMS 20 centesimi: questo per dirvi quanto ci marciano gli operatori). Io non ho minuti inclusi, ma se li avete potete semplicemente usarli e pagare ancora meno, solo 1,4 cent al minuto in ricezione o 2,4 cent per SMS (qui trovate le tariffe sul sito Vodafone).

Quindi, per rispondere velocemente e poi metter giù avrei pagato qualche centesimo in tutto; ma con Smart Passport attiva, al primo secondo ricevuto o al primo SMS mandato scatta l’offerta e pago 3 euro. E questo ogni giorno, per cui se sto via una settimana e ogni giorno ricevo una chiamata per trenta secondi, alla fine avrò speso 21 euro invece che 40 centesimi. Lo scrivono anche loro, in un angolino del loro sito (oltretutto, altra chicca, il “giorno” è calcolato sempre sull’ora italiana, per cui se sei in California tu credi di avere l’offerta attiva per tutto il giorno là, ma in realtà a metà giornata scatta la mezzanotte italiana e la paghi due volte).

vodasmartpassport-3

Il danno per le mie tasche e il vantaggio per quelle di Vodafone – casualmente, proprio all’inizio della stagione estiva, quella in cui si viaggia di più all’estero – sono evidenti, per cui mi son detto: guarda sti maledetti, devo disattivare subito l’offerta. Ma subito (il 29 aprile) non si poteva, perché non era ancora attiva; e li ringrazio per il preavviso, ma un preavviso di un mese e mezzo onestamente sembra fatto apposta perché il cliente si dimentichi della cosa e non disattivi l’offerta quando viene il momento. Per cui, mi sono segnato sul calendario di Google “12 giugno: disattivare Smart Passport”.

Il 12 giugno controllo: l’offerta non è attiva. Ricontrollo nei giorni seguenti: niente. Vuoi vedere che sono rinsaviti, e/o che finalmente qualcuno gli ha fatto il mazzo, e sono ritornati sui loro passi?

E invece no: la settimana scorsa riparto per Slovenia e Austria. In Slovenia non guardo nemmeno gli SMS di avviso – chi viaggia spesso non li guarda più da anni – ma entrando in Austria per caso li apro e leggo: “Benvenuto in Austria, la tua offerta è Smart Passport”. Maledizione!

Così, giunto in albergo, mi attacco al wi-fi e apro l’app My Vodafone; controllo le mie offerte ed eccola lì:

vodasmartpassport-4

Attivata (da loro) il 28 giugno! Cioè, oltre ad attivarmi unilateralmente un “servizio†a pagamento che non voglio e che non ho mai richiesto, mi hanno mentito sulla data di attivazione, rimandandola di un paio di settimane, facendomi credere che non sarebbe stata più attivata e impedendomi così di disattivarla a priori…

Per fortuna nei giorni precedenti non avevo utilizzato quel numero, altrimenti avrei già avuto addebiti non voluti per parecchi euro. Comunque, perlomeno disattiviamola, no? Premo su “gestisci” e mi dice che si può disattivare solo dal sito. Apro il browser, vado sul sito Vodafone per smartphone, e… posso comprare tutto quel che voglio, ma non c’è alcuna voce di menu per gestire le offerte attive e disattivarle. Mi tocca aprire il PC, loggarmi sul sito da lì, andare sulla gestione offerte e… il servizio non è attualmente disponibile! Però, come dicono nello screenshot più sopra, potrei disattivarla chiamando dall’estero il +393482002070… e se lo chiamo che succede? Ovviamente scatta l’offerta: l’unica offerta attivata senza il tuo consenso che devi comprare almeno una volta per poterla disattivare.

Morale? Alla fine il sito si è riavuto e l’ho disattivata da lì, ma è evidente che questo comportamento – è il secondo per Vodafone, dopo la vicenda analoga di Vodafone Exclusive – meriterebbe di cambiare operatore, se non fosse che tanto, più o meno, tutti si comportano così; tra l’altro, non ho idea di quante siano le utenze su cui negli scorsi giorni è stata attivata Smart Passport “a tradimento”.

Alla fine, in un oligopolio come quello delle telecomunicazioni, il mercato da solo non è assolutamente in grado di tutelare i consumatori: dovrebbero farlo i nostri ministri nazionali e commissari europei che insistono continuamente con i benefici del mercato globale e dell’Europa. Ma in Italia questi comportamenti vanno avanti da anni, da parte di qualsiasi grande operatore di qualsiasi servizio, senza che nessuno intervenga. E allora perché stupirsi se poi la gente al mercato e all’Europa non crede più?

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venerdì 18 Marzo 2016, 15:53

Se non ci fossero, bisognerebbe inventarli e inventarle

Dopo l’importante mozione di due giorni fa sulle quote rosa nella toponomastica cittadina, nella conferenza dei capigruppo e delle capegruppe arriva un’altra importante proposta di delibera dei consiglieri e delle consigliere femministi e femministe del Partito Democratico. La delibera provvede a risolvere uno dei problemi urgenti e fondamentali di Torino, il fatto che nello Statuto della Città ci sia scritto solo “Sindaco” e non anche “Sindaca”, introducendo un testo modificato che prevede nuove denominazioni di facile uso come “petizione al Sindaco o alla Sindaca e alla Giunta Comunale”, espressioni di immediata lettura come “Il o la Presidente del Consiglio Comunale” e nuovi ruoli femminili come “la Segretaria Generale del Comune” e “la Difensora Civica Regionale”.

Ma attenzione, se ci si limitasse a questo, i consiglieri e le consigliere come il sottoscritto o la sottoscritta potrebbero essere ampiamente d’accordo. La delibera, tuttavia, è estremamente attenta ed attento a eliminare tutte le forme o i formi di maschilismo sessista o sessisto del testo dello Statuto o della Statuta della Città o del Cittò di Torino, al punto da attaccare uno dei pilastri e una delle pilastre del sessismo linguistico, il volgare e maschilista articolo “i”, sostituendo la vergognosa espressione sessista “per i residenti” con la splendida e corretta “per residenti”.

Infine, nel nome e nella noma della correttezza e del correttezzo, viene eliminata anche l’espressione “tutti coloro”, che finendo per “o” è indubbiamente maschilista, sostituendola con “tutte le persone”, che finendo per “e” è paritaria.

A questo punto però, stante che abbiamo concluso che per sancire la parità di genere è opportuno inventare i femminili dei termini maschili, ho deciso che è anche opportuno inventare i maschili dei termini femminili. Per questo proporrò un emendamento o una emendamenta affinché l’espressione “tutte le persone” venga sostituita con la più corretta “tutte le persone e tutti i personi”. Soltanto così potrò dare il mio contributo e la mia contributa a un vero raggiungimento della parità tra uomo e donna, ma anche del paritò tra uoma e donno, in attesa che il movimento LGBT, del quale fanno parte individui e individue che giustamente non si riconoscono in nessuno dei due generi, ci richieda di cancellare le “petizioni al Sindaco o alla Sindaca” per sostituirle con le “petizioni alla Sindaca o al Sindaco o al Sindac*”, per poi introdurre successivamente, allo scopo di favorire l’integrazione dei membri e delle membre della comunità islamica, le “petizioni alla Sindaca o al Sindaco o al Sindac* o al رئیس.

Certo, da elettore torinese e da elettrice torinesa, io a questi consiglieri femministi e consigliere femministe del Partito dei Democratici e delle Democratiche chiederei cosa hanno fatto in cinque anni per i poveri e le povere della Città, per gli e le autobus che non passano mai, per i disoccupati e le disoccupate che cercano un lavoro o una lavora, per le particelle e i particelli che inquinano l’aria che respiriamo. Ma il bello delle politiche e dei politici delle istituzioni italiane è questo: che basta agitare qualche bandiera e qualche bandiero a tre mesi dalle elezioni, finendo a sufficienza sulle giornale e sui giornali, e troverai senz’altro qualche centinaio di elettori e qualche centinaia di elettrici che ti daranno la preferenza e il preferenzo; abbastanza per garantirti altri cinque anni di importanti battagli e battaglie a spese nostri e nostre.

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martedì 15 Marzo 2016, 07:57

Guerriglia da social

Vorrei condividere con voi una piccola storia di guerriglia-propaganda su Facebook, giusto per capire come va il mondo dei social.

Ieri sera sul mio profilo Facebook è apparsa una certa Ileana, che ha postato un articolo tratto da un blog di WordPress denominato Il Torinese che riprendeva il chiacchiericcio sul ritiro di Patrizia Bedori e poi aggiungeva che anche a Torino c’erano attivisti M5S che insultavano i dissidenti con appellativi omofobi; pertanto Ileana insultava me e il M5S dicendo che facevamo tutti schifo.

Ora, che nel M5S ci siano sostenitori tifosi che insultano qualsiasi persona esprima una qualsiasi critica è vero, ne sono stato vittima anch’io e l’ho detto io per primo da mesi, ma che nel M5S Torino sia tollerata l’omofobia direi proprio di no; io prendo sempre seriamente le segnalazioni che ricevo, per cui ho commentato chiedendo di dettagliare coi fatti chi, come, quando avrebbe usato questi insulti, altrimenti si trattava di una calunnia gratuita. Nel frattempo sono anche andato sul blog da cui era preso l’articolo, cercando un contatto, ma è stato inutile: non c’erano contatti e la registrazione del dominio era anonima.

Mentre facevo tutto ciò, la misteriosa Ileana ha cancellato il suo post, mettendone un altro in cui mi accusava di aver censurato il suo post precedente; contemporaneamente l’articolo su Il Torinese è stato modificato rimuovendo tutti gli attacchi al M5S di Torino.

Sotto il nuovo post, ho pazientemente spiegato che non avevo cancellato io il post precedente, e che ero a disposizione per spiegazioni; la risposta è stata che facciamo tutti schifo, stavolta perché abbiamo dato della “cicciona” alla Bedori. Io allora ho fatto notare che non mi stupirei che sostenitori del M5S insultassero esponenti di altri partiti, ma trovavo difficile che insultassero la nostra stessa candidata; tanto che lei ha accusato pubblicamente due fuoriusciti dal M5S, e non esponenti del M5S stesso.

Poi ieri sera mi sono messo a fare altro, e quando ho riaperto Facebook stamattina ho trovato quaranta commenti in cui Ileana insultava più o meno tutti i miei commentatori regolari che osavano ribattere ai suoi attacchi.

A questo punto, scusate se una volta tanto (lo faccio molto raramente) ho deciso di bannare questa signora; mi spiace solo che sia sparito anche il post, non pensavo che bannare una persona eliminasse anche i post che lei ha fatto sulla tua pagina, pensavo valesse solo per il futuro. Io accetto volentieri tutte le discussioni civili, anche con persone con pregiudizi negativi su di me e sul M5S, ma non tollero chi sparge falsità in rete (neanche se fossero a favore del M5S) e chi sa soltanto insultare.

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giovedì 11 Febbraio 2016, 14:01

Caro sindaco tedoforo

Caro sindaco,

ti ringrazio per la tua cortese lettera con cui mi inviti a portare la fiaccola olimpica in giro per la città i prossimi 27 e 28 febbraio, nell’ambito delle celebrazioni per il decennale delle Olimpiadi.

Mi dispiace non poter nemmeno prendere in considerazione il tuo invito, in quanto per quel fine settimana ho già un impegno familiare fuori città, ma avrei comunque rifiutato la proposta. E non per una sterile opposizione di principio, e nemmeno per disprezzo verso l’evento olimpico; io sono orgoglioso che la mia città abbia potuto ospitare le Olimpiadi, e ricordo ancora con emozione la folla internazionale che riempì la città, i concerti in piazza Castello e la cerimonia di chiusura, che vidi (pagandomi il biglietto) dagli spalti dello stadio.

Se però dobbiamo veramente fare un bilancio del lascito olimpico a dieci anni, dobbiamo farlo per intero. Le Olimpiadi non ci hanno lasciato soltanto emozioni e turisti, ma anche debiti, inchieste giudiziarie, sprechi e degrado. Sarebbe allora opportuno non pensare soltanto a quanto sia stato bello essere al centro dell’attenzione del mondo, ma chiedersi come sia stato possibile che molte costruzioni olimpiche siano state subappaltate alla ndrangheta; che gli appalti per le strade olimpiche siano risultati truccati direttamente dai dirigenti pubblici che li gestivano; che gli impianti sportivi delle nostre montagne, costati centinaia di milioni di euro, siano stati completamente abbandonati allo sfacelo; che gli edifici di Spina 3, trasformati poi in case popolari, soffrano di problemi tecnici a non finire; che l’ex villaggio del MOI, già cadente e pieno di crepe, sia stato abbandonato e trasformato in un centro di illegalità fuori controllo; e che i debiti siano stati tali che tuttora, pur avendo in questi anni venduto tutto il vendibile, ogni torinese nasce già con migliaia di euro di debiti e oltre un euro su quattro delle tasse comunali va alle banche. Non è necessario parlare soltanto di questi aspetti negativi, ma non si può nemmeno fingere che non esistano.

Altre critiche sono già state fatte: la scelta di investire centinaia di migliaia di euro in una celebrazione postolimpica, facendosela finanziare da sponsor “privati” come Iren (che poi tanto ricaricheranno i costi sulle bollette dei torinesi), sembra veramente un disperato tentativo di ravvivare la tua campagna elettorale a colpi di circenses, di Piovani per i salotti buoni e diggeiset per i giovani, peraltro nemmeno per celebrare un risultato della tua personale amministrazione.

Ma non è nemmeno questa la cosa che più mi lascia perplesso. No, la cosa che veramente mi colpisce è che quella di sottolineare con tanta evidenza la celebrazione del decennale olimpico non è una scelta che guarda al futuro, ma al passato; dimostra anzi l’incapacità di guardare al futuro, e l’aggrapparsi a un passato magari luminoso, ma che non tornerà più. Se le Olimpiadi ci hanno portato il turismo, bene, ma ormai quello è, e da solo chiaramente non basta; bisogna pensare ad altro.

Questa città ha un bisogno urgente: deve smettere di raccontarsi che tutto va bene e ammettere che la crisi avanza; e per rilanciarsi deve liberare le energie che sono bloccate dalle rendite di posizione, da una classe dirigente che ormai ha detto tutto ciò che aveva da dire. Deve immaginare un futuro e trovare le persone che lo possano portare avanti almeno per i prossimi dieci anni.

Colpisce, sinceramente, che l’unica cosa che il PD riesca a fare – a parte una serie impressionante di annunci sui giornali di mirabolanti progetti ogni giorno diversi che poi finiscono in nulla – sia riproporre il passato, ragionare secondo modelli di sviluppo – grandi eventi e grandi opere – che in passato possono avere avuto un senso, ma che oggi non funzionano più e sono in crisi in tutto il mondo. Forse, però, è solo un’altra manifestazione di un principio che chi si occupa di innovazione conosce bene: quello per cui l’organizzazione leader in una generazione raramente riesce a sopravvivere in quella successiva, perchè la sua stessa dimensione le impedisce di cambiare in tempo.

E io, da cittadino prima ancora che da politico, spero semplicemente che l’obsolescenza della nostra attuale classe dirigente non finisca per travolgere anche l’intera città.

Saluti,

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sabato 30 Gennaio 2016, 10:32

Trent’anni fa in televisione

Cinque minuti di Rai1 di una tarda serata di trent’anni fa rivelano che nel 1986:

  • il massimo dell’eleganza femminile era un poncho rosa pelosetto a spalle larghissime, accoppiato con una acconciatura da abat-jour;
  • stranamente, il telegiornale parlava soltanto di notizie e non conteneva video di gattini né lanci della prossima fiction;
  • si capisce che è il telegiornale di seconda serata perché, da bravi dipendenti a posto fisso, a quell’ora non lavora più nessuno, lo studio dietro è spento e tutti sono già andati a dormire;
  • le parole inglesi erano ancora declinate al plurale (si sente un orrido “gli slogans”);
  • se oggi il telegiornale dicesse che Soweto è una città “abitata dai negri” il palazzo della Rai verrebbe subito fatto saltare in aria come forma di scuse;
  • in Sudamerica c’erano solo dittature, in particolare c’è il racconto di un mezzo colpo di stato in Ecuador che sembra scritto da Woody Allen;
  • dalla cartina meteorologica del satellite Meteosat si nota come l’Europa finisse alla cortina di ferro, oltre la quale c’erano solo i leoni;
  • mentre in Europa avevano già le animazioni del meteo fatte tipo con un Amiga, da noi resistevano ancora i simbolini e le lettere magnetiche da attaccare su una cartina metallizzata dell’Italia;
  • esisteva ancora il “termine dei programmi”, ovvero un po’ dopo mezzanotte in Rai salutavano tutti, staccavano tutto e restava il monoscopio fisso fino al mattino successivo;
  • mamma mia quanto erano brutte le auto degli anni ’80!!
  • l’immagine della riunione manageriale al Centergross di Bologna se la batte con la Milano da bere;
  • le notizie erano lunghissime, le pubblicità erano lunghissime, i trailer dei film erano lunghissimi (perdipiù inspiegabilmente rimpiccioliti tra due orride bande rosa in grafica computerizzata) e persino i film erano lunghissimi, tanto è vero che li spezzavano in due serate;
  • c’erano ancora le annunciatrici, ma per fare l’annuncio le mettevano illuminate in faccia contro un muro grigio, pronte per la fucilazione, per cui non stupisce che si siano poi estinte.
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lunedì 28 Dicembre 2015, 11:23

Volete sapere cosa penso dello smog?

Volete sapere cosa penso dello smog?

Penso che la situazione è preoccupante ma è altrettanto preoccupante che a preoccuparsene stabilmente tutto l’anno non siamo poi in tanti, mentre molti se ne preoccupano a targhe alterne a seconda di quanto la questione viene pompata dai media del giorno; sono gli stessi che adesso invocano blocchi di tutto ma poi tra due mesi, passata l’emergenza, si lamenteranno perché in strada ci sono troppi ciclisti rompicoglioni e perché si vogliono allargare le strisce blu.

Penso che però (dati alla mano) negli ultimi dieci anni messi assieme ho respirato meno schifezza di quella che respiravo da bambino in un solo inverno, eppure trent’anni fa nessuno si preoccupava più di tanto, mentre ora ne parlano tutti: entrambi questi cambiamenti sono già molto positivi.

Penso che qualcosa di più si sarebbe dovuto fare, qualche blocco totale del traffico, qualche obbligo di abbassare il riscaldamento.

Penso anche però che le targhe alterne o i blocchi diurni di un paio di giorni o i divieti per le auto più vecchie (ormai poche e spesso poco usate) non spostano significativamente la questione, per cui farli o non farli non fa grande differenza per i nostri polmoni; la politica prende o non prende questi provvedimenti per calcoli elettorali e di comunicazione, e non per ragionamenti sanitari.

Penso che per fare davvero la differenza e avere aria pulita anche d’inverno, in attesa di proseguire le politiche che già hanno permesso di ridurre clamorosamente l’inquinamento negli ultimi vent’anni, è necessario essere disposti a bloccare il traffico privato a dicembre in tutta la pianura padana per due o tre settimane di fila, senza eccezioni. Ma tutto: in città e sulle autostrade, auto e camion, per svago e per lavoro. Solo che poi avremmo i supermercati vuoti per mancanza di rifornimenti, i lavoratori dei trasporti in cassa integrazione, i benzinai che piangono miseria, i commercianti e gli agenti di commercio sul lastrico, e tutti gli altri in giro pigiati sugli stessi mezzi pubblici di oggi, perché bloccare il traffico non fa saltar fuori per magia entrate addizionali per migliorarli.

E’ veramente possibile questo? No, non è possibile. E quindi di cosa parliamo? O siamo disposti a cambiare di colpo e molto in profondità il nostro modo di vita e la struttura della nostra economia, o andiamo avanti piano piano con la costante riduzione dell’inquinamento dovuta ai miglioramenti tecnologici, e nel frattempo moriamo tutti un po’, come per tanti altri motivi collaterali alla nostra società del benessere che con la scienza ci allunga la vita, ma ogni tanto ce la accorcia anche.

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domenica 20 Settembre 2015, 10:44

Quello che fa paura

Il razzismo mi fa paura, l’ignoranza mi fa paura, la rabbia latente mi fa paura. Ma la cosa che mi fa più paura degli italiani è la facilità con cui si fanno manipolare dai mezzi di comunicazione per trovare subito qualcuno a cui accollare una colpa.

Gli piazzano sotto il naso la foto del Colosseo chiuso, gli scrivono tre titoli indignati sugli statali fannulloni, e alé: sdegno generale! licenziamoli tutti, oppure obblighiamoli a lavorare col fucile puntato, ai lavori forzati trascinando la palla di ferro alla caviglia! Ma magari c’era un motivo valido per quella protesta, magari la responsabilità è invece di chi pur preavvisato a norma di legge e ben pagato per farlo non ha saputo gestire la situazione, o risolvere prima il problema.

Gli fanno vedere una stronza che fa lo sgambetto al profugo, aggiungono due editorali sdegnati di qualche trombone a cottimo, tirano fuori un paragone storico appositamente selezionato (tipo: ma sessant’anni fa erano loro i profughi!), e alé: ungheresi nazisti! non fanno niente per i profughi, li scaricano tutti a noi, egoisti, cacciamoli dall’Europa! Peccato (ma questa informazione nessuno la riporta) che l’Ungheria nel secondo trimestre 2015 ha accolto e ospitato, in proporzione alla popolazione, tredici volte più profughi dell’Italia; davvero gli possiamo fare la morale?

Di storie così ce n’è un continuo (un’altra: quella del tassista che odia i disabili, che poi è venuta fuori essere in buona parte un equivoco legato al rifiuto dei buoni taxi comunali e non del cliente disabile). Sono tutte notizie che partono da un fondo di verità, ma che lo raccontano ingigantendo le cose a vantaggio di una parte sola, ed evitando accuratamente di riportare le ragioni dell’altra – se non, magari, due giorni dopo in un articoletto che nessuno leggerà. E la gente va dietro all’ondata di sdegno del momento, invece di cercare di capire le cose davvero, da tutti i punti di vista, e valutare se veramente l’interpretazione così netta offerta dai media è giustificata (magari sì, magari no), e provare a immaginare soluzioni costruttive ai problemi, che possano tener conto delle esigenze di tutti.

Che poi sarebbe anche il compito della politica, invece di passare il tempo a cavalcare lo sdegno e montare scandali su qualsiasi cosa per buttare fango addosso agli avversari; e questa è una responsabilità che dobbiamo prenderci tutti noi che la facciamo, specialmente chi, come il Movimento 5 Stelle, vuole dimostrare di saper affrontare e risolvere i problemi per poter governare.

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sabato 19 Settembre 2015, 10:48

Le misteriose dimissioni dell’AD di Alitalia

Sappiamo tutti che Alitalia ormai (purtroppo per noi) è una barzelletta, e nemmeno una buona barzelletta ma una di quelle che sono decisamente troppo lunghe e ripetitive per fare davvero ridere. Però, quando ho letto sui giornali la notizia delle dimissioni dell’amministratore delegato (il miliardesimo amministratore delegato di Alitalia dell’ultimo decennio) “per motivi personali”, non ho resistito al tasso di fuffa e ho deciso di riassumere gli ultimi sei mesi della nostra ex compagnia di bandiera in modo comprensibile agli umani:

1. Alitalia viene “salvata” da una cordata di “imprenditori italiani” capeggiati da Colaninno, Benetton e Riva (quelli dell’Ilva), però non coi soldi loro, ma in gran parte con quelli delle banche (Intesa Sanpaolo e Unicredit) e degli italiani (Poste).

2. Non riuscendo a farla funzionare, gli “imprenditori italiani” “vendono” Alitalia agli arabi di Etihad… con la piccola clausola che il 51% rimane in mano agli “imprenditori italiani” per “motivi legali” (la maggioranza deve restare in Europa per non perdere una serie di protezioni commerciali).

3. A fine 2014 inizia l’avventura: i “proprietari” arabi nominano l’amministratore delegato (Silvano Cassano) mentre i “soci” italiani nominano il presidente (Montezemolo).

4. Dopo pochi mesi, l’aeroporto di Fiumicino (gestito dalla società Aeroporti di Roma) è vittima di un disastroso incendio che si trascina per settimane: un capolavoro di faciloneria e negligenza che causa 80 dei 130 milioni di perdite di Alitalia nel primo semestre 2015, azzoppando il già difficile piano di rilancio.

5. Esasperato dall’incapacità di Aeroporti di Roma, l’AD Cassano annuncia che Alitalia sta pensando di lasciare Fiumicino e usare qualche altro aeroporto come hub primario (es. Malpensa).

6. Piccolo particolare: mentre Malpensa è di proprietà prevalentemente pubblica (enti locali e Cassa Depositi e Prestiti, oltre alle solite banche), Aeroporti di Roma è di proprietà al 95,9% di Atlantia, cioè dei Benetton, cioè degli “imprenditori italiani” che hanno in mano il 51% di Alitalia.

7. Annunciate ieri le “misteriose” dimissioni dell’amministratore delegato di Alitalia Silvano Cassano “per motivi personali”.

Evviva gli “imprenditori italiani”, e poveretti gli arabi che si son fatti abbindolare così…

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venerdì 11 Settembre 2015, 08:44

Se La Stampa ti spamma

Anni fa mi sono registrato sul sito de La Stampa, per poter commentare online le lettere di Specchio dei Tempi.

Da un paio di giorni però ricevo ogni mattina, senza averla mai chiesta, una newsletter del direttore Calabresi con i suoi pensierini sulle sue scelte per l’uscita del giorno, tipo stamattina (in grassetto): “È così bello quando in prima pagina si può mettere la Storia” (con la S maiuscola, mi raccomando).

A un certo punto c’è comunque scritto: “Abbiamo deciso di mandarti questa newsletter per fartela conoscere. Ti verrà inviata automaticamente fino a giovedì 17 settembre. Se vuoi continuare a riceverla gratis devi attivare il servizio.” Che è un po’ come prendere un ateo e mandargli gratis tutte le mattine una copia delle riviste dei Testimoni di Geova, con allegati i due tizi che suonano il campanello alle otto del mattino, così per fargli provare il servizio. Sicuramente a qualcuno nel mucchio piacerà, ma sarebbe gentile chiedere prima se uno gradisce; anzi no, sarebbe un obbligo di legge; anzi nemmeno, sarebbe un obbligo di legge non mandare niente a nessuno, nemmeno una gentile richiesta, se non è stato lui per primo a chiedertelo sul sito.

In fondo, in piccolo, c’è un link di disiscrizione e ho provato ad usarlo. Bene, si viene rimandati a una pagina in cui inserire il proprio username e password; io li metto (giusti, ho controllato con il recupero password) e… non succede niente; la pagina torna alla form in questione. Non so se comunque la disiscrizione funzioni, ve lo saprò dire domani mattina.

Certo che è disarmante vedere come nel 2015 i quotidiani italiani non abbiano ancora capito granché di come ci si relaziona con i lettori nel mondo digitale, anzi si trasformino tranquillamente in pessimi spammer.

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