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Archivio per la categoria 'Life&Universe'


sabato 18 Luglio 2009, 19:29

Volontario vaffanculo

In queste settimane ho avuto numerose conferme di uno dei più sottovalutati corollari della legge di Murphy, il numero 8:

“I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.”

Io ci ho provato, ci ho messo tutte le mie energie; ho voluto credere che in Italia ci fosse ancora un numero sufficiente di non-cretini e che comunque ci potessero essere precauzioni efficaci contro la deriva cretinistica del Paese. Tutto è stato inutile; in realtà di non-cretini ce ne sono parecchi, ma proprio per tale loro qualità sono impegnati a fare cose più utili che provare a cambiare il mondo.

Dev’essere per questo che tutti i cretini si concentrano in politica: in alto come in basso.

Dunque sono un cretino anch’io.

Mi piacerebbe ballare fino a che non finiranno le stelle (scusate, è subentrato Umberto Balsamo) ma, a parte che devo uscire per un invito a cena, in questo momento provo il desiderio di fermarmi e suggerire che il mondo se lo cambierà qualcun altro. Anzi ve lo cambierete da soli oppure ve lo beccherete tutto nei denti: per esempio quando, tra 12-18 mesi, fallirà lo Stato italiano e la gente brucerà i negozi finché la polizia non sparerà per le strade e i creditori esteri ci confischeranno le case – evidentemente l’unico modo per espiare i danni che la peggior cultura di sinistra ha fatto a questo Paese.

E’ molto più facile sedersi, aprirsi un blog e ammannire gratis un vaffanculo. Non per lavoro né per denaro, ma da completo e spassionato volontario: un volontario vaffanculo.

[tags]politica, italia, vaffanculo[/tags]

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mercoledì 8 Luglio 2009, 23:49

Giornate esistenziali

Ci sono molte cose che si potrebbero dire della giornata di oggi.

Per esempio, guidare in autostrada in Italia ormai è diventata una roulette russa: passi centinaia di chilometri per strade piene di curve e gallerie, talvolta preistoriche e chiaramente insicure (vedi tangenziale di Genova), a fianco di un’unica colonna di TIR. Ogni due chilometri, un TIR a 75 all’ora – fregandosene anche, quando ci sono, dei numerosi divieti di sorpasso per mezzi pesanti – esce improvvisamente e blocca l’autostrada per tre o cinque minuti per sorpassarne un altro che va a 70. Spesso questa operazione viene compiuta indipendentemente dal fatto che sulla corsia di sorpasso stia arrivando un’auto, costringendola a inchiodare; ad ogni modo, si crea subito una fila di auto bloccate dietro al TIR che sta sorpassando, che fanno fisarmonica rischiando continuamente il tamponamento. Se poi uno pensa a quel che diceva Report qualche settimana fa, cioè che moltissimi autisti di camion sono strafatti di cocaina, eccitanti e droghe varie per guidare ben oltre i tempi consentiti dalla legge…

Comunque è stato un viaggio interessante: buona parte del mio cervello era occupata dal rimuginare su questioni varie, così a un certo punto mi è spuntato in mano un CD che non ascoltavo da forse dieci anni, dritto dai primi anni ’90: Dirt degli Alice In Chains, il prototipo del disco grunge per adolescenti depressi. Racconta il cantante dei Poison che capì che l’era del glam rock era finita quando entrò negli uffici della sua casa discografica e trovò tutti i loro poster staccati e sostituiti da quelli degli Alice In Chains: e Dirt è un disco depressissimo, cupo e insieme potente, il classico disco per quando ti senti tipo “I lie dead gone under red sky / I feel so alone / gonna end up a big ol’ pile o’ them bones”.

C’è però, a metà disco, un momento epico: quando improvvisamente la musica scema e prosegue sommessa per un paio di minuti, prima di esplodere di botto in un delirio di piacevole morte e distruzione. E’ l’inizio di Rooster, uno dei pezzi che più simbolizza il passaggio dall’innocenza al pessimismo e dagli anni ’80 agli anni ’90:

Immaginate ora di essere presi ad evitare TIR giù per le curve e i viadotti da Ovada a Voltri, e che questo momento sommesso vi capiti proprio mentre vi trovate inaspettatamente in un improvviso e dilatato istante di pausa, soli, in una galleria scura, buia e dritta. Non è un fantastico esempio di sintonia empatica tra mondo e lettore CD?

Comunque, alla fine la cosa importante è una sola: qui al convegno, nonché al ricevimento di stasera, c’è anche un astronauta russo che ha vissuto due anni in orbita nella Mir, accompagnato dalla figliola, una ventenne russa alta un metro e ottanta in vestitino corto che ha monopolizzato l’attenzione. Alla sua apparizione tutti i maschi in sala, dai venti ai novant’anni, hanno immediatamente smesso di porsi domande esistenziali.

[tags]autostrade, traffico, tir, sicurezza stradale, genova, alice in chains, dirt, musica, grunge, topa forever[/tags]

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sabato 4 Luglio 2009, 22:01

Nel tempo

Oggi sono andato al matrimonio di una mia compagna di liceo, ed è stata una buona occasione per rivedere persone che frequento ancora, ma che in gran parte ormai vedo solo in queste occasioni o quasi – matrimoni, battesimi e qualche cena o grigliata un paio di volte l’anno.

Rivedere i compagni dei tuoi quindici anni quando tendi ai quaranta è sempre pericoloso: il tempo nel mezzo è volato… cioè, se ci pensi hai fatto tantissime cose, però ti sembrano sempre poche rispetto a quelle che avresti potuto fare secondo le tue fantasie di quindicenne. Forse è per questo che moltissimi dei miei coetanei preferiscono frequentare al massimo uno o due grandi amici rimasti dal periodo dell’adolescenza, ma si concentrano soprattutto su giri di amicizie successive – l’università, i colleghi di lavoro, gli hobby propri e quelli del compagno/a. In più, sulla lunga distanza c’è anche il rischio di un po’ di competizione o perlomeno di confronto: che succede se quel tizio che a scuola era uno sfaticato ora guadagna il doppio di te, o se tutti i tuoi ex compagni son già lì con i figli e tu ancora non hai deciso se è giunto il momento di diventare adulto?

Eppure oggi mi sono trovato bene; forse in maniera sorprendente, dato che una delle origini principali dell’esito di queste situazioni è l’autostima e ultimamente la mia non è in gran forma. Per fortuna, prevale il piacere di ritrovare le storie comuni; e quando si è fortunati si scopre che tutti sono cambiati, ma il legame è rimasto.

[tags]tempo, compagni di scuola[/tags]

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giovedì 2 Luglio 2009, 11:44

Ragazzate

La vecchiaia incombe, e non solo per motivi anagrafici: ieri sera sono uscito con i soliti vecchi amici e sono rimasto colpito dal fatto che fino a un paio d’anni fa, quando eravamo giovani e single o lascamente fidanzati, l’argomento di discussione principale erano giochi e videogiochi, mentre da qualche tempo, ora che siamo vecchi e sposati o strettamente accoppiati, si parla soltanto più di film porno (anche se in chat sostengono che si è parlato di film porno solo per farci smettere di parlare di Torino a 5 Stelle).

Comunque, tutto ha inizio ieri quando per caso in rete rinvengo questa fantastica risposta alla tremenda, odiosa, vergognosa pubblicità della Coca Cola con Giulia di Pisa, quella che “la crisi non c’è perché basta bere l’intruglio multinazionale gasato” (credo uno spot che entrerà negli annali per essere riuscito in un attimo a distruggere l’immagine italiana del brand più forte del pianeta). E quindi ecco qua:

La lacrimuccia però scende se si notano gli autori: è il parto dell’ineffabile Andrea Camerini, già noto e incrociato un deca d’anni fa a Lucca come fumettista del Vernacoliere e autore dell’immortale personaggio de Il Troio (sottotitolo “Sulle strade de La California (LI)), un giovane sfaccendato di bella presenza caratterizzato dal maschilismo assoluto, dall’occhio bovino e dalla totale assenza di segnali nel cervello. Naturalmente l’umorismo livornese non è per persone timorate di Dio e tantomeno per persone dotate di un qualsivoglia senso del pudore, per cui non vi raccomando di seguire il link.
[tags]amici, ragazzate, porno, coca cola, pubblicità, giulia di pisa, camerini, vernacoliere, fumetti, il troio[/tags]

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domenica 14 Giugno 2009, 11:06

Primavera in montagna

Ci sarebbero tanti fatti di cronaca e di politica da commentare anche oggi. Ma è domenica; e vorrei invece dirvi che quest’anno la primavera in montagna è davvero bellissima.

La quantità spropositata di neve che è venuta ha portato due grossi vantaggi. Intanto, la montagna è rimasta in pace e irraggiungibile fino a poche settimane fa; anzi, alcuni punti classici del turismo montano piemontese, come il Nivolet, sono ancora irraggiungibili (ho letto un articolo che diceva che sul colle sono arrivati in tutto undici metri di neve, e che questo weekend forse sarebbero riusciti a liberare la strada fino al Serrù, tra muri di neve tuttora alti parecchi metri). E poi, la vegetazione è cresciuta in modo incredibile, e quelli che normalmente sono comode carrarecce o ampi sentieri sono ora pieni di erba alta. I prati e le rocce sono coperti di fiori di ogni genere e di ogni colore, e la foresta sembra antica, incontaminata.

Ieri, facendo una passeggiata lungo il percorso del Ru Cortot (ufficialmente chiuso perché finalmente hanno stanziato i soldi per riaprire le vecchie gallerie), sembrava di essere in un gioco fantasy o in una foresta canadese, non certo in val d’Aosta. Anzi, sembrava quasi come quando al Kruger Park penetravamo in silenzio nella savana; e infatti a un certo punto è pure apparso un cerbiatto, piuttosto vicino. Era quasi il tramonto, le ombre erano già lunghe e la luce che penetrava tra gli alberi, dopo che la neve ha portato via quel che non era saldo e ripulito il bosco, aveva un effetto magico.

Presto arriverà l’alta stagione estiva, boschi e prati saranno invasi di turisti e molto sarà tagliato, ripristinato, riumanizzato. Questi sono i giorni migliori per godersi la montagna in santa pace: approfittatene.

[tags]montagna, turismo, val d’aosta, piemonte[/tags]

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mercoledì 27 Maggio 2009, 20:52

Percorsi

Forse vi sembrerà strano un pensiero di questo genere in piena campagna elettorale, ma dato che non ci sono abituato – e che questa è una lunga, calda, sonnolenta giornata – nell’attesa tra un giro di mail elettorali e una riunione organizzativa serale mi viene in mente quanto sia imprevedibile la vita.

Dopotutto ho sempre fatto attivismo, ho messo in piedi iniziative “dal basso” di ogni genere, mi sono sempre interessato di politica e dell’ambiente circostante per passione, ma un anno fa di questi tempi non avrei mai immaginato di ritrovarmi candidato alle elezioni, addirittura come presidente della Provincia…

Stamattina ho avuto una lunga conference call al cellulare con una head-hunter tedesca, che doveva intervistarmi per via di una posizione internazionale nella governance di Internet a cui sono candidato. Nonostante lei avesse già letto e riletto il mio curriculum e varie altre fonti su di me, non riusciva a comprendere; faticava a incasellarmi nel suo questionario di valutazione precotto, e alla fine ha dovuto desistere e accettare la quantità di attività apparentemente scorrelate che ho svolto in questi anni come un dato di fatto.

Parlando di stranezza della vita, quindi, mi viene bene lasciarvi con un caso interessante. Cosa fareste voi se foste il figlio di un attore divenuto famoso solo per una scena, uno dei più famosi bisessuali di Hollywood, defunto di AIDS in piena vostra adolescenza; e vostra madre, ex attrice e fotografa di moda, fosse morta nel 2001, precisamente l’11 settembre, sull’aereo che si schiantò contro la più settentrionale delle Twin Towers?

Sarà che vi hanno pure chiamato Elvis, ma finireste per diventare una promessa del folk-rock americano, e per tirar fuori un album dylanesco il cui singolo Shampoo promette davvero bene. Non è forse una storia interessante?

Audio clip: Adobe Flash Player (version 9 or above) is required to play this audio clip. Download the latest version here. You also need to have JavaScript enabled in your browser.

[tags]vita, curriculum, folk, elvis perkins[/tags]

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lunedì 4 Maggio 2009, 20:02

Quattro maggio

La vera notizia, oggi, è che non solo non pioveva, ma c’era un sole che spaccava le pietre. C’è chi ha attribuito la cosa al fatto che la tradizione del quattro maggio prevede la pioggia solo se esso cade in prossimità di una partita casalinga del Torino, e invece stavolta si è giocato in trasferta.

Dev’essere però che Firenze per il granata è quasi una seconda patria, e quindi è successa l’ennesima magia: all’avvicinarsi dell’ora fatidica, improvvisamente dal nulla sono spuntate le nubi. Per qualche minuto, solo qualche minuto, è stato di nuovo il quattro maggio: una pioggia sporca e cattiva sputava giù dal Paradiso la rabbia del destino, ora e per sempre cinico e baro. Era quasi grandine, una grandine di frammenti e meteore e briciole di aereo e di vite – chi ha visto le foto della tragedia sa, un calzino qui, una maniglia là, una ruota strappata dal nulla.

Il cielo, insomma, ha onorato la ricorrenza con una breve e intensissima cerimonia, tanta acqua come nel fondo di un oceano, come nel mare di Lisbona. E poi ci ha lasciati liberi nel ricordo: il tempo di arrivare al Fila ed era già di nuovo una giornata estiva.

Visitare il Fila fa bene e male insieme; è come andare a visitare un vecchio nonno a cui tieni moltissimo ed essere contento di rivederlo, ma allo stesso tempo accorgerti con dolore di come ogni volta la sua salute sia peggiore, e abbia qualche acciacco in più, e sembri più anziano e malridotto, e si avvii inesorabilmente verso la sua fine. I poveri monconi che si sono salvati dallo scempio delle speculazioni politiche e di quelle edilizie sono sempre più sbriciolati e traballanti, e sempre più presi d’assalto dalla vegetazione.

Grazie agli sforzi immensi ed encomiabili di tanti tifosi, che hanno passato settimane a falciare l’erba e rimuovere l’immondizia, oggi l’area era pulita e piena di gente; eppure mi ricordo che anche solo tre anni fa (quando pure io, insieme alla mitica Lorena – una tifosa granata di Santiago del Cile che si era pagata sei mesi in Italia per vedere il Toro – e a tanta altra gente avevo passato giorni sotto la pioggia, a rimuovere macerie, tagliare arbusti e passare la candeggina nelle stanze scoperchiate, e poi, dopo la festa, a togliere frammenti di vetro dal terreno con un cucchiaio) il Fila sembrava più in salute.

Dev’essere l’effetto delle tremende barriere di lamiera volute dal Comune: che insiste con questa stupida idea che qualcuno possa farsi male sulle gradinate pericolanti. Che poi sono pericolanti per scelta e volontà del Comune stesso e dei suoi amici palazzinari di ogni ordine e grado, che in questi dieci anni di Fila a monconi hanno già tentato di costruirci sopra qualsiasi cosa, supermercati, parcheggi, case di lusso a quindici minuti dal centro, e poi certo anche un campo di calcetto, però sintetico e che costi tantissimo; meglio ancora un campo di subbuteo, che toglie meno spazio ai negozi.

E così, ogni qualche mese il potere piazza un nuovo giro di barriere, una nuova staccionata, un nuovo muro; e tempo qualche settimana magicamente ci si apre un varco, e i bambini tornano a correre sul prato dietro un pallone, e gli adulti a chiacchierare guardando i bambini, e i vecchi a sedersi sulle gradinate, taluni anche ricordando le partite viste là da ragazzi.

Non mi illudo che capiscano in tanti; moltissimi, a Torino, il Fila non sanno nemmeno dove sia (e mi dispiace per loro). Il Fila, a Torino, è una delle ultime zone di libertà; invisibile agli assimilati, impenetrabile per l’ordine nuovo, scandalosa per gli sdegnati a comando, concupiscibile per il potere, invincibile fin che la forza tranquilla del suo popolo non la abbandonerà.

Sarà quando ci porteranno via il Fila del tutto, infatti, che Torino chinerà la testa.

DSC02084s.JPG

[tags]toro, torino, filadelfia, stadio, grande torino, superga, 4 maggio[/tags]

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martedì 28 Aprile 2009, 18:53

Vaffanculo campione

Avevo sempre creduto che certi comportamenti fossero solo italici, e invece no: qualche giorno fa La Stampa riporta il caso del ragazzino meraviglia del nuoto britannico, Tom Daley, che da quando è diventato famoso per aver partecipato alle Olimpiadi a quattordici anni non vive più in pace: a scuola lo prendono tutti in giro.

Naturalmente può darsi che le cose non stiano proprio così o che Daley sia un po’ troppo sensibile, ma viene proprio da chiedersi: se come zimbello della scuola viene scelto uno così, qual è il criterio per essere accettato (non dico ammirato) dai quattordicenni inglesi?

I campioni non hanno mai vita facile; le persone amano riporre aspettative spropositate in perfetti sconosciuti per poi criticarli e scaricarli al primo stormir di fronde. Nello sport succede spesso che giovani di belle speranze stupiscano e poi, alla prima difficoltà, si perdano; alle volte non riemergono più, alle volte finiscono proprio male, alle volte si riscoprono e ritrovano se stessi fuori tempo massimo e diventano campioni molti anni dopo, come l’Eugenio Corini. Pur lasciando Rosina alla sua crisi esistenziale sulle orme (queste o forse queste) di Domenico Morfeo, dal punto di vista prettamente umano non possiamo non chiederci perché questi giovanotti e giovanottissimi non vengano mai lasciati in pace (che poi è il presupposto per ritrasformare un vecchio ciccione in un eterno campione).

E’ come se l’essere umano medio avesse bisogno di un modello astrattamente migliore di lui, ma solo per usarlo come puntaspilli; con ciò confermando la teoria per cui l’umanità, statisticamente, preferisce il cazzeggio al progresso.

[tags]daley, tuffi, sport, campioni, invidia, scuola, bullismo, toro, rosina, corini, morfeo, calcio, ronaldo, liderscip[/tags]

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domenica 12 Aprile 2009, 09:03

Resurrezione

“Are you hoping for a miracle?”, ripeteva la canzone alla radio sotto la pioggia di venerdì notte; che poi non era veramente la radio a mandarla, visto che trasmetteva un po’ della solitammerda che mandano in questa età sbracata anche le radio progressiste, ma ero io che avevo in testa quel pezzo – gran pezzo – da tutta la serata, e me lo trasmettevo da solo tra me e me.

Erano quasi le due, e tornavo a casa dopo una serata perfetta in cui non speravo più. Non è che la vita da adulti sia malvagia, ma è soltanto quando ti ricordi com’era a vent’anni che realizzi come a un certo punto, anche quando ti sembra che stia migliorando e indubbiamente per molti versi lo fa, la vita non possa fare altro che decadere dal suo punto di climax giovanile.

A vent’anni io ero così: le mie prime vere uscite di casa erano per suonare. Tre anni che sembrarono trenta, in cui vivemmo tutte le avventure possibili e immaginabili; poi il silenzio, altre cose, qualche reunion ogni tanto. Adesso era un anno e mezzo che non succedeva, e poi le ultime volte erano state prive di fascino, stanche, svuotate. Stasera non ci si aspettava granché, e invece, come è suo destino se appena lo lasci scorrere, il rock ha roccheggiato.

Dovevo lasciarmi prendere dagli auspici, e capire subito che quella della resurrezione del Cristo sarebbe stata anche una settimana di resurrezione di vite passate: sabato scorso ero andato a un addio al celibato dove il padrone del locale, un signore molto molto comunista, appreso della circostanza aveva offerto a tutto il tavolo un blocco di fumo. Io in tutta la mia vita ho fumato zero sigarette e un paio di spinelli; ciò nonostante il fumo fa sempre contenta la compagnia, e quando è regalato è un segno di buon auspicio.

Stasera invece è successo che dopo un anno e mezzo che la mia tastiera prendeva polvere – non avevo mai aperto la custodia, depositata in cantina, da quando avevo traslocato – e nonostante l’accresciuta scomodità di dover recuperare l’auto e riportarla fino in cortile per caricare l’attrezzo, si è scoperto al momento buono che c’era dell’energia che doveva uscire. Ed è quell’energia che, attenzione, non può uscire in altro modo se non con un gruppo rock, quell’entità misteriosa che permette la fusione di anime e di sentimenti in un meccanismo corale e silenzioso, ma spaventosamente efficace (almeno per chi vi sta dentro, poi chi ascolta può anche tapparsi le orecchie) anche quando la tecnica non è dalla tua parte.

Del resto devi proprio avere i pezzi nell’anima, perché canzoni non suonate da uno, due, cinque, dieci anni ti vengano ancora naturali al primo tentativo; e così, esauriti i riti – l’accordatura, il ritardo cosmico del cantante, le Moretti a garganella, il mixer su cui manca sempre il pulsantino giusto – la sessione che doveva finire alle 22 è finita alle 24.

E non solo: finito, pausa sigaretta (altrui), e poi si deve mangiare, e dove si va a cenare a Torino ben dopo mezzanotte? Beh, si passa da un bancomat bastardo – con lo spregio di mollare l’auto sulle rotaie del tram in piena via Stradella, di giorno zona totalmente off limits per la sosta d’attimino, di notte buia e deserta – e si va al Manhattan, e chi se ne frega se ci sono già stato ieri (a parte il mio stomaco).

Stasera è sera diversa: stasera si va sotto, nell’inferno dei punkettari, dove si può fumare anzi si deve, e punkabbestia e tipe in microgonna si distinguono a malapena nella nube di fumo. Infatti tornato a casa puzzo di fumo, capite, di fumo, e ho anche bevuto due o tre birre, e fanculo al salutismo: com’era bello il mondo quando uscivi dai locali e pur aborrendo il fumo puzzavi come Marlboro Country, quando la vita sapeva di vita e non di vieti divieti. Ma l’uomo in natura beve, fuma, scopa, rutta, caga, si scascia in tutti i modi possibili e manda pure affanculo le donne su base regolare, pur sapendo di non poter vivere senza di loro; nessun uomo è uomo se non vive almeno qualche volta le vignette di Andy Capp.

E allora al piano di sotto del Manhattan c’è ancora un pianeta, un pianeta di un cagnone molosso grande come un vitello e più sveglio del suo padrone centrosocialista che al tavolino si baccaglia una che pare una ex suora del Cottolengo; un pianeta di musica forte tanto ed assurda proprio. Immaginate dei tizi con un batterista che rulla fortissimo, che festeggiano il Venerdì Santo con un concerto punk metal che si conclude ben oltre l’una, tanto forte da impedirti di parlare – se sei controvento l’onda d’urto dell’amplificazione ti ricaccia le parole in gola, in senso fisico – e vaffanculo anche ai vigili e alle ordinanze contro i rumori notturni, che in quella cantina sei nella gola di Satana e da fuori non si sente niente.

Satana ti travia e tu ti perdi, nell’estasi provocata dall’ora tarda dalla stanchezza e dalle onde sonore; ti spari la tua birra e pizza gigante con dieci euro – un altro miracolo, dato che notoriamente un deca non bastava già 17 anni fa – mentre il batterista rulla e rirulla e alla fine i tizi attaccano il ritornello, e il ritornello, peraltro non molto diverso da quello dei pezzi precedenti (pezzi loro, capisci: loro sono artisti, loro suonano pezzi loro, mica le cover), è fatto di urla belluine che dicono: “D*O FAAAAAAAAAAAA!! D*O FAAAAAAAAAAAA!! D*O FA, D*O FA, D*O FAAAAAAAAAAAAAAA!! D*O FAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!”. E così per interi minuti: questa, signori, è la buona Pasqua punk.

[tags]musica, radio, bloc party, rock, punk, birrerie, gruppi, moretti, accordatore, binari del tram, pub, manhattan, vigili nemici della musica, cani e padroni di cani, baccaglio libero, microgonne, satana, rumori molesti, resurrezione, pasqua, in missione per conto di dio[/tags]

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mercoledì 8 Aprile 2009, 18:03

Il cielo su Torino

Dalle finestre del mio salotto si vedono sempre le montagne: è anzi un bellissimo spettacolo, quello di un panorama che è sempre lo stesso eppure muta continuamente con il cambiare del tempo e delle stagioni. L’orizzonte è aperto per oltre 180 gradi e la lunga teoria dei monti e delle valli, unita al soffio dei venti, permette un continuo gioco di variazioni.

Oggi pomeriggio però è successa una cosa particolare: è una delle rarissime volte in cui fuori dalla mia finestra il cielo è un muro grigio uniforme, come un groppo di fumo denso e impenetrabile, come una lastra di lamiera a tinta unita. A ben guardare, anche oggi sopra i tetti si vedono alcuni elementi: si distingue leggermente il Musinè, con la sua erta perfettamente dritta da un lato e con il profilo digradante a gobboni dall’altro. E soprattutto, ma solo guardando bene, anche il grigio del cielo ha delle chiazze più chiare, come se sulla vernice qualcuno avesse sparso un po’ d’acqua per diluirla, creando un effetto slavato che si estende piano piano.

Da dietro la zona più chiara, trapela comunque un po’ di luce: ed è quasi come se quella parte di cielo fosse illuminata con un riflettore, volendo significare che in fin dei conti è primavera, e c’è comunque una più che concreta speranza di tempi migliori.

[tags]cielo, torino, panorama, alpi[/tags]

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