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Archivio per la categoria 'NetGov’It'


giovedì 21 Gennaio 2010, 12:06

Anche Maroni avanza

Premetto che non sono riuscito a ritrovare il gruppo Facebook in questione e dunque non posso verificare che la storia sia vera; ma verosimile lo è senz’altro – e, nel momento in cui i giornali la riportano con evidenza, diventa vera ipso facto.

Stando a La Stampa, un gruppo Facebook di sostegno all’UDC per le elezioni regionali sarebbe improvvisamente diventato un gruppo pro Lega Nord. Come risultato, l’UDC piemontese avrebbe presentato una denuncia alla magistratura (non si sa bene per cosa) e soprattutto avrebbe cominciato una campagna di pressione a Roma, tramite i propri parlamentari, per ottenere da Maroni un intervento d’autorità in materia (non si sa se di polizia o legislativo) contro questo genere di azione.

Una burla? Possibile; ma segnalo l’episodio per dimostrare quanto è facile che una baggianata come un gruppo Facebook del genere, magari gestito da un ragazzino che si è divertito e si è sentito furbo, possa scatenare l’ondata di controllori della rete ai più alti livelli.

Ho come il sospetto che noi internettari siamo talmente abituati al mondo virtuale da aver preso l’abitudine di scherzare col fuoco: fin che è virtuale, comunque non brucia. Occhio solo che potrebbe diventare reale in un attimo.

[tags]politica, internet governance, facebook, libertà della rete[/tags]

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giovedì 21 Gennaio 2010, 11:21

La mafia blogghistica avanza

Oggi Il Sole 24 Ore, nel supplemento Nova, dedica un articolo al mio bannaggio da Wikipedia (ieri ne ha parlato anche Luca De Biase). L’articolo è molto corretto e dà spazio a tutti i punti di vista; purtroppo lo spazio è quello che è e ovviamente molti dei temi che abbiamo sviscerato nella discussione su queste pagine (1 e 2) non hanno potuto essere affrontati.

Mi resta la curiosità di vedere se ora Vituzzu darà del mafioso anche al giornalista autore dell’articolo; anche se lui, passato il clamore, è andato a cancellare la frase incriminata dalla discussione. Ma non l’ha proprio cancellata; semplicemente ha tirato una riga sopra, così. Sono sicuro che un giudice concorderebbe che tirare una riga sopra una frase è come non averla mai scritta.

Comunque, a parte il divertimento a leggere Frieda che si contraddice da sola in tre righe (comincia con “Non esiste una procedura di riammissione: la voce è stata giudicata non enciclopedica” e finisce con “in futuro è possibile che la voce sia accettata”), devo dire che la questione mi interessa ormai poco; mi spiace più che altro non poter più contribuire ogni tanto all’enciclopedia come facevo prima.

Quanto alla voce, suppongo che per poterla creare bisognerà che il movimento arrivi almeno ad avere un ministro! Solo così avrà una rilevanza enciclopedica pari al Fronte Verde Ecologisti Indipendenti

[tags]wikipedia, il sole 24 ore, nova, mafia blogghistica, vituzzu, frieda, bannato, movimento 5 stelle[/tags]

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giovedì 14 Gennaio 2010, 11:49

Oggi video, domani chissà

Fin che si può, vi metto un po’ di video; dico “fin che si può” perché come avrete letto il governo sta pianificando di equiparare alle televisioni i siti anche amatoriali che usano molti video o che fanno streaming di immagini, in modo da poterli poi strozzare in ogni modo possibile. Infatti, secondo la bozza di decreto, saranno equiparati alle televisioni i siti in cui il contenuto audiovisivo “non abbia carattere meramente incidentale”: se insomma pubblicate con regolarità dei video sul vostro blog, anche gratuitamente e senza scopo di lucro, siete una televisione e dovete farvi carico di tutti gli oneri relativi. A questo si aggiunge la promessa di un controllo strettissimo sul rispetto dei diritti d’autore.

Naturalmente il governo ha tutto l’interesse a fare questa mossa: è una mossa che rischia di eliminare il giornalismo di strada fatto coi video, tipo quello che ho fatto io l’altra notte a Susa, e i contenuti scomodi e non controllati che esso veicola; è una mossa che mette in difficoltà Youtube, con cui lo Stato italiano Mediaset è in causa; è una mossa che allarga a dismisura la definizione di “mercato televisivo”, consentendo a Berlusconi di affermare, come già fece col digitale terrestre, che la sua non è poi una posizione così dominante.

Fin che ce lo lasciano fare, dunque, vi mostro innanzi tutto questa chicca: il sindaco di Asti Giorgio Galvagno, in causa con Grillo da anni, sta usando tutta la sua discrezionalità per rendere praticamente impossibile la raccolta delle firme del Movimento 5 Stelle Piemonte nella sua città. Già raccogliere mille firme in una provincia relativamente piccola come Asti è una grossa impresa; figuriamoci se il Comune non ti agevola. Ecco come, passando sotto i portici, il sindaco ha definito la raccolta firme dei grillini:

Ovviamente chiunque di voi sia residente in provincia di Asti, grillino o no (tanto gli altri partiti non devono raccogliere le firme), è caldamente invitato a recarsi a firmare presso l’URP del Comune di Asti, o a contattarmi per altre informazioni su come firmare.

Il secondo video è quello del mio intervento un mese fa alla presentazione della lista regionale:

Il significato storico di questo video è che ho imparato a fare campo e controcampo con iMovie, ossia ad alternare le riprese di due sorgenti video in sincrono mantenendo fisso l’audio di una delle due. Così, nel successivo video di Susa, ho potuto sbizzarrirmi col montaggio analogico dell’occhio della madre immagine del fuoco e di altre sequenze di condimento che mi ero premurato di girare.

Infine, l’ultimo video è del mio intervento alla presentazione di The Innovation Group, un mese fa a Milano. Credo che pochi di voi abbiano idea di cosa faccio io di lavoro; magari questo video vi darà qualche idea in più. Questo però non l’ho girato io: non mi assumo responsabilità artistiche.

[tags]video, internet, governance, censura, berlusconi, youtube, asti, galvagno, politica, 5 stelle, beppe grillo, vittorio bertola, the innovation group[/tags]

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mercoledì 13 Gennaio 2010, 15:23

Sono stato espulso da Wikipedia

So che è difficile da credere, eppure è così: stamattina sono stato bandito a tempo indeterminato dalla Wikipedia italiana.

L’ultima parte dell’annosa vicenda comincia lunedì, quando trovo sul mio profilo utente una ammonizione, comminatami dall’amministratore Ignlig per aver detto la seguente frase: “non mi intimidisce la ndrangheta del cemento, figurati se mi faccio intimidire dai wikipediani”. La frase era in risposta a un invito a “non trasformare questa voce in un campo di battaglia”, a cui ho risposto che stavo cercando di rispettare le regole e motivare le mie posizioni ma che, appunto, non avrei smesso semplicemente perché ricevevo pressioni per farlo.

A questo punto sono rimasto perplesso: ma non era proprio l’admin Vituzzu che aveva detto che io, Stefano Quintarelli e gli altri blogger che avevano linkato il mio post originale (tra cui Luca De Biase) siamo “la mafia del tam-tam blogghistico”? Io, tra l’altro, non ho nemmeno dato dello ndranghetoso ai miei interlocutori: loro sì.

Riporto il dialogo che è seguito perché lo trovo fantastico (le risposte di Ignlig sono visibili solo nelle vecchie versioni della mia pagina di discussione utente, che è stata prontamente rasata in seguito al blocco – non sia mai che qualcuno possa leggere quali ne sono state le cause senza dover ravanare nella cronologia).

wikipedia-giallo.png

VB: “Posso chiederti di ammonire anche l’admin Vituzzu che qui (seconda schermata) ha parlato di mafia a proposito di me e di Stefano Quintarelli?”

Ignlig: “Non ti ho ammonito per minacce, come puoi leggere sopra ti ho ammonito perchè attribuisci agli altri intenti intimidatori e di vendetta violando così le policy sopra le linkate. Vituzzu nell’intervento da me letto fa riferimento alla “mafia del tam-tam blogghistico”, non ci vedo un attacco ai wikipediani ma semmai ai blog e per inciso esprimeva quello che è il disappunto dei wikipediani per vedersi additati come censori dai blog senza che nessun si premurasse di capire i perchè e per come”

VB: “Scusa, dare della “mafia blogghistica” agli altri come ha fatto Vituzzu non è “attribuire agli altri intenti intimidatori e di vendetta”?!?”

Ignlig: “scusami ma non ritengo che sia la stessa cosa, una cosa è attaccare i wikipediani in wikipedia violando le policy di wikipedia. Altra cosa è additare un “tam-tam” (non i blog) come “mafioso”.”

Una logica inattaccabile! E’ evidente che attaccare (attaccare? io ho solo detto che non avrei smesso per quieto vivere) i wikipediani in wikipedia è una cosa gravissima, mentre nel dare pubblicamente dei mafiosi ad alcuni dei principali blogger italiani non c’è niente di problematico. A questo punto io, non sapendo come scalfire una logica del genere, ho risposto con sarcasmo:

VB: “Senti, ma se andassimo a chiederlo a un giudice che cosa è o non è una diffamazione o minaccia? Tu vai pure a denunciarmi per diffamazione nei tuoi confronti per il messaggio di prima, io mi informo con il mio avvocato per denunciare Vituzzu per diffamazione, e già che ci sono magari anche Wikimedia Italia e Wikimedia Foundation. Chiedo i miei 20 milioni di euro di danni… Che ne dici, facciamo così?”

Il senso era insomma di far notare che esistono comunque delle leggi (ad esempio sulla diffamazione) che tutti dobbiamo rispettare, e che se l’apertura dei wikipediani è questa non sorprende che uno possa pensare di farle valere nella sede appropriata.

Sono poi trascorsi due giorni in cui sono stato un po’ impegnato, tipo a passare la notte all’addiaccio con quattro gradi sotto zero per poi montare un video che è finito dritto sul blog di Beppe Grillo: sapete com’è. Stamattina apro e trovo la risposta di Ignlig:

Ignlig: “dove ho scritto che mi hai diffamato? Chiudiamola qui o mi tocca linkarti altre policy”

Ho così scoperto che in Wikipedia esiste una policy per cui se uno vandalizza l’enciclopedia viene sospeso per ben due ore, ma se uno si permette di ricordare, anche in via puramente ipotetica, che esistono altre e più importanti leggi oltre che quelle stabilite dagli admin della stessa, viene bannato al primo colpo. A vita. Per sempre.

Naturalmente, al messaggio di Ignlig – assolutamente non intimidatorio, perché naturalmente sono io che attribuisco agli altri intenti intimidatori che non ci sono mai stati – potevo chinare la testa, cedere alla minaccia, negare di avere mai considerato di denunciare Wikipedia. Ma io il pensiero l’ho fatto davvero, prima di partire per Susa ho chiesto alla giurista di casa se effettivamente dare a qualcuno del mafioso in pubblico sia diffamazione (e lo è). Non chino la testa, non dico una bugia. Così ho confermato di aver effettivamente indagato sulla possibilità teorica di denunciare Vituzzu, concludendo “Non so se questo mi qualifichi per ottenere il lasciapassare A38 e venir buttato fuori dall’edificio.”.

Effettivamente sì: lasciapassare A38 in mano, mi hanno prontamente buttato fuori.

wikipedia-rosso.png

E visto che parliamo di mafia confermo anche la mia ultima considerazione. Pensavo che ci fossero solo tre ambienti in cui il solo accenno alla possibilità di contattare i tutori dell’ordine provoca la tua immediata e definitiva eliminazione, e invece sono quattro: la mafia, la camorra, la ndrangheta e la wikipedia italiana. Notare che (a differenza di Vituzzu) non sto dicendo che il mio interlocutore è mafioso, sto dicendo che applica le stesse policy della mafia. Forse che non è vero?

P.S. Naturalmente la voce sul Movimento 5 Stelle non è mai stata creata; naturalmente, da quando è iniziata la vicenda, molti dei miei contributi sono stati prontamente annullati, spesso dallo stesso Ignlig; tipo che del Movimento 5 Stelle si può parlare nella pagina del movimento grillino, ma non si può mettere la box che ne mostri il simbolo (sia mai!). Per esempio, Ignlig mi ha detto che la lista avrebbe forse potuto essere inclusa nell’elenco dei partiti italiani solo dopo il deposito del simbolo al Ministero degli Interni, peccato che tale deposito per le elezioni regionali non sia previsto: giusto per dimostrare per l’ennesima volta che gli admin di Wikipedia raramente sanno di ciò su cui pontificano.

Ma evidentemente a Wikipedia non servono collaboratori che sappiano scrivere, in buon italiano e verificando le fonti, una pagina come quella su Mario Carrara o sulla stazione di Porta Susa (per citarne un paio che ho creato o riscritto in modo significativo). L’importante è avere collaboratori che, a testa china, non pensino mai di mettere in dubbio le azioni di Vituzzu o di Frieda, o, non sia mai, chiedere l’applicazione della legge.

Evidentemente, Wikipedia ritiene di essere extraterritoriale e al di sopra della legge.

A me, sembra un grosso problema.

[tags]wikipedia, mafia, movimento 5 stelle, legge, internet governance, vituzzu, ignlig, frieda[/tags]

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venerdì 1 Gennaio 2010, 20:06

Il giorno della liberazione

Oggi è il primo dell’anno e cambiano tante cose: i calendari, le tariffe delle autostrade… C’è però anche un cambiamento positivo: una miriade di opere d’arte e dell’ingegno umano, essendo trascorsi settant’anni dalla morte del loro autore, entrano nel pubblico dominio.

Per festeggiare, Communia ha promosso l’idea di un Public Domain Day, il primo gennaio di ogni anno, in occasione dei nuovi arrivi appena liberati dal copyright. E vale la pena di unirsi.

P.S. Per chi invece sta cercando un calendario, come non segnalare quello dell’associazione Verde Binario di Cosenza, dedicato ai computer di una volta?

[tags]communia, pubblico dominio, diritto d’autore, proprietà intellettuale, retrocomputing, calendario[/tags]

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martedì 29 Dicembre 2009, 14:24

Wikipedia censura il Movimento 5 Stelle e non sa nemmeno il perché

Questa è l’unica conclusione che riesco a trarre dalla mia allucinante vicenda wikipediana del giorno di Santo Stefano; è un po’ lunga ma molto istruttiva e pure tristemente divertente, dunque vi prego di leggervela con calma.

Era un pomeriggio post-natalizio con poco o nulla da fare, dunque ho pensato di fare la mia buona azione quotidiana e di contribuire a Wikipedia. L’altra settimana avevo sistemato le pagine di Porta Susa e del passante ferroviario; questa settimana mi son detto, “perché non fare la pagina del movimento”?

Wikipedia ha infatti una pagina per ciascuno di decine e decine di partiti politici italiani, ma non per il Movimento 5 Stelle; ci sono solo la pagina di Beppe Grillo e quella del generico “movimento grillino”, cioè dell’insieme di meetup e di progetti culturali da cui il movimento politico è originato, ma che è cosa ben diversa da esso.

E così, ho dedicato tre ore abbondanti del mio pomeriggio a scrivere una pagina “Movimento 5 Stelle” in buon italiano, approfondita (cinque sezioni e almeno un paio di schermate), argomentata, con le fonti, le note, il simbolo (ridimensionato e caricato apposta con tanto di paturnie sulle licenze) e tutti i dettagli, e poi ad andare a sistemare i link rotti o mancanti in varie altre pagine dell’enciclopedia.

Ero tutto contento per il bel lavoro, quando è arrivato un tizio sconosciuto, tal Guidomac (nomi, cognomi e orientamenti politici non è dato saperli), e senza consultarsi con nessuno ha fatto clic e ha cancellato tutto il mio lavoro, d’autorità e senza possibilità di appello. Pare infatti che una pagina simile (sotto un titolo diverso e sbagliato: infatti quando ho cominciato a scrivere la mia non ho visto alcun avviso in merito) fosse stata realizzata mesi fa e poi cancellata, e allora puff! anche la mia pagina sparisce nel nulla senza lasciare traccia, senza discussioni, senza votazioni, senza valutare se magari questa fosse fatta un po’ meglio della precedente e senza nemmeno darmi la possibilità di spiegare perchè avessi creato la pagina e perché la sua esistenza fosse giustificata.

Già questo sarà per molti una sorpresa: vi dicono che chiunque può contribuire liberamente a Wikipedia, ma non è proprio così; gli amministratori di Wikipedia hanno un potere di censura sui contenuti, e lo usano tranquillamente come gli pare. E anche quando vi dicono che Wikipedia è libera da censure perché uno può sempre consultare la cronologia per recuperare i contenuti eliminati, mentono sapendo di mentire: a parte che nessun utente che non sia un tecnico saprebbe mai capire come si usa la cronologia, in caso di cancellazione la pagina sparisce completamente.

Comunque, passata l’ovvia incazzatura per tre ore di lavoro buttate nel cestino, ho cercato di capire: non è la prima volta che mi succede di contribuire qualcosa e di vederlo cancellato senza un plausibile motivo. Per esempio, tempo fa ho aggiunto alla pagina di Sergio Chiamparino due note ben documentate sulle sue passate vicende giudiziarie, e puff! anche quelle vennero rimosse poco dopo (non da un admin ma da un utente, non so se di parte; ora le ho rimesse, vediamo). In questo caso, mi son chiesto quale sia secondo Wikipedia il criterio per cui un movimento politico sia o meno meritevole di essere menzionato sull’enciclopedia.

Che sia l’aver partecipato alle elezioni? Ma il movimento di Grillo ha partecipato alle amministrative sia nel 2008 che nel 2009, e nel 2009 già col proprio simbolo. Avere un parlamentare? C’è Sonia Alfano, eletta come indipendente al Parlamento Europeo. Avere un rilievo politico? I sondaggi ci danno tra l’1,5 e il 3 per cento un po’ ovunque, abbiamo 34 consiglieri comunali sparsi in mezza Italia, quasi tutti in grandi città… Dunque non sono riuscito a immaginare un solo criterio oggettivo per cui il Movimento 5 Stelle non sia meritevole di menzione; anche la discussione che portò alla precedente cancellazione (non linkata e non visibile da nessuna parte se non dietro invio del link da parte dell’admin) mostra soltanto ignoranza dell’argomento (“non ha mai partecipato alle elezioni”, “non ha parlamentari”) oppure palese pregiudizio (“Ma se Grillo lancia una marca di dentifricio è enciclopedica?”).

Tutto questo diventa ridicolo se si esaminano i partiti che invece Wikipedia riporta tranquillamente: c’è Alleanza per l’Italia, nata da un mesetto o poco più (alla faccia del “recentismo”); ci sono formazioni come Unire la Sinistra, Movimento Idea Sociale e Consumatori Uniti… alzi la mano chi li aveva mai sentiti nominare, questi sì che sono partiti di rilievo enciclopedico!

Va bene, penso, non saltiamo alle conclusioni, è stato un errore: solleviamo il problema e qualcuno rimedierà. E invece no: di lì in poi, è l’inferno. Cerchi di capire come si fa a chiedere di rivedere la decisione, ma sul sito trovi solo decine di paginette wiki senza alcun filo logico, con istruzioni incomprensibili e talvolta contraddittorie; qualsiasi cosa tu voglia fare, perderai venti minuti cercando di capire qual è il modo giusto di porre la questione; non si trova nulla, nemmeno una mail di contatto. L’unica cosa che si trova facilmente è un continuo invito a donare dei soldi: quello è sempre bene in evidenza, c’è un grosso banner in cima che chiede soldi per Jimmy Wales – quello che li spende per fare sesso acrobatico in alberghi a cinque stelle – e l’intera home page di Wikimedia Italia è dedicata a “vogliamo la lira”.

Alla fine leggi che per aprire una discussione devi “lasciare un messaggio al Bar, passi mezz’ora a scrivere il messaggio – tramite una interfaccia wiki che definire cervellotica è poco: ma installare un forum? – e tempo 30 secondi arriva un altro admin, Vituzzu (anche qui, nome e cognome non pervenuto), che, invece di rispondere, lo cancella (altro puff!) perché “il bar non è un ufficio reclami”. E dove reclamo allora, porc**?#!?%&!! In effetti così però Wikipedia può sostenere di funzionare magnificamente: i reclami vengono cancellati entro pochi secondi…

Segue una discussione con i due admin che vi risparmio, perché io pongo domande come “secondo quale criterio l’argomento della voce non è enciclopedico” e “come si fa a fare appello contro la decisione”, che resteranno sempre senza risposta, e loro rispondono con spocchia e con sgarbo, del tipo “se è stata cancellata ci sarà stato un motivo” (quale però non è scritto da nessuna parte, così è impossibile confutarlo) e “è così e non rompere le scatole, la comunità ha deciso”.

Anche questo concetto di “comunità” è fantastico: in pratica quando c’è da prendersi delle responsabilità (anche legali, non sia mai) parte sempre uno scaricabarile per cui qualsiasi decisione assurda o contenuto offensivo è sempre colpa di una “comunità” non meglio precisata, una specie di Spirito Santo wikipediano, che essendo immateriale non può risponderne né motivare le proprie azioni. Prima o poi arriverà un giudice che per non sbagliare farà pagare i danni a tutti gli utenti registrati…

Alla fine salta fuori che l’utente Formica Rufa (evitate le facili ironie) forse ha raccolto una serie di criteri. Perché i criteri per l’approvazione di voci sui partiti stiano nell’area personale di Formica Rufa, chi li abbia decisi, e come possa un utente normale trovarli, sono altri misteri; comunque, metà delle voci esistenti secondo questi criteri sarebbero da cancellare, ma il Movimento 5 Stelle li soddisfa. Di fronte a questa semplice osservazione, naturalmente, d’improvviso i criteri diventano irrilevanti e quel che conta è che c’è stata la votazione (qualsiasi studioso di democrazia vi dirà che un voto è significativo solo se è informato e su una base elettorale ampia e bilanciata, anziché tra venti amici che passano di là e la pensano già tutti alla stessa maniera, ma questi piccoli dettagli sembrano trascurabili).

Alla fine tra Guidomac e Vituzzu le soluzioni proposte sono: 1) “è così, vattene”; 2) “proponi la cancellazione delle altre decine di voci di partiti più piccoli e meno rilevanti di questo” (devo commentarla?). Ammettere un errore è fuori discussione, lo Spirito Santo non può sbagliare. Tantomeno è accettabile ammettere che le pratiche di Wikipedia portano a risultati sostanzialmente casuali, legati alle antipatie e simpatie del branco dei wikipediani o anche solo all’umore del momento.

Il fatto che un tempo le enciclopedie fossero scritte da Voltaire e Rousseau e adesso le scrivano Guidomac e Vituzzu è proprio un segno dei tempi; tempi in cui la competenza è considerata irrilevante e la verità non esiste più, sostituita dal voto a maggioranza. Se una mandria di ignoranti telespettatori del Grande Fratello vota che 2+2=5 o, non avendo niente di meglio da fare nella vita, passa il tempo a cancellare i contributi di quelli che dicono il contrario, su Wikipedia si scrive che 2+2=5 e guai se uno prova a contestarlo; dopodiché un’altra serie di persone – parte ignoranti, parte in perfetta buona fede – scopiazza dall’enciclopedia che 2+2=5, fino a riempire la rete di pagine che lo affermano, pagine che a loro volta verranno inserite come fonti nelle pagine di Wikipedia per “provare” il fatto che davvero 2+2=5. Si andrà avanti così fino a che un ponte progettato sulla base di 2+2=5 non crollerà in testa a qualche malcapitato, al che qualcuno proverà a correggere l’errore su Wikipedia, ma tempo trenta secondi un admin esperto di baseball e coltivazione delle prugne, pur non avendo mai studiato la matematica né capito bene il significato del simbolo “+”, annullerà la modifica come vandalismo.

Ironicamente, io da dieci anni faccio attivismo e politica per propugnare la democrazia digitale; proprio Wikipedia, da tempo, mi sta facendo venire dei dubbi. Forse quando i governi vogliono regolamentare per legge le piattaforme di user-generated content non hanno poi tutti i torti, almeno a fronte dell’evidente incapacità della “comunità” di gestirsi in un modo almeno vagamente equo e credibile; particolarmente se non si parla delle voci sui gormiti, ma di quelle su un argomento delicato come la politica (ma potrebbe essere la salute, la storia, la scienza…).

Alla fine, ma solo grazie alla pagina dei contatti di Wikimedia Italia (che la mette in negativo: “leggete qui invece di scriverci rompendoci le palle”), ho trovato questa pagina, che spiega come chiedere la revoca del bando perpetuo di una voce che segue a una cancellazione. In pratica, si dice di usare la pagina di discussione dell’argomento cancellato per riaprire il dibattito. Così ho fatto; come risposta si è ripalesato Vituzzu e mi ha detto che la pagina di discussione di una pagina cancellata non si può riaprire e va anzi cancellata immediatamente, e che se insistevo a parlare mi avrebbe bloccato l’account. Allora mettetevi d’accordo! Non sapete nemmeno voi come deve funzionare Wikipedia, siete solo impegnati a fare i prepotenti o, in puro stile Le dodici fatiche di Asterix, a girarvi l’un l’altro i problemi sostenendo che “chi di dovere”, come lo definisce Wikimedia Italia, è sempre qualcun altro.

E siccome le prepotenze mi fanno incazzare, io non ho nessuna intenzione di demordere… Già, perché il problema non è che ci sia o non ci sia una voce sul Movimento 5 Stelle. E’ chiaro che (a parte forse un po’ di pregiudizio di alcuni) nessuno su Wikipedia vuole censurare questo movimento politico in particolare; se mai, il problema è che Wikipedia è chiaramente fuori controllo. Inseguendo il mito di una impossibile definizione collettiva della verità e l’altro mito del fatto che le persone non abbiano bisogno di una fonte autorevole e competente per garantire la veridicità di una informazione, Wikipedia sparge a piene mani falsità, ma soprattutto – e contrariamente a quanto sbandierato dai suoi sostenitori – rende impossibile discuterle e smentirle.

Per confermarvelo, vi lascio con questa chicca. Beppe Grillo è nato a Genova; eppure, Wikipedia insiste a dire che Beppe Grillo è nato a Savignone. Ieri sera, un membro del suo staff mi ha confermato con disperazione mista a incredulità che in passato hanno anche provato a correggere l’errore, ma che la modifica è sempre stata prontamente annullata, presumibilmente come “vandalismo”. Avessero saputo che il contributore lavorava per Grillo, avrebbero aggiunto “e poi il tuo non è un punto di vista neutrale!”. Nessuno sa più come convincere Wikipedia che Beppe Grillo non è nato a Savignone: bisogna mandare una fotocopia della sua carta d’identità a casa di tutti i wikipediani? Probabilmente risponderebbero che ci vuole una votazione, per decidere a maggioranza dove sia veramente nato Beppe Grillo…

[tags]wikipedia, beppe grillo, movimento 5 stelle, censura, internet, enciclopedia, verità, ignoranza[/tags]

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venerdì 18 Dicembre 2009, 17:35

Oscurato il blog di Travaglio da un vaso di petunie

In questa settimana di nervi a fior di pelle, ci mancava solo la mail che mi è arrivata questa mattina: una segnalazione del fatto che Voglio Scendere, il blog di Marco Travaglio, Peter Gomez e Pino Corrias, è stato bloccato ed è irraggiungibile.

In effetti, digitando l’indirizzo www.voglioscendere.it, quel che attualmente ottengo nel mio Firefox è questo:

screenshot-travaglio-bloccato.png

Una veloce verifica di questa funzionalità del browser (che non sapevo nemmeno di avere) porta a scoprire che Firefox, come anche Safari, consulta continuamente il database di “siti malevoli” mantenuto da Google, e se l’indirizzo richiesto ne fa parte vi mostra il minaccioso avviso di cui sopra. Cliccando sul minuscolo link in basso a destra si può comunque accedere al sito, ma l’utente medio chiaramente non va oltre.

Il pulsante di richiesta di spiegazioni porta qui: da cui si scopre che Google ha oscurato il blog di Travaglio perché, da due pagine verificate ieri, esso sarebbe risultato come distributore di software maligno: trojan, virus o cose così.

Va detto che l’indirizzo di cui sopra altro non è che una redirezione a voglioscendere.ilcannocchiale.it, dove il sito è regolarmente accessibile; questo altro indirizzo è facilmente reperibile con una ricerca sullo stesso Google. C’è da chiedersi allora cosa sia successo, e come sia stato possibile che a quell’indirizzo, anziché la redirezione, Google abbia trovato un software maligno; anzi, c’è da chiederlo a Google stessa, e così ho scritto a Marco Pancini, consigliere europeo per la policy di Google, che conosco da anni per via delle mie attività nella governance di Internet.

Lui mi ha rassicurato sul fatto che stavano verificando, e che a breve il mistero sarebbe stato chiarito; e infatti poco fa in cima al blog di Travaglio è apparso un messaggio rassicurante, che cita problemi con Register.it – l’azienda che fornisce la registrazione del dominio e il servizio di redirezione – la quale a sua volta avrebbe scaricato le responsabilità su Google. Potrebbe dunque trattarsi di un baco del sistema di Google – del resto ricorderete che meno di un anno fa proprio questo sistema era impazzito bloccando l’intero motore di ricerca – oppure di un qualche errore umano o malfunzionamento dei server di Register.it, per cui a quell’indirizzo sia finito qualcosa di sbagliato.

Resta però l’inquietante ipotesi per cui qualcuno si sia effettivamente inserito nel sito di Travaglio o in mezzo alla redirezione per metterci software malevolo, con lo scopo di provocare il blocco del sito o di cercare di installare qualcosa sui computer dei suoi visitatori. E’ una ipotesi che al momento non si può affatto escludere, anche se non esistono nemmeno le ragioni per sostenerla. E naturalmente, un baco che colpisse proprio il blog di Travaglio proprio questa settimana sarebbe una coincidenza da Guida galattica.

Dunque resta soprattutto, ancora più forte, quell’inquietudine generale di cui già parlavo l’altro giorno; quella sensazione per cui strumenti che fino a ieri erano gli unici su cui potevi contare oggi cominciano a dare strani segni di un inspiegabile comportamento anomalo. Nonostante tutti i nostri tentativi di tranquillizzarci e di attenerci alle spiegazioni razionali, diventa difficile non cedere alla paranoia.

[tags]internet, travaglio, gomez, corrias, voglio scendere, blog, censura, malware, trojan, paranoia[/tags]

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mercoledì 16 Dicembre 2009, 18:16

Sulla censura di Google Images, ovvero i nervi a fior di pelle

È partito come un tam tam su Facebook e sui blog, con tanto di cronaca ora per ora, ed è arrivato fino ai giornali: Google ha cominciato a censurare le immagini di Berlusconi ferito! E non solo Google, ma anche Yahoo e Virgilio, mentre, pensate un po’, gli unici due motori di ricerca non censori sarebbero stati Bing di Microsoft e il cinese Baidu, dove la faccia smaciullata di Silvio è ampiamente disponibile.

Effettivamente, andando su Google Images e cercando berlusconi ferito o berlusconi aggredito non si trova alcuna immagine di Silvio sanguinante; neanche mezza, neanche disabilitando le varie protezioni per i minori. Ancora più inquietante è cercare massimo tartaglia e scoprire che l’aggressore di Berlusconi apparentemente non è mai esistito: Google restituisce solo amene foto di sconosciuti in spiaggia o al matrimonio.

Io dubito di tutti e dubito anche di Google, e però la spiegazione fornita da Google, anche se in un linguaggio un po’ poco comprensibile alle masse, mi sembra credibile: semplicemente, dicono loro, il nostro motore di ricerca per immagini ci mette parecchi giorni a digerire il nuovo materiale pubblicato sulla rete, dunque le immagini di un fatto accaduto domenica sera appariranno solo tra qualche giorno – mentre, come effettivamente accade, tali immagini sono immediatamente disponibili in Google News o tramite le normali ricerche Web, che usano un indice diverso e aggiornato quasi in tempo reale.

Per smentire la spiegazione di Google e provare la teoria della censura, sarebbe necessario avere osservato una ricerca su Google Images, effettuata lunedì o martedì, che restituisse le immagini incriminate; oppure trovare varie immagini di lunedì e martedì già presenti nell’indice. Io non ho verificato alcuno di questi casi e non ho visto da nessuna parte qualcuno che asserisca di averlo fatto; solo persone che hanno iniziato a fare la prova martedì sera e non hanno trovato le immagini.

Questa vicenda, però – oltre a dire a quelli di Google che il loro motore di ricerca di immagini non è abbastanza performante e che devono trovare un modo di inserire subito le immagini relative ai fatti di cronaca più eclatanti – ci dice molto su quanto a fior di pelle siano i nervi di tutti in questi giorni; e insieme, su quanto abbiamo imparato a fidarci della rete, tanto che se scrivendo “massimo tartaglia” non ci viene fuori la faccia di quel Massimo Tartaglia il nostro primo pensiero non è che il sistema tecnologico non funzioni come ci attendiamo e non sia così onnipotente come ormai diamo per certo, ma che ci sia stata una operazione di cancellazione in stile grande fratello.

L’uomo è un animale che vive solo grazie ai propri sensi, senza i quali è perso. Se in origine per vivere ci era sufficiente vedere, ascoltare, annusare e toccare ciò che ci stava immediatamente intorno, ora la nostra società è talmente complessa che il nostro futuro dipende da ciò che accade a centinaia o migliaia di chilometri di distanza: dunque anche la comunicazione di massa diventa per noi vitale.

Ma se l’uomo di qualche decennio fa si fidava quasi ciecamente della televisione, ormai abbiamo capito tutti che tale fiducia è mal riposta; di conseguenza, il nostro futuro dipende da informazioni della cui autenticità siamo continuamente costretti a dubitare. E’ come se non fossimo sicuri se ciò che vediamo esista davvero; e in un mondo in cui non possiamo contare sulle nostre percezioni ci sentiamo davvero persi, un po’ come quando salta la luce e siamo costretti a muoverci al buio per casa, e persino un ambiente perfettamente noto e familiare diventa d’improvviso misterioso e fonte di paura.

Questa sensazione di non potersi più fidare di niente e di nessuno è davvero alla base della disgregazione della nostra società; perché in una condizione del genere siamo soli, o al massimo racchiusi nel nostro clan di poche persone intime, o al massimo trasformati in adoratori privi di dubbio di questo o quel leader che ci dia sicurezza. La manipolazione dei media ha dunque responsabilità profonde nello sfacelo italiano; non è soltanto questione di censura e controllo, ma di paura e insicurezza indotta.

C’è una situazione distante migliaia di chilometri da cui davvero dipende il nostro futuro, e non è la faccia insanguinata di Berlusconi: è il summit di Copenaghen, di cui da domenica sera in Italia (ma solo in Italia) non parla più nessuno. Se c’è un buon motivo per avere i nervi a fior di pelle, lo si trova senz’altro laggiù.
[tags]censura, berlusconi, google, internet, libertà, immagini, motori di ricerca, paura, manipolazione, adorazione, copenaghen, clima[/tags]

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martedì 15 Dicembre 2009, 19:49

Nuovi business in rete

No, non sono stato rapito dai servizi segreti: ho fatto un giro andata/ritorno a Milano per la conferenza di presentazione di una mia nuova attività professionale, The Innovation Group – una piccola società di consulenza di alto livello per aziende pensanti che vogliono usufruire di alte densità di ingegno. Ho sentito cose molto interessanti e in futuro ve ne parlerò con maggiore dettaglio; il mio breve intervento – l’ultimo prima di pranzo, dunque doverosamente abbreviato allo scopo – ha riguardato come i nuovi paradigmi della rete, prima ancora che le nuove tecnologie, cambino non solo la comunicazione delle aziende verso i clienti, ma la stessa maniera di organizzarsi e di concepire i rapporti con fornitori, consumatori e persino concorrenti.

Capita a fagiolo dunque la nuova tecnica di marketing inventata dai fan di Berlusconi: far comparire dal nulla gruppi Facebook con centinaia di migliaia di persone apparentemente solidali al premier, semplicemente prendendo gruppi di grandi dimensioni già esistenti, con persone associatesi per altri scopi – dalle informazioni sulle aste online alla solidarietà ai terremotati d’Abruzzo – e cambiandogli il nome.

Può darsi che ciò sia accaduto semplicemente per l’entusiasmo berlusconiano dei fondatori e gestori di questi gruppi, gli unici che tecnicamente possono cambiare nome e argomento ai gruppi Facebook. Nessuno però può dire se invece non vi siano stati dei veri e propri acquisti: per chi concepisce la comunicazione come un flusso unidirezionale “un tanto al chilo”, non pare vero poter comprare la possibilità di scrivere a 400.000 persone in un botto solo, o di strumentalizzarle per una causa qualsiasi, pagando chi può prontamente fornirla. Conoscendo il modo di fare del marketing politico (berlusconiano e non solo, gli altri si sono sempre prontamente adeguati), ritengo anzi probabile che le offerte di denaro siano state immediate e consistenti.

Del resto, è un po’ di tempo che spopolano improbabili gruppi “iscriviti per avere l’account vip oro” o “no a facebook a pagamento” o “prova la nuova versione di facebook esclusiva solo per te” o questo o quello che chiaramente non servono a niente, se non a collezionare iscritti per poi venderli o comunque sfruttarli in qualche maniera.

Oggi Facebook ha sbaraccato tutti i gruppi pro e contro l’aggressione a Berlusconi; e chissà che qualcuno degli amministratori dei gruppi di grandi dimensioni così prontamente dissolti non vada a lamentarsi chiedendo i danni, “possedevo 380.000 iscritti messi insieme in mesi di paziente lavoro e stavo giusto per venderli a qualcuno, quando voi avete cancellato la mia ricchezza con un clic”. E’ il rischio dell’economia dell’immaginario, baby!

Comunque, se fossi Facebook, eliminerei prontamente la possibilità di cambiare il nome di un gruppo: mi sa che ci staranno pensando, colti anche loro di sorpresa dai nuovi modelli di business che solo noi italiani ci sappiamo inventare.

[tags]the innovation group, facebook, marketing, economia dell’immaginario, net economy, internet, berlusconi[/tags]

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venerdì 27 Novembre 2009, 19:20

Sicurezza di altissimo livello

Oggi vorrei esprimere pubblicamente la mia condivisione per il manifesto per il wi-fi libero pubblicato sul blog di Gilioli e firmato inizialmente da un centinaio di persone. Alcuni sono amici che vedo spesso, altri sono persone che non conosco personalmente ma che stimo, altri ancora sono politici in cerca di visibilità o bloggherz-vip con l’obiettivo di tirarsela un po’ per fare i fighi, ma la causa è buona e gli perdoniamo pure questa, anzi toh, ringrazio pure la Bresso per aver firmato, anche se posso immaginare chi è stato che ha firmato per lei.

Il motivo per cui da noi ci si inventa qualsiasi cosa pur di fermare la diffusione di Internet è ovvio e già lo sapete: il nostro regime è basato sul controllo dell’informazione e Internet è l’unico media difficile, se non impossibile, da controllare. Anni fa la scusa era combattere il file sharing e con esso l’avanzata del comunismo, poi ci furono le annate in cui andava alla grande la lotta al terrorismo, quindi diventò la repressione dei pericolosi pedofili nerd internettari che violentavano i bimbi a forza di ondate di bit, e più recentemente è diventato il dramma di quella ragazza che ha messo una volta la sua foto su Facebook e da allora è piena di uomini che la baccagliano (nessuno ha capito bene il dramma, ma basta mettere una musichetta inquietante sotto il servizio e il messaggio è passato).

Come residuo degli anni in cui andava di moda la lotta al terrorismo, siamo l’unico paese occidentale in cui è necessario mostrare un documento di identità per collegarsi ad un wi-fi. A meno che, naturalmente, non abbiate presso il vostro vicino casa un router wi-fi di Alice di Telecom Italia, in cui la rete wi-fi viene preconfigurata con una password non modificabile, generata con un algoritmo che da mesi varie persone sostengono di avere craccato. Ecco, lì potrete collegarvi e fare tutto ciò che volete scaricando poi le colpe sul vostro vicino; oppure potete contare sul fatto che, secondo una voce che gira da tempo, la maggior parte delle reti wi-fi degli autogrill italiani dispone di un account di amministrazione dalla password ovvia, così come le reti wireless di istituti, università, centri di ricerca (i lettori affezionati ricorderanno l’unico mio post che abbia mai cancellato in vita mia).

Del resto, le falle di sicurezza sono generalmente di tipo umano, non tecnologico; e sono sicuro che presentandomi in un Internet café fingendo di non parlare italiano, di essere un turista e di non avere con me un documento avrei ottime chance di ottenere tranquillamente un PC, scrivendo dei dati personali a caso su un foglio di carta o non dandoli proprio.

Al di là di queste piccole pecche pratiche, resta comunque la considerazione di fondo: riempire di burocrazia ciò che dovrebbe essere facile e immediato – collegarsi a Internet ovunque e comunque – ha solo l’effetto di mantenere l’Italia in uno stato arretrato.

[tags]wi-fi, sicurezza, connettività, internet, password, pisanu, libertà[/tags]

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