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Archivio per la categoria 'NewGlobal'


lunedì 17 Settembre 2007, 10:53

Scusa Ameri

Ieri mi è successo di sperimentare una nuova esperienza: quella di fare in diretta la radiocronaca di una partita di calcio.

Dovete infatti sapere che, già dall’anno scorso, non c’è alcuna radio che trasmetta in diretta le partite del Toro: la società e Radio Nostalgia – la radio de La Stampa, che svolgeva egregiamente il compito da anni – non si sono messe d’accordo sull’ammontare dei diritti, e così, se non avete Sky o il digitale terrestre o se siete all’estero, dovevate limitarvi ad attaccarvi a Internet e seguire la webcronaca del forum, grazie alla quale peraltro io, l’anno scorso, seguii da Palo Alto Roma – Torino, la partita miracolosa che ci diede la salvezza.

Ora, sfruttando le miracolose proprietà dell’Internette, il popolo granata non è rimasto con le mani in mano: e così, abbiamo organizzato una radiocronaca via streaming audio. Uno di noi ha messo a disposizione un server Shoutcast con sufficiente banda; e io mi sono dotato di microfono, e, davanti alle immagini di Sky, ho raccontato la partita. Siccome non esiste un sistema di input per Shoutcast altro che per Windows, per la durata del primo tempo ho trasmesso via Skype dal mio iBook al computer di un terzo forumista, che riprendeva l’audio sotto Windows e lo trasferiva al server. Poi nell’intervallo è caduta la telefonata, ed essendo che il suddetto forumista era andato a vedere la partita al pub, sono rimasto tagliato fuori; allora ho installato al volo Shoutcast sul mio server casalingo, ho trovato un vecchio microfono che funzionava con il Windows di casa, e ho ripreso le trasmissioni dalla mia ADSL, anche se con meno banda e qualità peggiore. Nel frattempo, in cuffia avevo gobbo Causio e il suo amichetto che commentavano la partita dal televisore, anche se non li stavo granché a sentire.

Alla fine è stato un successo, non solo perché ho adottato uno stile assolutamente anticonvenzionale – facendo la radiocronaca anche delle pubblicità – che ha divertito non solo gli ascoltatori ma anche me, ma perché l’esperimento è stato molto apprezzato, conm qualche decina di client collegati come picco. Però, non è affatto facile! Non solo dovete individuare i giocatori al volo sul televisore – e provate a distinguere Corini da Rosina in campo lungo e con il sole a picco, mentre state ancora finendo di pronunciare la frase precedente – ma anche ricordarvi di descrivere la zona del campo e tutti quei dettagli che con le immagini si darebbero per scontati. E poi, non si può mai smettere di parlare!

Ah, e i diritti? Beh, se il signor Murdoch o l’illustrissimo presidente Cairo (sempre sia lodato) hanno qualcosa a che ridire all’idea che io racconti per telefono la partita a un gruppetto di amici, che peraltro, grazie alle loro “strategie commerciali”, non avrebbero altrimenti a disposizione alcun servizio, hanno solo da farsi sentire. Nel frattempo, ripeteremo l’esperimento alle prossime trasferte del Toro, anche se temo di non essere disponibile per commentare la prossima.

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venerdì 14 Settembre 2007, 15:00

Etica online

La conferenza di questi due giorni è stata molto interessante; il tema era “Etica e diritti umani nella società dell’informazione”, una cosina leggera insomma. Il clou è stato probabilmente raggiunto all’apparizione del Global Privacy Counsel di Google, che ha ribadito come loro siano assolutamente a favore della privacy e ci vogliano, in generale, molto bene. Gli avrei chiesto volentieri se non poteva far aggiungere il tastino “dimenticami”, come per suggerimento di .mau., ma è andato via a metà della sessione di discussione aperta e non ho fatto in tempo.

In compenso, il mio intervento (ieri) è andato bene: ho elaborato sulla mancanza di regole chiare per gli utenti della rete, persi tra grandi dichiarazioni di principio e la legge della giungla che di fatto vige su Internet. E poi ho chiesto a chi risponde Google, chi è che controlla le politiche dei motori di ricerca e degli Internet provider, chi offre garanzie di processo contro le minacce legali per far rimuovere contenuti scomodi. E infine, ho sposato la teoria di Stallman secondo cui la proprietà intellettuale innanzi tutto non è proprietà, e non si possono applicare ai prodotti intellettuali gli stessi principi che si applicano agli oggetti fisici; e vi sorprenderete, ma se cinque anni fa a dire queste cose si passava per pazzi o comunisti, oggi è una teoria ampiamente rispettabile; e forse tra un po’ diventerà pure assodata.

Ci sono poi state presentazioni interessanti – ad esempio uno studio su come i diritti umani siano un concetto essenzialmente occidentale, mentre in Asia si parli soprattutto di doveri verso la società, e anzi i diritti individuali vengano percepiti come un indesiderabile ostacolo alla realizzazione di una società ordinata e ben organizzata. Una signora ci ha fatto riflettere sulle discriminazioni invisibili, chiedendo come mai, nei Sims o in Second Life, un giocatore disabile non abbia la possibilità di realizzare un avatar che gli rassomigli. Un ragazzo di EDRI ha sottolineato come due terzi degli atti terroristici in Europa siano concentrati in Corsica e nei Paesi Baschi, e come questo difficilmente giustifichi lo spionaggio organizzato dell’intera Europa. E tanto altro.

Certo, vorrei dirvi che adesso il mondo sarà migliore; in realtà, questo era soprattutto uno spottone per il codice etico (l’ennesimo) che l’UNESCO sta preparando per la rete, senza realizzare che una organizzazione internazionale non è più nella posizione di dettare direttive etiche ad alcuno. Però sono contento di essere venuto.

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mercoledì 29 Agosto 2007, 11:11

La Cina impara da Microsoft

La Cina ha detto basta: basta con quella immagine fredda e grigia di biechi censori! La censura è divertente come qualsiasi altra attività su Internet! E così, come qui raccontato, prossimamente i principali portali cinesi saranno costretti ad inserire un censorino animato, modellato sul famoso Clippy di Office, che comparirà sul monitor quando meno te lo aspetti, e ti offrirà aiuto per sapere quali informazioni non è opportuno che tu legga, o come denunciare il tuo vicino di casa che usa Tor, o se il vicino che hai denunciato la settimana prima è già stato fucilato. Il tutto con una accattivante grafica a fumetti, proprio sul tuo sito preferito!

Speriamo che non lo scopra Gentiloni, se no ogni volta che apriremo un sito porno – che so, Panorama – comparirà in sovraimpressione un appuntato dei carabinieri, che in burocratese stretto ci inviterà ad essere più rispettosi della morale di Stato…

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martedì 24 Luglio 2007, 20:31

I germi del terrore

Oltre a vedere un po’ di film, in montagna ho visto anche parecchi telegiornali. Il primo di cui vi voglio parlare è il TG5, edizione di sabato sera.

Sabato sera, infatti, il TG del Biscione ha aperto con un servizio a sensazione sull’arresto dell’Imam di una moschea alla periferia di Perugia; immagini di paciosi contadini umbri e di un cartello con la scritta “Frazione di Perugia” coperta da un adesivo del Che, mescolate a sequenze di gente vestita di nero, circondata da fucili e con scritte in arabo che corrono (ovviamente di repertorio, ma bisogna pur giustificare l’allarmismo).

Fin qui, tutto normale; però, subito dopo, sono partite le immagini dell’inviato che urlacchiava “E ora vi parlo proprio dall’interno della moschea!”, mentre camminava nell’esatto centro di quello che sembrava essere stato in origine un garage rettangolare, ma che era stato dipinto di bianco, riempito di scaffali pieni di libri (compresi alcuni sulla vita di Gesù) e, ovviamente, ricoperto con i tappeti. Su cui l’inviato stava camminando tutto eccitato, con le sue belle scarpe da ginnastica.

Ora, forse non tutti si rendono conto di cosa voglia dire questo per un musulmano di qualsiasi genere. La prescrizione di togliersi le scarpe entrando in moschea, o perlomeno di infilarle in un sacchetto pulito (come fanno i turisti alla Moschea Blu di Istanbul), è uno degli elementi base dei luoghi di culto islamici; è una forma di rispetto verso la divinità e verso gli altri fedeli, che non saranno costretti a inginocchiarsi e pregare su tappeti sporchi della merda lasciata giù dalle tue scarpe. E’ come se, all’arresto di un prete in una delle migliaia di parrocchie italiane, l’inviato fosse entrato nella chiesa in pantaloncini corti e maglietta strappata, e poi, un po’ accaldato, si fosse lavato la faccia con l’acqua dell’acquasantiera. Non si fa, anche se quella non è la tua religione.

Che l’inviato possa non essersi reso conto di ciò che stava facendo, può essere. Che però una cosa del genere vada in onda nel servizio di apertura, senza che nessuno la faccia perlomeno tagliare dal montaggio, vuol dire che o al TG5 sono una manica di ignoranti, o l’hanno fatto apposta.

Purtroppo, è da un po’ di tempo che il TG5 prende di mira il mondo arabo con lo zelo e l’odio razziale di un crociato dell’anno Mille. Ciò è dimostrato anche da quel che è successo sabato dopo il servizio: passata una decina di minuti, la conduttrice annuncia che loro desiderano tornare sulla notizia. Va quindi in onda un ulteriore servizio di immagini di repertorio di uomini neri con fucile, che racconta tutti gli innumerevoli casi di moschee italiane dove si preparavano attentati. (C’è da chiedersi com’è che, se c’è tutta questa folla di aspiranti attentatori islamici in Italia, di attentato non ce ne sia ancora stato mezzo; ma lasciamo perdere.)

Dopodiché, appare in video Magdi Allam. Per chi non lo conosce, Magdi Allam – egiziano di origine – è per il mondo arabo ciò che Giuliano Ferrara è per i comunisti: uno che a un certo punto, per qualche motivo imperscrutabile, ha deciso di rinnegare le proprie radici e diventarne anzi il più zelante e onnipresente castigatore. Grazie a ciò (oltre che alla propria indiscutibile intelligenza), Ferrara divenne direttore di giornali e conduttore di trasmissioni; Allam è diventato vicedirettore del Corriere della Sera (potere fortissimo) e opinionista fisso del TG5. Su cui, come anche sabato, spara un giorno sì e l’altro pure dure filippiche sui tremendi pericoli dell’Islam e sulla necessità che l’Italia si mobiliti a difesa di Israele e del cristianesimo, e si metta a controllare le attività dei terribili saraceni.

Allam – e non sono l’unico a pensarlo, vedi qui o qui – lo dice con un fuoco negli occhi che fa paura. Fa più paura, però, che il più visto telegiornale italiano diventi un bollettino che soffia sull’odio verso l’Islam e che non perde occasione per provocarlo a sua volta, persino insudiciando i suoi luoghi sacri; perchè l’effetto che quelle immagini possono avere, riprodotte milioni di volte, è imponderabile.

Qualsiasi faida non nasce mai da una parte sola. Se prima o poi davvero in Italia si svilupperà un serio movimento terrorista di matrice islamica, mentre lo combatteremo, sapremo chi ringraziare.

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giovedì 19 Luglio 2007, 13:10

I lavoratori della conoscenza

Vi giuro che ho tutte le intenzioni di cambiare argomenti e smetterla di fare post sulla corruzione morale e materiale dell’Italia; però Fiorello Cortiana mi ha appena mandato il link al mio intervento al suo convegno Condividi la Conoscenza 3 di un mese fa a Milano, centrato sulla condizione dei giovani lavoratori dell’informatica nostrana, e così ho deciso di farvelo vedere. Io sono il puffo marrone sulla destra.

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domenica 8 Luglio 2007, 11:26

Due estati fa

Come avrete sentito dai telegiornali, ieri era il secondo anniversario degli attentati di Londra del 7 luglio 2005, che causarono oltre cinquanta morti e settecento feriti.

Sono attentati che hanno lasciato un segno sugli inglesi. Per esempio, nel settembre successivo, io partecipavo come membro della delegazione italiana a una seduta negoziale durante l’ultimo incontro preparatorio per il WSIS di Tunisi; l’Europa era rappresentata dalla presidenza di turno, ossia dagli inglesi, per cui tutti gli altri europei, me compreso, potevano soltanto osservare. L‘Inghilterra aveva mandato un ragazzo più o meno della mia età, di origine francese, ma elegante e flemmatico proprio come ci si aspetterebbe da un diplomatico inglese. A un certo punto, durante la discussione di un paragrafo sulle esigenze di sicurezza su Internet, una signora di un paese centramericano – mi pare il Guatemala – si alzò e chiese che venisse introdotta una ulteriore menzione dell’importanza di rispettare i diritti umani, anche quando questi limitassero la protezione della sicurezza. L’inglese rispose gentilmente che il testo che veniva presentato rappresentava già un ottimo compromesso in materia. La signora insistette, e disse che secondo lei il testo era troppo sbilanciato a favore delle attività di polizia. Sempre con calma, l’inglese le spiegò che la posizione dell’Unione Europea era quella inserita nel testo. La signora si accalorò un po’ di più, e cominciò a dire che per il suo Paese i diritti umani erano fondamentali, e che i paesi sviluppati avevano un approccio troppo autoritario a queste materie, specie nei confronti degli stranieri. Lì, l’inglese d’improvviso perse la calma, e cominciò quasi a gridare: che il suo governo aveva bisogno di riportare la sicurezza a Londra, che il mondo è pieno di malintenzionati, e che lui, personalmente, passava tutti i giorni in metropolitana per due delle stazioni che erano state fatte esplodere.

Due estati fa, una settimana dopo, io ero a Lussemburgo, nel bel mezzo di un meeting di ICANN (ho già parlato di questo episodio, ma mai nel dettaglio). Il meeting era cominciato un paio di giorni dopo gli attentati, ed era stata dura convincere gli americani a non cancellare tutto: molti di loro avevano paura di mettere un piede fuori dal loro paese. Il 14 luglio, si teneva il classico forum pubblico, dove tutti i partecipanti si radunano. All’inizio della mattinata, Vint annunciò che anche ICANN si sarebbe adeguato ai due minuti di silenzio proclamati in tutta Europa per mezzogiorno. Dopo un attimo di confusione, gli fecero notare che l’ora era mezzogiorno di Londra, ossia l’una in Lussemburgo. Lui allora rispose che siccome il meeting sarebbe finito attorno a mezzogiorno e mezza, all’una non ci sarebbe stato nessuno; per cui avevano deciso di fare due minuti di silenzio a mezzogiorno.

E così, a mezzogiorno, la discussione fu interrotta di colpo e facemmo i nostri due minuti di silenzio. Poi si riprese a parlare, e, come spesso accade, il meeting si prolungò; e così, all’una eravamo ancora lì. A quel punto, Vint interruppe la discussione, e chiese di fare altri due minuti di silenzio.

Facemmo anche quelli, ma ammetto che furono due minuti lunghi e pieni di pensieri; non certo perchè non volessi onorare le vittime di quegli attentati, ma perché era evidente come la formalità del gesto, che non era accaduto in altri casi, volesse sottintendere un trattamento speciale. Avrei voluto andare al microfono e spiegare che proprio in quel giorno cadevano i dieci anni dalla strage di Srebrenica, in cui settemila, forse ottomila musulmani bosniaci furono massacrati dai cristiani serbi, e che sarebbe stato il caso di ricordare anche loro.

Dopodiché, capii che non sarebbe servito a molto; che sarebbe stata presa come una provocazione, forse anche come un tradimento. Eppure, usciti dalla sala, prendemmo l’autobus per tornare al nostro albergo; e mi trovai di fronte a Khaled, un elegantissimo signore siriano, cresciuto in Libano, poi vissuto in America, ora devoto alla causa dei nomi di dominio in arabo. Era nervoso e un po’ arrabbiato, e non ci fu bisogno di parlare per capire che stavamo pensando la stessa cosa.

Ci sono due modi di affrontare le morti, quando accadono per motivazioni politiche, religiose o sociali: con umana pietà, o con cieca vendetta. Io credo nella prima; i morti non si possono classificare né ordinare per importanza, e nemmeno distinguere in buoni o cattivi. Non si possono dividere in nostri e loro, e nemmeno bilanciare a peso, come in una legge del taglione; quando derivano da un conflitto prolungato, è futile cercare di individuare chi ha cominciato, o di chi sia la responsabilità. L’unica cosa che si può fare è onorarli tutti, come stiamo facendo qui, ed evitare che ce ne siano altri.

Eppure, a me spaventa vedere così tante persone, anche di alto livello culturale e di buona posizione sociale, dividere il mondo in un qui e un altrove; non solo confondendo la Galizia con la Galazia, come al forum di ICANN l’altra settimana, ma non avendo il minimo interesse a sapere dove siano. Perchè là, fuori dal territorio conosciuto, ci sono i leoni; non una civiltà, ma un gruppo animale da cui difendersi.

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sabato 7 Luglio 2007, 22:10

Globalizzazione è…

…una soprano cinese che canta e gorgheggia sopra la base di Con te partirò di Andrea Bocelli, al concerto di Shanghai del Live Earth. (Ora in diretta sia su MTV terrestre che, coi Keane, su MTV Brand New, canale 706 di Sky.)

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venerdì 6 Luglio 2007, 14:22

Strategie commerciali

Oggi nella pausa pranzo, tornato dalla montagna, sono andato a fare un po’ di spesa al solito Lidl. Non ero l’unico, perché dietro a me, nella coda alla cassa – e le code alla cassa del Lidl sono per definizione eterne, si fa in tempo a baccagliarsi, mettersi insieme, fare dei figli, litigare e mollarsi – c’era anche la panettiera dell’angolo, con tanto di completino da panettiera giallo e cuffietta bianca in testa. Era lì, e stava regolarmente acquistando un pallet di farina… beh, forse l’intero pallet no, ma almeno due piani dell’espositore, insomma direi un cinquanta chili di farina.

E io ho pensato a quanto sia affascinante il fenomeno: il Lidl, essendo stato il primo supermercato in Italia a vendere regolarmente i preparati per il pane e a mettere in promozione le macchine per pane ogni pochi mesi, ha contribuito significativamente al crollo delle vendite delle panetterie (avevo letto qualcosa come il trenta per cento in meno in cinque anni). Di conseguenza, le panetterie, per tagliare i costi… hanno cominciato a comprare la farina al Lidl, che ha preso due mercati in un colpo solo.

Certo, la cosa è anche indicativa di quanto sia strozzino il sistema della distribuzione alimentare italiana, quello che fa morire di fame i contadini nelle campagne di Pachino – avevo visto tempo fa un servizio su una famiglia che viveva in una baracca in mezzo al campo, e non mandava i bambini a scuola perché non poteva permettersi la benzina per portarli tutti i giorni fino in paese – ma poi ti fa trovare i pomodorini al mercato a quattro o cinque euro al chilo. Se un supermercato al dettaglio, per quanto discount, costa meno che il grossista, c’è qualcosa che non va.

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giovedì 5 Luglio 2007, 08:41

Bit rubati all’agricoltura

L’altro giorno stavo andando al lavoro, quando mi sono imbattuto in un gigantesco cartello tutto rosso. Sul cartello c’era scritto, in bianco, “Sinistra [SX]”, e poi il link, www.sxnet.it.

Sono andato a vedere: si tratta di un sito/community che, per ora, offre essenzialmente la possibilità di postare a chiunque si senta di sinistra. Il progetto è professionalissimo, tanto è vero che una veloce ricerca rivela la mano di una agenzia di comunicazione, Xister srl, che lavora anche per Mercedes e altri clienti non esattamente proletari; ma i tempi sono questi. Comunque, si scopre facilmente che il progetto è della Sinistra Europea, ossia, in sostanza, Rifondazione Comunista.

E così, adesso abbiamo un portalone in più, per goderci le perle comunicative inviate dal pubblico del sito, come questa:

Mi domando spesso come mai nessuno abbia il coraggio di chiedere ad Almunia perché era così “accomodante” con Berlusconi ed è così “pressante” con Prodi. Ho provato a mandare una mail alla UE ma ho avuto una risposta “pilatesca”…

(dritta nel “mai più senza”) o questa:

Vorrei aprire una discussione sul ruolo internazionalista che dovrebbe avere un vero partito di sinistra e invio i primi spunti partendo dalla considerazione che i partiti di sinistra del cosidetto “primo mondo” hanno potenzialità economiche e organizzative per solidarizzare politicamente e materialmente con le organizzazione di sinistra “terzomondiste”.

Insomma, un brillante esempio di come sprecare le possibilità offerte dalla nuova tecnologia per riprodurre vecchiume! Così, ho deciso di lasciare il mio contributo: mi sono registrato e, rispolverando le mie antiche abilità di troll, ho mandato il seguente post:

Io sono di sinistra, voi siete vecchi. Come aborigeni davanti a un computer, tutto quel che sapete fare con la società globale è prenderla a pugni.
Brindo alla prossima estinzione dei sindacati e degli elettori della “sinistra” neoconservatrice.
Auguri!

Sarei stato curioso di vedere come avrebbero preso il messaggio gli altri partecipanti alla community, se non fosse che mi ero scordato che questi sono comunisti: pertanto, dopo aver premuto “Invia” ho ricevuto il messaggio “Ti ringraziamo per aver partecipato. Il contributo prima di essere pubblicato deve essere approvato dalla redazione.” Vediamo se lo approvano, o se mi mandano a casa il KGB.

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lunedì 2 Luglio 2007, 19:54

Sicurezze, part 2

Ok, posso finalmente raccontarvi cosa è successo alla mia collega moldava dopo che è stata portata via al controllo passaporti (per fortuna, non l’hanno veramente cremata).

A differenza degli austriaci, che l’avevano lasciata entrare senza problemi nell’area Schengen durante il viaggio di andata, secondo gli spagnoli lei necessitava di un visto anche solo per transitare. Credo che questo sia dovuto anche al fatto che Barajas, come dicevo prima, non ha un’area airside unica fuori dal controllo passaporti: in altre parole, è necessario entrare fisicamente in Spagna per poter cambiare terminale, da quello internazionale (4S) a quello europeo (4).

Dopo essere stata portata via, nell’ufficio della polizia di frontiera, le hanno dato due scelte: o risalire sul prossimo volo per gli Stati Uniti, o essere deportata in Moldova tra due giorni, trascorrendoli in attesa fuori dal controllo passaporti. L’ufficiale di frontiera si è comportato in modo autoritario, ha ritirato il passaporto, e si è rifiutato di fornire qualsiasi documento o spiegazione scritta sul come mai ci fosse bisogno del visto anche solo per transitare e quali fossero le opzioni legali a sua disposizione.

Quando lei si è accorta di aver perso il suo volo per Vienna, ha cambiato approccio, e si è messa a protestare (e garantisco, per averla vista alle prese con le guardie americane, che protesta in modo piuttosto efficace): ha cominciato a chiedere i nomi di tutti i poliziotti e a scriverseli, segnando tutto quel che facevano con tanto di data, ora e numero della stanza. Poi ha minacciato di fare ricorso alla Corte Europea per i Diritti Umani (di cui, incidentalmente, io conosco un giudice di cui le avrei volentieri dato il contatto) se non avesse avuto spiegazioni scritte e adeguata assistenza legale.

Come risultato, nel giro di un quarto d’ora le hanno dato una lista di voli diretti fuori dall’Unione Europea su cui avrebbe potuto essere imbarcata, e che le avrebbero permesso di arrivare a casa in giornata. Alla fine, l’opzione migliore è stata un volo Iberia per Istanbul, da cui un altro volo l’ha portata a Chisinau, dove è arrivata a mezzanotte. Non le hanno nemmeno fatto pagare i voli, visto che il biglietto che aveva, pur essendo di economy, era costato uno sproposito…

Insomma, è sempre sorprendente vedere come possiamo complicare la vita a persone che abitano al di là di una riga immaginaria, quella che separa gli inclusi dagli esclusi. Certo il controllo dell’immigrazione è un problema, ma questo genere di episodi fanno capire come, alle volte, possiamo essere noi stessi a creare nel resto del mondo la diffidenza o la rabbia nei nostri confronti.

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