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Archivio per la categoria 'StillLife'


mercoledì 7 Ottobre 2009, 22:30

A che servono le conferenze

La cosa più straordinaria di conferenze come l’IGF Italia non è tanto l’evento in sé.

La cosa più straordinaria è la mescolanza di persone eccezionali, dalle provenienze più disparate, con la voglia di scambiare e la capacità di provocarsi a vicenda nuove idee.

Capita dunque di passare la serata in Piazza della Pera accanto a Fiorello Cortiana e Luciana Castellina che discutono di anni ’70, di Lotta Continua, di visite a Sofri in carcere e delle ragioni della morte di Alex Langer.

O di incrociare Stefano Rodotà, sempre così gentile con tutti, e chiedersi se per caso avrà scambiato due idee con Sabino Cassese a proposito della sentenza che tutti aspetta(va)no.

O di trovarsi a cena con Anna Masera e, aggirando scheletri di balena nel museo zoologico dentro la meravigliosa Certosa di Calci, discutere del futuro dei giornali di carta e di bit.

O di dare un passaggio dalla conferenza all’albergo a un gentile signore e solo dopo due giorni scoprire che è uno dei membri del direttivo del Partito Pirata italiano e che voi due dovreste proprio fare una chiacchierata.

O di conoscere quelli di Stampa Alternativa e scoprire così i Bianciardini, gli eredi moderni dei millelire, e soprattutto che è possibile produrre un libro tascabile di 64 pagine a tirature abbordabili con un costo netto di 7 centesimi di euro a copia.

L’unico vero assente era il governo, temendo la contestazione – perché poi, si sa, Internet è di sinistra (proprio come la stampa, la magistratura, la Borsa, gli arbitri e i geni che regolano l’altezza).

Però l’anno prossimo vedete di venire anche voi.

[tags]igf italia, internet governance, pisa, cortiana, castellina, rodotà, cassese, masera, partito pirata, giornali, libri, editoria, psiconani[/tags]

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giovedì 1 Ottobre 2009, 18:59

Ne ho beccato uno

Mi ero sempre chiesto dove fossero. Voglio dire, io conosco persone dalle idee politiche più variegate, eppure non avevo ancora trovato nessuno che non trattasse i continui attacchi di Berlusconi alla magistratura perlomeno con un po’ di imbarazzo, se non con riprovazione. Oltre agli oppositori, conosco anche persone che lo votano, convinte che abbia ragione riguardo all’incapacità della sinistra di gestire l’Italia, ma che comunque dicono “sarebbe meglio se non ci mettesse continuamente di mezzo la difesa dei suoi interessi privati dalle sue pendenze penali”.

E invece, l’altro giorno in treno ne ho trovato uno: uno convinto che il problema dell’Italia sia la magistratura e che per fortuna ora Silvio la metterà a posto. Ha cominciato lamentandosi per dieci minuti buoni degli statali che non lavorano, e poi stringendo sui giudici; “alle due del pomeriggio in tribunale non c’è più nessuno” e “da nessuna parte c’è una casta che fa quel cazzo che gli pare come i magistrati” (parole sue). Dopo un po’ di ripetizioni ad altissima voce tra gli sguardi perplessi di molti viaggiatori, il signore che gli sedeva davanti è insorto e gli ha fatto notare che se i tribunali si svuotano è perché lo Stato ha tagliato i fondi per gli straordinari, dunque i cancellieri finito l’orario d’ufficio vanno a casa.

Ecco, non l’avesse mai fatto… Il fan di Silvio è esploso: “E se non gli pagano gli straordinari, che lavorino lo stesso! Nelle aziende private facciamo tutti così! E poi anche se non c’è il cancelliere, il giudice può mettersi lì e copiarsi le carte da solo sul computer!” E vabbe’, quella che i tribunali siano arretrati e operino in modi inefficienti, e che nel pubblico impiego ci siano anche assenteisti e fancazzisti, gliela si può anche passare; però da qui a dire che sono tutti così…

Ma il peggio doveva ancora venire, perché poi si è passati al pietismo: “Lei sa quanta gente è stata rovinata da giudici che hanno condannato ingiustamente, e poi dopo tanti anni si è scoperto che era sbagliato? Eppure se un giudice sbaglia nessuno gli fa niente, è l’unico paese al mondo dove il giudice se sbaglia non viene punito, e tanta gente va continuamente in galera per i giudici che lavorano male e fanno le cose col culo”.

Il tizio di fronte ha cercato di fargli notare che esistono tre gradi di giudizio e amplissime garanzie per tutti, che i casi di errori giudiziari conclamati dopo i tre gradi sono pochissimi e tipicamente sono dovuti a fatti che al momento del giudizio il giudice non poteva sapere; e anzi che normalmente si dice che il problema è che in Italia nessuno viene mai punito. E lì, il silviofilo ha rovesciato l’argomento: “Ecco è vero! Perché poi i giudici sono quelli che mandano liberi gli assassini! Lei si ricorda dello zingaro che ha ammazzato cinque ragazzi guidando ubriaco, e che poi era subito fuori, agli arresti domiciliari al mare! Ecco io quel giudice lo appenderei per le palle!!”.

L’altro, con ammirevole tenacia, ha glissato sull’evidente mancanza di logica del ragionamento, e ha cercato di reagire sottolineando che il giudice non fa le leggi ma le applica soltanto; e la risposta è stata “Eh no! E non è vero! Perché non ha visto l’altra settimana quel giudice di Torino che ha modificato la legge per non condannare i clandestini?” La tentata spiegazione della differenza tra modificare una legge e sollevare una eccezione di incostituzionalità non ha avuto alcun effetto, il signore non l’ha proprio afferrata; ha solo proseguito dicendo che “I giudici sono fuori controllo, fanno sempre quel cazzo che gli pare, sono una vera casta! Lavorano per se stessi, come quel criminale di Di Pietro, come quel De Magistris! Guardi quante inchieste ha fatto, ma sa come sono finite? Tutte in una bolla di sapone!”.

L’altro ha cercato di dirgli che forse quel che aveva letto su Il Giornale (che teneva sotto braccio) non era proprio completamente vero, e che le inchieste erano state interrotte dall’alto per non toccare politici e personaggi importanti, e anche qui, magico rovesciamento della logica: “E appunto, poi sono poche persone lì, vede Tronchetti Provera, vede Tanzi, hanno mandato in rovina migliaia di famiglie, ma quelli non li hanno mica condannati, sono intoccabili! Perché i giudici sono una casta al di sopra di tutto!!”

E poi ha concluso con un convinto quanto misterioso “Ma non esiste che i giudici sono un potere dello Stato!!”. Dubito che stesse commentando Montesquieu; dunque chissà cosa voleva dire. E’ chiaro che la logica non era il nocciolo della questione, e che il signore aveva in testa soprattutto un pastone di slogan mescolati a caso e adattati di volta in volta all’uso dialettico necessario. Eppure, temo che, grazie all’averle ripetute per vent’anni, di pastoni come questi siano pieni i cervelli di moltissimi italiani.

[tags]giustizia, magistratura, berlusconi, montesquieu, feltri, il giornale, di pietro, de magistris, lavaggio del cervello[/tags]

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mercoledì 30 Settembre 2009, 18:41

A Milano si viaggia gratis e in estrema sicurezza

A Milano, sui mezzi, si viaggia gratis: almeno è ciò che mi è successo in questi giorni. La settimana scorsa, infatti, per andare da viale Argonne a Porta Venezia ho preso il tram 5 (me l’ha suggerito il sito ATM ma non ci cascherò mai più: è arrivato un tram e ho pensato “toh guarda, un tram storico in giro di prova, peccato che sia ancora da restaurare”, e invece era proprio il 5, con i pezzi che si staccavano e lo sporco di trent’anni sul groppone; la prossima volta piuttosto vado a piedi) e la macchinetta per validare il biglietto era rotta; ho fatto tutto il viaggio con il biglietto in mano e la paura che uno dei famosi controllori lombardi sindacasse sulla mancanza del timbro. Stamattina invece ho preso il 54 per andare in centro, e la macchinetta era rotta pure lì; una bella scritta “FUORI SERVIZIO” campeggiava sia su quella per i biglietti che su quella per gli abbonamenti, e allora ho capito che è normale e che fa parte di una campagna di sconti per i fruitori dei mezzi.

Milano, dal punto di vista urbanistico, è una città ai confini della realtà; solo qui potrebbero prendere un orrendo palazzone anni ’50 in corso Monforte, davanti alla Provincia, e pensare di vendere un alloggio con un cartello che dice “VENDESI – delizioso appartamento di 125 mq”. Delizioso, capite? Su una via buia larga cinque metri e perennemente occupata di auto in coda eterna che spuzzettano sulla tua finestra! Se quello è delizioso, vuol dire che i milanesi si deliziano con poco.

L’altra scelta urbanistica che lascia perplessi è la quasi totale mancanza di corsie preferenziali e vie dedicate al trasporto pubblico. Corso Monforte, a parte brevi tratti, è a senso unico con una carreggiata larga due corsie; in una gestione con un minimo di senso, una delle due sarebbe una preferenziale per bus e taxi mentre l’altra sarebbe dedicata al traffico privato, o meglio ancora la via sarebbe riservata a bus e taxi mentre il resto della carreggiata costituirebbe un marciapiede di larghezza decente a servizio dei pedoni e dei negozi. Devi andare in San Babila? Miseria, hai a disposizione una metro di tre linee più passante, varie linee di bus, i taxi, bike sharing ovunque, e svariati parcheggi sotterranei pubblici e privati da cui puoi arrivare lì a piedi in cinque minuti. Ma che cacchio di ragione c’è per volerci arrivare con il SUV a otto ruote motrici, che poi non sai dove lasciarlo e comunque all’incrocio ti pianti perché è più largo anche del bus? E invece niente, la via è riempita così: una corsia occupata da SUV a otto ruote motrici fermi in sosta vietata con le quattro frecce, e l’altra da una coda eterna e infinita in cui il bus, così come chiunque altro, impiega quindici minuti a fare tre isolati. Mah…

Ah, e la sicurezza? Sul 54 dove la macchinetta non funzionava, in compenso funzionava uno schermo su cui giravano pubblicità e informazioni varie. Una delle informazioni era relativa al bando per l’assunzione di nuovi autisti ATM; i requisiti, oltre al saper guidare e al voler fare turni anche notturni e festivi, erano “godimento dei diritti civili e politici” e “nessun procedimento penale in corso o condanna penale passata in giudicato”. Insomma, sui mezzi milanesi si viaggia in piena sicurezza, con la certezza che il tuo autista non è un assassino, stupratore, truffatore o spacciatore che gira strafatto. Comunque, se voi siete un assassino, stupratore, truffatore o spacciatore che gira strafatto potete sempre consolarvi facendovi eleggere in Parlamento, dove invece tali requisiti non sono minimamente richiesti e anzi se provi a proporli ti danno del “forcaiolo” e “giustizialista”. Strano paese, il nostro.

[tags]milano, bus, traffico, mezzi pubblici, atm, biglietti, appartamenti, delizia, urbanistica, sicurezza, pregiudicati, parlamento pulito[/tags]

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martedì 29 Settembre 2009, 11:32

Fanculo al futuro

Un trentenne, commentatore fisso di questo blog, compra casa in un bel palazzo anni ’70, di quelli con i marmi nell’ingresso e il doppio ascensore. Solo dopo essersi trasferito scopre che lo aspettano migliaia di euro di lavori urgenti per il rifacimento di muri e facciate: infatti da decenni non è stato fatto alcun lavoro di manutenzione straordinaria, dato che nel palazzo i condomini sono quasi tutti vecchi che non hanno più interesse a fare investimenti di lungo termine.

La stessa situazione si ripete anche nel mio palazzo; il motore dell’ascensore da circa un mese emette un ronzio preoccupante, udibile distintamente dal piano di sotto, che, oltre a disturbare, è probabilmente segno di una forte perdita di corrente, magari anche pericolosa. A tutte le segnalazioni, la risposta dell’amministratore è stata che sì, lo faremo vedere, ma solo quando tra un mesetto arriverà la visita di manutenzione programmata, perché altrimenti il condominio dovrebbe pagare al tecnico cinquanta euro di chiamata, e dato che quasi tutti nel palazzo sono anziani pensionati si oppongono a qualsiasi spesa.

Dopo questi aneddoti, capisco meglio perché Torino è piena di palazzi sporchi e cadenti, i cui abitanti non fanno alcuna manutenzione a meno che non arrivi una ordinanza comunale contro il degrado (possibilmente con qualche incentivo economico). Purtroppo, però, non si tratta solo della manutenzione delle case.

Alle ultime elezioni, ero rimasto colpito dallo scoprire che oltre il 70% degli elettori torinesi ha più di 40 anni, ossia è già nella metà conclusiva della propria esistenza; quasi il 40% ne ha più di 60, e ha dunque una aspettativa di vita media di una quindicina d’anni. Fuori Torino, nelle campagne e nelle colline, è anche peggio: i giovani sono una rarità. Non è quindi un caso che tutta la politica italiana si concentri su pensioni, badanti e sanità; soprattutto, non è un caso che l’Italia sia gestita con le stesse logiche dei suoi condomini, cioè con una programmazione del bilancio statale mirata a spendere ora cifre insostenibili per l’assistenza ai vecchi, scaricando i conseguenti debiti sulle future generazioni, e a risparmiare nel frattempo su qualsiasi investimento di medio-lungo termine.

E’ anche per questo che si moltiplicano i trattamenti speciali per gli anziani – riduzioni sull’autobus, sul cinema, sui costi sanitari, persino l’esenzione dai divieti di circolazione anti-inquinamento – anche se, nell’Italia di oggi, in genere gli anziani sono più ricchi dei loro figli, mentre i loro nipoti spesso non riescono nemmeno a concepire una propria indipendenza economica; eppure, per i ventenni di facilitazioni proprio non se ne parla. Infatti, quando si tratta di vincere le elezioni, il gruppo sociale decisivo sono proprio gli anziani; dunque è lì che si concentrano le lusinghe e le attenzioni della politica.

Per le nostre democrazie è un problema nuovo; fino a trent’anni fa, la struttura demografica della società era molto diversa, con una abbondanza di giovani e una scarsità di anziani. All’estero, qualcuno ha già avanzato proposte interessanti: per esempio quella di concedere il voto anche ai minorenni, neonati compresi, facendolo esercitare dai loro genitori, che almeno in teoria dovrebbero avere a cuore il loro futuro; o quella di rovesciare il tradizionale principio della “camera dei vecchi” – anche da noi, il Senato è riservato agli elettori oltre i venticinque anni – sostituendolo con una “camera dei giovani”, cioè facendo eleggere uno dei due rami del Parlamento solo dagli elettori ancora in età lavorativa. Naturalmente, c’è il problema che queste misure dovrebbero essere approvate da una politica in mano agli anziani: è proprio il caso di dire “campa cavallo”.

[tags]politica, giovani, anziani, demografia, condomini, investimenti, futuro[/tags]

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mercoledì 23 Settembre 2009, 20:23

Perché la ferrovia in Italia non funziona

Parlando ancora di ferrovie, in questi giorni ho potuto finalmente sperimentare il passante ferroviario di Milano; una infrastruttura costata tonnellate di soldi e trent’anni di lavoro, che costituisce tuttora per molti milanesi un oggetto misterioso di cui si è vagamente sentito parlare – figuriamoci per chi viene da fuori.

In effetti, il tracciato lascia da sempre i tecnici un po’ perplessi, dato che sono riusciti a non farlo passare né per la stazione principale né per il centro città. Comunque, per tutta una serie di destinazioni (Porta Garibaldi, Porta Venezia e tutta la zona est della città, quella meno servita dalle metropolitane) il passante è decisamente comodo; arrivando da Torino, si può scendere dal regionale a Rho Fiera e di lì prendere il primo treno S in arrivo in direzione centro (uno ogni 15 minuti), che lo percorre tutto; si può arrivare in mezzo alla città con il solo biglietto FS del regionale Torino-Milano – che è valido qualsiasi sia la stazione di Milano a cui si scende, comprese le fermate del passante – o giunti in città si può usare il passante come metropolitana, con il normale biglietto urbano ATM, almeno tra Certosa e Rogoredo.

Se leggete l’ottimo sito di Stagni – un vero riferimento per tutti gli interessati alle ferrovie, gestito da una delle persone che pianificano il sistema ferroviario per la Regione Lombardia – troverete tutta la teoria, importata dalla Germania, della divisione dei servizi ferroviari locali tra suburbani, regionali ed espressi, nonché dell’organizzazione perfetta delle coincidenze grazie al concetto di orario cadenzato simmetrico. Ad esempio, il nodo di Novara è stato definito come “nodo 00”, il che significa che tutti i treni o quasi arrivano a Novara poco prima dello scattare dell’ora e ripartono poco dopo, se possibile in maniera simmetrica rispetto all’ora esatta. Così, il regionale da Torino arriva ai :59 e quello da Milano ai :00, ripartendo subito dopo; essi offrono una pronta coincidenza al treno arrivato da Milano Cadorna (via SaronnoBusto Arsizio) ai :53, in entrambe le direzioni; questo treno fa capolinea a Novara e riparte ai :07, caricando a sua volta senza attese i passeggeri scesi dai regionali e diretti alle fermate locali tra Novara e Saronno.

Se fossimo in Germania, tutto ciò sarebbe perfetto; peccato che siamo in Italia, dunque il risultato è che il regionale arriva un po’ in ritardo; poi il treno per Saronno è gestito dalle Ferrovie Nord dunque parte non al binario accanto, ma in un’altra stazione a vari minuti di distanza a piedi; e poi, visto che sono due aziende diverse, non è possibile fare un biglietto unico da Torino per le destinazioni sulla linea delle Nord, ma bisogna farne due, di cui uno necessariamente a Novara in quei teorici sette minuti. Il risultato? Beh, ovviamente la coincidenza è imprendibile, e se chiedete al sito Trenitalia un percorso da Torino per Galliate o Castellanza vi suggerirà lui stesso che dovete aspettare il treno dopo, ossia un’ora e sette minuti invece dei sette minuti previsti da chi ha progettato l’orario pensando di essere in Germania.

Il passante di Milano non sfugge a questa logica, però qui l’Italia aiuta: infatti il regionale arriva a Rho Fiera ai :29, mentre il treno S passa ai :28 (il successivo è ai :42, cioè un quarto d’ora dopo). In Germania ci si incacchierebbe (in realtà la coincidenza è pensata nell’altro senso, per permettere ai pendolari locali che arrivano da Vittuone, Corbetta e Rho di salire sul regionale per andare in Centrale); essendo in Italia, però, si può dare per scontato che il treno S sarà in ritardo, e infatti stamattina, sceso dal regionale, il tabellone lo dava come ancora da passare, con cinque minuti di ritardo. Corsa al binario, attesa, e al momento debito… sul binario in questione arriva un lunghissimo merci. Il tabellone impazzisce, il treno viene tolto dagli orari e sostituito da quello dei :42, che arriva in perfetto orario. Immagino che il treno dei :28 sia sparito nel triangolo delle Bermuda, oppure sarà ancora lì a quest’ora, chissà. Comunque, con il treno delle 9:42 sono arrivato via passante a Milano Dateo alle 10:02 e di lì alla mia destinazione, a pochi minuti di bus, evitando la maggior parte del traffico cittadino.

Stavo pensando di provare la combinazione opposta: per tornare a Torino, invece di andare in Centrale, andare a Dateo (un quarto d’ora a piedi), prendere la S5 o S6 fino a Rho e poi il regionale da lì. Peccato che anche questo sia un piacere riservato all’universo parallelo che vede Milano sita in Germania: infatti, per prima cosa a Dateo non ci sono biglietterie né macchinette che facciano biglietti per Torino. Anche se ci fossero, però, c’è un altro problema: non saprei dove scendere, dato che prima i regionali fermavano a Rho, ora sono stati spostati a Rho Fiera (cosa perfettamente logica, dato che ci arriva la metro rossa e ogni tanto fermerà pure l’alta velocità); poi, dopo le proteste dei pendolari di Rho che non vogliono cambiare le loro abitudini secolari, alcuni treni a caso sono stati riportati a fermare a Rho invece di Rho Fiera.

In altre parole, chi arriva dal passante non ha modo di sapere se scendere per aspettare il regionale a Rho o a Rho Fiera: la tipica disorganizzazione italica, derivante dall’arrangiarsi in modo da accontentare sempre un po’ tutti per non perdere popolarità, rende l’intero servizio inutilizzabile. Ma c’è di più: per qualche imperscrutabile motivo, i due regionali per Torino del mattino – proprio quelli che sarebbero più utili ai pendolari – non fermano né a Rho né a Rho Fiera, e tirano dritto fino a Novara: anche qui, addio all’uso del passante, a meno di non partire molto prima e con la sola S6 (la S5 dopo Rho gira per Varese). E poi, c’è sempre il rischio che la S sia in ritardo e che tu ti veda il regionale sfrecciare davanti senza poterlo prendere…

Credo che questo semplice quadretto vi spieghi bene perché le ferrovie in Italia sono in cotal declino. Non è affatto questione di spendere migliaia di miliardi per nuove ferrovie, anche se è ciò che la lobby dei magnatori di appalti vuol farci credere. Sarebbe semplicemente questione di organizzazione, informazione, regole chiare e pianificazione accurata dei servizi mettendosi dal punto di vista degli utenti. Peccato che per noi sembri un’utopia.

[tags]ferrovie, treni, pendolari, passante, milano, novara, torino, rho, fiera milano[/tags]

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lunedì 14 Settembre 2009, 20:13

Paolo Geymonat

Ho saputo adesso dal TGR Piemonte che a soli 45 anni, “digitando ai tasti del suo computer” come ha detto Gianfranco Bianco, è mancato Paolo Geymonat, presidente e fondatore di Bakeca.it, il migliore tra i piccoli solidi miracoli della new economy torinese. Dopo averne sentito parlare per anni da tante comuni conoscenze, l’avevo finalmente incontrato solo una settimana fa, per parlare di possibili progetti comuni; era stata sufficiente un’ora di chiacchierata al vento, sulla terrazza del palazzetto di via Monti, per rimanere subito incantato dalla visione e dalla voglia di fare – di questi tempi, un animo rarissimo.

Sono rimasto senza parole; e davvero c’è poco altro da dire.

[tags]condoglianze, geymonat, bakeca[/tags]

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sabato 12 Settembre 2009, 22:03

Il tour delle sagre

Se foste persone di buon senso, non dovrei ricordarvelo io; a scanso di equivoci, però, ricordo che è aperto in Piemonte il periodo delle sagre settembrine. Questo è il weekend del Festival delle Sagre, di cui ho già parlato diffusamente gli anni scorsi, e domani a pranzo ovviamente sarò lì. Tuttavia, data la policy di distribuire un bicchiere di vino insieme ad ogni primo e secondo, unita al fatto che devo bere il vino per due, non credo che sia il caso che io abbia rapporti interpersonali con chicchessia, almeno dopo i primi due o tre piatti; la cosa positiva è che dopo una certa ora anche l’eventuale pioggia non si sente più, così come il rumore, il freddo, il caldo e qualsiasi altra sensazione a parte il gusto dei piatti e quella piacevole sensazione di rilassatezza. Comunque, mi scriverò da qualche parte il mio indirizzo di casa, così sarò certo di ritornare in qualsiasi condizione (ovviamente si va in treno!): non per nulla il festival è stato definito anche “la più grande piomba collettiva d’Italia”.

Vi segnalo anche come riempire l’agenda per il resto del mese: il prossimo weekend (anzi, da venerdì a lunedì) a Bra c’è Cheese, l’appuntamento biennale organizzato da Slow Food. Non è all’altezza del Festival delle Sagre, in quanto i prezzi per mangiare sul posto sono alti, il cibo è estremamente fighetto e le code sono garantite; in compenso però troverete bancarelle di produttori di formaggio da tutto il mondo, il che vi permetterà di assaggiare e comprare formaggi di cui altrimenti non sapreste nemmeno l’esistenza. A parte il fatto che ogni volta io saccheggio l’intero stand dei formaggi svizzeri – lo Sbrinz ormai si trova abbastanza facilmente, ma l’Appenzeller continua ad essere rarissimo in Italia – ce n’è veramente per tutti i gusti; secondo me il Bitto non vale il prezzo a cui lo vendono, ma vediamo se quest’anno riesco a recuperare il Pannerone di Lodi di quattro anni fa.

Infine, per chi vuole provare una esperienza simile al Festival delle Sagre, con meno scelta e meno piatti eccezionali ma anche con meno confusione, anche quest’anno a Casale c’è la Festa del Vino e del Monferrato, che – sia il prossimo weekend che quello ancora dopo – contiene la sua brava raccolta di stand gastronomici delle Pro Loco. Il sito è un po’ carente di informazioni in merito, ma se è come in passato gli stand sono nel mercato di piazza Castello – impossibile non trovarli, e potrete anche farvi un giro per il centro storico di Casale, che merita attenzione.

[tags]sagre, asti, bra, casale, cheese, slow food, festival delle sagre, festa del vino, monferrato, formaggio, svizzera, ubriachezza non molesta[/tags]

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lunedì 7 Settembre 2009, 11:31

Luce accecante

È bello abitare in una casa da cui si vedono la luna e il sole; l’altro giorno all’alba si vedeva una bellissima luna piena grigia tramontare dalle parti dell’Orsiera, mentre ieri sera un’altrettanto bella luna piena gialla sorgeva da quelle di Superga.

In effetti, ieri pomeriggio sono uscito da una riunione verso le 18:30 e ho imboccato corso Francia per tornare a casa dal centro. La luce del sole al tramonto era splendida, arancione, bassa e dritta e riempiva tutto il cielo. Peccato solo che corso Francia sia diretto esattamente ad ovest, per cui guidare era quasi impossibile: non si vedeva assolutamente niente.

All’altezza di piazza Bernini, uscendo dalla rotonda, il semaforo da sempre giallo lampeggiante del passaggio pedonale è diventato improvvisamente rosso. Mi sono fermato abbastanza bruscamente, sorpreso; ho così scoperto che i semafori dei passaggi pedonali, altrimenti inspiegabili, hanno in realtà una funzione; attivandoli con un pulsante fanno venire rosso per le auto e verde per l’attraversamento pedonale, già rialzato e rallentato in occasione dei lavori della piazza. Peccato che un semaforo lampeggiante che diventa rosso di colpo mandi gli automobilisti nel pallone; in più, il passaggio è troppo vicino alla rotonda e la coda di auto al rosso straborda subito nella stessa, bloccandola. Il tutto poi per niente, perché all’attraversamento non c’era nessuno. Sospetto che il pedone abbia premuto, ma poi non abbia atteso che il semaforo si attivasse, e si sia buttato tra le auto; quando il semaforo è venuto verde, lui era già dall’altra parte.

Questa trovata mi ha lasciato piuttosto perplesso; così, rimuginando un po’ per decidere se fosse utile o dannosa, sono arrivato fino in piazza Rivoli. Anche lì la rotonda era intasata; uscendo verso corso Francia dal lato opposto, a passo d’uomo nella coda, ho scoperto che le auto deviavano sul controviale perché c’era stato un incidente. Non mi sono fermato a guardare, ma mi pare di aver visto due persone, una stesa in terra e una sulla barella dell’ambulanza mentre cercavano di rianimarla. Quasi certamente erano due pedoni investiti sulle strisce all’uscita della rotonda.

Lì non ci sono semafori, dossi, rialzi, cubetti di porfido e nemmeno fioriere e arredo vario; e con quella luce era molto facile non vedere un pedone su quelle strisce. Mi verrebbe da dire che i soldi per sistemare piazza Bernini e il primo tratto elegante di corso Francia dopo i lavori della metro sono stati trovati prima di subito, mentre quelli per risistemare il resto, tre anni e mezzo dopo, ancora latitano; il corso è stato rattoppato alla bell’e meglio, senza nemmeno uno spartitraffico (il che permette manovre assurde, inversioni e soste pericolose) e con i passaggi pedonali abbandonati al proprio destino. Dopo infiniti rinvii, il sito della metro, in fondo alla pagina, dice ora che il tratto tra piazza Bernini e piazza Rivoli è “previsto in appalto nella programmazione 2009” (= “nel 2009 abbiamo scritto che prima o poi lo faremo”) mentre quello tra piazza Rivoli e piazza Massaua non lo citano nemmeno più, resterà così per sempre. Mancano i soldi; o meglio, i soldi per risistemare piazza Vittorio a parcheggio privato del sindaco si sono trovati subito, quelli per le periferie mancano sempre.

Ma sopra tutto questo c’è essenzialmente una grande tristezza: vedere da vicino un incidente con persone coinvolte fa sempre impressione. Non è nemmeno più una notizia, e sui giornali non ne ho trovata traccia; probabilmente accettiamo queste come vittime collaterali dell’esistenza urbana. Ma in una società in cui la sicurezza e la gestione del territorio sono affidate allo Stato, e allo stesso tempo lo Stato ha sempre meno soldi per gestirla e chi lo governa ha sempre meno interesse a spenderli per tale scopo, anche questa situazione non potrà che peggiorare.

[tags]torino, traffico, incidenti stradali, corso francia, metrotorino, sole, luna[/tags]

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giovedì 3 Settembre 2009, 17:27

Non solo lettere

Stamattina mi sono recato nel centro ricreativo per anziani di via Foglizzo, quello con le insegne gialle con scritto Poste Italiane. Dovevo mandare una raccomandata; prima ho provato con il centro di via Stradella, ma ho scoperto che l’hanno chiuso, anche se ho riconosciuto agevolmente le vetrine in cui stava perché erano affollate di anziani che ci giravano attorno maledicendo la novità e non capacitandosi della chiusura, anzi alcuni continuavano a sbattere a ripetizione contro la porta di vetro inopinatamente chiusa, sperando che prima o poi si aprisse.

Anche in via Foglizzo, comunque, entrare non è uno scherzo; ci sono due bussolotti di vetro in parallelo come quelli delle banche, su ognuno dei quali campeggia una lucetta verde e un pulsante. Tuttavia, quello di sinistra è rotto e dunque ne resta in funzione uno solo. Tutti quelli che arrivano, trovandosi di fronte la porta chiusa, premono il pulsante per aprire; e invece no, il pulsante serve per chiedere assistenza ad una impiegata all’interno (comunque non risponde mai nessuno). Sui bussolotti campeggiano dunque due o tre cartelli fotocopiati con scritto “ENTRARE MAX DUE PER VOLTA SENZA PREMERE ALCUN PULSANTE”: bisogna avvicinarsi e attendere qualche secondo perchè una telecamerina noti la tua presenza e ti apra la prima porta, poi entrare, attendere la chiusura e poi l’apertura dell’altra porta, per poi venire travolti da quelli che devono uscire. L’unico bussolotto funzionante serve infatti a doppio senso, e il tutto è talmente lento e macchinoso che si formano code anche di una decina di persone sia all’interno che all’esterno: ottima progettazione, come ha espresso un tizio – grosso, tamarro e sfoggiante portachiavi della Juve – che non solo ha premuto ripetute volte il pulsante senza mai capire, non solo si è infilato nel bussolotto con due vecchietti spiaccicandoli tutti che poi han dovuto pulire, ma giunto all’interno ha fatto partire una sfilza di “minc**a zio fa’” che ha fatto rivoltare tutti i santi.

Ad ogni modo, ho preso il mio bigliettino alle 11:49 e mi sono accomodato davanti all’unico sportello dedicato alla spedizione di missive… in realtà erano due, ma in quello a fianco un’impiegata stava magnificando i pregi di un libro per bambini ad una incantata potenziale cliente; ormai potrebbero tranquillamente cambiare l’insegna in “Non solo lettere”. L’unico sportello era occupato da un tizio alto in polo elegante, che parlottava con l’impiegata sventolando dei fogli. A un certo punto l’impiegata è sparita per un periodo lunghissimo, e poi è tornata con un’altra; ero già lì da un quarto d’ora e così, con la solidarietà tipica dei dannati persi nelle code degli uffici privatopubblici italiani (pubblici come copertura dei costi, privati come distribuzione dei ricavi), mi sono messo a sentire la storia.

In pratica, il tizio era un avvocato che l’8 aprile aveva fatto spedire un qualche documento minatorio alla controparte di un suo cliente; la controparte ora sosteneva di non averlo mai ricevuto, e a lui mancava la prova della ricezione o del mancato recapito. Insomma, alla fine era alla ricerca di una cartolina di ricevuta postale di quattro mesi fa; a nessuna persona normale sarebbe mai venuto in mente che le Poste fossero in grado di collaborare, ma lui no, insisteva che qualcuno doveva avercela e che qualcosa doveva essere successo e che qualcuno doveva pur rispondere di quanto accaduto. Le ora due signorine lo gestivano in coppia (forse una pensava e l’altra parlava), ma rispondevano di aver perquisito l’archivio cartaceo dell’ufficio e di non aver trovato nulla.

Dopo circa venti minuti dall’inizio la coda era ancora bloccata, anche perché l’impiegata al secondo sportello teoricamente riservato alle operazioni postali stava ora magnificando ad un’altra cliente il libro-diario “Io sono nato!”, su cui ogni genitore dall’autostima concentrata sul proprio cucciolo potrà annotare dati imperdibili come l’altezza e il peso giorno per giorno, e incollare le foto del pargolo nonché quelle della mamma e del papà in posizioni buffe, impegnate o anche devastate dalla stanchezza. Il marketing pitch verteva sull’ampia disponibilità di spazio del diario, che conteneva pagine per arrivare fino a sei anni (anche se, per gli standard attuali, dovrebbe arrivare almeno fino a trentasei); comunque, alla fine sono finite a discutere dell’organizzazione dei matrimoni delle rispettive figlie.

A questo punto dunque al mio sportello è arrivato il direttore, che con piglio marziale ha esclamato “Consultiamo ‘o regolamento!”, estraendo da un armadio metallico un grosso faldone contrassegnato dalla scritta “DIRETTIVE POSTALI”. In tre, ignorando completamente la coda di almeno una decina di numeri accumulatasi nel frattempo, hanno cominciato a scartabellare, fino a trovare una procedura grazie alla quale “‘o terminalo” ha scoperto che la notifica in questione era stata respinta al mittente e regolarmente riconsegnata allo studio dell’avvocato in data 12 maggio, con tanto di firma sulla ricevuta in mano alle Poste.

E così, alle 12:15, dopo aver tenuto occupato lo sportello per oltre mezz’ora e dopo vari altri minuti di suo arrampicamento sugli specchi, l’avvocato è stato rispedito indietro a cercarsi le carte sue a casuccia sua, e sono stati chiamati i numeri successivi; e dato che tutti quelli prima di me avevano già desistito, io sono stato il primo.

Poteva finire così? Può forse finire così? Certo che no! Infatti io ho consegnato la busta e i miei moduli debitamente compilati; l’impiegata reduce dall’avvocato la pesa e mi fa “Farebbe 5,35 euro, ma guardi che se vuole con 5 euro può fare la nuova raccomandata uno!”. A questo punto mi sono reso conto di essere caduto nell’orribile trappola, e che anche io sarei stato vittima di un marketing pitch; anzi ho pensato che tutti gli impiegati dell’ufficio si sarebbero fermati e poi all’unisono, allargando le braccia in posa divertente, avrebbero gridato “RACCOMANDATA – UNO!”. Invece no, l’impiegata si è limitata a spiegarmi che Raccomandata Uno è il nuovo prodotto di Poste Italiane grazie al quale le lettere arrivano in tutta sicurezza; in altre parole, la raccomandata normale viene persa o inserita in un girone infernale di avvisi di ritiro presso l’ufficio postale di Timbuctù, mentre questa la consegnano anche. L’unica differenza però è che non c’è la ricevuta di ritorno (che a me stavolta non serviva), a meno di non pagare altri 4 euro “però in offerta 3 euro fino al 31 dicembre”; in compenso c’è la ricevuta fiscale “che può anche scaricare” (occhiolino).

E cosa dobbiamo fare? Facciamo la raccomandata uno: al che la signorina, rallentando ulteriormente l’operazione, si mette a ricopiare i dati di mittente e destinatario dal modulo raccomandata normale al modulo raccomandata uno (mica vorrai digitarli su un computer…). Poi infila un foglio nella stampante per preparare la ricevuta, e lì ovviamente la stampante si inceppa; al che l’impiegata sospira ed estrae un librone di fogli staccabili, con il quale si mette a compilare da perfetta amanuense (cioè con calligrafia illeggibile) una intera fattura ricamata a mano; ce l’ho qui con me e a chi vuole la faccio anche vedere. Per cinque euro, la produttività è assicurata; ma io, dopo soli 38 minuti, sono riuscito a spedire la mia raccomandata.

[tags]poste, pubblici dipendenti nell’animo, avvocati, organizzazione[/tags]

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mercoledì 2 Settembre 2009, 22:30

Non ritorno (2)

Oggi ho passato la giornata a vagliare possibilità di lavoro all’estero, pur se con grande incertezza: ci sono opportunità molto interessanti, ma non è comunque facile ottenerle da straniero, e poi non è facile nemmeno trasferirsi in un’altra parte del mondo.

Stasera però tornavo a casa in auto, dopo una cena in pizzeria, e mentre percorrevo sulla corsia di destra corso Vittorio per immettermi nella rotonda di piazza Rivoli sono stato affiancato a sinistra da un’auto dei carabinieri, senza sirene nè lampeggianti. Ci siamo fermati fianco a fianco per dare la precedenza alla rotonda, poi appena la rotonda si è liberata siamo partiti insieme, io nella corsia esterna e i carabinieri nella corsia interna della rotonda. Eravamo perfettamente paralleli quando l’auto dei carabinieri ha sgasato e mi ha tranquillamente tagliato la strada, attraversando tutta la rotonda senza né frecce né altre segnalazioni, per uscire e immettersi nella corsia riservata ai bus di corso Lecce.

Io ho inchiodato e ho evitato di un pelo l’incidente, ma molti dei miei dubbi sul cercare un lavoro all’estero sono spariti.

[tags]italia, carabinieri[/tags]

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