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Archivio per la categoria 'StillLife'


mercoledì 6 Maggio 2009, 10:16

In tour

In questi giorni sono in giro dal mattino alla sera per visitare i municipi di buona parte dei Comuni della provincia di Torino, per ritirare i certificati elettorali delle persone che ci hanno dato la firma.

Abbiamo circa 400 firme da fuori Torino, sparse in 86 comuni, per ognuno dei quali bisogna mandare un fax in anticipo con i dati personali dei firmatari – precedentemente trascritti dai moduli firma dentro un foglio Excel, con inevitabili errori di trascrizione e di copia e incolla – per poi passare personalmente a ritirare i certificati. Dato che purtroppo soltanto io e un altro ci siamo dati disponibili per questo lavoro, e che tutto deve essere fatto in tre giorni (ieri, oggi e domani), capirete che non è un lavoro semplice: un’altra simpatica mina piazzata sulla via di chi volesse fare una lista civica dal basso.

In più, le cose si complicano continuamente; per esempio capita di andare a Moncalieri e di scoprire che una delle persone che ti ha detto di abitare lì, mostrandoti una carta d’identità di Moncalieri, in realtà si è già trasferito a Villastellone. Allora vai a Villastellone, e ti dicono che nel frattempo è già andato ad abitare a Rivoli… e così via. Naturalmente, a un certo punto smetti di inseguire e depenni la firma, ma in teoria non basta nemmeno un giro solo: dovresti farne uno per verificare i dati, e un secondo per chiedere i certificati ai Comuni giusti.

Oppure ci sono i Comuni pistini: per esempio a Nichelino le signorine (peraltro molto gentili) mi hanno fatto un quiz, perché la data di nascita di una persona era sbagliata e ciò impediva il rilascio del certificato; nome, cognome, luogo di nascita, giorno e mese di nascita ed estremi del documento erano giusti, ma avevamo tracopiato “1965” invece di “1985” come anno di nascita… In realtà il pistinismo è dovuto, per evitare che le liste rubacchino nomi e cognomi sull’elenco telefonico e si inventino i relativi dati (cosa che molti fanno comunque, mentre altri semplicemente hanno un loro raccomandato assunto all’anagrafe che gli passa gli elenchi, ai quali viene aggiunto uno scarabocchio come firma: vi ricorderete i casi romani); però, insomma…

Comunque – oltre ad aver finalmente scoperto l’uso del navigatore: ehi, è comodo, gli dici “municipio di Bruino” e fa tutto lui – è stato davvero interessante vedere un po’ di persone e di posti in provincia.

A Moncalieri l’ufficio è in un posto bellissimo, proprio sul piazzale del Castello; però ho fatto mezz’ora di coda fermo in macchina perché proprio quel giorno avevano deciso di riasfaltare a tradimento la strada che scende verso Trofarello. A Trofarello, dentro l’anagrafe, troneggia una gigantografia nuda di Del Pippa: brrr… A Villastellone la signora è stata gentile, anche se erano presi dalle loro comunali. A Carmagnola il municipio è in un bel palazzo, ma due su quattro erano sconosciuti o trasferiti.

Nel pomeriggio poi ho infilato nell’ordine Nichelino, La Loggia (bello, c’era un bel sole e sembrava davvero estate), Vinovo (paese antico e molto bello, con uno splendido castello, però con una pianta progettata da M. C. Escher: complice la chiusura per lavori dell’unica via in direzione Torino, ci ho messo mezz’ora e almeno tre giri in tondo per capire come uscire dal paese), Candiolo (efficientissimi, ritiro in dieci secondi), Orbassano (in pieno centro, ma mi han fatto una copia sola dei certificati…), Bruino (ne avevamo ben quattro) e infine, dato che c’era ancora tempo, Sangano, dove l’aria è già decisamente montana.

La val Sangone, circondata da montagne e piena di prati e boschi, è sempre bellissima: dev’essere per questo che vogliono farci passare in mezzo la TAV.

[tags]elezioni, certificati, comuni, burocrazia, torino a 5 stelle, torino, provincia[/tags]

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domenica 3 Maggio 2009, 13:22

Beppe Grillo porta sfiga?

Belin, che sfigati che siamo. Quando a febbraio sono andato a depositare l’atto costitutivo dell’associazione & lista civica, mi si è rotta la macchina fotografica. Riparata quella, mi si è fusa la motherboard del server casalingo; sono rimasto dieci giorni senza poter accedere ai miei dischi condivisi, dove avevo tutti i documenti. Comprata una nuova scheda, rimontato tutto, bestemmiato per qualche giorno per ricompilare il kernel di Linux in modo che funzionasse tutto con il nuovo hardware, proprio mentre cominciavo a stampare il materiale per raccogliere le firme si è scassata la stampante.

Ho passato una interessante esperienza con il (peraltro gentilissimo e gratuito) customer care telefonico di Samsung, dove una signorina prima di dirti qualsiasi cosa ti deve sottoporre a una serie di FAQ del tipo “ha verificato che la spina sia inserita?” (belin, dai, se ti dico che si è scassato il rullo che tira su la carta vorrà dire che almeno fino ad accenderla ci sono arrivato…) e vuole a tutti i costi controllare che tu abbia toner originale, poi ti passa “il tecnico” che con un forte accento romeno ti ripone le stesse FAQ; alla fine ti dice di estrarre il cassetto della carta e poi “prema le due linguette di plastica esterne verso il fondo”, e tu ti accorgi che hai in mano un robo progettato dalla NASA pieno di buchi e rientranze e molle e levette dal senso ignoto, finché, dopo cinque minuti in cui “il tecnico” bestemmia contro la tua incapacità di individuare le linguette giuste, trovi un buchino in cui riuscirebbero a infilare le dita solo un bimbo di sei anni oppure un coreano; e ti ingegni a compiere l’operazione con la punta del mignolo.

Comunque, alla fine la stampante ha ripreso a funzionare, dopo vari smontaggi e un paio di pugni, e a quel punto… mi si è rotta la macchina: ha cominciato a fare uno “gnignignignigni” altissimo e fortissimo, e poi ha smesso di funzionare il servosterzo e si è accesa la spia della batteria.

Riparata quella (ma si sono rifiutati di mettermi le gomme estive causa dissidi contrattuali con la ditta di noleggio: cavoli di lorsignori, io spalmerò le invernali sulle rive del Mar Ligure) sembrava tutto pronto; e invece, ieri mattina si è rotto il sito.

Il mio server virtuale, con tutti i siti da esso ospitati, è sparito dal radar alle 8:30 di ieri mattina; e nonostante i ticket, le mail, gli sms e le bestemmie di ogni genere, la prima reazione del mio fornitore di hosting è stata alle 13:45 (una riga per dire che “i tecnici sono stati informati”), e il sito è tornato su a mezzanotte e mezza… e può essere che vi sia stato nel loro data centre di Pianezza un guasto così grave da mantenerli febbrilmente occupati per sedici ore di down, oppure può essere che il “reperibile” fosse in realtà a fare il ponte su qualche spiaggia. Non lo so, domani come promesso vado a prenderli per il collo: voi avete qualche consiglio?

Resta la considerazione che, indubbiamente, Beppe Grillo porta un po’ di sfiga (seriamente, a causa della candidatura sono stato già depennato da un paio di convegni in queste settimane, ma questo era da mettere in conto). Ma io ci sono abituato, non sono mica un tifoso del Toro per caso. La sfiga non si arrenderà mai (ma le conviene?). Noi neppure.

[tags]beppe grillo, grillo, sfiga, sfortuna, hosting, server, stampanti, samsung, riparazioni, arrendersi[/tags]

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venerdì 1 Maggio 2009, 14:06

S’è incazzato Chiamparino

Forse avrete letto l’intervista di oggi su La Stampa a Chiamparino, in cui spara a zero su coloro che si sono opposti alla fusione tra Iride ed Enìa.

La materia del contendere era chiara: alcuni partiti della maggioranza di Chiamparino concordavano con la posizione storica di Grillo e dei comitati del settore, cioè che le aziende municipalizzate devono restare sotto il controllo pubblico, tanto più se gestiscono la distribuzione di un bene vitale come l’acqua (a Torino SMAT “per il momento” è fuori dalla fusione; “per il momento” l’ha dichiarato in consiglio comunale l’altro giorno un esponente della giunta del Chiampa).

C’è da dire che anche la garanzia del controllo pubblico almeno al 51% è fittizia; basta vedere la SAGAT, la società che gestisce l’aeroporto di Caselle, che è a maggioranza pubblica ma che, tramite patti parasociali, è gestita di fatto dal socio privato (Benetton). Comunque, San Paolo Sergio Chiamparino è stato chiaro: il suo obiettivo è rendere la nostra acqua e la nostra elettricità “contendibili”, che significa “acquistabili in Borsa dalle banche mie amiche”; dopodiché, come regolarmente avviene privatizzando beni vitali in regime di monopolio o quasi, i servizi peggiorano e le tariffe salgono, a tutto vantaggio delle banche suddette.

Per questo motivo, la maggioranza si è spaccata, con i gruppi della sinistra (ad eccezione dei Comunisti Italiani) e l’Italia dei Valori che hanno votato contro la fusione dato che la clausola sul controllo pubblico non era stata inserita. Ma non è solo questo ciò che fa incazzare Chiamparino: egli dice nell’intervista che «In consiglio c’è stato un episodio significativo: i simpatizzanti di Attac, un gruppo di sinistra vicino a Grillo, hanno applaudito i discorsi del rappresentante di An, Ravello e dei leghisti. Questo vuol dire che la vera discriminante, il vero avversario, ormai, è il populismo che riguarda un pezzo della sinistra, Di Pietro e buona parte della destra. Se si vuole fare davvero un nuovo progetto per l’Italia è da lì che bisogna prendere le distanze. Dal populismo, sia che si ammanti di sinistrismo sia che si ammanti di perbenismo, al centro o a destra. Questo è il nemico del Paese che vuole affrontare la sfida della modernità».

Lasciamo perdere che la concezione di modernità di Chiamparino è vecchissima: è tutta basata sulla Borsa e sul cemento. Lasciamo anche perdere il fatto che non vi sia un contraddittorio ma solo un giornalista in adorazione (stamattina, come Torino a 5 Stelle, ho scritto al giornale; vediamo se rispondono). Tuttavia, solo una persona ossessionata da una divisione ideologica della società può trovare sbagliato che un gruppo che si batte per difendere il bene comune applauda l’intervento di un leghista che (anche solo per calcolo politico) dice la stessa cosa. Se mai, Chiamparino dovrebbe chiedersi com’è che la Lega dice cose più condivisibili e vicine ai cittadini di quelle che dice lui. Invece, parla seguendo il cliché sinistrorso per cui basta dare del leghista a qualcuno per squalificarlo, senza accorgersi che già alle ultime elezioni buona parte degli elettori di sinistra hanno cominciato a votare Lega.

Io, mercoledì, c’ero; sono andato a seguire il consiglio comunale incriminato. Sono arrivato alle 16 e delle (peraltro gentilissime) signore all’ingresso mi hanno fatto attendere fino alle 16,45, perché non si può entrare prima che la seduta sia ufficialmente aperta (non sia mai che il pubblico veda qualche compromettente chiacchierata preliminare). Poi mi hanno fatto salire, e posare la borsa; io avevo la macchina fotografica, e il vigile all’esterno mi ha confermato che era possibile riprendere, tanto è vero che mi ha fatto lasciare la borsa ma tenere la macchina; del resto i meetup cittadini in passato hanno ripreso il consiglio comunale varie volte.

Stavolta, però, si parlava di soldi, tantissimi soldi: e quindi, in sala, ecco la sorpresa.

Capito? Questi sono i nuovi ordini: il cittadino può ascoltare, ma non può muoversi, e nemmeno fare fotografie, a meno di chiedere una autorizzazione preliminare, cosa che peraltro, per un consiglio straordinario convocato il martedì sera per il mercoledì pomeriggio, mi pare un pelino difficile da fare.

Non posso quindi farvi vedere il cazzeggio continuo di questa gente (un po’ lo vedete all’inizio: nei primi dieci secondi c’è addirittura una votazione in corso, ma sentite il brusio e notate la gente che vaga per la sala) e nemmeno ascoltare le parole di Chiamparino che fa il bullo vantandosi in anticipo che la mozione sarà approvata, con totale disprezzo per il consiglio comunale e per la libertà di pensiero dei suoi consiglieri. Ci sarà prima o poi sul sito un video ripreso da una telecamera fissa, accuratamente pianificato in modo che sembri una cosa seria: anche voi, cliccate e adorate – è tutto quel che potete fare.

Ma io vi invito ad andare, una volta nella vostra vita, a vedere in azione quelli che governano la nostra città: tornerete anche voi con la rabbia.

[tags]torino, chiamparino, iride, enia, acqua, elettricità, fusione, borsa, finanza, informazione, fiato sul collo, grillo, torino a 5 stelle[/tags]

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lunedì 27 Aprile 2009, 19:36

Cani e padroni di cani (2)

Oggi, all’ora di pranzo, ho fatto un salto al solito Lidl per fare la spesa. Ed è stato interessante, non solo perché vendono a 50 euro un bidone da compostaggio casalingo (per quelli di voi che hanno l’orto).

Una delle cose interessanti del Lidl è l’umanità che ci si ritrova, molto più varia che in qualsiasi supermercato; ci si sentono tutte le lingue del mondo, con una certa predilezione per quelle dell’Europa orientale. Stavolta sono arrivato alla cassa e davanti a me c’era un signore più o meno mio coetaneo, vestito con una specie di piumino e con occhiali da sole fighetti, che aveva in braccio (niente carrello) un paio di ciabatte e poca altra roba. Il signore apre bocca e rivela un accento milanesissimo, tanto forte da stordire.

Mi dice: “Uè scusa, devo solo andare a prendere il sacco per il cane!”; è una tecnica che usano in molti, ossia prendere il posto nella coda e poi andare ancora in giro per aggiungere le ultime cose. Al che lo faccio passare all’indietro perché vada a prendere il sacco, e intanto comincio a sistemare la mia roba sul nastro trasportatore della cassa. Dopo un minuto lui torna trascinando un gigantesco sacco di crocchette für Hunde, arriva, mi guarda e fa: “Ma non mi hai lasciato il posto!”.

Io guardo, e mi accorgo che lui ha sì posato il resto della sua spesa prima di andare a prendere il sacco, ma invece di metterlo sul nastro come marcatore del posto l’ha buttato in mezzo ai gerani in offerta speciale presso le casse. Scuoto la testa tra me e me e lo invito a passare; però lui non sa cosa fare, non sapendo come mettere le cose sul nastro, visto che tra me e la signora davanti non è rimasto il posto. Allora mi sporgo e infilo un braccio in mezzo al nastro mentre scorre, in modo che la mia roba resti ferma: e magicamente gli creo il posto.

Lui tutto contento deposita il materiale; arriva il suo turno, e chiede alla cassiera dove stanno le spazzole in offerta volantino, che non le ha trovate. La cassiera glielo dice, lui dice che non ci sono, la cassiera fa notare che la cliente precedente ne aveva una, lui allora ammutolisce, si ferma un attimo, e poi cambia argomento; le dice “Scusa, del sacco del cane me ne batti due che poi torno dentro e ne prendo un altro, si può vero?”. La cassiera lo guarda perplesso – visto che era andato a prenderne uno, poteva prenderne subito due – ma dice di sì. Il tizio allora paga, mettendoci una vita – come se non avesse mai maneggiato dei soldi in vita sua – e poi va a prendere un altro sacco… ma stavolta abbandona tutta la sua roba sul ripiano della cassa bloccando la coda.

Al che la cassiera sbuffa, io mi ingegno, ci aggiustiamo costruendo una linea continua tra lei che batte e io che inscatolo nel carrello, e alla fine il tizio torna e si prende la sua roba sottobraccio Рsempre senza carrello n̩ sacchetti.

Quando io arrivo nel parcheggio sotterraneo, lo vedo caricare i suoi due sacchi di croccantini superscontati su un gigantesco fuoristrada da 50.000 euro; non solo, ma comincia a uscire in retromarcia dal posto proprio mentre sto passando io, non curandosi minimamente del fatto che ci possa essere qualcuno che passa (o forse non essendo assolutamente in grado di vedere dietro a sé, con un bidone del genere). Gli suono, inchiodo e riesco ad evitare lo scontro.

La domanda è: ma un bauscia senza problemi di soldi (o forse con problemi di soldi ma senza che ciò lo renda propenso a rinunciare al macchinone) perché viene al Lidl, e perché solo per comprare il cibo del cane? L’unica teoria che sono riuscito a concepire è che il cane sia in realtà della sua squinzia, e che quindi gli voglia male anzichenò; però siete liberi di proporre altre ipotesi.

[tags]lidl, milanesi, cani, suv, gente di un certo livello[/tags]

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venerdì 24 Aprile 2009, 23:51

Prospettive per Bologna

Con tutto il rispetto per chi si trova a portare un cognome difficile, i giganteschi cartelloni murali uniti alle prospettive nel centro di Bologna giocano brutti scherzi. Però poteva almeno scegliere un simbolo con una forma un po’ diversa!

DSC02023s.JPG

[tags]bologna, elezioni, cartelloni[/tags]

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giovedì 16 Aprile 2009, 17:21

Strani treni

La settimana prossima sarò a Bologna per parlare a questo convegno e partecipare all’assemblea di Società Internet; per questo motivo, mi sono messo a valutare orari e prezzi dei treni, sperando di non dover prendere l’auto (che costa 85 euro tra andare e tornare, per tre ore e qualcosa di viaggio in ciascun senso).

L’andata già è problematica: gli unici due treni che arrivano all’ora di pranzo sono questi:

screenshot-trenitalia-toboav-andata.png

Naturalmente, non c’è alcun treno che faccia la strada più breve, passando da Alessandria; è noto che ormai per andare in treno da Torino a qualsiasi parte d’Italia a parte Liguria e Versilia bisogna passare da Milano.

In pratica, il mio destino è partire alle 8:50 e metterci quasi quattro ore, perché è vero che l’ultimo tratto si svolgerà su un fantastico treno ad altissima velocità che sfreccerà per la pianura, ma per arrivarci devo prima prendere il solito regionale a carbonella che mi porterà a Milano Centrale, dove troverò una “ottimizzata” coincidenza di soli 45 minuti; il tutto per 46 euro, cioé più o meno lo stesso costo dell’auto.

Però, mi dice Trenitalia, c’è una alternativa: posso prendere il treno dopo, che fa lo stesso giro ma costa otto euro in più perché al posto del regionale c’è un EurostarCity (che sono i vecchi intercity rinominati per poter aumentare i prezzi senza vincoli); grazie all’aumento di prezzo e di velocità ci metterei… 25 minuti in più!

Va bene, non sono tanto contento, comunque proviamo a vedere il ritorno; ecco qui le mie opzioni per partire da Bologna subito dopo pranzo.

screenshot-trenitalia-toboav.png

Allora, ci sono finalmente due treni che suppongo passino da Alessandria – suppongo, perché con la nuova fantastica interfaccia di Trenitalia non basta più un solo click per scoprire le fermate intermedie di un treno e capire così che strada fa, ma bisogna cliccare una volta sul pallino nella colonna a destra, poi cliccare una seconda su “dettagli per selezione” e poi scrollare in basso e cliccare una terza volta sul secondo pallino che compare nella nuova riga apparsa in fondo alla schermata: che comodo!

Comunque, se riesco a prendere il primo treno sono contento, perché facendo la strada giusta ci mette le sue oneste tre ore e mezza (comparabili con l’auto) e costa 33 euro (meno dell’auto). Certo, uno poi guarda il treno gemello (quello delle 19:08) e si chiede perché i due treni simili non siano sincronizzati (come da manuale dell’orario cadenzato, quello per cui i treni partono sempre allo stesso minuto di ogni ora) e perché il secondo ci metta 22 minuti in meno a fare la stessa strada: ma come pianificano queste tracce?

Ma la cosa che mi lascia più perplesso è l’alternativa velocissima. Qui finalmente, per la prima volta, potrei fare l’intero percorso in alta velocità. La prima opzione prevede un cambio a Milano e ci mette due ore e 41 minuti. Risparmierei quasi tre quarti d’ora, anche se il risparmio è solo un quarto d’ora sull’intercity della sera: ma non sarà che quello del pomeriggio è stato rallentato perché se no l’alta velocità per Torino era chiaramente inutile? Comunque, per questo risparmio di tempo il costo è quasi il doppio: 60,90 euro. Ed è il 50% in più di quello che costa andare in auto, anche viaggiando da solo!

Oppure posso prendere il treno alta velocità successivo: che ci mette lo stesso tempo del precedente, ma è migliore in quanto non devo cambiare, e costa oltre dieci euro in meno. A questo punto mi chiedo: ma questi prezzi e questi orari come li decidono, tirando un dado?

Una volta, da Torino a Bologna c’erano degli intercity piuttosto comodi; anzi, mi sembra che negli anni ’80 e ’90 ci fossero addirittura degli interregionali. Questi treni facevano lo sporco lavoro del treno sulle medie distanze, che è costare meno dell’auto e non metterci molto di più, dandoti la comodità di non dover guidare e parcheggiare in cambio della scomodità di partire da punti fissi in orari prestabiliti. E a queste condizioni io prendo il treno tutta la vita; anzi, io ho sempre adorato il treno e odiato guidare.

Oggi, la competitività del treno è inesistente: in pratica la tua unica opzione è prendere dei treni a lunga percorrenza che vanno velocissimi per venti minuti (grazie a infrastrutture costate a tutti noi 60 milioni di euro al chilometro) ma che poi si impantanano tra stazioni intasate e coincidenze casuali; e alla fine il viaggio risulta in genere più lento e/o più costoso rispetto all’auto, persino quando sei da solo (se per caso hai una famiglia non pensarci nemmeno: per viaggiare in treno ti servirebbe un mutuo). Certo che poi, tra un po’, ci diranno che i treni sono semivuoti e devono aumentare i prezzi, tagliare le linee, ridurre i servizi… tranne quelli che giustificano le mega-opere da miliardi di euro su cui tutti devono mangiare.

E’ per questo che, per la prima volta e con la morte nel cuore, sto pensando seriamente di fare un viaggio simile in auto.

[tags]ferrovie, treni, trenitalia, alta velocità, torino, bologna[/tags]

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martedì 31 Marzo 2009, 23:40

Andoma al Chrysler Building

Avvertenza: questo episodio potrebbe non essere avvenuto esattamente così come riportato.

Se devo scegliere un edificio che più di tutti simboleggia Manhattan, non ho dubbi e scelgo il Chrysler Building. Nonostante fosse abbastanza fuori mano rispetto al percorso previsto, oggi abbiamo deciso di deviare per andarlo a vedere: infatti avevamo un motivo speciale.

Dal Chrysler Building si rimane impressionati: l’eleganza della sua famosa punta d’acciaio si impone su tutta la città, e da vicino si possono scorgere anche le gargoyle d’acciaio in stile anni ’30 che sporgono dal sessantesimo piano. L’interno è ancora più impressionante; nonostante la base dell’edificio sia incredibilmente piccola, almeno rispetto al medio grattacielo di New York, l’atrio è tappezzato di marmi rossi e decorazioni metalliche in stile, mentre le guardie in uniforme bloccano l’accesso ai blocchi di ascensori, otto per ogni gruppo di piani, di cui il più guardato è il blocco centrale, quello che porta fino al settanta-e-rottesimo piano. Ma noi, oggi, sapevamo che non c’era più motivo di farsi intimidire.

Già, perché i giornali e i telegiornali qui riportano pudicamente che persino Obama dice che la Chrysler non può sopravvivere come compagnia a se stante, e in fondo in fondo, dopo le paginate sullo scandalo GM, informano che è stato concluso “un accordo di lunga durata” con “Fiat SpA, an Italian carmaker”. Ma noi sappiamo la verità, ce l’ha detta La Stampa: è la Fiat che ha comprato la Chrysler, vincendo un complesso di inferiorità durato un secolo.

E così, oggi sono andato a riscuotere: sono entrato nell’atrio senza bussare, con piglio marziale, e mi sono avvicinato all’ascensore presidenziale. La guardia – un nero gigantesco che aveva l’aria di chi in una vita precedente faceva lo sparring partner di Mike Tyson – mi ha guardato male, ma io gli ho subito fatto capire chi è il padrone adesso: “Piantla lì!” gli ho gridato, squadrandolo dall’alto in basso (operazione per la quale è stato necessario uno sgabello utilmente reperito in loco).

Lui sul momento non ha capito – probabilmente non aveva ancora letto La Stampa – e quindi ho provveduto a informarlo: “I l’oma catà nojauti, tuta sta ròba sì!”. Lui è rimasto un attimo sbigottito, come se non fosse sicuro di cosa intendessi dire, e allora – indicando col dito – ho specificato con maggiore precisione: “Tuta, tuta! Ij mòbil, le lampe, le pòrte, j’assenseur, ij tapirolan…” A quel punto ho visto la disperazione nei suoi occhi: passi per i mobili, ma quello no! Con un accento ancora incerto, come di chi ha studiato il piemontese tutto in una notte, mi ha risposto: “‘dcò ij tapirolan?”. Non ho avuto cuore di insistere, e ho preferito lasciargli la speranza di salvare almeno quelli.

Eppure i segnali sono ormai evidenti: nel cuore di Manhattan, nell’edificio simbolo dell’industria americana, il chioschetto non vende più hamburger, ma panini con le acciughe al verde; e il carrello degli hot-dog all’angolo è già stato sostituito da un carrello dei bolliti. Per fraternizzare, le guardie mi hanno offerto una scodella della nuova bagna caoda di Starbucks: sta in un contenitore di plastica con un tappo sintetico che mantiene caldo il contenuto, e che in cima ha un buco a forma di ciapinabò, per facilitare la puccia.

E questo è soltanto l’inizio! Stasera, soddisfatto, già mi vedevo le grandi aziende americane piemontesizzarsi: alla Piassa dij Temp le insegne luminose dicevano “Ernèst e Giovin”, “Citemòl”, “Café dla ròcia dura” e “Gran negòssi dla vérgin” (quest’ultimo però sta chiudendo). Ma forse era la bagna caoda di Starbucks che aveva troppo aglio.

[tags]viaggi, stati uniti, new york, chrysler, torino, fiat, piemontese, bagna caoda[/tags]

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mercoledì 18 Marzo 2009, 10:26

Incontro

Per chi di voi ha la serata libera e non ha ricevuto l’invito su Facebook, segnalo che questa sera Torino a 5 Stelle svolge un incontro aperto al pubblico per coinvolgere nuove persone e mobilitare chi crede nei nostri stessi obiettivi. C’è in giro un appello con tutti i motivi e i dettagli su come partecipare… per chi viene, ci vediamo là.

[tags]politica, elezioni, cittadinanza attiva, lista civica, torino a 5 stelle, grillo[/tags]

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sabato 7 Marzo 2009, 08:56

A Firenze

Oggi sparisco di nuovo: sono in viaggio per Firenze, dove domani si terrà il primo incontro nazionale delle liste civiche a cinque stelle. Ancora non sappiamo se sarà una cosa seria, con possibilità per tutti di discutere e di organizzarsi, o se sarà uno show di Grillo & friends in cui noi saremo chiamati a fare essenzialmente da pubblico. Lo scopriremo presto…

[tags]grillo, cinque stelle, elezioni, firenze[/tags]

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venerdì 6 Marzo 2009, 19:15

Sfiga di suora

Ho già detto che, da adulto laico ma di mente aperta, ho sviluppato un rapporto dialettico e non privo di stima con la Chiesa Cattolica, pur rimanendo spesso sconcertato dai suoi aspetti più moralistici o più affaristici (tra questi, in questo viaggio si è aggiunto il santuario della Beata Vergine di Guadalupe, dove per massimizzare il flusso di pellegrini che riescono ad ammirare la reliquia dell’apparizione è stato installato tra l’altare e la teca un sistema di tapis roulant modello aeroporto, i quali, muovendosi costantemente a una certa velocità, impediscono ai fedeli di sostare per troppo tempo davanti alla reliquia e con ciò diminuire il throughput del santuario).

Comunque, ogni tanto si risveglia anche l’anima da quindicenne, risalente a quando, durante una vacanza estiva o forse una gita, mi fu insegnato il gioco della sfiga di suora; gioco tanto semplice quanto irrazionale, perché consisteva nel contare il numero di suore che si incontravano sul cammino, e applicare le opportune formule per scaricarne la supposta potenza iettatrice su qualcun altro.

Bene, capirete quindi che quando ieri sera – in attesa di decollare da Città del Messico, seduto sull’aereo nel posto finestrino di un blocco di tre – l’occupante del posto accanto a me si è rivelata essere una suora con tanto d’abito d’ordinanza, mi son chiesto: che sfiga, cosa ci potrebbe essere di peggio?

La risposta è arrivata subito: peggio di una suora seduta accanto a te, c’è che la suora seduta accanto a te chieda al passeggero sistemato dall’altro lato se può cambiare posto, in modo da far accomodare nel tuo blocco di tre una seconda suora.

E non finisce qui: quando le suore hanno attaccato a parlare in italiano, ho subito capito che la cosa era lì per durare; infatti, dove mai in Italia possono essere destinate due suore missionarie che tornano dal Messico, se non a Torino? E infatti, puntualissime, le due suore si sono palesate anche a Francoforte, all’imbarco del volo per Torino.

Qui, il mio inconscio si è ribellato e ha deciso di fare un esperimento in due parti; e parlo di inconscio perché sono due cose di cui mi sono accorto solo atterrato a Torino, e che non mi era mai capitato di fare, nessuna delle due, in decine e decine di voli in giro per il mondo. In pratica, quando a metà volo mi sono alzato un attimo e mi sono riseduto, mi sono dimenticato di allacciare le cinture, e ho fatto tutto l’atterraggio slegato; inoltre, quando alla partenza ho messo la giacca nella cappelliera, mi sono completamente dimenticato di spegnere il cellulare che stava in tasca, e che è rimasto acceso e attivo per tutto il volo.

L’esperimento prova dunque che non solo le suore non portano sfortuna, ma anzi fanno girare tutto per il verso giusto: i voli erano in perfetto orario, la valigia è arrivata senza problemi, e nonostante i ripetuti rischi non è successo nulla di negativo. In più, anche se non abbiamo avuto modo di chiacchierare più di tanto visto il volo notturno (e sinceramente mi dispiace), la suora alla mia destra mi ha anche offerto il suo pasto, che però ho cortesemente rifiutato per esaurimento di stomaco. Insomma, l’esperienza è stata positiva: spero di incontrarne ancora.

[tags]chiesa, suore, sfortuna, viaggi, incontri, aerei, sicurezza, beata vergine proteggici dai cellulari[/tags]

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