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Archivio per la categoria 'StillLife'


giovedì 26 Febbraio 2009, 09:15

In partenza

Non stupitevi se sarò silente per un po’: sto per uscire e prendere un aereo per andare al meeting ICANN di Città del Messico. Ma non temete: anche lì ci sarà wi-fi ovunque.

[tags]icann, messico, viaggi[/tags]

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lunedì 23 Febbraio 2009, 14:12

Lampedusa

Per quanto sia una fonte di parte, oggi alla radio ho sentito Agnoletto dire una delle tante cose che nessun giornale o quasi pare aver scritto: che la devastante rivolta nel CIE (già CPT) di Lampedusa della scorsa settimana non è stata provocata, come ha scritto La Stampa, da “la voglia di libertà, il timore di essere rimpatriati in Tunisia e la tensione accumulata dopo giorni e giorni”, ma che invece è stata provocata dalla richiesta, da parte della direzione dell’istituto, che tutti i clandestini ivi detenuti firmassero una dichiarazione attestante il loro ingresso nel campo il 27 gennaio, anziché a fine dicembre come era in realtà; questo in modo che i 60 giorni di detenzione massima permessi dalla legge diventassero in realtà 90 o 100.

Non voglio entrare adesso nel problema dell’immigrazione clandestina, su cui certo non la penso come Agnoletto; non credo che esista alcun diritto (a parte casi particolari, come l’asilo politico) che garantisca a mezzo mondo la possibilità di trasferirsi in Italia senza il visto che qualsiasi nazione richiede per l’ingresso permanente ai cittadini stranieri, e che qualsiasi nazione concede col contagocce, in funzione di ciò che la società locale può sostenere.

Questo detto, ciò che mi premeva dire è che anche questa rivolta è stata causata dall’incoscienza o dall’incapacità di pubblici ufficiali (come potevano pensare che una richiesta del genere non scatenasse una rivolta? sono tutti lì che sperano che scadano i termini in modo da poter finalmente entrare in Italia per decorrenza dei termini di rimpatrio) o meglio ancora provocata coscientemente, in modo da poter mostrare a tutto il Paese delle belle immagini di edifici in fiamme, generando così l’ondata di paura sufficiente a giustificare la continua adozione di provvedimenti come il recente “decreto sicurezza”, contenente non solo un allungamento dei termini di detenzione nei CIE ma anche la censura di Internet e tante altre belle cosette.

[tags]lampedusa, immigrazione, agnoletto, media, informazione, sicurezza, censura, dittatura[/tags]

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lunedì 23 Febbraio 2009, 09:45

Ancora sui mezzi pubblici milanesi

Per completare il quadretto di questo weekend, ieri mattina a Milano, mentre tornavo a prendere il treno del ritorno, è morta di botto la 91 in mezzo alla strada in viale Romagna; il che peraltro non sorprende, dato che ormai anche ATM, come Trenitalia, adotta la politica di non fare alcuna manutenzione ai mezzi, intervenendo solo quando si rompono. Tra l’altro il mezzo era pieno di controllori che avevano appena chiesto il biglietto a tutti e stavano multando un extracomunitario che ovviamente ha dato in escandescenze: perché dovete farmi la multa se tanto il mezzo è scassato e devo andare a piedi? La reazione è stata “figa, chiamiamo la polizia”.

Aspettare un’altra 91 era un suicidio… del resto, era arrivata alla nostra fermata alle 10:36, mentre i passaggi schedulati da palina erano 10:28 e 10:43; insomma, più fuori orario di così non poteva essere. Per fortuna però c’era la 93 deviata da lì, che – dopo il passaggio consecutivo di due 61 in due minuti, ovviamente vuoti – è arrivata e ci ha portato a Piola, anche detta “la metro misteriosa” perché se non sai dov’è l’ingresso non lo troverai mai (è nascosta dietro l’angolo in una viuzza secondaria un isolato più avanti in una a caso delle sei vie che partono dalla piazza).

Di lì sono arrivato a Centrale, ho fatto il biglietto alle macchinette e ho preso il treno al volo, non senza ammirare ancora una volta l’idea geniale di eliminare il percorso drittissimo (macchinette nell’atrio + scale mobili centrali) che fino all’anno scorso ti portava in due minuti dalla metro al treno, e sostituirlo con un giro lungo quattro volte tanto, per due terzi in un orrido sotterraneo, che si conclude con lentissimi tapis roulant in salita perennemente ostruiti da viaggiatori della domenica (e non importa se ieri era domenica, rompono le scatole lo stesso!), che arrivano in stazione un’ora prima e poi bloccano il passaggio di chi ha fretta stravaccandosi sui passaggi mobili. Una ragazza davanti a me ha spostato una signora con una spallata degna di Materazzi, la signora è quasi finita a faccia in giù… Sono le “ristrutturazioni autogrill” di Trenitalia: l’importante non è offrire un servizio efficiente a chi deve prendere il treno, ma farlo passare il più a lungo possibile attraverso un’abbondante serie di negozi e di pannelli pubblicitari.

E pensare che ieri sera da Fazio c’era la Moratti che si vantava della fondamentale utilità dell’Expo 2015, nonostante il conduttore le chiedesse quello che pensiamo tutti, e cioè: ma non sarebbe meglio spendere quei millanta miliardi di euro in servizi ai cittadini? La risposta della Letizia è stata che il cemento fa girare l’economia, e che comunque per l’Expo stanno già organizzando anche “eventi sportivi di livello mondiale”. Insomma, circences senza panem per tutti.

[tags]milano, atm, trenitalia, mezzi pubblici, bus, treni, expo 2015, moratti, fazio[/tags]

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domenica 22 Febbraio 2009, 10:22

Era meglio Porta Vecchia

Come dicevo ieri, venerdì ho preso il treno per uno dei miei regolari giri a Milano (questa volta per un romantico weekend). Tuttavia, essendo la partenza situata al fondo di una serie di commissioni, per una volta sono partito da Porta Nuova anziché dalla solita Porta Susa.

Ho così potuto ammirare le meraviglie della nuova sistemazione: in particolare, vi ricordate la grande biglietteria situata sin dalla notte dei tempi all’esatto centro della stazione? Bene, ora non c’è più, perché al centro della stazione veniva meglio metterci un bel corridoio (invece dei due preesistenti) circondato da negozi (ancora tutti sbarrati), in modo da aumentare al massimo la resa commerciale.

La biglietteria, quindi, ora è stata spostata in una vecchia saletta sul lato di via Nizza, nascosta e scomoda quasi come quella della nuova Milano Centrale. La saletta, però, è piccola: in tutto ci sono stati una dozzina di sportelli e ben quattro macchinette automatiche. Il risultato è il delirio: persino in una tranquilla pausa pranzo di un giorno feriale, c’era una coda di quattro o cinque persone per macchinetta più una calca infinita agli sportelli (ci sono due code uniche, su ciascuno dei due lati, e in ognuna ci saranno state come minimo venti persone).

Di conseguenza, molte delle persone in coda alle macchinette erano italiani tecnofobi: quelli che a malapena usano il bancomat invece di andare a prelevare allo sportello della banca, e che per il resto evitano come la peste qualsiasi automatismo (secondo me la punta massima della tecnofobia italiana si ha quando nei weekend estivi centinaia di persone si sciroppano venti minuti di coda alle piste “umane” dei caselli autostradali invece di infilarsi nelle semideserte corsie della Viacard e pagare col Bancomat che hanno in tasca; ma non divaghiamo). Visto però che gli sportelli erano inavvicinabili, molte persone si erano rassegnate a provare le macchinette.

D’altra parte, ciò significava che le macchinette erano intasate soprattutto di persone che volevano un banale biglietto suburbano (davanti a me: 2,20 euro per None; 1,40 euro per Nichelino) che però non potevano fare altrimenti perché, nel moderno Piemonte, le macchinette automatiche ferroviarie regionali non sono ancora arrivate.

Comunque, dopo di me ho dovuto pure fare il biglietto a una signora che doveva andare a Loano (ovviamente prendendo un IC Plus via Genova, come già dicemmo) ed effettivamente, se non si è abituati, non è affatto facile: sono necessarie almeno una dozzina di pigiate sullo schermo, spesso con diciture poco chiare, su pulsanti posti in posizioni sempre diverse e comunque poco visibili, che in vari casi servono a funzioni che un essere umano medio non è in grado di comprendere o non si aspetta (tipo scegliere tra venticinque diverse tariffe, verificare il numero di posto o confermare che si è consapevoli dell’esistenza dei borseggiatori). Basterebbe poco per ergonomizzare l’oscena applicazione Windows delle macchinette, ma non pare che a Trenitalia interessi qualcosa.

Tutto ciò, poi, per cosa? Cinque minuti prima dell’orario di partenza, del mio treno non c’era traccia; non era nemmeno comparso il binario, e in compenso c’erano un paio di centinaia di persone ferme a ingombrare l’atrio in attesa di informazioni. Letto sui tabelloni cartacei che il binario era il 19, ci sono andato; lì, cinque minuti dopo l’orario di partenza, il treno non c’era ancora, ma sono comparsi due figuri in divisa verdeblù a dire, con il tipico accento sudtirolese comune a molti ferrovieri italiani, che “se andate a Milano, Novaro o Vercello potete prendere l’eurostarro col biglietto reggionalo”. E così feci: per 9,20 euro ho preso l’Eurostar per Venezia delle 14:05 e quasi non ci credevo, era nuovissimo e pulitissimo; dico “era” perché la truppa del reggionalo, compreso un gruppo di gagni in libera uscita, ha provveduto rapidamente a sodomizzare le carrozze.

A me è andata bene, ma chi andava a Santhià, cancellato il reggionalo, ha dovuto attendere un’ora il successivo: Trenitaglia continua a tagliare, e ho avuto la netta sensazione che questa possa diventare una policy simile a quella delle peggiori compagnie aeree, ovvero tagliare volontariamente servizi schedulati quando il numero di passeggeri è basso, accorpandoli su altri servizi in orari più o meno vicini e fregandosene dei disagi causati.

[tags]trenitalia, stazioni, ferrovia, treni, porta nuova, torino, milano, automazione, ergonomia[/tags]

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sabato 21 Febbraio 2009, 12:08

E’ coagulata Milano Centrale

Vi preannuncio che questo sarà un weekend ferroviario, perché in un semplice viaggio in treno da Torino a Milano ne ho viste a sufficienza da riempire non uno ma due post, ordinatamente divisi per città.

Oggi, in particolare, voglio raccontarvi una delle esperienze più agghiaccianti della mia vita. Per motivi tipicamente trenitalici che vi spiegherò domani, invece di arrivare a Milano con il solito regionale sono arrivato con l’Eurostar per Venezia, alle 15:50 sul binario 12 – quello dei Frecciazozza. Il binario è stato rifatto con strutture metalliche avveniristiche, arredo di design e schermi piatti ovunque (tra cui un’abbondanza dei già citati schermi piatti utilizzati, al posto degli antichi cubi di plastica da cinque euro, per mostrare sempre e soltanto la lettera “A”).

Soltanto che, quando siamo scesi e arrivati in fondo al binario, ci siamo trovati davanti a un grumo umano, fermo. Ma proprio fermo: non come quelle volte in cui c’è calca, ma sgomiti un po’ e passi. Lì, invece, c’era un’area di circa venti metri per venti completamente piena di persone che cercavano di andare nelle quattro direzioni, spesso con borse e valigie, ma non riuscivano a spostarsi di un centimetro. L’unica volta in cui ho visto qualcosa del genere è stato in centro a Torino il giorno dell’inaugurazione delle Olimpiadi.

A quel punto, qualche genio del male trenitalico ha fatto arrivare al binario 13, quello accanto, un regionale da/per Bergamo (ma non erano i binari dell’alta velocità?!?). E così un altro migliaio abbondante di persone si è riversato nella calca, ed è successo il finimondo.

Ho visto delle vere scene di panico: gente scoppiare in lacrime, urlare, infuriarsi in tutte le lingue del mondo… italiano, spagnolo, inglese, giapponese. Tutti hanno cominciato ad accusarsi a vicenda di essere loro, la causa dell’ingorgo, in quanto non si muovevano; o, in alternativa, di spingere troppo e causare la calca. Varie persone sono quasi venute alle mani.

In realtà, il problema è molto semplice: in quel punto si incrociano trasversalmente il percorso di spostamento tra i vari binari a fondo stazione con il flusso di persone che arriva dai binari 12-13 e quello che arriva e si dirige verso l’uscita centrale della stazione; se si fanno arrivare contemporaneamente due treni sui binari 12 e 13, quel punto si intasa facilmente. Tuttavia, una situazione così non si era mai vista; allora ho indagato un attimo per capirne le cause, e se fosse successo qualcosa di particolare.

La prima causa è che, nonostante la ristrutturazione di Milano Centrale sia stata venduta come un mezzo per liberare gli spazi da baracchini e ingombri vari, la parte davanti ai binari è affollatissima: il passaggio di attraversamento orizzontale presso i binari è largo pochi metri, perché il resto del passaggio concepito in origine è tuttora occupato da box informazioni, stand pubblicitari, totem informativi, chioschi commerciali, cartelloni, persino quattro macchinette automatiche che ovviamente nessuno poteva usare, essendo inglobate nella calca.

Ma soprattutto, recentemente hanno fatto un’altra enorme genialata: hanno tolto i grandi tabelloni meccanici in alto che, da sempre, indicano i treni in partenza e in arrivo; e non li hanno sostituiti, se non con un certo numero di minuscoli schermi piatti con scritte gialle e nere corpo 20 che nessuno può leggere se non da mezzo metro di distanza, e con due tabelloni luminosi, più piccoli e molto meno leggibili dei precedenti, appesi in alto verso la volta e soprattutto rivolti in una sola direzione, verso l’interno della stazione.

In pratica, arrivando dall’esterno, per scoprire il binario del treno bisogna arrivare fino in mezzo al passaggio orizzontale fronte binari, fermarsi, girarsi e alzare la testa. Moltiplicate per qualche migliaio di persone e il gioco è fatto: basta qualche ritardo, con numeri di binario che non appaiono o con accumulo di persone in attesa, perché il fronte dei binari sia occupato da centinaia di persone ferme a testa in su che bloccano completamente il passaggio.

Se fosse solo incompetenza ci limiteremmo ad arrabbiarci, ma qui è veramente irresponsabilità e colpa grave: nella calca folle di ieri bastava una sola persona che si fosse messa ad urlare, a spingere seriamente, a cercare di scappare e ci sarebbero stati feriti gravi, se non il morto. Disastri che pensavamo potessero succedere solo più nel terzo mondo, e invece oggi potrebbero accadere anche a Milano.

[tags]trenitalia, stazioni, ferrovia, treni, disastri, incompetenza, folla, panico[/tags]

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domenica 8 Febbraio 2009, 22:51

Fosse che fosse troppo tardi?

So che in questi giorni noi italiani decenti siamo tutti depressi, tra la storia di Eluana e quella del decreto che prevede la censura poliziesca di Internet. Ma stasera mi sono tirato su, e ho capito che la censura non passerà. Come mai?

Beh, stasera siamo andati in pizzeria. Mentre pagavamo il conto, il signore alla cassa aveva lì, appoggiato su uno sgabello, un portatile; e appena possibile ci buttava l’occhio, per seguire a sgamo in diretta, da un peer-to-peer cinese, il “derby del Sud” Palermo – Napoli.

E se a usare i sistemi di comunicazione distribuita, cifrata e impossibile da filtrare ci sono arrivati anche i pizzaioli, vuol dire che sarà molto difficile tornare indietro.

[tags]calcio, peer to peer, internet, censura[/tags]

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sabato 31 Gennaio 2009, 16:21

Si è piantato Google!

A dimostrazione che anche nelle migliori famiglie ogni tanto qualcosa non funziona, da almeno un quarto d’ora si è incartato Google.

Ciò che succede, più precisamente, è questo: Google ha da tempo un meccanismo per identificare i siti che cercano di installare dialer, badware o altri programmi pericolosi. In questo caso, invece di linkare il sito, viene presentata sotto il link la scritta “Questo sito potrebbe arrecare danni al tuo computer.”, e cliccando sul link si viene rediretti a una pagina di spiegazione che ti invita a non entrare nel sito, oppure a farlo a tuo rischio e pericolo copiando e incollando l’URL a mano.

Bene, in questo momento, qualsiasi cosa voi cerchiate sul motore di ricerca, tutti i siti contenuti fra i risultati vengono marcati come potenzialmente pericolosi. Per esempio, cercando “torino”, questo è ciò che si ottiene:

googlepiantato12.png

Come vedete, tutti i siti dal primo all’ultimo – quello del Comune, Wikipedia, quello del Torino FC, quello della Provincia, quello del Politecnico… – vengono marcati come pericolosi. Se cliccate ad esempio sul link a Wikipedia, viene fuori la pagina di avvertimento:

googlepiantato3.png

Se poi volete davvero capire meglio e sapere perché il sito è stato classificato come pericoloso, potete cliccare sul link alla “pagina diagnostica Navigazione sicura” e, dopo un po’, ottenere questo:

googlepiantato4.png

Probabilmente quest’ultima pagina viene generata da un sottosistema apposito che è dimensionato per situazioni normali; in questo momento in cui tutti i risultati di Google portano lì, quelle povere macchine stanno sicuramente morendo.

Immagino che qualcosa sia andato storto in un aggiornamento software o in una base dati, e ora tutti i siti vengano marcati in automatico come pericolosi… Il bello è che questo accade per tutti i risultati, qualsiasi cosa cerchiate, e su qualsiasi versione di Google (almeno, ho provato quella inglese ed è piantata uguale). Non c’è quindi modo, se non con un copia e incolla dell’indirizzo, di arrivare a un qualsiasi risultato: Google è completamente inutilizzabile.

Per dieci minuti ho pensato “oddio, e adesso come faccio a usare Internet?”, finché Elena non mi ha ricordato che esiste anche Yahoo!

[tags]google, errori, software, bachi, badware, protezione utonti[/tags]

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domenica 25 Gennaio 2009, 14:37

Cose così

Alle volte nella vita succedono combinazioni ben strane.

Per esempio, ieri all’ora di pranzo stavo andando in auto da mia mamma e ho imboccato l’ultimo tratto di via Bardonecchia, verso corso Brunelleschi. Mi sono trovato davanti un blocco: nella chiesa si svolgeva un funerale, e c’era così tanta gente che la massa strabordava e bloccava anche la via. Ho anche bestemmiato un po’, pensando “ma questi non potrebbero starsene sul marciapiede invece di bloccare il traffico”? Poi, tornato a casa, ho scoperto da un forum che era il funerale di uno dei quattro alpinisti morti sul Bianco.

Comunque, ieri ho usato LinkedIn per chiedere una introduzione a un mio conoscente americano, un ex manager di ICANN. Così ho visto il suo profilo, e ho cominciato a leggere per capire cosa avesse fatto dopo aver lasciato ICANN: bene, oltre a lavorare per Al Jazeera, è stato un “field coordinator” per la Universal, cioè un cercatore di luoghi e situazioni, per i due lungometraggi seguenti: 1) Borat; 2) Bruno. Così ieri sera ho finalmente visto Borat, ed effettivamente il suo nome compare nei titoli di coda…

Naturalmente non ho nessuna intenzione di chiedergli aneddoti sulla lavorazione dei film, visto che gliel’avranno già chiesti tutti. Però mi sono infine guardato il DVD, e devo dire che il film è migliore di quello che sembrava, cioè meno razzista e meno malvagio di quel che temevo. La parte migliore, comunque, sono le scene extra…

[tags]torino, coincidenze, funerale, borat[/tags]

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martedì 20 Gennaio 2009, 16:21

Un martedì no grat

Ieri avevo ricevuto un invito per il presidio contro il grattacielo di Banca Intesa, che si sarebbe tenuto oggi in pausa pranzo nei giardinetti lì accanto; e oggi a pranzo, essendo in giro in bici, sono andato a vedere.

Sono arrivato lì circa all’una e un quarto; c’erano una dozzina di persone, nessuno che conoscessi di persona. C’era però Paolo Hutter – ex Lotta Continua, ex o forse ancora Verdi, ex assessore all’Ambiente – incatenato a un albero; nonché un altro paio di persone che conoscevo di vista dai tempi del Poli, ricercatori o docenti.

C’è fermento perché stamattina, senza preavviso, il cantiere è stato espanso: è stata posta una serie di grate in mezzo ai giardinetti, e le ruspe hanno cominciato a spostare più in là i jersey di cemento su cui è posata la recinzione metallica. Tra i jersey e le grate sono rimasti chiusi una presa d’aria del parcheggio sotterraneo e soprattutto un albero. Non si capisce se l’operazione sia autorizzata o no, né quale sarebbe il destino dell’albero, per cui Hutter si è incatenato in attesa di spiegazioni da parte del dirigente del cantiere.

La cosa più importante per me, però, è quello che apprendo dal ricercatore di Architettura: infatti, vedendo l’area recintata rasa al suolo per cominciare lo scavo, avrete sicuramente pensato che il grattacielo sia ormai cosa fatta e pronta all’ultimazione. In realtà pare non essere così, perché del grattacielo non esiste ancora nemmeno il progetto definitivo – e quindi nemmeno le relative valutazioni!

Sembra che il Comune abbia concesso in fretta e furia un permesso provvisorio per cominciare a fare qualcosa, tipo un po’ di pulizia e un po’ di scavo, proprio per battere sul tempo le opposizioni al grattacielo prima che si organizzino; tanto è vero che è stata richiesta una fidejussione perché, se il progetto non dovesse venire infine approvato, ci siano i soldi per riempire il buco che stanno facendo.

Il motivo è prettamente politico: l’operazione grattacielo, infatti, è stata concepita per due motivi. Da parte del Comune, c’è l’esigenza di incassare decine di milioni di euro in oneri di urbanizzazione, per salvare le proprie casse sull’orlo della bancarotta; da parte di Banca Intesa, c’era l’interesse di assicurarsi una gigantesca speculazione immobiliare, che avrebbe portato la banca a possedere una enorme cubatura in un punto strategico, proprio sopra la nuova stazione, quindi con valore notevole. Certo, oggi ti dicono che ci metteranno gli uffici della banca e che questo porterà occupazione a Torino (come se nel frattempo non avessero dato un calcio nel sedere a tutti i maggiori dirigenti ex Sanpaolo, e come se le banche non fossero tutte piene di dipendenti che, nell’era della finanza automatizzata e dell’online banking, non servono più a niente…); in realtà, nel medio-lungo termine, è facile prevedere che gli uffici possano venire rivenduti o addirittura trasformati in alloggi di lusso.

Lasciamo perdere l’insensatezza urbanistica di attirare ulteriore traffico in quel punto e quella ambientale di deturpare il paesaggio di una città che punta sul turismo e che si è finora salvata dalle americanate; ma, in tempi di crisi e di mercato immobiliare a rischio crollo, che una banca spenda 400 milioni di euro per costruire un grattacielo pare insostenibile anche economicamente. Paradossalmente, ciò che non ha potuto impedire la contrarietà della cittadinanza potrebbe essere impedito dal mercato.

Nel frattempo, però, si è scatenata la gara per raggiungere il presidio: arrivano primi i dighi, uno dopo l’altro, seconda Torino Cronaca, gli altri quotidiani non sono pervenuti dato che per loro il problema non esiste. Per una dozzina di persone ci sono cinque agenti della Digos, che cercano di mimetizzarsi, ma senza speranza: da una parte ci sono persone di una certa età e un po’ di giovanotti smilzi, dall’altra cinque tizi belli grossi con accento del profondo Meridione…

Partono book fotografici in abbondanza: noi fotografiamo il cantiere, gli operai fotografano noi, i giornalisti fotografano gli operai che fotografano noi, la Digos fotografa i giornalisti che fotografano gli operai che fotografano noi che fotografiamo il cantiere. Nell’era dell’abbondanza mediatica, sappiate che Torino Cronaca ora ha una foto di me abbracciato a Paolo Hutter, ma non ho da temere perché c’era l’albero in mezzo – e poi non mi sono presentato, né gli ho lasciato il numero. Quanto ai dighi, sai chemmefrega: io ormai sono schedato per almeno cinque diversi tipi di sedizione…

Verso le due arriva infine il capocantiere, un tizio alto alto dall’accento fortemente veneto, accompagnato da qualche operaio e da un negrone di due metri della sua security. Parte una civile chiacchierata, loro spiegano che le grate sono provvisorie e servono solo per il lavoro di spostamento della recinzione, il quale è stato regolarmente autorizzato dal Comune con tanto di pagamento della tassa di occupazione del suolo pubblico; e che l’albero non sarà toccato in alcun modo. Tanto basta: Hutter si scatena e ce ne andiamo tutti a casa.

I dighi confabulano per capire se qualcuno deve essere denunciato e per cosa (forse c’è un reato per Hutter nell’aver aggirato la grata, che peraltro era aperta da un lato; comunque nessuno è mai entrato nel cantiere); concludono che in assenza di querele non si può far niente, e un digo basso e grosso si scusa per aver preso a male parole il cane di un manifestante. Gli operai ritornano ad operare. Anche oggi, una dozzina di persone hanno rivendicato il diritto ad avere un’opinione dissenziente. Non sarà abbastanza, ma è meglio che niente.

[tags]torino, grattacielo, banca intesa, sanpaolo, comune, hutter, digos[/tags]

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venerdì 16 Gennaio 2009, 15:48

Il viaggiatore razionale

Ieri ho preso il treno da Milano a Torino – peraltro partito già con venti minuti di ritardo – e ho avuto occasione di fare esercizi di logica.

Cominciamo dalla fine: arriviamo a Porta Susa e c’è la folla assiepata in attesa che il treno fermi e si possa scendere (tra l’altro, a Porta Susa la gente si affretta perché le scale verso il sottopasso si intasano subito in un gigantesco grumo di gente, e se scendi per ultimo aspetti dieci minuti prima di poter uscire). Davanti alla porta ci sono due anziani; mentre il treno sta ancora finendo di fermarsi la signora preme il pulsante della porta. Ovviamente non succede niente. Due secondi dopo, non di più, il treno è fermo e il pulsante si accende. La signora sta lì e non fa niente. Tutti gli altri idem. La porta non si apre e alcuni cominciano a bestemmiare contro le porte sempre rotte. Lascio passare una decina di secondi poi, da dietro, grido alla signora che deve schiacciare di nuovo: schiaccia e usciamo, ma lei ribadisce ad alta voce che “la porta è rotta, io avevo già schiacciato”.

Voi potete prendervela con la signora, dato che la logica dell’ingegnere prevede che l’umano si accorga che il pulsante non è ancora acceso, e aspetti a premerlo; peccato che tale pratica sia tutto meno che uno standard, visto che tra tram e treni ci sono pulsanti che si accendono solo quando sono attivi, pulsanti che all’attivazione cambiano colore, pulsanti che sono sempre accesi e pulsanti che non si accendono mai, nonché porte la cui apertura è prenotabile e porte la cui apertura non è prenotabile. Insomma, lamentarsi sul fatto che i viaggiatori non conoscano gli standard mi sembra ingeneroso, visto che l’industria del ferro non è stata in grado di adottarne uno.

Piuttosto, è così difficile programmare questo pulsante in modo che se viene schiacciato nei dieci-quindici secondi precedenti allo sblocco delle porte la porta si apra automaticamente al momento dello sblocco? Non so se sia gestito via hardware o via software, ma è una di quelle modifiche da cinque minuti di lavoro che eviterebbe furie e ritardi.

L’ultima cosa riguarda me: sono arrivato in stazione, nella nuova Milano Centrale appena restaurata dove l’architetto imbecille è riuscito a triplicare la lunghezza del percorso metropolitana -> biglietteria -> treno (complimenti davvero). Ero in giro da un po’ e dovevo far pipì, così salendo dalla biglietteria ai binari vedo l’indicazione delle toilette: vado lì e scopro che far pipì a Milano Centrale costa un euro. Non 10, 20 e nemmeno 50 centesimi: un euro! Allora, essendo una persona razionale, cosa faccio?

La soluzione razionale, elaborati gli incentivi e le necessità prospettatemi, è la seguente: proseguo, arrivo al treno, salgo, me ne frego della lucetta che dice “fuori servizio”, prendo un bel respiro perché dentro il WC c’era una pozza di liquido colore del té che non era té e non veniva scaricato da ore, e faccio pipì gratis nel treno, in stazione. Non scarico, perché tanto non scarica: era tutto rotto e intasato (comunque i Vivalto hanno gli scarichi a circuito chiuso, non sui binari). Ma ammetto che se anche avesse scaricato sui binari l’avrei fatto ugualmente.

D’altra parte, a fronte degli incentivi economici introdotti nel sistema-stazione da Trenitalia, la mia non è forse la scelta più razionale?

[tags]ferrovie, trenitalia, logica, standard, interfacce, pipì[/tags]

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