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Archivio per la categoria 'StillLife'


sabato 1 Novembre 2008, 11:02

Nuovo cinema Lufthansa (2)

Mi avranno fatto penare con le lounge, ma alla fine sono stato fortunato: visto che c’era un posto libero, ho vinto un upgrade gratuito in business class sul Francoforte-Cairo. (Il posto era libero per via di un americano che ha perso la coincidenza; solo che all’ultimissimo momento l’americano è arrivato, però io ero già spaparanzato e quindi hanno piazzato lui in economy facendogli un rimborso, e me gratis in business! Ho incontrato poi il tizio al Cairo e ha bestemmiato tutti i santi…)

Ho quindi potuto godere del programma di intrattenimento personalizzato, che consiste in una orrida interfaccia simil-web tramite la quale tuttavia è possibile godere in video on demand di qualche decina di film e programmi televisivi.

Scorrendo la lista ho visto qualcosa di vagamente interessante, tipo Hancock (interessante per vedere quanto riesca a rendersi ridicolo Will Smith) o l’ultimo Indiana Jones (interessante per vedere quanto riesca a rendersi ridicolo Harrison Ford). Alla fine, però, c’era The Forbidden Kingdom e così non ho avuto dubbi.

Premetto che anche questo film ha dei problemi: per esempio, una sceneggiatura con più buchi di una forma di Emmental. La trama infatti è la seguente: un bravo ragazzo americano viene coinvolto nella rapina più inspiegabile della storia, visto che gli amici che fa entrare nel negozio cinese improvvisamente e senza alcun motivo tirano fuori una pistola e cominciano a sparare, dopodiché lui scappa per un quartiere dove tutte le porte delle case e dei negozi sono aperte anche di notte. Comunque, alla fine si trova magicamente teletrasportato nell’antica Cina, dove una serie di strani personaggi lo aiuteranno ad attraversare foreste e deserti per raggiungere infine le Tle Cime di Lavaledo, su cui ha sede l’impero cattivo di turno. Naturalmente il bene trionfa, e il ragazzo riesce ad essere infine caricato su un Airbus A340 Lufthansa che lo riporta a Boston sano e salvo; nonostante una lunga coda al controllo passaporti, riuscirà a raggiungere gli amici cattivi e a dargliele finalmente di santa ragione al grido di “Adriana!”.

In tutto questo c’è un altro grosso problema: l’american boy è interpretato da tal Michael Angarano, un ventenne che per faccia ed espressioni riesce ad essere un clone altrettanto brutto, vecchio e antipatico di George W. Bush. Egli spara le sue battute con un pathos degno di un venditore di aspirapolveri, anzi, per essere precisi, di George W. Bush che tenta di vendere aspirapolveri. Per fortuna, nel film ci dà grandi soddisfazioni, visto che si prende mazzate dall’inizio alla fine; tuttavia, risulta costantemente fuori posto, improbabile quanto Mara Carfagna ministro della Repubblica.

Capite che non ci si può aspettare molto dalla trama e dalla parte americana del film, ma non è quello il punto. Per fortuna, infatti, la pellicola si trasforma presto in uno show personale di Jackie Chan, uno dei più grandi attori degli ultimi cinquant’anni: un vero fuoriclasse dei film d’azione. E’ raro trovare uno che contemporaneamente è capace di esibirsi in evoluzioni mozzafiato, coreografarle in modo che siano divertenti invece che noiose, riuscire regolarmente a farti ridere e comunque dipingere un personaggio interessante, con profondità e credibilità.

In più, qui gli affiancano il numero 2 tra i kung-fu master viventi, Jet Li (che spero ricorderete in Arma Letale 4 o nel suo esordio occidentale da protagonista, Romeo deve morire). Avevo il terrore che il film si rivelasse una insana ammucchiata in cui Li e Chan si pestavano i piedi a vicenda, tipo quelle squadre di calcio che comprano ventisette attaccanti di prima fascia e solo dopo si accorgono che possono andarne in campo massimo un paio alla volta. Invece, incredibilmente, c’è chimica: almeno in alcune occasioni, i due mettono insieme scenette alla Ciccio e Franco davvero spassose.

L’altra meraviglia del film sono i paesaggi cinesi, sicuramente aggiustati in digitale, ma davvero bellissimi: vale la pena di vedere il film solo per la fotografia. Aggiungeteci poi un paio di roditrici cinesi di altissimo livello, dedite ad abbondante fan service per tutti i gusti: maso quando una delle due pesta a sangue l’odioso americano; lesbo quando si menano tra loro; sado quando la mena Jackie Chan. Che volete di più?

[tags]cinema, lufthansa, forbidden kingdom, jackie chan, jet li, george w. bush[/tags]

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venerdì 31 Ottobre 2008, 17:56

Scampoli di pianeta

A Torino, ieri pomeriggio, c’era un vento gelido che portava via il mondo; man mano che si avvicinava il tramonto, sembrava veramente che la città stesse per svanire in una lattigine indistinta. In bicicletta era difficile tirare diritto, anche perché si era continuamente avvolti da nuvole di polvere di foglie secche frantumate: gli alberi sono ancora carichi di giallo, ma non lo saranno per molto. Il sole era una palla pallida sopra i mattoni rossi dei poveri vecchi, appena nascosti da svergognate affissioni di politici bolliti e di Winx seminude.

Se tutto questo già è straniante, aspettate di vedere l’interno: perché in quel mondo nascosto di mattoni rossi, sospeso tra l’ospedale e il dimenticatoio, sta una realtà improbabile quanto poetica, fatta di anziani, di disabili e persino di anziani disabili. Capita così di trovare dietro un angolo, in una stanza che fu di degenza, una vera balera; un eccezionale ballo a palchetto alle tre di un pomeriggio feriale. L’età minima per varcare la porta è sui settantacinque, eppure, da fuori, si può rubare uno sguardo: ballano bene, e sembrano ancora innamorati.

Francoforte, oggi, è verde scura: le foreste attorno all’aeroporto sono rossicce e bagnate, e ti verrebbe da cercare presto un caminetto. Invece ci scaricano a metà dell’infinito corridoio A, e mi tocca lottare sui tapis roulant e poi intasarmi nell’ascensore; il tunnel lisergente dai colori artificialmente cangianti, per cui questo aeroporto è famoso, oggi è ancora peggio del solito. Rimaniamo intampati dietro a una famigliola con bambini: il genere di passeggero che l’industria definisce VFR, che ufficialmente significa “visiting friends and relatives”, ma che nel gergo taluni interpretano come “very frightened and rambling”. Vallo a spiegare al bambinetto irrequieto e al genitore che non capisce dove andare, che stanno bloccando una fila di almeno una decina di businessmen spazientiti che sanno quel percorso a memoria!

La lounge è pure peggio: non è più il Senator di una volta, ormai c’è più spazio nella metro di Londra che nelle sale Lufthansa di prima classe. Però, oltre a spararmi in vena un intero bretzel, mi godo i telegiornali tedeschi: tra il konjunkturpaket e la chiusura di Tempelhof, spunta un servizio su come fare Halloween da professionisti, con tanto di interviste a vari “profi-monster”. Non c’è niente da fare, i tedeschi sono così: tutto deve essere scientifico, tecnologico e soprattutto professionale. Qui ancora si ricorda quando la nota casa tedesca di pneumatici Continental scelse come slogan pan-europeo “Supremazia tecnologica tedesca”: a un tedesco sembrava la cosa migliore che si potesse dire di un pneumatico, ma al resto d’Europa faceva venire in mente il rumore di militari e carri armati in marcia all’unisono verso la Polonia, così le vendite non andarono benissimo.

Cairo… cosa si può dire del Cairo: veramente uno dei pochissimi posti dove non avrei voluto venire. Nulla voglio togliere alla meraviglia delle piramidi, al centro storico bellissimo e unico al mondo, e anche alla gentile ospitalità di questo popolo. Eppure vivere qui, anche per pochi giorni, è davvero stressante: il concetto di organizzazione non esiste nemmeno. All’aeroporto le persone che devono aspettarti per aiutarti a passare la frontiera e arrivare all’albergo non ci sono, hanno cartelli sbagliati, faticano a leggere i caratteri occidentali, e appena possibile litigano tra loro per contendersi il piacere di chiederti la mancia. Per passare la frontiera, una volta acquistato il visto al costo di 15 dollari americani (niente carte, niente valuta locale e per pagare in euro devi pregare e poi pagare 15 euro), il tizio prende in mano 15 o 20 passaporti del gruppo e va da una guardia che, dopo un po’ di discussione, fa passare tutti senza nemmeno aprire i documenti, contando semplicemente che numero di persone uguale numero di passaporti. Dopodiché la navetta gratuita promessa dall’organizzazione non c’è, o meglio c’è ma è parcheggiata in fondo allo spiazzo, in mezzo a un cantiere abbandonato, e gli autisti non ci sono, e comunque se ci fossero sarebbero stati corrotti da quelli delle limousine in modo da forzarti a prendere quelle.

Quindi attraversi la strada rischiando la vita e ti infili alla bell’e meglio in una macchina, con cui ti portano alla sede del convegno: un albergone a 20 chilometri dal centro, nel bel mezzo di un centro commerciale. E’ come se avessero preso l’Auchan di corso Giulio Cesare e ci avessero messo accanto un albergo, però con attorno palazzi di cemento cadente, niente verde e tutto dieci volte più squallido. E quando finalmente riesci a fare il check-in, dopo dieci minuti che sei in camera, nonostante tu abbia affisso fuori il segnale di non disturbare, entra un addetto senza bussare e ti porta dalla lavanderia un vestito e delle camicie non tue – e non parla mezza parola d’inglese per farglielo capire. Ah, e la rete dell’albergo funziona per dieci minuti, poi si pianta troncando i pacchetti di brutto, ma se stacchi e riattacchi il cavo (niente wi-fi) riprende a funzionare per altri dieci minuti.

Non so, spero di non sembrare snob; il problema, come dicevo, è che già essere in giro è pesante, se di fatto sei prigioniero in un posto del genere diventa poco piacevole. Ma forse è solo la stanchezza del viaggio.

[tags]torino, francoforte, cairo, viaggi, lufthansa, continental, tempelhof, autunno, vecchi[/tags]

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mercoledì 29 Ottobre 2008, 14:46

We Train Italy, wellcome from us

Da qualche tempo, nel generale marasma dei lavori di Milano Centrale, sono comparsi dei cartelli per aiutare gli utenti ad uscire: c’è il rischio infatti di non riuscire a trovare il modo di arrivare all’esterno. I cartelli sono bilingui, e si comincia con l’italiano:

“Si informa la gentile clientela che in attesa del completamento dei lavori della Stazione Centrale, per la discesa è possibile utilizzare, oltre alle nuove rampe mobili, gli ascensori posti all’interno della Sala d’Attesa nei modi previsti dalle rispettive norme d’uso.”

Insomma, manca una virgola dopo il che, però alla fine si capisce, anche se ci si chiede come sia possibile utilizzare degli ascensori in modo irrispettoso delle norme: salendo sul tetto? Giocando ad andare su e giù?

Comunque, purtroppo a Trenitalia (anzi, a Grandi Stazioni, o qualsiasi sia la società del gruppo FS che si occupa della cosa) hanno pensato bene di riportare subito dopo il messaggio tradotto in inglese, a vantaggio dei turisti internazionali. Quindi, eccolo qui in tutto il suo splendore:

“Waiting for Stazione Centrale renovation works ending, customers are informed that, to reach ground floor, it is possible only use of lateral stairs, waiting room’s elevators or moving escalator in Ovest side of the station according with respective regulation.”

Che dire? Mi piacerebbe sapere di chi sia parente quello che è stato pagato per scriverlo.

P.S. Nonostante la sfiducia dei lettori milanesi di questo blog, ieri sera sulla 91 sono comparsi due controllori e mi hanno chiesto il biglietto.

[tags]treni, trenitalia, milano, milano centrale, inglese, traduzioni[/tags]

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lunedì 27 Ottobre 2008, 21:32

L’eterna lotta

Oggi ho sentito un manager e un tecnico che discutevano, e ho assistito a una nuova vetta della conflittualità latente che sempre regna nelle aziende ICT: il manager, infuriato per ritardi e bachi di vario genere, ha detto al tecnico “mi spiace solo che non so programmare, se no nel tempo necessario per spiegarti le cose lo programmavo io il sito!”.

E il tecnico non ha nemmeno risposto “prego, allora fai tu”!

[tags]tecnici, manager, ingegneria, aziende[/tags]

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giovedì 23 Ottobre 2008, 16:39

Frattaglie di Internet governance

1) Il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, usa prendere e inviare appunti scrivendo sui fogli per storto.

2) O’ professore napolitano (minuscolo) in show sulla diversity (diversità culturale, uno dei temi trattati qui all’IGF Italia con un seminario dedicato alla parità tra i sessi in rete): “Io non sopporto quelli che a cinquant’anni costringono la moglie a rifarsi il culo le tette, piuttosto esco e mi faccio io la diversity una volta al mese, almeno così è più onesto!”

3) La conferenza si svolge alla Manifattura Tabacchi, un ex complesso industriale ristrutturato da poco. C’è il wi-fi solo al piano terreno, nella officina-reception, dove tutti stanno seduti ai tavoli digitando sui loro computeroni microsoftici. Solo io, avendo batteria, mi sono messo fuori, al sole e dentro un’amabile brezza, seduto su una panca cubica colorata di blu, con il mio iBook sulle gambe. Passa da dentro Anna Masera, mi vede là fuori seduto con l’unico Apple di tutta la congrega, e mi dice: “Certo che potremmo farti la foto per la pubblicità della Apple: think different!”.

4) O’ professore napolitano (sempre lui, un vero mito) sui vigili di Napoli: “Una volta ho visto due vigili in moto che giravano, poi uno di loro si fermava vicino a un semaforo pedonale dove non attraversa mai nessuno, e dalla moto premeva ripetutamente il pulsante di chiamata pedonale. E io non capivo, mi chiedevo che facesse, poi ho capito: a Napoli nessuno si ferma al rosso di un semaforo pedonale, per cui lui faceva continuamente scattare il semaforo in modo che il suo collega più avanti potesse fare più multe!”.

5) (Non-piemontese, non-falso e non-cortese): “Ma non è vero che qui la stampa non è venuta, prima a pranzo allo stesso tavolo c’era tutto il gotha del giornalismo specializzato italiano: c’era De Biase, c’era Formenti, c’era la Masera e c’ero io!”

P.S. Niente offesa per nessuno; domani scrivo qualche racconto serio…

[tags]cagliari, aneddoti[/tags]

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mercoledì 22 Ottobre 2008, 20:20

Piove, ma il titolo l’hanno già fatto su un altro blog

Il nostro arrivo a Cagliari ha portato buono: infatti stamattina sulla città si è scaricato un temporale alluvionale che ha devastato tutto, bloccando ovviamente il traffico aereo. Il nostro volo da Linate, partito già con mezz’ora di ritardo, ha passato un’altra ora a girare in tondo sulla città aspettando che l’aeroporto venisse riaperto: a un certo punto ci hanno detto che l’aeroporto prevedeva di riaprire entro quindici minuti, e che noi avevamo carburante soltanto per altri venti. Spero che intendesse dire “prima di dover girare e andare ad atterrare a Olbia”, ma per fortuna non ho dovuto scoprirlo sul serio. A noi comunque è andata bene; quelli che partivano col primo aereo da Roma sono arrivati nel primo pomeriggio, e alcuni relatori sono arrivati ora, giusto in tempo per la cena.

Comunque, all’arrivo ci hanno fatto uscire dalle partenze, perché il piano terra, quello degli arrivi, era completamente allagato; ci hanno consegnato i bagagli a mano uno per uno… La prova della situazione (e quello era il primo piano) sta sul blog di Stefano Quintarelli: io ero accanto a lui ma non ho potuto fare la stessa foto, perché il mio magico telefonino ha cominciato a insistere che prima di scattare una foto doveva assolutamente sintonizzarsi sul GPS per memorizzare la posizione in cui la facevo, però se volevo potevo fare un video da mandare in MMS. Grazie, Windows Mobile!

[tags]cagliari, igf italia, pioggia, aerei, maltempo[/tags]

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martedì 21 Ottobre 2008, 15:57

Twit-post

Non preoccupatevi, non sto male; sono solo molto molto occupato (ottobre e novembre sono mesi ad alta densità). Sto per andare a prendere un treno per Milano, poi da domani a sabato sarò a Cagliari per IGF Italia & Dialogue Forum on Internet Rights II, se qualcuno è in zona faccia pure un salto, specialmente ai miei workshop :-)

[tags]cagliari, igf, carta dei diritti della rete[/tags]

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lunedì 13 Ottobre 2008, 17:07

Javaffa

Scusate se oggi non posto; sono in ufficio da Glomera, che tra due giorni lancerà la sua nuova (ed effettivamente molto intrigante) piattaforma di video streaming su Internet. E, come sempre due giorni prima del lancio di una nuova piattaforma, non funziona una mazci sono alcuni piccoli bachi da riparare urgentemente. E’ la vita del tecnico informatico del ventunesimo secolo, sempre sull’orlo del disastro e sotto la mannaia delle scadenze organizzative “a prescindere” (“non importa se è complicato: entro domani mattina alle nove voglio quella piramide egizia pronta sulla mia scrivania!”).

Colgo però l’occasione per segnalare che chiunque abbia concepito Java andrebbe fustigato per la pubblica via: con questo linguaggio, infatti, è fin troppo facile per chi sviluppa gli applicativi di base inventarsi delle complicatissime API ad oggetti, in cui ogni oggetto del sistema, come da teoria, è wrappato dentro sette o otto livelli di astrazione successiva, in gran parte utili solo a complicare le cose; dopodiché, documentare per bene le decine di classi che ne risultano è troppo lungo, per cui ci si limita a rilasciare la documentazione standard, una riga per classe e mezza riga per metodo, senza minimamente spiegare quali siano il ruolo e la relazione reciproca dei vari oggetti.

Il risultato è un pastrocchio imperscrutabile che è molto meno utilizzabile dal programmatore terzo di una qualsiasi libreria procedurale in PHP

[tags]programmazione, tecnologia, java, php[/tags]

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sabato 11 Ottobre 2008, 12:22

Fessbook

Ieri sera ho visto per caso un pezzo del TG2 (solo per testare la mia presa dell’antenna in tinello, finalmente riparata; sia ben chiaro che non raccomando a nessuno di guardare il TG2). Bene, verso la fine il conduttore ha annunciato che sarebbe subito andato in onda uno speciale sulla grande novità tecnologica del momento: Facebook.

In effetti, è due o tre settimane che sono sommerso di suggerimenti di iscrizione a Facebook: l’Italia deve essersi svegliata adesso. Infatti, mi pare il caso di avvertirvi che a livello globale Facebook è già passato di moda: nei miei giri internazionali hanno già tentato senza successo di farmi iscrivere da mesi e anni, e nel frattempo si sono già stufati; l’ex genio del momento è già considerato un mezzo fesso, e si dice (confermatemi voi, visto che non l’ho mai usato) che i cambi di interfaccia e i tentativi di uso spregiudicato dei dati abbiano già minato alla radice la credibilità della piattaforma, tanto che le critiche sono già diventate enciclopediche.

Comunque, io cerco di ridurre al minimo la disponibilità dei miei dati personali; non mi piace farmi schedare, e una piattaforma dove si tende a registrare tutto quello che faccio e tutte le persone che conosco mi pare più una forma di sorveglianza globale che un grande passo avanti per l’umanità. Alla fine ho accettato LinkedIn perché è oggettivamente utile a livello professionale, ma perché mi iscriva su queste piattaforme ci vuole un buon motivo; quindi perdonatemi se ogni volta che vengo invitato su qualche piattaforma che vuole i miei dati (e succede spessissimo) lascio cadere l’invito. Niente Naymz, niente Plaxo e il mio account su Orkut è diligentemente abbandonato da anni, nonostante continui a ricevere messaggi di brasiliane che vogliono conoscermi.

Comunque, se uno si diverte con Facebook e non ha niente di meglio da fare fa bene ad usarlo; e poi, grazie a Rutto ho potuto verificare la genialità del mio ex collega Fraser Lewry, ormai affermato blogger britannico; una delle persone più intelligenti, più divertenti e più esteticamente svantaggiate che conosca. Su Facebook la bruttezza è imperdonabile, visto che serve una foto; e allora lui che fa? Mette questo avatar totalmente geniale:

s609546579_2128.jpg

Sì, è lui. Ma non ditemi che non avete dovuto guardare la foto per almeno tre o quattro volte prima di vederlo.

[tags]internet, social networking, facebook, privacy, moda, tg2[/tags]

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mercoledì 8 Ottobre 2008, 11:36

Trasporti a Milano

Ieri ho compiuto il mio settimanale giro milanese, e ho colto l’occasione per ammirare l’efficienza dei trasporti milanesi, che si esplica in due situazioni: la ristrutturazione di Milano Centrale e la mitica 90. Dopo questa esperienza, se Chiamparino si prova a vendere GTT ad ATM lo pelo vivo come una patata!

La ristrutturazione di Milano Centrale è in corso ormai da un paio d’anni, anni in cui si è stati costretti a zigzagare tra barriere, buchi e deviazioni di ogni genere. Adesso è stata finalmente completata almeno la parte più vicina ai binari, e si è scoperta la genialità di questo progetto.

Infatti, la biglietteria ora è stata spostata, ed è tutta nuova: è situata nell’interrato del piano terreno sotto l’inizio dei binari. In pratica, entrando in stazione dall’ingresso principale (fermate della metro ecc.) essa è, almeno al momento, quasi impossibile da raggiungere: ci si arriva solo dalle entrate laterali o dall’atrio più a destra. Per collegarla con i binari, quindi, è stato costruito un dedalo di scale mobili del genere piatto, lento, senza gradini e poco pendente: in pratica, mentre una volta prendevi il biglietto e con venti secondi di scala mobile eri al binario, ora prendi il biglietto e devi percorrere a velocità di lumaca circa l’intera estensione della stazione per traverso, su due rampe separate. Peggio ancora se dai binari ti serve arrivare alla biglietteria: in questo caso c’è una scala mobile per mezza rampa, poi devi ripercorrere a piedi in piano metà della stazione per traverso, e poi trovi una nuova rampa che ti porta sotto.

Queste scale mobili sbucano proprio nel mezzo della grande galleria a livello binari che sta tra gli ingressi e i treni, per cui hanno dovuto forarla per centinaia di metri quadri, devastando i suoi storici mosaici e tutta la sua simmetria architettonica: e poi hanno anche la faccia di scrivere che l’intervento serve a ripristinare il monumento storico…

In più, la nuova biglietteria ora è aperta, ma le macchinette automatiche sono per tre quarti ancora fuori servizio: l’altra settimana era il primo del mese e c’erano code da delirio, se non che io ho scoperto altre macchinette in un angolo invisibile, proprio dentro la biglietteria accanto agli sportelli, che erano ovviamente deserte. Una di queste, peraltro, si è rifiutata di farmi biglietti per Torino: fa solo biglietti per le “destinazioni più comuni” e Torino non c’è, né Porta Nuova né Porta Susa.

Se esci vivo dalla stazione, poi, ti aspetta la fermata del 90 all’angolo con viale Tonale. Ci arrivi, e trovi un mucchio di recinzioni abbandonate nei venti centimetri di marciapiede, attorno a un magro alberello: sarà un cantiere, e per questo vicino alla palina c’è un cartello rotondo scrostato in ferro, risalente probabilmente al 1920, sul quale con un font del 1920 è scritto (leggibile a fatica) “FERMATA SOPPRESSA”. E basta: nessuna altra indicazione.

Ti chiedi allora dove mai passerà la 90 adesso, tenendo conto che è un filobus e quindi non può scorrazzare in giro per la città come gli pare. Bene, dopo un po’ capisci: dieci metri più indietro, appena oltre l’alberello cintato, c’è un altro cartello scrostato in ferro, stavolta triangolare, dove tra la ruggine e le macchie leggi a malapena “FERMATA PROVVISORIA”.

Ma era il caso di fare tutto sto casino per far fermare i filobus dieci metri prima? No, e infatti dopo ben due 727 e dieci minuti di attesa il filobus arriva, tira dritto e ferma esattamente accanto al cartello di “FERMATA SOPPRESSA”. Ci vanno circa due minuti di negoziazione perché la folla in attesa raggiunga il mezzo aggirando il cantiere, spinga, salga, si riparta…

Dopo due fermate, finalmente arrivo alla macchinetta per timbrare: devo timbrare assolutamente, perché leggo Repubblica e pertanto so che a Milano ci sono i controllori sbirri assassini che se trovano qualcuno senza biglietto lo prendono a bastonate e lo lasciano lì pesto e sanguinante, ma solo se non sa pronunciare perfettamente il termine “cassoeula”. Io qui sono straniero, il che ha i suoi vantaggi perché quando sono a piedi, attraverso col verde sulle strisce e quattro SUV tentano contemporaneamente di stirarmi facendo a portellate per essere i primi a farlo, posso gridargli “badòla!” senza che si incazzino; ma non sono sicuro di passare l’esame linguistico locale.

Quindi, sono lì davanti alla macchinetta, provo a timbrare e lì si presenta il dramma: il biglietto è più largo della fessura della timbratrice. Davvero! Sono lì, perplesso, e non so che fare: lo devo piegare? lo devo tagliare? me lo devo fumare? o va bene così? Non ci sono informazioni di nessun genere, né sul biglietto né sulla macchinetta. Alla fine decido di rischiare; non timbro, mi metto in un angolino e mi esercito per superare l’esame. Cassoeula, cassoeula, cassoeula…

[tags]trasporti, bus, treno, atm, gtt, repubblica, milano, torino, cassoeula[/tags]

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