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Archivio per la categoria 'StillLife'


sabato 13 Ottobre 2007, 15:50

Otoberfest, ovvero dell’autoriduzione proletaria

Di Eataly, come ricorderete, ho già detto tutto il male possibile. Eppure, io al cibo non so resistere, specie se in compagnia: e così, mercoledì sono stato coinvolto nell’assalto alla Otoberfest (o meglio, questa sarebbe la grafia corretta in piemontese; loro, che sono barotti, scrivono un improbabile Ãœtuberfest), che colà si tiene per tutta la settimana, sino a domani sera.

L’assalto doveva avvenire alle 19, orario di apertura, ma viene purtroppo ritardato causa orari lavorativi di parte del gruppo: e così, ci presentiamo là attorno alle 21, per scoprire una ventina di persone in attesa all’ingresso della zona dedicata, di fronte a un signore che con forte accento di vacca ci annuncia che bisognerà attendere circa mezz’ora. Chiediamo se si può prenotare, la risposta è no; prendere un numero e andare a fare un giro, nemmeno; a che ora precisamente riapriranno gli ingressi, boh. Non c’è nemmeno una fila; semplicemente un grumo di gente che sgomita cercando di stare il più possibile vicino all’ingresso, e passandosi continuamente davanti.

Dopo venti minuti di famelica attesa, riusciamo finalmente ad entrare… quasi. Già, perchè avendo aperto le cataratte, la gente-che-non-ci-vede-più-dalla-fame si proietta nello stretto ingresso a gomiti alti; amici perdono amici, madri perdono bambini, famiglie vengono disperse e finiranno per sempre a Chi l’ha visto. Noi siamo in sei; i quattro dai gomiti più allenati entrano; i due più timidi e meno scattanti restano fuori dal numero chiuso.

Qui si espone l’uomo di mondo, cioè io; chiedo al tizio dal sapor di vacca se può far passare i due rimanenti, che non si è mai visto di un posto dove i gruppi in attesa di cenare vengono separati a metà, e piuttosto potevano organizzarsi un minimo. Il tizio nicchia, ci dice che ha già tenuto fuori gente che aveva già pagato la cena, poi si affida alla tipica morale a scomparsa che regna in questi casi: invece di assumersi le proprie responsabilità, dice “per me va bene, se va bene agli altri in attesa”. Attimo di gelo; i due non scattanti non scattano, lasciando così il tempo a due più svegli di loro di dire “ma allora entriamo noi”. Preparo il fucile, e insomma riusciamo a fare entrare i nostri e tenere fuori gli altri.

All’alba delle 21:25 saliamo così le scale di Eataly, solo per trovarci di fronte a una ulteriore coda alla cassa. Arriviamo infine al bancone, dove una ragazza che sfoggia il caratteristico sguardo sveglio di chi è stato lobotomizzato da bambino ci spiega in soli quattro minuti che possiamo acquistare una birra a due euro, sei birre a dieci euro, il buffet a libero servizio a quindici, e dobbiamo lasciare tre euro di cauzione per avere il bicchiere in cui farsi servire la birra.

Qui parte il dramma. Il buffet è invitante, ma c’è una ulteriore e significativa coda per arrivarci, e poi è pur sempre un buffet da apericena; servono delle crespelle, e poi formaggi, salumi, pane, focaccia, insalata. L’idea di spendere quindici euro per un aperitivo, quando il prezzo di mercato, cocktail incluso, è tra i cinque e i sette, non piace ad alcuni; altri vorrebbero fregarsene e provare; tutti, comunque, odiano Eataly, compresi quelli che non c’erano mai stati e pensavano che io fossi un po’ troppo negativo. Alla fine, prendo un buono da sei birre, ne bevo una, ne offro un’altra ad Andrea, e poi scappiamo fuori a mangiare ai fast food dell’8 Gallery.

Poteva finire qui? Forse sì, ma a me non piace essere preso per i fondelli da una attività commerciale di gente dalle scarpe grosse, che ti fa pagare tutto uno sproposito e naviga nei miliardi, ma non ha neanche la decenza di organizzarsi per gestire i clienti non dico in modo perfetto, ma almeno come una trattoria di periferia.

Per cui, parte il piano “Rivincita con autoriduzione proletaria”: ieri sera, ci presentiamo in due alle 18:50, quando l’ingresso non è ancora presidiato nè chiaramente indicato. Saliamo di corsa le scale, e ci mettiamo in coda dietro a una decina di altri previdenti. Alle 19:10 (perchè, con la solita disorganizzazione, alle 19 non sono ancora pronti) aprono le porte; dietro di noi ci sono già un centinaio di persone, ma noi nel giro di tre minuti siamo alla cassa, dove prendiamo due bicchieri e un buffet, visto che io ho ancora quattro birre dalla sera precedente.

Io pago un buffet e un bicchiere; la tizia va in crisi, e prende la calcolatrice (non scherzo!) per fare 15 euro + 3 euro. Poi mi dà un euro di resto invece di due, e io la guardo perplesso, e lei mi spiega che, da oggi, la cauzione del bicchiere è salita a quattro euro; li pago di corsa prima che diventino cinque. Mi timbrano la mano con la data del giorno – no dico ragazzi, come nei centri sociali, ma lì almeno hanno i simbolini; proprio il numero sulla mano no, fa tanto Auschwitz! – e io mi presento al deserto buffet.

E qui, perfidamente, giriamo a nostro vantaggio la loro disorganizzazione; perchè alle 19:35 io ho già fatto tre giri del buffet, senza un secondo di attesa, e loro avranno fatto entrare sì e no cinquanta persone, visto quanto ci mettono a farle pagare; sai, ogni volta fare 15 + 4 (o, Dio non voglia, 15 + 10 + 4) con la calcolatrice… Ovviamente, io riempio ogni volta il piatto di roba, facendo pure tanti complimenti allo stagista da 400 euro lordi al mese che hanno messo a servire le lasagne; poi arrivo al tavolo, e ne mangiamo in due.

Il cibo, va detto, è di qualità eccellente; le lasagne sono ottime, i formaggi sono buoni, i salumi sublimi (nota: andare a comprare la mortadella da Eataly, dopo aver rapinato la banca). Mi servo senza ritegno di mezzo chilo di ottimo tonno delle Azzorre (cioè, non so da dove venisse, ma a Eataly non si può mica chiamarlo soltanto “tonno”). Le birre sono anche molto buone; a sorpresa, la migliore non è la Nora della leggendaria Baladin, ma una Menabrea 150° Anniversario che sa di lievito, e sembra di bere la pasta della pizza. Il suo unico difetto è che non riesce a trasformare in bellezze l’ammucchiata di bruttoni di ogni sesso che c’era in sala: concludo che il gene della bellezza fisica non è mai arrivato fino in Piemonte.

Purtroppo non sono riuscito a provare la pizza rossa, perché hanno cominciato a portarla dopo un po’, e appena la mettevano sul tavolo del buffet c’era una gazzarra indegna; le donne in particolare si riempivano i piatti senza ritegno, tipo cinque o otto pezzi per volta (appunto: mai sottovalutare l’aggressività femminile in materia di procurare il cibo, specie alla “festa della gente che compensa con il cibo le carenze affettive”).

Insomma, esco strapieno e compensato. Mentre scendiamo le scale, e sono le nove meno un quarto, la coda è diventata epica; inizia praticamente all’ingresso di Eataly, attraversa il piano terreno del negozio, si inerpica su per due piani di scale, poi percorre tutto il museo che sta al piano alto; saranno tranquillamente, senza esagerare, un centinaio di metri di coda, ovviamente amorfa e sregolata.

O voi in coda, che avete la faccia di quelli che si fanno turlupinare da Eataly! Imparate l’arte dell’autoriduzione proletaria, ché il capitalismo dalla faccia buona è fin peggiore di quello dalla faccia cattiva, e chi si fa abbindolare dalle finte motivazioni etiche finisce cornuto, mazziato, e a pancia vuota.

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sabato 6 Ottobre 2007, 15:43

Cara Apple

Capisco che il tuo scopo sia quello di rendermi la vita più facile proponendomi ottimi e abbondanti esempi per il software che mi ammannisci (qualunque cosa sia, ché la metà non l’ho mai aperto).

Ma perché, dopo settimane di lotta con lo scarso spazio libero sui 30 GB del mio hard disk, grazie a una perquisizione accurata devo scoprire che esiste in un posto imbucato una directory preinstallata e denominata “GarageBand Demo Songs”, che occupa 370 MB?

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venerdì 5 Ottobre 2007, 14:15

Novità a Torino

Oggi, nel mio consueto giro in bici per il centro di Torino, ho potuto scoprire parecchie novità.

La prima è che stavano inaugurando il tratto di metropolitana da Porta Susa a Porta Nuova; ovviamente attorno alle uscite era tutto sbarrato e piantonato dalle forze dell’ordine, visto che c’era persino Prodi (invitato con lo scopo di pietire altri soldi per completare l’opera, e sommerso di fischi da gente incazzata per vari motivi). Già da settimane avevano aggiornato i cartelli nella parte di metro già in servizio; da oggi pomeriggio alle 16 il nuovo tratto sarà aperto al pubblico, anche se si potranno usare solo le fermate di Vinzaglio, Re Umberto e Porta Nuova, perché la nuova fermata Porta Susa – in corrispondenza della futura stazione, che ancora non c’è – è fatta e finita ma resterà sigillata ancora per un paio d’anni almeno.

La metro sarà gratis da oggi pomeriggio fino a domenica sera, anche se immagino l’assalto. Comunque, è probabile che martedì debba farmi un giro a Roma in giornata, in treno, con l’unica coppia di pendolini che non passa da Milano, e quindi avrò modo di provare il nuovo tratto… almeno al mattino, visto che d’ora in poi alla sera la metro chiuderà alle 22:45 (1:30 il sabato, 21:00 la domenica).

Il tutto si inserisce nei festeggiamenti per il centenario dei trasporti pubblici torinesi, che prevede anche una mostra fotografica in vari portici della città.

In tutto questo, c’è un’altra novità: finalmente è sparito il cubo attorno al caval ‘d brons in piazza San Carlo, il che significa che il restauro – che i maligni dicevano avvenire con estrema lentezza, visti i bei soldi incassati dalle gigantesche pubblicità appiccicate alle impalcature – è finito. La statua è ancora coperta da un telo, ma si vede che è stata ricostruita completamente, aggiungendo anche la spada che tempo fa era stata portata via dai gobbi durante i festeggiamenti per un qualche scudetto (non ricordo più se uno di quelli dell’EPO o uno di quelli dei telefonini). Per vedere come è venuta, dovremo attendere che la scoperchino; sperando – solo per il suo bene, intendiamoci – che la Juve non rivinca uno scudetto tanto presto.

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giovedì 4 Ottobre 2007, 23:44

Teatro?

Oggi giornata piena, soprattutto perch̩ finalmente sono riuscito a ridare indietro la Meriva e riavere la mia macchina Рper qualche minuto, risalitoci dentro, mi ̬ sembrato (con grandissima soddisfazione) di guidare un go kart.

Comunque segnalo di essere tornato dopo un paio d’anni al Teatro della Caduta, e di avere assistito (gratuitamente e nell’intimità della più piccola sala teatrale cittadina, meno di cinquanta posti e pure pigiatissimi) a un bello spettacolo di cabaret semi-amatoriale; semi perchè le tre ragazze, una delle quali è la sorella della ex storica del cantante del mio gruppo dei tempi che furono, sono già nel giro del sottobosco di Zelig.

In effetti, anche se ottanta minuti di umorismo demenziale senza pause sono duri da reggere, ci sono state varie battute piuttosto degne, ovviamente una più stupida dell’altra. Comunque vale sempre la pena di fare un salto a vedere che c’è, in quello che è tutto meno che un teatro come ce lo si immagina normalmente; è più un happening e insieme un continuo salto mortale senza rete. L’ingresso in genere è gratuito, anche se vi verrà chiesta una donazione libera a fine spettacolo; però, vista la capienza, è decisamente consigliabile prenotare.

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martedì 2 Ottobre 2007, 11:49

Meriva

Da tre settimane, come saprete, la mia Alfa 147 è in riparazione per via di un tamponamento. Pertanto, mi hanno dato una macchina sostitutiva; e dopo avermi detto che non c’era bisogno di prenotarla e che ne avrebbero trovata una sul momento, giunti al momento si sono poi accorti che non ce n’erano. L’unica disponibile in tutti gli uffici Europcar di Torino era una Opel Meriva, e così mi hanno dato quella.

Bene, dopo tre settimane di guida posso concludere soltanto una cosa: se odiate qualcuno moltissimo, regalategli quest’auto o, ancor più perfidamente, convincetelo a impegnare la casa e la moglie pur di comprarsela.

Si tratta di una specie di parallelepipedo grigio dalla funzione indefinita: troppo grosso per essere una utilitaria, troppo piccolo per essere un SUV, troppo alto per essere aerodinamico e troppo pesante per essere risparmioso. Hanno cercato di massimizzarne l’altezza, e certamente, se non vi siete abituati, vi farà piacere la sensazione di guidare dall’alto (ma a quel punto prendetevi un camion, o perlomeno la nuova Panda, che è tutta un’altra cosa). Peccato che, dal punto di vista pratico, a meno che voi di mestiere non trasportiate scatole di scarpe o altri oggetti rettangolari impilati l’uno sull’altro, l’altezza non vi servirà quasi mai.

In compenso, la macchina è lunghissima, al punto che parcheggiare in città diventa complicato; essendo anche alta, è praticamente impossibile capire dove finiscono le macchine attorno a voi (e il mio modello ovviamente non ha sensori di parcheggio). Per qualche misterioso motivo, però, dentro è piccola; ci si sta abbastanza pigiati e rigorosamente in verticale, certo non mezzi spaparanzati come sulle poltrone della 147.

Il grosso della lunghezza va nel baule, e considerato che io ho riempito il baule della mia (che è oggettivamente piccolo) una sola volta in un anno e mezzo, quando ho dovuto traslocare contemporaneamente quattro persone più una sala giochi e diversi chili di formaggio, non credo che sia una allocazione intelligente – a meno che, appunto, non vendiate scarpe al mercato.

Gli interni sono stati presi di peso da una Ritmo degli anni ’80, rigorosamente in plastica nera da dieci lire al chilo; persino le portiere sembrano di plastica (speriamo bene). L’estetica ti fa chiedere se l’abbia progettata un cieco.

E poi, dulcis in fundo, il motore. Va bene, probabilmente sono io che sono abituato bene, guidando abitualmente un 1.9 Multijet. Ma la ripresa di quest’auto è non pervenuta: persino le vecchie Uno la lasciano sul posto, e sperate di non fermarvi ad un semaforo in salita, perchè a quel punto correrete il serio rischio di spegnere il motore o perlomeno di dover evitare la cosa sfrizionando per far riprendere la coppia. Persino per accenderla bisogna far girare il motorino per parecchi secondi, non ne vuol proprio sapere.

Insomma, ho capito perché hanno speso miliardi in pubblicità (un paio di anni fa c’era scritto Meriva addirittura sulle maglie del Milan): era l’unica chance di vendere questo coso. Ma io non vedo l’ora che mi restituiscano la mia.

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domenica 30 Settembre 2007, 09:07

Magica Trenitalia

Ok, sapevo che stanotte ci sarebbe stato sciopero dei treni; per questo motivo sono andato in stazione a Pisa a chiedere se il treno che volevo prendere io, l’intercity notturno delle 0:38 diretto per Torino, ci sarebbe stato, e la risposta è stata positiva.

Così mi sono presentato qualche minuto prima, ho fatto il biglietto, e la macchinetta mi ha regolarmente assegnato un posto nella carrozza numero 16: difatti alcune carrozze del treno vanno a Torino, mentre altre vengono separate a Genova e instradate per Nizza.

Sul binario, dopo essermi fatto fregare un euro e mezzo dalle mai funzionanti macchinette automatiche per bevande delle ferrovie italiane, sono andato verso il fondo della piattaforma, visto il numero della carrozza; poi ho chiesto a un signore del personale, che mi ha invitato a mettermi davanti perché la carrozza 16 sarebbe stata la prima. Raggiunto da Puria, ci siamo fatti di nuovo tutta la piattaforma all’indietro, e allora è arrivato il treno.

E la carrozza 16 non c’era.

C’erano solo cinque carrozze, di cui tre cuccette, e andavano tutte a Nizza.

Così chiediamo allo stesso signore di prima, che dichiara di essersi “dimenticato” di dirci che in realtà stanotte le carrozze per Torino non c’erano, e di metterci in un posto libero qualsiasi.

E così, dopo aver pagato intercity più prenotazione, siamo dovuti andare in un posto a caso, scendere a Genova Principe, dormicchiare per due ore sul pavimento della sala d’attesa piena di gente, e prendere poi un regionale che fermava persino a Trofarello.

Rimane un mistero: come ha fatto la macchinetta automatica della stazione di Pisa a venderci un posto su una carrozza che non esisteva, su un treno che era già fatto ed in marcia da quattro ore?

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sabato 29 Settembre 2007, 21:11

Hackmeeting 2007

Scrivo queste righe dall’Hackmeeting di Pisa, dove il servizio di DHCP umano è finalmente riuscito a suggerirmi di tirare a caso un IP, purché utilizzi un terzo byte sufficientemente alto (il mio innato senso di simmetria mi ha portato a scegliere 10.0.111.111).

Sta per iniziare la pausa cena, anche se nella sala principale è ancora in corso il penultimo seminario del pomeriggio – quello di Mayhem su tutti i modi per intercettare o prendere il controllo di una rete aziendale di telefoni VoIP; un consiglio, provate Oreka – e l’ultimo relatore sarà da qualche parte che frigge, oppure sarà andato a cena, chissà.

Del resto, quando mi sono presentato alle 16 nella sala che mi era stata assegnata per parlare, è arrivato anche Andy Mueller-Maguhn (chi si rivede) cercando di fare la sua presentazione: un chiaro caso di overbooking. Alla fine ci siamo accordati tra noi per fare un’ora a testa, e, in vero spirito acaro, mi sono procurato da solo pennarelli, scotch e cartelli da affiggere per gestire l’evenienza; e alla fine ho pure avuto la soddisfazione di scoprire che la sala era piena più per me che per lui.

Insomma, il mio seminario (quarta edizione) è stato un successone, tanto che sono dispiaciuto perché alla fine l’avevo preparato un po’ al volo, e non avevo delle grandi slide e nemmeno dei grandi aneddoti da raccontare. Pare comunque che sia piaciuto, sebbene le domande siano state più che altro richieste di informazione, e mi sono servite a capire come io sia, ecco, un po’ tanto specializzato sulla materia…

Però succedono anche delle cose preoccupanti; come quando, chiacchierando a fine seminario con tre o quattro persone, ho detto “Pensate che mercoledì ho persino infranto il monopolio di Sky, facendo la radiocronaca della partita dal divano di casa mia” e, invece di vedere facce stupite, uno dei quattro mi ha risposto “Ah sì, ma non era la prima volta, vero? L’avevi già fatto una volta, l’ho letto sul tuo blog”. Se mi leggi, kudos a te; io però mi coccolo il dubbio inquietante su quanta gente veramente apprenda le mie vicende personali da queste pagine.

Per il resto, l’Hackmeeting di quest’anno è spaziale, direi il migliore a cui sia stato. Il posto è raccolto ma bello, con un ampio cortile decorato da meravigliose pile di vecchi computer e altra ferraglia artisticamente rielaborata. Dentro c’è uno stanzone con file di lunghi tavoli, popolate di portatili e fissi stipati in ogni modo, con gente che si scambia in santa pace ogni sorta di file, e alcuni hanno anche messo su dei server per far scaricare il proprio materiale, e a fianco a me c’è uno che guarda i Griffin mentre mangia (una puntata in cui Brian e Stewie, persi nel deserto e assetati, pensano di salvarsi vedendo in lontananza un distributore automatico di Dr. Pepper; poi arrivano lì e si disperano, perchè in realtà era solo un distributore di RC Cola). E poi ci sono una cucina, svariati bagni neanche troppo di fortuna, e le sale dei seminari, e vari angolini in cui si smanetta con vecchi pezzi di computer e materiale di ogni genere, e ogni tanto si sparge nell’aria anche della dura musica sessantaquattrosa (grazie SID). Tutti sono gentili, amichevoli e interessanti (sarebbe diverso se fossi un giornalista…).

Tra gli highlight di oggi, c’è soprattutto il seminario in cui mi hanno fatto fare il pane; sono passato a prenderlo, cotto, a fine pomeriggio (ripartendo stasera, ho optato per il lievito di birra anziché la pasta madre), ed era buonissimo, meglio pure del preparato Lidl. Anche interessante il seminario in cui un ragazzo, lavagna e gessetto, dimostrava che l’algoritmo per verificare se un numero è primo è polinomiale; anche se dopo i primi quindici minuti di algebra dei campi mi sono dileguato. E poi, le chiacchierate con varia gente, come Emmanuel Goldstein e il suddetto Andy (Goldstein sembrava entusiasta dell’ambiente, che certo è ben diverso da quello degli hackmeeting tedeschi o americani, mentre Andy pareva un po’ perso nella totale anarchia); ho finalmente conosciuto Susan di persona; ho reincontrato varia gente di questo giro, come il suddetto Mayhem e il Dido, e conosciuto o ritrovato vari torinesi.

In più, si sta a Pisa; l’aria sa ancora di mare e di estate recente, e non fa freddo. Valeva davvero la pena di fare questo giro: nonostante lo sbattimento della sveglia mattutina e il ritorno notturno che mi aspetta, con un treno in partenza a mezzanotte e mezza, è stato un intermezzo rilassante.

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giovedì 27 Settembre 2007, 23:52

Parcheggi a Caselle (2)

Solo per rimarcare il concetto, ecco i costi per lasciare l’auto dalla mattina presto alla sera tardi all’aeroporto di Caselle:

  • Parcheggio ufficiale, coperto multipiano: 22 euro (ventidue!);
  • Parcheggio ufficiale, scoperto a 500 metri dal terminal: 16 euro;
  • Parcheggio discount Parktofly, con navetta che ti lascia e ti riprende davanti all’ingresso: 8 euro.

Secondo voi dove ho parcheggiato?

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mercoledì 26 Settembre 2007, 11:26

Prossimi eventi

Domani sarò a Roma per il Dialogue Forum on Internet Rights, la conferenza organizzata dal governo italiano per discutere il tema della Carta dei Diritti della Rete. L’evento sarà certamente interessante, e i posti in sala sono già esauriti; tuttavia, fate ancora in tempo ad inviare le vostre idee sull’argomento tramite il forum, se volete.

L’altro evento sarà invece in serata: tecnologia permettendo, le immagini del divano di casa mia saranno proiettate in diretta mondiale via Internet sulla home page di Forzatoro.net, mentre racconterò insieme ad altri forumisti la partita di stasera (Parma-Toro). Ovviamente non abbiamo pagato i diritti a nessuno, ma che provi qualcuno a dire a un giudice che io non posso raccontare via Internet quello che vedo sul mio televisore, oltretutto in assenza di radiocronache ufficiali. La partita di stasera non va nemmeno sul digitale terrestre, nonostante i 21 euro (ventuno) che parecchia gente ha appositamente sborsato a La7

E così, speriamo di far riflettere su come l’intero sistema radiotelevisivo, e in particolare lo spillamento di soldi basato sul calcio, sia già irrimediabilmente obsoleto.

				
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mercoledì 26 Settembre 2007, 10:10

Aziende private, soldi pubblici

Stamattina, dovendo subentrare al precedente proprietario della mia casa nuova nel contratto di fornitura dell’elettricità, ho telefonato al numero verde di Iride Mercato (se vi chiedete cosa sia, è il nome che ha assunto AEM Torino da quando ha comprato quella di Genova e ha cominciato a porsi come corporation dell’energia, naturalmente usando come capitale di rischio quello dei contribuenti).

E’ stato tutto molto efficiente; ho atteso pochi minuti, poi una gentile signorina ha risposto, ha preso tutti i dati del contatore, la lettura, i miei dati personali, li ha inseriti nel suo calcolatore, e poi mi ha detto: “Tutto a posto: le arriverà via posta il contratto da firmare. Sulla prima bolletta le metteremo il costo del cambio di contratto, fanno 70 euro!”.

Sti cavoli: l’operazione di data entry più costosa del mondo. Ma non potremmo spostare il call center(*) in Romania?

(*) Ovviamente la signorina, per questa operazione, guadagnerà sì e no cinquanta centesimi; il resto va a pagare stipendi e gettoni di presenza di questo bel sottobosco politico-industriale (di centrosinistra, in questo caso, ma non fa differenza).

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