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Archivio per la categoria 'StillLife'


martedì 9 Gennaio 2007, 16:55

Pranzo

Oltre al fatto che sono arrivato a casa alle 14:20 e avevo una conference call alle 14:30, sono a dieta; e quindi, ecco il mio pranzo di oggi:

Pranzo

Però dopo avevo ancora fame, e ho mangiato anche un arancio!

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venerdì 5 Gennaio 2007, 18:53

Disastri colposi

Va bene, innanzi tutto è colpa mia, che per paura di sbagliare faccio gli script che lasciano una copia della vecchia versione dei file rinominata come *.old. Però è soprattutto colpa di quel genio che, secoli fa, progettando la tastiera italiana decise di mettere l’asterisco proprio a fianco dell’Invio: di modo che, dopo aver digitato correttamente un centinaio di volte “rm *.old”, alla centounesima ti scivoli il dito dall’asterisco all’adiacente Invio quando sei arrivato solo a “rm *”.

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martedì 2 Gennaio 2007, 16:10

Tanto tuonò che nevve

Lo sapevo che c’era una congiura contro di me, segretamente in atto da tempo e tesa a concretizzarsi nelle vicinanze di questo Capodanno.

Non è un caso che, quando a marzo di questdell’anno scorso ho cambiato macchina e ne ho preso una con le ruote troppo grosse per poterci montare le catene, mi sia preoccupato di far inserire nel contratto la possibilità di farmi montare gratuitamente le gomme da neve all’inizio dell’inverno. Io ci ho provato, a farlo; solo che ho passato l’intero mese di dicembre in giro qua e là – iniziando col Brasile per finire in Germania – e la procedura si è rivelata più complessa del previsto: al ventitrè di dicembre ero finalmente riuscito a scoprire dove dovevo andare e che documenti dovevo portare, ma era troppo tardi.

Peraltro, questo era l’inverno più secco del secolo, e quindi, quando mi hanno invitato per il Capodanno a Courmayeur e mi hanno detto di portare le catene, io ho risposto incoscientemente: “Catene? Non le ho, ma a che servono? Non c’è un fiocco di neve neanche in cima ai monti…”. Ecco, probabilmente questo ha segnato la mia condanna; perchè ieri sera in val d’Aosta ha cominciato a nevicare, e mentre gli albergatori ringraziavano chi di dovere, io stamattina mi sono trovato la mia macchina ex parcheggiata in un prato in salita e ora parcheggiata in mezzo a venti centimetri di neve fresca in salita.

E in più, ieri avevo anche pensato di spostare l’auto in un posto più comodo, ma i locali mi hanno rassicurato sul fatto che le strade vengono pulite e non c’è poi tanto da preoccuparsi… insomma, me la sono voluta. Ci ho messo un’ora e mezza da quando ho cominciato a pulire i vetri a quando sono arrivato all’autostrada, con alcune scene piuttosto da film.

Per cominciare, passata la fase iniziale di rimozione (quella in cui il mio amico sfotteva dalla finestra dicendo “non mi muovo ad aiutarti finchè non sei slittato almeno per mezzo minuto”, al che io sono slittato fino a mezzo metro dalla fiancata della macchina più vicina e lì abbiamo capito che era una cosa seria), ci siamo messi con la pala a scavare percorsi ideali di uscita in retromarcia dal prato nevoso. Peccato però che il suggerimento “ACCELERA AL MASSIMO E NON TI FERMARE” cozzi con una serie di meccanismi automatici di difesa che stanno nel mio cervello, per cui mi sono fermato almeno tre volte durante la manovra.

Ma il bello doveva ancora venire: appena la macchina ha terminato la curva in retromarcia e si è trovata col muso in direzione di massima pendenza, ecco… ha cominciato a scendere. Da sola, con me sopra, perso come un astronauta dell’Apollo 13. Al che io mi sono buttato sul freno, e la macchina ha cominciato a scivolare più forte, beccheggiando verso destra in direzione di 1) un palo 2) un muro. Mi sono così trovato in mezzo a quella scena di Austin Powers in cui lui sta per essere investito da uno schiacciasassi che però si muove pianissimo, e quindi sta fermo per trenta secondi gridando, mentre il disastro gli si avvicina a velocità ridicola!

Insomma, ho capito che appoggiarmi sul freno non serviva a nulla, e quindi, sempre scivolando verso il palo, ho preso adeguati rimedi: ho tirato giù il finestrino elettrico premendo sull’apposito pulsante, e ho cominciato a gridare: “AIIIUUUUUUTTOOOOOO!!!!”. Questo però non ha deviato la macchina, al che, quando il palo era già incombente, mi sono deciso a tentare il tutto per tutto: ho veramente lasciato la frizione e accelerato, e le ruote hanno veramente cominciato ad andare nella direzione impartita loro dal volante, infilando la mia auto nello stretto passaggio con un balzo felino. E ho persino fatto una curva a destra che era larga come una macchina più dieci centimetri!

Lo step successivo è stata una discesa ripida e diritta: ecco, lì ho cambiato la procedura, perchè, dopo essermi buttato sul freno ancora senza risultati, invece di gridare aiuto ho avuto un’altra ottima idea: mi sono istintivamente aggrappato al freno a mano! Scoprendo con orrore che neanche quello aveva alcun effetto, e mentre il mio amico gridava di non frenare, un passante ha gridato il più utile consiglio “METTI LA PRIMA E VAI”, che in effetti ha funzionato e mi ha permesso persino di fare un’altra curva a fine discesa.

Quando poi sono arrivato al tornante in palesi condizioni di instabilità mentale e fisica, e ci ho trovato in mezzo una gentile mammina che aveva deciso di fermarsi col passeggino esattamente nel punto dove sarei andato a sbattere io se avessi perso aderenza, ho pensato che l’istinto materno può rendere gli esseri umani infinitamente stupidi.

(Lasciamo perdere il maledetto autobus delle Ferrovie Nord Milano che, in un tratto di autostrada gelato e con il limite dei 100, andando a 112 all’ora contro i miei 110, ha deciso che doveva assolutamente superarmi, e poi, realizzato che non sarebbe mai riuscito a terminare la manovra prima di giungere a Milano, ha semplicemente cominciato a chiudermi costringendomi a inchiodare. Doveva essere davvero la mia giornata fortunata.)

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mercoledì 27 Dicembre 2006, 12:30

Ancora Berlino

Ebbene sì, sono di nuovo a Berlino, questa volta per assistere al 23C3, il ventitreesimo Chaos Communications Congress. (Per chi non lo sapesse, il Chaos Computer Club è la principale associazione di hacker tedesca, e direi anche d’Europa; organizza due volte l’anno la più grande conferenza di hacker del continente, e una delle due è tradizionalmente tra Natale e Capodanno.)

La sorpresa principale è stato il mio primo volo da Bergamo, e il mio primo volo con Air Berlin; se Bergamo come aeroporto è comodo (in auto) ma orribilmente sovraffollato, Air Berlin si è rivelata essere una linea aerea full service al costo quasi di un low cost; ci hanno preassegnato i posti, abbiamo volato su un nuovissimo Airbus 320 con tanto di schermini e proiezione di Mr. Bean, e a bordo ci hanno persino offerto un panino e una bevanda, incredibile… ancora una volta, ++ per i tedeschi.

Berlino è… beh, gelida e nebbiosa, ma l’atmosfera di Alexanderplatz immersa nella nebbia notturna è secondo me impagabile. Il convegno è molto cool, e magari bloggherò un po’ in proposito tra qualche tempo; ho già incrociato Thomas (che in questo momento sta cazziando in tedesco stretto il relatore del seminario su GnuPG per le sue ripetute inesattezze: mai fare una conferenza sulla crittografia di fronte a un matematico tedesco) e ho il sospetto che incrocerò parecchia altra gente del giro tedesco di ICANN / IGF; in compenso ancora nessuna traccia della autoproclamatasi “it.militia“.

Ora vi lascio, ma bloggherò ancora una battuta che ha fatto stamattina John Perry Barlow – uno dei padri della cybercultura e fondatore di EFF – nel discorso di apertura, dedicandola a tutti i nerd in sala e altrove!

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martedì 26 Dicembre 2006, 14:46

Poste natalizie

Tra la posta di Natale, oggi ho trovato una busta che mi ha fatto piacere: era una cartolina di auguri di Natale standardizzati, ma arrivava da uno dei miei nuovi compagni di Board di ICANN, l’avvocatessa Rita Rodin; e qui, scusate se me la tiro un attimo (ah, i narcisisti in cerca d’autostima), non capita tutti i giorni di ricevere auguri da una persona con una biografia di questo tipo (ultimo lavoro di rilievo, rappresentare Skype nella sua acquisizione da parte di Ebay) e con indirizzo del mittente “4 Times Square, New York”.

La cosa realmente degna di nota, comunque, è che la busta era indirizzata sì al mio indirizzo, ma a “10152 Rorino” invece che “10142 Torino”. Ok, è colpa della mia pessima calligrafia pessimamente copiata dallo staff americano di ICANN dentro il file di contatti spedito a tutto il Board, ma mi sono veramente sorpreso nello scoprire che le poste italiane sono riuscite a recapitarla lo stesso.

In compenso, quest’anno le poste non mi hanno ancora recapitato la cartella del mutuo della casa, che pure scade a fine anno: non so se pensassero di farmi un favore, ma io non ho nessuna intenzione di pagare una mora…

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domenica 24 Dicembre 2006, 21:34

L’incredibile ondata

Insomma, che fosse una vigilia di Natale strana s’era capito, che io fossi giù di morale anche, e per peggiorare le cose c’è stata una specie di redde rationem di quelle che capitano regolarmente dopo un po’, sempre con la stessa persona cara.

Tuttavia, la serata ha preso una piega insolita quando il suddetto scambio, invece di finire con la normale lite furibonda seguita da temporaneo troncamento, si è evoluto verso una piena e sincera confessione di cose che non ci si era mai detti, il che, pur non modificando le posizioni in campo, ha permesso di sturare in modo soddisfacente il mio blocco mentale; e poi, proprio al culmine dell’accesa discussione… a casa dell’altra persona è mancata la luce, e si è dovuti proseguire per un paio di messaggini.

Ma questo è nulla, perchè, soppressa in questo modo la discussione, mi sono accinto a prepararmi il cenone di Natale, che doveva consistere in fritto misto (surgelato) e patatine (surgelate). Ho riacceso la friggitrice elettrica dopo un paio d’anni, ho fatto scaldare l’olio, e nel frattempo ho recuperato dal congelatore il fondo del saccone di patatine, che essendo lì da anni era costituito da una manciata di patatine immerse in un blocco di ghiaccio. Ho passato dieci minuti a pulire le patatine dal ghiaccio, una per una, nel modo più diligente possibile; le ho messe nel cestello, e ho immerso il tutto nell’olio bollente.

A questo punto il destino ha deciso di divergere: l’olio vecchio, difatti, ha reagito con l’anomala quantità di ghiaccio rimasta attorno alle patatine, prima con un rumore di doccia e poi, d’improvviso, con una tracimante, incredibile ondata che è uscita dai bordi e dal filtro d’aerazione della friggitrice, trasformandola in una fontanella spettacolare, e spargendo litri di olio bollente per tutta la mia cucina.

Per fortuna, l’olio si è raffreddato subito, ma ho passato un quarto d’ora, ridendo come un pazzo, a rimuovere due centimetri d’olio dal top, da sotto il forno a microonde, dalla macchina del pane, da tutti gli interruttori; prima con uno straccio, e poi con chili e chili di scottex. La friggitrice stessa, di solito pesante e immobile, ora pattinava sul piano della cucina come una campionessa; per non parlare del fumo bianco e acre che ha invaso la casa per l’olio bruciante nei posti sbagliati…

Ho tentato un rabbocco più secondo giro, ma c’è ancora olio per ogni fessura; devo aspettare che raffreddi il tutto per pulire per bene l’interno della friggitrice, la serpentina e così via. Quindi niente fritto; il cenone è consistito delle patatine (però ottime) e di un improvvisato cous cous con mais. Ah, e del tronchetto della felicità di cioccolato e marzapane del Lidl.

Dopo questa prova del fatto di essere vivo, alla soddisfatta mercè delle forze dell’universo, sono ampiamente felice. E di sicuro è una vigilia di Natale che ricorderò fin che campo…

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domenica 24 Dicembre 2006, 12:20

Vigilia

Il Natale, sotto sotto, lo odiano tutti, o perlomeno in tanti; non solo per gli ingorghi, il consumismo, le mail animate da tre megabyte, l’ipocrisia degli auguri a tappeto, anche a gente che nemmeno conosci o che magari per il resto dell’anno maltratti senza pietà.

Festeggiare il Natale – il momento in cui le giornate riprendono ad allungarsi e la vita incomincia a rifiorire – è un’esigenza archetipica dell’essere umano, che precede la nascita di Cristo; eppure, proprio per questo, coincidendo con la ripartenza del ciclo delle stagioni e del calendario, è il momento in cui ci si trova più soli con se stessi. Nè aiutano le cene collettive, l’accavallarsi di eventi che ti forzano a scegliere se unirti a questo o a quell’altro – scontentando per forza qualcuno – e in più, grazie al gigantismo della festa, ti costringono all’anonimato delle lunghe tavolate.

In più, quest’anno, io mi sento in mezzo al guado. Gli ultimi sono stati Natali tristi, parte di un brutto periodo della mia vita; un periodo di quelli che finiscono nascosti sotto il tappeto delle immancabili soddisfazioni professionali, ma che segnano comunque in profondità la tua esistenza. Il 2006 è stato un anno di ripresa timida, un po’ come l’economia, arrivando comunque, durante l’autunno, ad avere dei giorni finalmente felici, io e la mia bicicletta sotto il sole freddo. Ma per quanto ora sia piuttosto contento della mia vita, siamo animali sociali; e nessun essere umano, se non completamente perso nella propria naturale follia, può essere completamente felice se isolato dagli altri.

E quindi, in un momento di giallo cambiare, alzo di nuovo gli occhi e scopro che nel frattempo il panorama è diverso. Praticamente tutti i miei compagni di viaggio degli scorsi decenni hanno messo su famiglia e bambini, sono usciti dal guado e hanno preso una direzione chiara; mi fa sempre piacere vederli, ma onestamente pappine, ecografie e mutui casa non sono il mio argomento di conversazione preferito, anzi non sono nemmeno tra i primi cento, e insomma, come con l’aborigeno australiano di Guzzanti, ma io e te che cosa ci dobbiamo dire? Io, l’unico altro single del gruppo, e un paio di amici che per motivi vari hanno di quei rapporti laschi per questioni di tempo o di spazio, finiamo regolarmente a fare la riserva indiana in fondo al tavolo.

D’altra parte, la vita da ventenne non mi piaceva a vent’anni, non è che mi interessi adesso; non sono mai stato un frequentatore di discoteche, sono troppo stanco per andare a dormire alle quattro su una panchina, e alcool, canne e sesso con la prima che passa, senza sentimento, non sono un obiettivo che mi attiri.

E’ probabile che finisca anch’io a fare il monaco da convegno e da attivismo politico; non è una brutta cosa, e appaga comunque le mie parti intellettuali; mi permetterà insomma di tessere tappeti sempre più grandi e pesanti. Avrei preferito lasciar stare, e dedicarmi a vivere con un’altra persona; ma, come spesso accade per i casi della vita, l’unica con cui abbia mai trovato un legame profondo non ha più avuto il coraggio di provare a ricambiarlo, nè la si può biasimare per questo.

Come vigilia di Natale, qui dal mio solito divano, non posso che augurarvi una buona giornata e una buona serata, sperando che troviate dei regali sotto l’albero; io, di mio, mi unisco di cuore al collega che da settimane ha attivato il conto alla rovescia per il ventisei dicembre, e mi auguro per l’anno prossimo un Natale fuori dal guado.

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sabato 23 Dicembre 2006, 02:41

Confermo: musica.

Questo post è solo per confermare quest’altro, e il fatto che uno può arrivare a casa assonnato dopo un cenone da amici, dire tra sè e sè “va bene, ne provo solo una”, e poi andare avanti sempre più esaltato per oltre due ore – anzi, sempre più alterato, perchè quando si suona per un po’, specie di notte, si entra in una specie di trance totale in cui il cervello è spento, e gli stimoli vanno direttamente dagli occhi alle mani, o, quando la musica è pregna, dall’anima alle mani.

Anche in età adulta, da persone serie, si può, si deve continuare a roccheggiare! In più, stasera ho scoperto vari gran pezzi (appunto: approfondire per bene i Kiss), e ne ho riscoperti altri dell’epoca (I feel so alone / Gonna end up a big ol’ pile o’ them bones – questa la suonavo anche, nelle birrerie). Menzione speciale per un brano a me totalmente sconosciuto di un gruppo a me totalmente sconosciuto, tal Carry On Wayward Son di tali Kansas, che è assolutamente eccezionale (però sono trent’anni che non è più obbligatorio inserire almeno cinque cambi di tempo per brano, eh!).

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venerdì 22 Dicembre 2006, 15:13

Dilemmi di giornata

Ma che cavolo ha tutta ‘sta gente da essere in giro in macchina, bloccata per tutte le vie e gli incroci della città?

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giovedì 21 Dicembre 2006, 16:40

Giochi

Ieri mi è arrivato un pacco dalle Isole del Canale; oggi l’ho aperto.

Infilo il disco nella mia playstation, così a metà pomeriggio, solo un attimo, per vedere che c’è. Scegli una canzone, una sola; all’inizio ce ne sono poche, bisogna giocare un po’ per poterne suonare altre. Prendiamone una. Una? Tra queste? Ok.

Parte, una telecamera a spalla che si infila in un sordido pub, potrebbe essere l’inferno della Divina Commedia, o la cantina del Manhattan. Sul palco si attacca Heart Shaped Box, modalità difficile. Io, con la chitarra in mano, e il fantasma di Kurt Cobain scolpito nel cervello.

She eyes me like a pisces when I am weak. Aveva capito tutto, quell’uomo. Compreso che c’è qualcosa di speciale che si scatena quando un uomo prende in mano uno strumento musicale, meglio ancora se la chitarra, l’anima del rock. Perchè la mia adolescenza passata a chiedere a Bach la spiegazione delle segrete regole del mondo è storia chiusa; ma è quando si diventa adulti in questo fottuto mondo – I’ve been locked inside your heart-shaped box for weeks -, è quando si scopre che di armonia ce n’è poca e spesso è solo finta, che l’uomo imbraccia la sua chitarra, pompa il distorsore, e chiude fuori per un attimo tutto il resto.

Forever in debt to your priceless advice. La canzone si snoda come si snodava più di dieci anni fa, vomitando emozione, pezzi di vita mal digeriti, rimasti sullo stomaco, congelati e scongelati come una bistecca. Sa di sesso e di morte (poco di amore, ormai merce rarissima), è dolce e velenosa, disperata come la prima metà degli anni Novanta. Broken hymen of Your Highness, I’m left black. Sollevi il manico con la mano, come solleveresti una gonna. In questo momento di passione, ci sei solo tu e la musica, tu e quello che avrebbe potuto essere e non è, tu e una preghiera silente che già si è fatta imprecazione maledetta. Throw down your umbilical noose so I can climb right back.

E poi, posare il giocattolo, spezzare il cerchio magico, e tornare felicemente alla realtà, nella serenità di un pomeriggio invernale. Non importa quanti tasti ha la tua chitarra e che cosa la faccia suonare, importa il mondo insondato di profondità mai viste che ti porti dentro, e che ogni tanto, anche solo per gioco, si affaccia alla luce.

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