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Archivio per la categoria 'StillLife'


domenica 21 Novembre 2010, 13:12

Appuntamenti sulla governance di Internet

Nei prossimi giorni si svolgeranno due eventi legati alle politiche di gestione di Internet.

Domani a Milano, il MIX tiene la sua conferenza annuale, dedicata quest’anno alla neutralità della rete (per chi non conoscesse l’argomento, il link porta al paper divulgativo che ho scritto qualche mese fa per i quaderni ISOC) come elemento fondamentale di Internet. Insieme ad altri illustri relatori discuteremo del tema, e anche se prevedo una discreta convergenza a favore di questo principio, sarà senz’altro una discussione interessante.

La settimana prossima a Roma si tiene invece IGF Italia 2010, la conferenza in cui tutti gli stakeholder della rete si incontrano per discutere le questioni più attuali, allo scopo di preparare i contributi nazionali per il processo dell’Internet Governance Forum delle Nazioni Unite. Vi è un fitto programma di eventi collaterali, tra cui la sessione organizzata da Società Internet e presieduta da me, che discuterà del modello di governo della rete basato sulla collaborazione tra tutti gli interessati (governi, industria e società civile). Si svolge nella mattinata di martedì nella stessa sala che nel pomeriggio ospiterà la plenaria, alla sede centrale del CNR, e contiamo dunque su una buona partecipazione.

Già che ci siamo, vi lascio con un video che ancora non ho fatto girare: lo spezzone dalla regia ufficiale che contiene il mio intervento alla sessione conclusiva dell’IGF 2010 a Vilnius. Se sembro un po’ così, è perché avevo la febbre.

[tags]internet, internet governance, igf, igf italia, isoc, cnr, vilnius, nazioni unite, mix, neutralità della rete, nnsquad[/tags]

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venerdì 19 Novembre 2010, 18:24

Il sequestro del presidio No Tav di Chiomonte

Essere un blogger impegnato ha i suoi grandi privilegi. Ieri, per esempio, un mio sogno della vita si è compiuto: ho potuto finalmente interpretare il ruolo di Tricia Takanawa nel video che vedete qui sotto.

Capisco che la dizione sia un po’ incerta, mentre un torrente d’acqua mi si rovesciava nel collo; d’altra parte col cappuccio in testa sarei sembrato decisamente un Rocky Balboa grasso.

Detto questo, la situazione è invece molto seria: il presidio che il movimento No Tav stava costruendo alla Maddalena di Chiomonte – dove dovrebbe sbucare il tunnel esplorativo della Torino-Lione – è stato posto sotto sequestro dalla magistratura in quanto abusivo, in seguito a una ordinanza di sgombero del sindaco di Chiomonte Renzo Pinard, molto vicino al governo regionale di Cota e all’assessore ai Trasporti Barbara Bonino.

La costruzione è (probabilmente) abusiva; ma si tratta comunque di una azione prettamente politica, dato che un simile attivismo delle istituzioni e dei magistrati – nel giro di una settimana sono arrivate l’ordinanza di sgombero, quella di demolizione, il sequestro dell’edificio e la denuncia penale – non si è mai visto in Italia per alcuna situazione del genere, anche se l’intera Valsusa è piena di scempi di ogni genere. E’ ironico che il provvedimento sia giustificato con la necessità di proteggere un “sito di interesse archeologico e paesaggistico” che dovrebbe essere a breve sventrato dall’imbocco di un tunnel di otto chilometri.

Perdipiù, la denuncia è stata presentata solo a carico di poche persone politicamente schierate, e non delle decine di cittadini comuni che partecipavano alla costruzione; ed è stata notificata con grande evidenza, mobilitando decine di agenti. E’ chiaro il tentativo di intimidire i No Tav.

Il Movimento No Tav considera quanto accaduto una gravissima provocazione e risponde convocando una prima mobilitazione generale per domani alle 8,30 davanti al municipio di Chiomonte – con il sole o con la neve noi ci saremo.

[tags]no tav, chiomonte, presidio, denuncia, abusivismo, magistratura[/tags]

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lunedì 8 Novembre 2010, 15:52

In risposta agli attacchi personali

Riassunto: Questo lunghissimo post, in risposta a una serie di attacchi sulla mia bacheca Facebook, espone i recenti avvenimenti all’interno del Movimento 5 Stelle di Torino e spiega come, a mio parere, un gruppo organizzato di persone, di ideologia di estrema sinistra, stia cercando di bloccare il Movimento cittadino visto che non può prenderne il controllo. In conclusione, commenti personali. Non si parla di politica ma di tristi beghe di cortile che avrei fatto volentieri a meno sia di vivere che di raccontare. Leggete solo se vi interessa proprio l’argomento o se per caso vi è venuto il dubbio che io sia un criminale assassino; da domani si parla d’altro.

Ho scritto, riscritto, triscritto e quadriscritto questo post, dopo essere stato tirato per i capelli in mezzo a una rissa da cortile scatenata ad arte da un gruppetto di persone contro il Movimento 5 Stelle; è un post lunghissimo, perché vuole essere esaustivo; non parla di niente di utile al mondo; e se però vi fa schifo il fango in politica, è meglio per voi se non leggete.

Già, perché la lotta nel fango, per chi vuole distruggere, è una carta vincente per definizione: appena qualcuno la gioca, le persone normali si schifano e non stanno nemmeno più a capire chi ha ragione e chi ha torto – se ne vanno e basta. E’ dunque l’arma perfetta per chiunque voglia eliminare un nemico: basta trovare, come diceva Lenin, degli “utili idioti” da mandare avanti a fare il lavoro sporco (non ridete, è un termine tecnico che identificava gli infiltrati sovietici nelle democrazie occidentali, nell’alta opinione in cui erano tenuti dai loro capi).

Questa tattica politica da manuale di marxismo-leninismo non è peraltro sorprendente, dato che l’ideologo di questo gruppetto (meglio, l’unico che sappia mettere insieme un discorso in maniera intellettualmente presentabile) è un bibliotecario di Palazzo Nuovo che, a protezione della privacy, indicheremo parzialmente con le iniziali: un certo Alberto B., anzi no, facciamo A. Baracco.

Dunque, A. Baracco, pur non ammettendolo mai apertamente, tenta da anni di introdurre nel Movimento il marxismo-leninismo in salsa maoista, ad esempio proponendo l’adozione del “centralismo democratico”, parlando dei cittadini come masse da educare o dedicando interi mesi alla discussione de “Il Metodo” (guarda caso è il titolo del secondo capitolo di Questioni del leninismo, opera maestra di un certo Josif Stalin). Chi segue questo blog lo sa, perché ne ho già parlato in passato. A riprova della sua ortodossia, A. Baracco non appare mai, mandando avanti in riunione e sul web tutta una serie di altre persone; apparirà soltanto quando gli avversari saranno stati screditati.

La storia completa dietro a quello che sta accadendo inizia due anni e mezzo fa (in particolare, l’astio contro di me risale a quando il gruppetto organizzato che ora si lamenta non riuscì a far votare A. Baracco come candidato a presidente della Provincia, e fui scelto io), ma ci vorrebbero venti pagine per raccontarla, e sarebbe più deprimente che altro. Vorrei dunque spiegare solo gli ultimi avvenimenti, dal mio punto di osservazione, e solo perché il gruppetto dei leninisti a cinque stelle (quasi tutti peraltro inconsapevoli di esserlo) sta riempiendo la rete di resoconti parziali.

Il percorso verso le elezioni comunali avanzava a velocità di lumaca, gestito inizialmente dal gruppetto di cui sopra (nel seguito lo chiameremo ossequiosamente il comitato centrale; include persone come T. Errichelli, H. Nevola, E. Cardillo – nessuno li conosce, ma vedrete questi nomi in abbondanza sulla mia bacheca Facebook…). Era un percorso assolutamente non trasparente: non c’era un sito, si discuteva su una mailing list di Google privata e non accessibile al pubblico, le riunioni non erano mai pubblicizzate e la partecipazione media era di dieci persone, di cui otto erano il comitato centrale.

Quando si sollevava il problema della scarsa legittimità e trasparenza di un simile processo, le risposte di A. Baracco erano invariabilmente due: la prima era “sto mettendo in piedi un forum che sarà pronto a brevissimo”, la seconda era “le riunioni sono aperte a tutti”. Chi ha letto la Guida Galattica per Autostoppisti si ricorderà dell’inizio, in cui la casa del protagonista viene distrutta per costruire una superstrada e alle sue rimostranze viene risposto che il progetto era pubblicamente consultabile da nove mesi, in uno scantinato privo di luce e senza scala di accesso, “in fondo a un casellario chiuso a chiave che si trovava in un gabinetto inservibile sulla cui porta era stato affisso il cartello Attenti al leopardo: ecco, era esattamente quel genere di trasparenza lì.

Dopo le ferie, e più ancora di ritorno da Woodstock 5 Stelle con il relativo entusiasmo, molti di noi pensarono che fosse il caso di dare una accelerata alla questione: per esempio, di fronte alla dichiarazione di intenti di aprire le discussioni sul forum del gruppo regionale, il forum che da sei mesi doveva essere installato ma non lo era mai apparve immediatamente. All’epoca comunque pensavamo ancora che il comitato centrale fosse in buona fede, solo incapace di lavorare in concreto; e allora ci demmo da fare noi a pubblicizzare le riunioni e allargare la partecipazione.

La pubblicizzazione fu resa difficile dal fatto che il comitato centrale aveva delegato qualsiasi comunicazione con l’esterno a un gruppo stampa che io ribattezzai “ufficio stampa senza toner”, perché non comunicava mai niente; era fatto da una persona che voleva lavorare e due membri del comitato centrale che non facevano assolutamente nulla se non bloccare le comunicazioni per inerzia (alla fine cominciammo a comunicare quando l’unica persona cominciò a fregarsene e agire in solitario).

Quando si trattò di decidere il candidato sindaco, il comitato centrale propose una votazione interna al gruppetto di partecipanti alla riunione; io proposi le primarie pubbliche aperte a tutti i cittadini. Il gruppo regionale, volendo mediare, propose la soluzione intermedia che fu poi adottata, col voto contrario, in blocco, del comitato centrale (votano praticamente sempre in blocco, spesso alzando le mani all’unisono: è davvero impressionante).

Nelle riunioni successive, il comitato centrale partecipò a tutte le votazioni che decisero le regole delle primarie che ora contestano, finendo regolarmente in minoranza su tutto. L’unica votazione su cui furono d’accordo, tanto che fu fatta all’unanimità, fu quella di restringere il diritto di voto a una lista di una cinquantina di attivisti riconosciuti, loro compresi, visto che aumentava il loro peso specifico; bloccarono tuttavia la riunione per un’ora finché, per sfinimento, non ottennero l’aggiunta alla lista dell’unico loro membro che mancava, H. Nevola.

Quest’ultima mancava dalla lista perché lei stessa aveva dichiarato mesi prima di non voler più partecipare; ricomparve magicamente dal nulla la sera di quella riunione, e di lì in poi cominciò a presidiare costantemente il forum, giorno e notte. Qualsiasi persona non del comitato scrivesse qualcosa di sgradito sul forum veniva subito attaccata da H. Nevola (ha postato oltre duecento messaggi in quindici giorni), se necessario seguita da messaggi di supporto di E. Cardillo e T. Errichelli.

Sul forum si creò un clima di terrore per cui molti non osavano più scrivere niente; in teoria c’erano dei moderatori, a cui però l’amministratore unico del forum (A. Baracco) non aveva dato sufficienti poteri, che erano stati nominati in gran parte dal comitato centrale, e che non agivano quasi mai (uno mi scrisse addirittura che gli attacchi personali erano permessi). Quel che si scriveva nella parte organizzativa del forum erano soprattutto attacchi personali verso il gruppo regionale e verso di me.

Resta da spiegare perché si decise di restringere la votazione agli attivi: ciò accadde dopo una riunione in cui si presentarono circa 40 persone nuove. La maggior parte erano cittadini volenterosi, ma tra gli intervenuti ci furono anche un ex consigliere comunale della Margherita e poi una certa Alessandra Corino, che fino a prima dell’estate era tesserata e coordinatrice dei giovani PD di Nichelino, e il suo fidanzato Carlo Ferreri (sono altri due nomi che vedrete molto in questi giorni).

Fu la serata in cui si votò che non sarebbe stato permesso di candidarsi a chi aveva avuto in passato tessere di partito; gli ex tesserati avrebbero potuto partecipare e contribuire e magari candidarsi in futuro, ma per queste elezioni ritenemmo che fosse giusto evitare di candidarli. Sia lì, sia nei giorni successivi si scatenò sul forum una lunga polemica per portarci a rivedere questa decisione, discussione di cui i due ex piddini succitati furono i protagonisti.

Di lì in poi, il comitato centrale cominciò a mettersi di traverso per cercare di bloccare i lavori; il motivo ufficiale fu la decisione, presa con un voto a larga maggioranza e con i soli membri del comitato centrale contrari, di votare i candidati sindaco a voto segreto invece che a voto palese. A parte la questione di principio – tutte le istituzioni usano il voto segreto quando si vota sulle persone, tanto che, in politica, esso è definito come un diritto umano dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, articolo 21 comma 3, e dall’articolo 48 della nostra Costituzione – la decisione poneva un problema molto concreto: come può un gruppo organizzato controllare la fedeltà al capo dei propri membri se il voto non è palese? E come può sperare di influenzare il voto degli altri tramite pressioni psicologiche sul forum se poi gli altri hanno la protezione della segretezza del voto? Il voto palese era strumentale per aumentare significativamente le chance di successo di A. Baracco (che naturalmente non era ancora uscito allo scoperto, lasciando andare avanti come candidato di prova l’ingenuo S. Arduino) e dunque bisognava ottenerlo ad ogni costo; e poi è un argomento su cui è facile fare populismo e infiammare le folle.

Si arriva così alla riunione di giovedì 28 ottobre, quando in teoria bisognava decidere le ultime questioni pratiche per poter effettuare la prima fase delle primarie il 7 novembre, come deciso (anche col voto del comitato centrale) alcune riunioni prima. In apertura, la riunione fu immediatamente interrotta da T. Errichelli, che richiese a gran voce di ridiscutere la “violazione dei principi del movimento” avvenuta con l’adozione a larga maggioranza del voto segreto.

L’intera riunione fu deragliata; durante di essa, tra l’altro, Davide Bono raccontò che qualche settimana prima il comitato centrale era venuto in segreto da lui in ufficio, chiedendo addirittura l’espulsione dal Movimento per me e per un altro attivista, Agostino Formichella – guarda caso, le due persone con il miglior risultato elettorale alle regionali, dunque i due potenziali ostacoli più ostici per l’elezione di A. Baracco. Ovviamente Davide si era rifiutato e allora il comitato centrale gli aveva promesso vendetta, in ossequio a “o sei con noi o sei contro di noi” (altro tipico motto dei rivoluzionari di sinistra).

Più volte cercammo di riportare la discussione all’ordine del giorno e più volte questo fu impedito, con continue tattiche dilatorie a cui si unirono i due ex piddini già citati. Alla fine si riuscì a mettere in votazione la seguente mozione: “L’assemblea ritiene che adottando il voto segreto siano stati violati i principi del Movimento”. Per evitare il voto, in cui sarebbe sicuramente finito in minoranza, A. Baracco si alzò e boicottò la votazione, uscendo di corsa dalla sala con uno scatto da centometrista, e cercando di far finire la riunione sul posto; la mozione fu votata e ovviamente respinta, ma il verbale stava venendo scritto da E. Cardillo, H. Nevola e A. Corino (ingenui noi ad accettare che lo facessero loro) che sostennero che la mozione non era valida e la riunione era da considerarsi già chiusa. Fu l’ultima goccia: lì capimmo che continuando in quella situazione il Movimento non sarebbe mai riuscito a presentarsi alle elezioni comunali di Torino, perché qualsiasi questione sarebbe diventata un pretesto per bloccare i lavori, mentre il forum sarebbe rimasto inutilizzabile.

Era chiaro che qualcosa andava fatto; anche se si supponesse che quanto sopra non sia vero, che non ci sia una strategia ideologica ben congegnata ma solo una diversità di visioni politiche, resta una palese impossibilità di vivere insieme produttivamente, il cui unico risultato sarebbe l’immobilità e il fallimento del Movimento a Torino.

Ora, va ribadito che nessuno può espellere nessun altro dal Movimento 5 Stelle; non funziona così. Chiunque è libero di partecipare e di proporre a Beppe Grillo una lista civica per farsi certificare (finché questo non avviene, però, non può usare nome e simbolo; questo è il motivo per cui il sito regionale può usare nome e simbolo, ma l’attuale sito del comitato centrale, che loro stanno linkando in ogni dove, è assolutamente abusivo). E’ Grillo che decide, di volta in volta, quale gruppo rappresenta il Movimento in ogni città. Ne deriva che ogni gruppo può decidere liberamente con chi lavorare; se due gruppi si presentano separatamente, sarà poi Grillo a scegliere quale adottare.

Per questo motivo, nessuno ha espulso nessuno, ma semplicemente 30 attivi (la maggioranza assoluta) hanno votato la chiusura del forum gestito da A. Baracco e hanno deciso di continuare i lavori autonomamente. Una decina sono quelli rimasti col comitato centrale (la rimanente decina erano persone che erano state inserite in lista per attività svolte nei mesi precedenti ma che alla fine, anche visto il clima, avevano deciso di non partecipare proprio, e non hanno sposato nessuno dei due gruppi). Beppe Grillo e il suo staff hanno valutato la situazione e hanno deciso di certificare come unica lista per Torino quella gestita dal gruppo di maggioranza, che è dunque l’unica autorizzata d’ora in poi a presentarsi come Movimento 5 Stelle di Torino.

In sostanza, c’è un gruppo che comprende tutte le persone che si sono sbattute in questi anni, che è riconosciuto da Grillo e in continuo contatto con lui, e che vuole fare le elezioni comunali per portare avanti il programma del Movimento; e un gruppo di persone semisconosciute (il comitato centrale non ha nemmeno partecipato alle elezioni regionali: con l’eccezione di S. Arduino, tutti gli altri non hanno raccolto una firma o affisso un manifesto che sia uno) che le vuole fare solo se il candidato sindaco è un loro uomo.

Questo secondo gruppo, guidato dal comitato centrale, raccoglie anche gli ex piddini – che da noi non troverebbero spazio – e varie persone inconsapevoli che sono state ingannate dai racconti fiammeggianti. La disinformazione urlata all’infinito infatti è un’altra tattica politica ben nota; e le lamentele sulla trasparenza e sull’apertura del gruppo degli attivisti sono davvero fuori luogo, da parte di persone che hanno sempre fatto di tutto per evitare che la partecipazione si allargasse nel tempo e hanno sempre combattuto l’idea della democrazia in rete aperta a tutti.

Dopodiché, noi siamo andati avanti seguendo le decisioni che avevano preso anche loro; le stesse date, gli stessi metodi. Abbiamo dovuto mantenere riservata agli attivi la sola cartella organizzativa (tutte le altre sono aperte in lettura e scrittura) e segreto il luogo della riunione del primo turno delle primarie, perché martedì scorso S. Arduino si è presentato nell’ufficio del gruppo regionale urlando e insultando, bloccando il lavoro (lavoro e non divertimento, retribuito dai cittadini per fare altro e non per discutere di aspirazioni a fare il sindaco) dello staff di Bono per parecchio tempo: avete visto i toni di queste persone, non potevamo pensare di esaminare i candidati col rischio piuttosto concreto che qualcuno si presentasse in massa a bloccare strumentalmente i lavori. Anche i candidati discussi ieri sono tutti quelli che si sono fatti avanti entro la scadenza concordata, il 28 ottobre, con la sola eccezione di S. Arduino visto quanto sopra. E nonostante le accuse sparse a piene mani (“sappiamo già chi vincerà”, “fanno tutto per far candidare un collaboratore di Bono”) non c’erano collaboratori di Bono tra i candidati e i risultati sono stati abbastanza imprevisti.

Vorrei aggiungere ancora qualche riflessione sui commenti che ho letto in queste ore. Il primo è relativo alle gare di purezza: vedo tantissime persone pronte a fare le pulci al Movimento in maniera veramente dettagliata. Lo prendo come un complimento: da noi si pretende coerenza e trasparenza assoluta. Lo prendo un po’ meno come un complimento, e un po’ più come un attacco al Movimento, quando ciò è fatto in maniera distruttiva, spesso in presenza e con l’appoggio interessato di tesserati di altri partiti (ieri sul profilo di Bono, a dire “bravi” al comitato centrale, c’erano tesserati dell’IDV, tesserati del PD, persino la coordinatrice regionale di Per il Bene Comune <- sì, è un partito e odia Grillo). I principi sono importanti, ma di là, nei partiti, c'è gente che stupra la democrazia ogni giorno, che ruba, che è d'accordo coi mafiosi, che manipola la stampa, che favoreggia gli amici. Ma tu del Movimento, ah! quella volta hai fatto una riunione e non hai messo subito un verbale dettagliatissimo, parola per parola, accessibile a tutti! Ok, noi dobbiamo essere meglio degli altri, ma attenzione a non cadere nel tranello per cui se non si può essere perfetti meglio non far nulla; per non parlare del fatto che cercare di sconfiggere un avversario cento volte più forte di te raccontandogli in anticipo "per trasparenza" tutte le tue mosse è una strategia estremamente pura ma estremamente inefficace. Insomma, occhio a non distruggere la credibilità pubblica del Movimento, per mancanze di un paio di ordini di grandezza inferiori al bene che si sta facendo, o peggio per ambizioni personali frustrate. Le critiche anche pubbliche sono legittime e anzi importanti, ma se sono fatte in buona fede sono misurate e costruttive, accompagnate da proposte e soluzioni invece che da insulti e minacce. Se qualcuno invece critica in maniera distruttiva, come stanno facendo questi adesso, vuol dire che in realtà del Movimento non gli importa nulla, gli importa solo della possibilità di usare il Movimento a proprio vantaggio; e se non ci riesce, preferisce distruggere tutto che permettere al Movimento di candidare altre persone. Se ciò è fatto in buona fede, è un comportamento da bambini; se è fatto in cattiva fede, è ancora peggio; in ogni caso, non ci si può dichiarare attivisti del Movimento e poi cercare di demolirlo in pubblico. Probabilmente, per persone che non hanno contribuito più di tanto alla durissima costruzione della popolarità del Movimento in Piemonte, alle giornate al freddo per strada e al convincimento uno a uno degli elettori, l’idea di distruggerlo non è un problema: meglio che il giocattolo venga distrutto piuttosto che lasciar giocare qualcun altro. Peccato che questo non sia un giocattolo, ma sia per molti versi l’ultima speranza che la nostra città e il nostro Paese hanno per uscire dalla melma, dalla mediocrità, dalle collusioni, dalla devastazione ambientale, morale ed economica.

Sarebbe tanto facile per me fare come hanno fatto altri (pochi per fortuna, temevo di più): tirarsi indietro, non metterci la faccia, cercare di apparire equidistanti perché magari poi si rimedia qualche voto anche di là; alla fine, queste cose purtroppo pagano, perché l’Italia è un Paese di pavidi e di “armiamoci e partite”.

Invece, io ci voglio mettere la faccia e difendo le decisioni che il gruppo ha preso, persino quelle che non ho inizialmente condiviso. Forse mi costerà la candidatura a sindaco, perché (come avvenuto ieri) appena aprirò bocca su Facebook o dal vivo mi troverò una claque organizzata di dieci persone a fischiare e insultare, prontamente seguiti da tesserati di un po’ tutti i partiti; ma non importa, qualcun altro farà il candidato al posto mio; e non importa, perché la mia coscienza vale più di una candidatura. Del resto, se mai facessi il sindaco mi troverei di fronte la ndrangheta degli appalti, figuratevi se mi spaventano quattro borghesi col culo al caldo che non hanno niente di meglio da fare che divertirsi giocando a Risiko su Facebook con le nostre vite, mentre fuori è pieno di gente che muore di fame, e noi già siamo soli e accerchiati dal sistema. Mi fa incazzare, questo sì, ma che ci volete fare: è l’Italia di oggi.

[tags]movimento 5 stelle, torino, beppe grillo, davide bono, elezioni comunali[/tags]

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venerdì 5 Novembre 2010, 14:59

Dalla cripta a 5 stelle

No, non temete, non vuol dire che siamo tutti morti e nemmeno che siamo chiusi in cantina. In realtà, dopo mesi di vicende inenarrabili che comprendono il viaggio di alcune cassette da Biella a Torino e ritorno e tentativi di loro lettura con almeno quattro apparati diversi, sono finalmente riuscito a montare e pubblicare due video relativi al comizio di Beppe Grillo a Novara una settimana prima delle scorse elezioni regionali.

Il primo inizia con una presentazione over the top del sottoscritto fatta direttamente da Grillo che sul momento mi imbarazzò (piacevolmente) non poco – tanto che quando mi diede il microfono ero senza parole – e poi contiene il mio discorso dell’epoca; e mi ha fatto piacere ritrovarlo, perché è proprio l’entusiasmo e la speranza di quei giorni che stiamo cercando di risvegliare, in vista del prossimo ciclo elettorale; e perché ogni promessa è debito, dunque dopo aver chiesto personalmente il voto è il caso di mantenere personalmente l’impegno.

Il secondo, invece, contiene gli ultimi due minuti del comizio di Beppe, quelli in cui spiega cosa vuol fare il Movimento 5 Stelle e perché votarlo: fa sempre bene ricordarlo e in più diverte.

P.S. I ringraziamenti vanno ai Grilli Biellesi (Alessandro Lumia e Lorenzo D’Amelio) per le riprese e per il trasporto delle cassette, e ad Alberto Airola per aver mobilitato un intero studio per riuscire a convertirle in file.

[tags]movimento 5 stelle, beppe grillo, novara, elezioni regionali, piemonte[/tags]

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mercoledì 3 Novembre 2010, 18:19

A volte ritornano

Sapete che da queste parti non siamo certo teneri con la busiarda, volgarmente detta La Stampa. Tuttavia, vorrei rendere onore al merito e segnalare lo spettacolare servizio inaugurato da pochi giorni: l’archivio storico di tutte le edizioni del giornale, parola per parola, dal 1867 fino al 2005, liberamente consultabile (spero per sempre).

Internet è una miniera di informazioni, ma con un grande limite: si trova tutto di ciò che è avvenuto negli ultimi dieci anni, ma molto poco di ciò che è avvenuto prima. Un servizio come quello de La Stampa apre dunque al pubblico una nuova dimensione di accesso all’informazione storica, una dimensione che prima era disponibile solo agli archivisti e a chi si prendesse la briga di setacciare tonnellate di microfilm. Quello che colpisce di più non è tanto la possibilità di recuperare la cronaca della storia, gli articoli sull’inizio e sulla fine delle guerre e dei grandi eventi del secolo scorso, che tanto sono riprodotti ovunque; è la possibilità di recuperare la cronaca spicciola di tempi ormai remoti, di scoprire dettagli di vita quotidiana di cent’anni fa altrimenti completamente perduti, e persino di indagare sulla vostra famiglia.

Mi è bastato un quarto d’ora di ricerche per scoprire, per esempio, che il mio nonno calciatore della Juve rifilò due gol al Toro in un derby dell’aprile 1922 finito 3-1 per loro; o per ritrovare un trafiletto sulla vendita di un quadro da parte del mio bisnonno pittore nel 1920. Anche voi potreste scoprire che i vostri antenati prima o poi sono finiti sul giornale, e ritrovare informazioni e vicende che non conoscevate.

Più inquietante, ecco, è veder ritornare anche i dettagli di tutto ciò che avete fatto voi in passato. Non ci è voluto molto per ritrovare l’articolo qui sotto, risalente al 1992: era il 22 luglio, un periodo in cui i giornali non hanno molto da scrivere, e La Stampa pensò bene di riempire la prima pagina della cronaca di Torino con un articolo sui giovani virgulti che avevano preso i migliori voti alla maturità; nella mia classe c’erano quattro 60/60 di cui tre con lode, e la cosa non passò inosservata. Solo che noi neomaturati eravamo già bellamente fuggiti in vacanza di branco a Diano Marina; e all’epoca non esistevano i cellulari, né altri mezzi di comunicazione che non fossero la classica telefonata dalla cabina sul lungomare, rigorosamente con i gettoni telefonici, rigorosamente dopo le 22 quando la tariffa della teleselezione calava drasticamente.

Dunque noi scoprimmo il misfatto a giochi conclusi, e così si materializzò quello che è indubbiamente l’incubo di ogni adolescente: finire descritto sul giornale, con tanto di foto, tramite un’intervista alla mamma.

maturita1992.png

[tags]la stampa, archivio, storia, cronaca, torino, maturità[/tags]

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martedì 2 Novembre 2010, 11:15

Mai più DVD originali

Ieri, per passare la serata in montagna, abbiamo tirato fuori un DVD: precisamente Mulholland Drive di David Lynch, uno dei capolavori degli ultimi dieci anni di cinema. Mentre apprezzavo per l’ennesima volta il ritmo lento e teso e la costruzione diabolica della trama, non potevo però esimermi da una certa delusione, perché il DVD prescelto per la serata era originariamente un altro, e precisamente Hana Bi di Takeshi Kitano; un altro grandissimo film di cui mi sono procurato a fatica anni fa il DVD, comprandolo direttamente dall’Istituto Luce che lo distribuiva in Italia, perché i maggiori siti di vendita non ce l’avevano (non so se sia ancora così).

Peccato che, estratto dalla custodia dopo qualche anno dall’ultima visione, il DVD risultasse pieno di macchie appiccicose e affiorazioni di vario genere sulla superficie inferiore. Io tengo i DVD in uno scaffale e non li metto in forno o in frigorifero; ma la masterizzazione era di qualità talmente scarsa da rovinarsi in pochi anni senza alcuna ragione apparente. Naturalmente non c’è garanzia; se volessi un nuovo DVD, dovrei ripagarlo per intero – non solo il costo del supporto, che è una minima parte, ma anche il costo, preponderante, della remunerazione della proprietà intellettuale del film.

Se volessero, i signori dell’industria cinematografica potrebbero benissimo offrirmi un servizio al passo coi tempi: ad esempio, la possibilità di acquistare il file del film e di poterlo guardare o riscaricare ogni volta che mi serve. Sarebbe magnifico se ciò avvenisse senza tante protezioni e controlli: al giorno d’oggi, se pago per comprare un film o un CD – e io, ogni tanto, continuo a farlo – è perchè lo voglio fare, non certo perché non abbia a disposizione con estrema facilità l’alternativa gratuita dello scaricamento “pirata”. Dato che la loro remunerazione dipende solo dalla mia buona volontà, trattarmi come se fosse scontato che io sia un criminale e rendermi l’accesso ai contenuti “legali” molto più difficile, lento, complicato e inaffidabile dell’accesso ai contenuti “illegali” (prima ancora di parlare di prezzo) non mi sembra una grande strategia commerciale, anzi è una strategia decisamente suicida.

Ma i signori cinematografari sono ancora lì a blaterare di protezioni cifrate supersicure e operazioni di polizia di altissimo livello contro i ragazzini che scambiano file… Quel che mi è successo ieri dunque prova, ancora una volta, che tanto vale mandare a stendere l’industria cinematografica e scaricarsi i film gratis da Internet, almeno finché questi non si degneranno di offrire un servizio di qualità superiore, o almeno comparabile, a quello dei sistemi peer-to-peer.

[tags]proprietà intellettuale, cinema, pirateria, dvd, mulholland drive, lynch, hana bi, kitano[/tags]

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sabato 2 Ottobre 2010, 13:33

Il diritto di sparare stronzate

Giovedì sera, a Londra, salendo sull’aereo per ritornare a casa, sono ritornato a contatto delle vicende italiane: mi han dato in mano il Corriere. Apro, sfoglio, a un certo punto trovo un titolone su “il professore che vorrebbe uccidere i disabili alla nascita”. Guardo a fianco, e mi trovo una grossa foto a colori di Joanne Maria Pini con dietro una bandiera della Lega

Ho conosciuto Joanne circa un anno fa, all’IGF Italia di Pisa; all’epoca era nel direttivo del Partito Pirata italiano e abbiamo chiacchierato a lungo dei nostri temi, dai diritti digitali alla decrescita felice, trovandoci d’accordo su tutto (no, non abbiamo parlato di disabili). Ci siamo rivisti altre due o tre volte negli scorsi mesi, e fu lui ad avvertirmi quando prima delle scorse regionali Renzo Rabellino (sì, proprio il signor Lista Grilli Parlanti No Euro) contattò il Partito Pirata per aggiungere anche quel simbolino alla sua collezione di liste (ma pensate un po’…). So che è uscito dal Partito Pirata in mezzo a un flammone gigantesco; non sapevo che adesso bazzicasse la Lega, né riesco a capire bene come una persona pro diritti digitali e decrescita possa finire a farsi le foto con i padani, anche se devo ammettere che ieri sera in TV ho visto Gomorra e pure a me è venuta la voglia di correre immediatamente ad abbracciare Calderoli.

Che sia un intellettuale eccentrico è dir poco; che, come molti intellettuali, abbia il gusto per la provocazione è altrettanto vero; ciò nonostante non mi sembra in grado di far male a una mosca. Ho scoperto che la discussione è avvenuta sulla bacheca Facebook di amici e ha coinvolto vari altri amici (il più furioso con Joanne è il mio collega Roberto Dadda), il che mi ha permesso di leggerla tutta. La frase come descritta dai giornali è ovviamente una disgustosa stronzata, ma se leggete l’intera chiacchierata non trovate proprio quello; trovate le affermazioni “prima della didattica viene la genetica” e “Tornare indietro di 40 anni? Alla Rupe Tarpea bisognerebbe tornare!”, nell’ambito di una discussione piuttosto accesa.

Per quel po’ che lo conosco, non mi stupisce che Joanne possa aver tirato fuori un’iperbole del genere, insieme alla preoccupazione sul degrado genetico dovuto alla fine della selezione naturale della razza umana, con i rischi evolutivi che ciò comporta; una cosa scientificamente fondata che pensano in molti, ma che non dicono proprio per non essere subito etichettati come razzisti. Si tratta comunque di una opinione personale che si può non condividere ma che rimane legittima fin che non si trasforma in apologia di reato (diverso sarebbe se Joanne avesse aperto un gruppo “organizziamoci per uccidere i disabili alla nascita”). E’ una opinione che vale come quella di qualsiasi altro privato cittadino, dato che Joanne non ricopre alcuna carica di responsabilità pubblica, che non insegna educazione civica ma armonia al Conservatorio e che non risulta che abbia mai discriminato alcun allievo disabile. Il discorso, peraltro, verteva sulla domanda se sia meglio dare ai disabili una istruzione separata o integrarli nelle classi e francamente, pur non avendo le competenze pedagogiche per esprimermi, non credo che sia una domanda dalla risposta così chiara, né che prevedere corsi speciali per chi ha diversi ritmi di apprendimento sia per forza una discriminazione, se no sarebbero razzismo anche le scuole speciali per ciechi o i corsi di recupero per chi è stato rimandato a settembre.

Io credo che ognuno di noi sia libero di cazzeggiare e anche di provocare; abbia, insomma, il diritto di sparare stronzate, specie in un ambiente molto informale come Facebook. Mi disgustano dunque piuttosto le reazioni trombone e paracule di quelli che stanno gerarchicamente sopra a Pini, fino alla Gelmini, a cui di sicuro dei disabili non frega alcunché, visto come ha massacrato i fondi per le attività di sostegno in tutta Italia. Nessuno di questi signori si è peraltro indignato per le sparate ben più gravi di molti ministri della Repubblica, che, avendo una posizione pubblica, hanno anche responsabilità pubbliche su ciò che dicono – ma che, a differenza di Pini, hanno la possibilità di segargli la carriera.

Comunque, anche in questo post ci sono sicuramente delle frasi su cui, dopo averle estratte dal contesto, un giornalista in cerca di audience può costruire un caso. Quella su Calderoli, per esempio, è ottima per fare un bel titolo tipo “I grillini torinesi confessano: in realtà sono leghisti”, magari aggiungendoci che “Vittorio Bertola ha persino un sito in piemontese” (vero), “scoprendo” che tra i miei contatti Facebook c’è un ex consigliere comunale della Lega (vero: è il padre della persona che ha girato molti video del Movimento piemontese), e aggiungendo una mia bella foto davanti alla statua di Alberto da Giussano a Legnano (qualche mese fa son stato lì sotto per un po’ ad attendere Elena: e se per ridere ci fossimo fatti una foto sotto la statua e l’avessimo messa in rete?).

La mia frase in questione è evidentemente una iperbole per strapparvi un sorriso; avessi voluto essere serio avrei scritto “ieri sera in TV ho visto Gomorra e mi sono venuti molti dubbi sulla possibilità di integrare me e quella gente nello stesso Stato”, ma non sarebbe stato divertente. Credo che tutti voi siate abbastanza intelligenti da capire che il contesto e il tono con cui si dicono le cose è rilevante, abbastanza scafati da non fidarvi più di quel che scrive un giornale, e (anche se questo ormai in Italia è sempre più difficile) abbastanza tolleranti da rispettare l’opinione dell’altro anche quando vi disgusta. So che molti italiani non sono così, ma non mi importa: se vogliamo migliorare questo Paese, dobbiamo cominciare a trattarci da persone intelligenti.

[tags]giornali, informazione, discriminazione, disabili, corriere della sera, joanne maria pini, conservatorio, milano, calderoli, lega, retorica[/tags]

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venerdì 1 Ottobre 2010, 15:31

Simpaticamente Milano

Milano è una città che sa come farsi odiare.

Lo pensavo proprio ieri, a mezzanotte e mezza, nella Stazione Centrale completamente deserta, con un unico treno ancora da partire – la S11 delle 0:38 per Chiasso (nel dubbio i monitor la riportavano una decina di volte, per far sembrare che il traffico fosse molto di più). Ero appena sceso dal bus da Malpensa ed ero passato per la stazione per fare il biglietto del treno per Torino di oggi, dato che prendendolo dal passante non ci sono biglietterie né macchinette automatiche e dunque bisogna assolutamente farlo prima.

Nel corridoio sotterraneo davanti alle macchinette, oltre a me, c’erano due tizi: una era chiaramente una barbona o drogata, sui trent’anni (ne dimostrava cinquanta), e l’altro aveva l’aria straniera ed era pieno di valigie. Mi fermo davanti a una macchinetta; il tizio straniero, vedendomi in giacca e cravatta, viene da me con aria disperata e mi chiede “do you speak English?”. Alla fine mi racconta che è americano, è arrivato da Malpensa pure lui e che sta cercando di capire come andare al suo albergo, lì in zona, ma trova soltanto barboni e gente poco raccomandabile (una esperienza aliena per lui, dato che negli Stati Uniti se vedono un barbone per strada, che non stia accucciato nel suo angolino e che approcci la gente, spesso lo prendono e lo sbattono in galera).

Mi fa vedere l’indirizzo, io tiro fuori il cellulare col navigatore e controllo: è a una decina di minuti a piedi. Lui mi ringrazia, mi dice “I’ve been here for one hour and a half and you’re the first Italian that I like”, e mi chiede se secondo me è sicuro andarci a piedi, che non si fida. Io spiego che non sono di Milano ma di Torino, dunque non saprei: di giorno il quartiere è tranquillo ma comunque non è dei migliori, essendo vicino alla stazione, e non so come sia di notte. Lui mi dice “I should have come to Turin rather than to Milan, people here are horrible”, e conclude che nel dubbio prenderà un taxi.

A quel punto ci salutiamo, gli auguro buon giro, ed esco dall’ingresso principale per dirigermi verso la fermata del 5, per andare a casa. Sono stanco morto e ho solo voglia di andare a dormire, e che succede? Me lo vedo arrivare lì, dal lato della piazza, che scorre sui binari e si ferma al primo semaforo. Comincio a correre per il piazzale, penso che non ho voglia di aspettare altri venti minuti, che già mi sono dovuto puppare (oltre a tutto il viaggio da Londra) un’ora su un bus Autostradale ammuffito e strapieno, che doveva partire alle 23:15 e invece è partito alle 23:29 perché quello della concorrenza partiva alle 23:30 e facendo così gli ha portato via un bel po’ di passeggeri (ah, il mercato regolamentato all’italiana); e che domani devo comunque alzarmi alle 7 per andare presto da un cliente che poi a metà mattinata deve andare via.

Il tram riparte, si avvicina alla fermata, io accelero, corro ancora più veloce… finché d’improvviso mi ritrovo per terra di faccia, con la mia borsa di libri che volano per aria e lo zaino pesantissimo (con dentro portatile, macchina fotografica, lettore MP3…) che dalle spalle mi capitombola addosso alla testa.

E’ successo che qualche genio del male, nel ristrutturare per l’ennesima volta piazza Duca d’Aosta per farla sembrare più figa in cartolina (cioé senza gli spacciatori e le gang di etnia varia), ha messo nella parte centrale delle leggerissime rampe in discesa che improvvisamente e senza alcuna segnalazione visibile si separano dal piano della piazza creando un gradino sempre più alto. In pratica, o uno corre guardando per terra o il gradino è totalmente invisibile; io ci ho messo il piede per storto e la caviglia si è girata in qualche modo.

Ero lì per terra con un male cane, e ovviamente l’unico che è venuto ad aiutarmi è stato un ragazzo di colore (c’erano due tizie italiane poco pi in là che hanno cambiato rotta per far finta di niente). Io ho ringraziato, mi sono alzato, ho verificato che la caviglia comunque funzionava ancora, ho ringraziato la solidità del vestito grigio cinese e ho zoppicato fino alla fermata, vedendo il tram andarsene in lontananza. Ho deciso che qualunque cosa fosse successa alla mia caviglia io avevo sonno, ero stanco e volevo solo andare a casa; e allora ho aspettato il successivo 5, mi ci sono issato sopra a braccia e mi sono subito tutti gli scossoni delle meravigliose “vetture storiche del 1927”, una roba che se girasse per le strade di Abidjan gli ivoriani protesterebbero subito che sono vecchie, ma che ATM furbescamente ti vende come “recupero del patrimonio storico di Milano”.

Sono sceso in via Aselli e ho zoppicato fino all’adiacente fermata della 93, sperando di trovarne ancora una; infatti da lì a casa c’è una piacevole passeggiata di dieci minuti, che però con una gamba sola è meno piacevole, per non parlare del fatto che poi avrei dovuto anche inerpicarmi su per tre piani di scale. E invece no, ormai era l’una e l’ultima 93 passava a mezzanotte e quarantotto, e allora mi sono dovuto rassegnare e cominciare a zoppicare verso casa bestemmiando in undici lingue.

E’ stato in quel momento che ha cominciato a piovere.

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martedì 14 Settembre 2010, 06:50

La marcia No Tav di Chiomonte

Sono un po’ di corsa e il wi-fi dell’albergo funziona a singhiozzo, ma ho finito di montare il video della marcia No Tav di sabato, da Chiomonte a Giaglione, e ve lo lascio volentieri: mostra come anche questa volta la partecipazione fosse oceanica. E’ stata una bella camminata su per i monti e ne è valsa proprio la pena… Naturalmente i giornali si sono subito messi a parlare delle questioni interne al PD, in modo da non dover spiegare perché la protesta continua e quali sono le sue ragioni; e che, francamente, di cosa pensi questa settimana il PD non ce ne frega più niente.

[tags]no tav, torino, lione, chiomonte, giaglione, marcia, politica, pd[/tags]

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sabato 11 Settembre 2010, 12:06

Treni speciali gratis per le Sagre di Asti

Chi fosse intenzionato ad andare stasera o domani al Festival delle Sagre di Asti è incoraggiato ad andare in treno; è un ottimo modo di evitare code chilometriche in auto e di poter mangiare e bere senza preoccupazioni. Quest’anno, finalmente, si sono decisi a mettere un buon numero di treni straordinari da/per Torino Porta Nuova, con fermata in quasi tutte le stazioni intermedie, che trovate elencati qui. L’andata si paga, ma il ritorno è gratuito.

Se volete pianificare, qui trovate l’elenco dei piatti; sono più o meno sempre gli stessi, e aggiungerei per fortuna, perché alcune sono specialità tipiche della sagra e si trovano solo lì… Per chi ci sarà, magari ci incroceremo domani a pranzo in mezzo alla baldoria!

Invece, per chi viene oggi pomeriggio a Chiomonte per la marcia No Tav, l’appuntamento è sul treno che parte da Porta Nuova alle 13:15: sopra troverete un nutrito gruppo di movimentisti.

[tags]asti, festival delle sagre, treni, torino, no tav[/tags]

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