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Archivio per la categoria 'Tech&Howto'


giovedì 10 Gennaio 2008, 11:49

Wi-Valter

Vi scrivo questo post da Roma, seduto su una panchina nel bel mezzo del meraviglioso parco di Villa Borghese. Sono infatti quaggiù per una riunione del Comitato Consultivo sulla Internet Governance, che inizierà tra un’oretta, e ho colto l’occasione – avendo tutta la mattinata da perdere, causa scarsa sincronia tra i voli da Torino e l’orario della riunione – per fare due cose.

La prima è una passeggiata attraverso il parco, visto che non ci ero mai stato, e che l’ultima volta l’avevo appena sfiorato: il luogo della riunione è in via Isonzo, sopra la collina dietro il parco, e avevo giusto avuto mezz’oretta per fare una capatina.

La seconda è provare il tanto decantato servizio wi-fi gratuito del comune di Roma… ed eccomi qui.

Devo dire che ho vinto un po’ di resistenza: già altre due volte avevo pensato di registrarmi ed ero stato scoraggiato dall’assurda procedura. Per darti accesso, Veltroni vuole sapere tutto di te: nome, cognome, indirizzo, data di nascita, numero della carta d’identità, e persino il numero di cellulare, che viene addirittura verificato facendoti telefonare ad un numero fisso, sul quale viene verificata la caller ID, quindi non puoi nemmeno oscurare il tuo numero (tra l’altro, questa tecnica mi ricorda qualcosa…). Alla fine, mi sono rassegnato ai modi da stato di polizia dei nostri politici, e oggi mi sono registrato.

Il successivo problema è stato trovare un hot spot: è vero che nel parco, con un po’ di fortuna, si trovano delle mappe sulla quale sono indicate le zone coperte; è anche vero che raramente si trova la rete dove la si aspetta, e generalmente il segnale è parecchio debole. Ho così messo in scena un po’ di wardriving, camminando per il parco con il portatile aperto in mano, tra gli sguardi stupiti dei carabinieri di stanza (ci fosse a Porta Palazzo tutta la polizia che c’è in questo parco semideserto…) e di qualche raro jogger o turista americano.

Alla fine, ho trovato un buon posto: se uscite dalla metro di Piazza di Spagna seguendo le indicazioni per Villa Borghese, potete poi camminare dritto dall’uscita delle scale, tenendovi sulla destra, e seguendo poi un lungo viale in cima a una piccola riva; arrivate così a una piazza circolare nella quale sfrecciano torme di taxi circondati da camionette dei carabinieri. Sull’altro lato della piazza, all’inizio di via Canonica, si apre sulla sinistra un sottoparco recintato; camminando per un centinaio di metri, accanto a un museo di non so cosa, c’è un cluster formato da una toilette, una cabina telefonica e un po’ di panchine, dove il segnale è decente (attorno al 40% della scala, sul mio iBook).

E così, mi sono collegato e mi sono registrato dal browser, e ora ho un account che – riloggandosi ogni due minuti, perché la sessione viene chiusa in fretta se non trasmetti – mi permette un’ora di uso al giorno per un anno, in cinque diversi parchi cittadini e prossimamente altrove; ma devo fare in fretta, perché fa freschino (una dozzina di gradi), il cielo è coperto e minaccia pioggia!

[tags]roma, wi-fi, veltroni, villa borghese, internet governance[/tags]

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venerdì 4 Gennaio 2008, 14:51

Cara Sony

Va bene che vuoi fare come l’Ikea, e risparmiare sulle istruzioni per montare il televisore sul suo supporto includendo soltanto una serie di disegnini numerati.

Però ecco, a pena di restare quindici minuti a sforzarsi con uno schermo televisivo in mano senza poterlo appoggiare e senza poterlo sollevare per vedere sotto, è possibile che uno non si accorga subito che esistono due versi in cui si può accoppiare uno schermo con una base, e di questi solo uno va bene!

[tags]sony, ikea, lcd[/tags]

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domenica 30 Dicembre 2007, 18:48

Elettrodomestici online

In questi giorni di relativa tranquillità ho potuto dedicarmi a una faccenda che attendeva da qualche settimana: acquistare gli elettrodomestici mancanti per la mia nuova casa (con trasloco in programma a metà-fine gennaio). Li ho elencati in ordine di priorità e importanza, e quindi mi sto dedicando nell’ordine a:
1) Televisore del tinello;
2) Frigorifero;
3) Lavatrice.

Per quanto riguarda il televisore del tinello, purtroppo ho un limite hardware: la posizione che ha più senso è a muro, su una parete stretta tra la serranda della porta-finestra e la porta del cucinino, dove la larghezza disponibile è di 70 cm. Per questo motivo, pur se a malincuore, ho dovuto accontentarmi di un piccolo 26 pollici.

Bene, la massaia media si sarebbe limitata ad entrare da Fnac o da Mediaworld, guardarne un paio, e prendere quello che accattivava di più. Ma noi siamo ingegneri, non donnicciuole! E’ per questo motivo che doniamo alle nostre attività di massai un tocco di ordinata pianificazione, che ricorda da vicino le nevrosi da collezione di francobolli.

Quindi, dopo un paio di settimane di giri esplorativi, mi sono deciso a passare un paio d’ore con Google per cercare recensioni e giudizi da fonti indipendenti. Dovete infatti sapere che i televisori piatti – a parte la fondamentale distinzione tra LCD e plasma – sono molto diversi in termini di qualità, anche a parità di dimensioni e risoluzione del pannello (in massaiese, “HD Ready” o “Full HD”; meglio il secondo, ma sotto i 37 pollici la differenza è sostanzialmente impercettibile). Molto infatti fa la bontà dell’elettronica di controllo, ossia gli algoritmi di gestione e filtro dell’immagine; mentre quei valori dichiarati che le case sparano a palla – contrasto, angolo di visione eccetera – sono sostanzialmente prodotti degli uffici marketing, cioè totalmente inaffidabili. Trattandosi di un investimento significativo su di un elettrodomestico che appallerà i miei occhi per diversi anni, ci tenevo a comprare un buon prodotto.

Leggendo un po’ di prove in giro, quindi, ho scoperto che la qualità migliore nella fascia medio-bassa è del Sony Bravia KDL26S3000, insidiato dal Samsung LE26R86BD. Mi sono quindi fatto una cultura sui Sony: vi sarete pur chiesti perché cambiando una lettera della sigla il prezzo raddoppia? Beh, la U o la P sono le serie base, poi ci sono la S e la V come serie medie; poi – sugli schermi più grossi – ci sono quelle sempre più avanzate, cioè la D che aggiunge il refresh a 100 Hz, poi la W che è la prima Full HD, e poi la X che è il top di gamma.

Tutto chiaro? No, vero? Difatti la morale è questa: ormai comprare un elettrodomestico capendo se vale il suo prezzo o no è praticamente impossibile, in una giungla di offerte, rinnovi di modelli ogni tre mesi, e marchettari creativi. Tocca affidarsi un po’ alla fiducia nella marca – io sono un fedele di Sony e tutto sommato non mi posso lamentare – e un po’ a qualche sana botta di fortuna.

C’è però una cosa che potete fare: una volta scelto un modello, pagarlo il meno possibile. Il prezzo del mio Sony, durante i giri esplorativi, è risultato il seguente:

  • Mediaworld delle Gru: non disponibile;
  • Saturn di 8Gallery: “offerta speciale” a 749 euro;
  • Carrefour delle Gru: 709 euro;
  • ComputercityHW: 699 euro.

Bene, io non mi sono accontentato: sono andato sul mai abbastanza ringraziato Trovaprezzi – in alternativa c’è il più nuovo Twenga, che vi fa anche i filtri per parametro e un sacco di altre cose carine – e ho inserito la sigla del modello. Ho così scoperto almeno una decina di negozi che offrivano un prezzo migliore; verificando l’effettiva disponibilità, tempi e spese di spedizione (con cui alcuni vi fregano…), alla fine l’ho ordinato da Fotodigit per 637 euro spedizione compresa, cioè 60 euro in meno del prezzo offline più basso, e 110 euro in meno – quasi il 20%! – di quello più alto. Siamo nelle feste, quindi pur avendolo ordinato venerdì pomeriggio arriverà giovedì prossimo, ma non ho fretta.

Ora sto cercando di ritentare il colpo con il frigorifero, dove ho un difficile incrocio tra un limite massimo di profondità di 60-61 cm – e ormai i frigoriferi combinati sono quasi tutti da 65 – e i miei requisiti su colore (argento) e classe energetica (A+), più un desiderata di non avere maniglie sporgenti ma ad incasso. Ho visto un Bosch che mi piace, e anche lì il prezzo online, poco sopra i 500 euro, è di quasi 100 euro inferiore al miglior prezzo offline; anche se son quasi certo che mi stiano rifilando il bianco da 350 euro di tre anni fa, semplicemente ridipinto di argento; ché di questi tempi basta dipingere di argento o ricoprire di acciaio un frigorifero per aumentare il valore percepito di 200 euro.

Certo, c’è sempre il rischio che qualcosa vada storto: ordini un frigorifero da un negozio di Treviso o di Napoli, e se poi arriva e non funziona? Quanto ti costa rimandarlo? Se poi devi litigare? Ciò detto, nel momento in cui uno trova un certo numero di fornitori affidabili e li mette in competizione tra loro per trovare ogni volta il prezzo migliore, è certo di risparmiare.

Sempre sapendo che se poi l’azienda cambia una lettera nella sigla del modello e ti rifila la tecnologia di cinque anni fa dentro un nuovo case alla moda, c’è poco da fare…

P.S. A proposito di frigo: se qualcuno nei commenti prova a pronunciare la parola Smeg, si prende una sberla dietro le orecchie!

[tags]e-commerce, elettrodomestici, sony, bravia, tv, lcd, frigoriferi[/tags]

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venerdì 14 Dicembre 2007, 14:40

Wikibufale

Oggi, per una volta, parliamo di Internet!

Avrete sentito che il popolo di Luttazzi si rotola sempre più nella cacca: l’ultima l’ha fatta un blogger che, linkato da Repubblica a proposito di Decameron, ha rediretto l’URL del post a un sito porno, per poi fare un filmatino e dimostrare di aver piazzato un porno a un click dalla home page di un quotidiano; dopodiché il blogger e i suoi amichetti hanno cominciato a gridare “cazzi! Repubblica! ah ah ah!” e a scambiarsi figurine per la soddisfazione, mentre gli astanti già puberi sono rimasti basiti.

Io però non volevo parlare di questo, ma del “trionfo di dilettanti in crosta”: Wikipedia. Saprete che io mi pongo rispetto al simbolo dell’user-generated content come un sostenitore critico; la trovo una bellissima iniziativa, purtroppo spesso affollata di persone che, un po’ troppo positivamente, sembrano non vederne né i difetti né i limiti; un po’ come il tipico sostenitore del software libero, per capirci. Dopodiché, Wikipedia è in realtà una somma di fattori ed attori molto diversi, e ne fanno parte sia il wannabe che – pur non avendo la benché minima competenza in termini di storia di Internet – voleva assolutamente cancellare la mia voce su it.arti.cartoni perché gli stava sulle scatole, sia la gentilissima persona che è venuta qualche settimana fa a intervistarmi per Wikinotizie (prima o poi l’intervista uscirà e saprete cosa ho detto).

In tutto questo, arriva via Slashdot la scoperta che sulla Wikipedia inglese la voce “2003 invasion of Iraq”, dedicata allo scoppio della seconda guerra del Golfo, è stata taroccata pesantemente nell’agosto 2005 da qualcuno che lavora presso il Congresso americano, che ha aggiunto varie “weasel word” per trasformare i fatti (“i servizi segreti non avevano trovato tracce di armi di distruzione di massa”) in supposizioni (“alcuni sostengono che i servizi segreti non avevano trovato tracce di armi di distruzione di massa”).

Casi come questo su Wikipedia accadono tutti i giorni, ma qui, per qualche motivo, il magico sistema di revisione democratica di massa delle voci enciclopediche ha fatto cilecca, e la propaganda pro-Bush, pur essendo assolutamente priva di qualsiasi base oggettiva o fatto a supporto, è rimasta nel testo per un bel po’.

Commentando l’episodio, la newsletter The Inquirer definisce Wikipedia “the gospel of truth according to fake penis experts and nerds with chips on their shoulders”. Io non sono così drastico: buona parte di ciò che c’è su Wikipedia è di ottima qualità, uguale o superiore alle enciclopedie tradizionali; un’altra gran parte non è magari altrettanto di qualità in termini editoriali, ma è comunque onesta e informativa, quindi utile. Il problema però è che, crescendo, Wikipedia scopre di trovarsi di fronte a tutti i problemi tradizionali delle enciclopedie, incluso il più pressante: chi garantisce l’imparzialità?

La soluzione tradizionale, oltre ai codici deontologici, è l’accountability dell’editore: si sa chi pubblica qualcosa – non è un caso che la legge italiana obblighi ad indicare committente e stampatore sui volantini politici – e quindi si sa che idee ha e cosa promuove, e si può comunque denunciarlo se diffama o calunnia. Ma in Wikipedia, chi è l’editore? Tutti vuol dire nessuno; e se nessuno è responsabile, Wikipedia diventa un canale aperto e incontrollabile di diffamazione e manipolazione, tanto più pericoloso perché nascosto sotto un manto di pretesa autorevolezza. E si ha un bel dire che anche i droni di Bush (o di Saddam) hanno diritto di modificare Wikipedia: va bene, ma non se il risultato pretende di essere oggettivo e neutrale.

Questa è, secondo me, la vera sfida per Wikipedia: trovare il modo di garantire un editore che risponde di ogni virgola – esercitando un controllo magari basato su norme democratiche ma comunque effettivo – o finire vittima di scandali e casi legali a ripetizione. Senza però dimenticare che la verità non si decide a maggioranza: e che tutte le procedure di votazione avranno il risultato di riflettere in Wikipedia il pensiero della “sciura Maria” internettiana, senza garantire che esso sia anche la verità. Temo però che questo sia il massimo che si può fare.

[tags]internet, luttazzi, decameron, blog, wikipedia, slashdot, iraq, trionfo di dilettanti in crosta[/tags]

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martedì 11 Dicembre 2007, 16:55

Bluray

Comprando la PS3, Fnac mi ha omaggiato di un buono sconto di 10 euro per l’acquisto di un ulteriore bluray disc – di loro costerebbero soli 29 euro, anche se Fnac li fa a “prezzo verde” a 25. (Ormai da Fnac quasi qualsiasi cosa è a “prezzo verde”, incluse le console, che pure sono vendute allo stesso prezzo che altrove; questo perché i prodotti a “prezzo verde” sono esclusi dallo sconto del 5% a cui ogni nuovo socio Fnac ha diritto per il primo giorno…)

Così oggi, trovandomi in centro con un quarto d’ora di buco tra due appuntamenti, sono entrato nel negozio di via Roma, ho snobbato le pur interessanti offerte nel settore DVD (ad esempio Memories di Otomo a 10 euro: sono molto tentato), e ho guardato uno per uno tutti i bluray disponibili.

Ce n’è già parecchi, almeno tre piani di scaffale: diciamo un centinaio di titoli. Il mio occhio è stato subito attratto dalla collezione di Kubrick: ho già i DVD, ma vuoi non vedere Arancia Meccanica in alta definizione? Eppure, guardo sul retro e scopro il trucco: semicoperta dall’etichetta del prezzo, in carattere corpo otto, la tabellina tecnica dice “video in risoluzione 480p/480i”. In altre parole, hanno preso il bobinone usato vent’anni fa per mandare il film su Retequattro e l’hanno digitalizzato tal quale, a qualità televisiva e con tanto di bande nere sopra e sotto: altro che alta definizione…

I titoli moderni, invece, sono alla risoluzione giusta, ossia 1080p – anche se mi chiedo se non si siano limitati a fare interpolazioni gaussiane senza quindi aumentare la qualità… Però sono uno peggio dell’altro; solo film orèndi o comunque di scarsissimo impatto estetico, dove quindi il bluray è sprecato: che senso ha vedere Rocky in alta definizione?

Il meno peggio che ho trovato è Black Hawk Down; ma non sono ancora convinto. Possibile che non ci sia niente di più spettacolare?

[tags]bluray, bd, alta definizione, kubrick, fnac[/tags]

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lunedì 10 Dicembre 2007, 15:10

Next generation

Nel weekend mi sono fatto il regalo di Natale anticipato: mi sono comprato la Playstation 3.

Sono stato a lungo incerto, perchè la Xbox 360 costa nettamente meno, al momento è più o meno equivalente in termini di resa (anche se in teoria, in termini di CPU, la PS3 è devastante) ed è anche migliore come media center. Però alla fine non ho retto all’idea di avere un oggetto Microsoft in casa, e sono rimasto fedele a Sony: un caso da manuale di effetto da brand marketing.

Sono così andato da Fnac e ho preso la scatola, o meglio ci ho provato, perché non sono riuscito a sollevarla. Dopo dieci minuti di pratica con un manubrio da quindici chili sono finalmente riuscito a gestirne il peso: ma in cosa è fatta, in piombo? Per 415 euro invece di 400, ho acquistato la confezione contenente anche il bluray disc di 300: vuoi mica avere un nuovo dispositivo ottico e nemmeno un supporto da provare…

La prima impressione è moderatamente positiva; l’estetica è carina, anche se da davanti la console sembra un videoregistratore dei primi anni ’80. Complice il mio DHCP locale, l’installazione e la registrazione in rete non hanno avuto problemi, e l’idea di farti scaricare filmati e demo direttamente da dentro la console è effettivamente interessante.

Il mio unico gioco per ora è Guitar Hero III, che è un po’ una delusione: sono cambiati gli sviluppatori e direi che la piacevolezza di esecuzione ne ha risentito, e per aggiungere qualcosa di nuovo hanno inserito un minigame di devastante bruttezza che dimostra di non capire che alla gente piace Guitar Hero perché si suona, non perché si smanetta col controller. In più, bisogna disabilitare – dalle opzioni della console – l’uscita audio DTS e limitarsi ai due canali stereo, altrimenti tra il video e l’audio ci sarà un ritardo tale da rendere il gioco completamente ingiocabile. Sono comunque curioso di provare la modalità di sfida in rete, che dicono funzioni sorprendentemente bene (ma il ritardo come lo gestiranno?).

Nel frattempo, in attesa dell’uscita in primavera di Rock Band e di Dynasty Warriors 6, siete liberi di suggerirmi qualche bel gioco da acquistare…

[tags]console, playstation, ps3, xbox, guitar hero[/tags]

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sabato 8 Dicembre 2007, 12:17

Scripta volant

Negli ultimi giorni in Italia si è scatenata una ampia discussione a proposito di DRM e protezione tecnologica del diritto d’autore, partendo da un appello di Leonardo Chiariglione a Rutelli uscito su Punto Informatico e su varie mailing list.

Spero prossimamente di preparare un post più completo, ma nel frattempo segnalo la buffa sensazione che ho provato scoprendo che Anna Masera, nel suo blog, ha utilizzato un pezzo di un mio messaggio per spiegare i diversi punti di vista sull’argomento. Ne sono onorato, ma è sempre interessante osservare come poche righe scritte di getto una sera, seduto sulla mia scrivania ovale, ancora rincretinito per essere giunto a casa da pochi minuti dopo quindici ore di viaggio intercontinentale, possano finire dritte sulla stampa. In un certo modo è anche spaventevole, ma tanto io sono incosciente e continuerò a dire senza patemi ciò che penso.

Resta però un ultimo dubbio: come ha fatto Masera a includere in un articolo pubblicato giovedì mattina (almeno a giudicare dalla data del primo commento) un pezzo di un messaggio da me scritto giovedì sera?

[tags]drm, diritto d’autore, masera, blog, citazioni[/tags]

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martedì 6 Novembre 2007, 14:54

Le vie della grafica sono infinite

Tra i miei clienti c’è una organizzazione no-profit che è tanto simpatica e socialmente utile quanto informaticamente disastrata. Io gli curo i siti a prezzo da amici, e mi smazzo nei ritagli di tempo anche quelle attività banalissime tipo “cambiami la scritta in home page”.

In particolare, loro hanno voluto mettere sul sito un pop-up per pubblicizzare una delle loro prossime iniziative (che tra l’altro è pure interessante, per cui ne riparleremo quando siamo più vicini alla data dell’evento). Ovviamente, in quattro giorni se ne sono succedute tre versioni diverse, ogni volta correggendo un particolare; e vabbe’, questo è normale.

Ma quale può essere il processo mentale e produttivo che ti porta a inviarmi tre volte di fila quella che è sostanzialmente la stessa immagine, e mandarmela la prima volta in PDF, la seconda in JPG, e la terza in BMP?

[tags]webmaster, informatico, grafica, cliente medio italiano[/tags]

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domenica 4 Novembre 2007, 10:05

Pomeriggio a Santa Monica

La cosa positiva dei trasporti pubblici della città di Santa Monica è che una delle loro quattordici linee ha una fermata proprio davanti al mio albergo – che pure si trova a una dozzina di chilometri dai confini della suddetta città – e ne ha altre ad ogni angolo della Quarta Strada, proprio accanto alla Third Street Promenade e vicino al famoso molo di Santa Monica.

La cosa negativa dei trasporti pubblici della città di Santa Monica è che all’andata, con una frequenza annunciata di un bus ogni quindici minuti, ne ho attesi ventidue; al ritorno, con una frequenza di un bus ogni venti minuti, ne ho attesi cinquanta… per poi fare i 55 minuti di viaggio in piedi, in un pullman strapieno, dove ad ogni fermata era il delirio.

Ma me la sono voluta, ho preso gli autobus in America… e d’altra parte il viaggio è costato in tutto un dollaro e mezzo contro i sessanta che avrei speso in taxi. In più, ho avuto modo di fare un confronto interessante: all’andata infatti sono uscito attorno alle 15, e quindi il pullman era pieno di studenti (avete mai notato che ora segna l’orologio nei fumetti americani, quando suona la campanella?). Solo che alla high school di Westchester sono salite essenzialmente ragazzine nere di stazza cetacea e qualche ispanica derelitta, mentre a Santa Monica High sono salite tre diciottenni alte, bionde, truccatissime e con le tette già rifatte (il rifacimento di tette e/o naso qui è il tipico regalo dei 18 anni per chi non ha problemi di soldi).

La spiaggia di Santa Monica è comunque bellissima, specialmente in questa stagione, quando è quasi deserta (non del tutto però, anzi c’erano gruppi che facevano il bagno). E’ talmente enorme – ci saranno tranquillamente tra i duecento e i trecento metri di spiaggia, tra la fila di case sotto lo strapiombo e il mare – che è facile ritrovarcisi completamente soli, attorniati dalla sabbia piena di tracce di quad e di zampe di uccelli, nel silenzio assoluto, rotto appena dal vento, dal mare e da qualche gabbiano.

Certo, poi poco più in là c’è David Hasselhoff uno vestito come David Hasselhoff che esce dal regolamentare gabbiotto del baywatch e, dalla noia, insegue i turisti per farsi fotografare con loro. Io mi chiedo invece come facessero a girare le scene di corsa di Pamela Anderson: probabilmente cementavano la sabbia, perchè è talmente fine e alta che ci si sprofonda dentro, e si riesce a malapena a camminare, figurarsi a correre, e figurarsi a correre con quella distribuzione dinamica di pesi sul davanti che ballonzolano in modo scomposto.

Anche il centro commerciale all’aperto è piacevole, voglio dire, più della media del centro commerciale americano. Il fulcro della Third Street Promenade è ovviamente l’Apple Store, nel quale ho incontrato almeno una decina di partecipanti al meeting di ICANN. Ho giochicchiato con l’iPhone, che è davvero bellissimo, se non fosse che, con quella tastierina, è assolutamente impossibile scrivere un SMS; ci ho provato varie volte, senza riuscire ad andare oltre a “CIQL MSBNA”. In più, l’oggetto è coperto da mezzo centimetro di grasso e ditate; capisco che è quello in esposizione, ma non oso pensare che ne sarebbe di uno di essi tra le mie mani. Alla fine non ho comprato niente, perché è vero che costa tutto il 30% in meno, ma tra il rischio dogana, la difficoltà di scaricare l’IVA e la spina da sistemare mi sembrava che non ne valesse la pena.

Il resto della promenade sono negozi di abbigliamento, cinema e ristorantini; io sono andato prima a comprare libri da Barnes & Noble, e poi pantaloni da Macy’s, e poi ho cenato al fast food cinese, con dell’ottimo manzo al pepe in mezzo a noodles e pollo ai funghi. E nel frattempo è scesa la notte, e mi sono divertito a guardare un po’ la vita che mi scorreva attorno, prima di fare amicizia con una vecchietta brasiliana che aspettava il mio stesso pullman. Ha otto figli, di cui un paio a L.A., un altro paio a San Francisco, e uno che fa il militare a Padova, con l’uniforme e tutto quanto, e un altro che si è trasferito da poco a Roma, e un marito che è mancato da poco, e la capacità di indovinare al volo da dove vengo e il mio segno zodiacale, e poi sparirà nella notte a una fermata qualsiasi, e però avrà avuto un senso lo stesso.

[tags]santa monica, iphone, david hasselhoff, pamela anderson, third street promenade[/tags]

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mercoledì 10 Ottobre 2007, 13:41

Nomi strani

Se vi siete mai posti dei dubbi in merito, qui c’è un video in cui ICANN spiega i concetti fondamentali sui nomi a dominio internazionalizzati (IDN), con l’apparizione di Tina Dam (che se non è stata Miss Danimarca avrebbe dovuto esserlo) e le barchette di Marina del Rey sullo sfondo.

La cosa interessante è che usano dotSub, e quindi ho potuto dedicare mezz’oretta a sottotitolarvi il video in italiano.

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