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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


venerdì 10 Gennaio 2025, 08:38

GTT horror

Ieri pomeriggio sono andato fino allo stadio di Venaria a fare un esame medico che richiedeva anestesia; non potendo guidare, ho deciso dunque di andarci in autobus. Certo, secondo Google Maps un viaggio di 12 minuti in auto avrebbe richiesto con GTT minimo tre quarti d’ora, ma io sono amante della sostenibilità, e dunque ho obbedito alle raccomandazioni e ho preso i mezzi pubblici. Mettetevi comodi: questo è uno spaccato dell’horror dei trasporti torinesi di oggi.

All’andata, esco per tempo; il piano è di prendere il 2 e poi il 72. Vado comunque fino in piazza Rivoli, perché la fermata del 2 sotto casa è stata abolita anni fa da una Lapietra qualunque, o forse dalla Lapietra vera, per “velocizzare il percorso” (poi ce ne sono due attaccate dai due lati di piazza Rivoli, ma vabbe’). Già che ci sono, scendo alle macchinette della metro a comprare il giornaliero scontato sulla BIP: quando due anni fa ho provato a comprarlo sul telefono dall’app ufficiale GTT, prima l’app si è presa i soldi da Satispay senza darmi niente, poi, pagando con carta, mi ha dato il biglietto; però, quando ho avvicinato il telefono al tornello della metro per aprirlo, l’app è crashata e il biglietto telematico si è rivelato inutilizzabile, e da allora non li compro più.

Dunque, la macchinetta funziona (ok), ho il mio giornaliero; allora voglio capire quando passa il 2, perché avrei l’alternativa di metro + 62. Apro dunque l’app GTT: mi chiede di attivare l’NFC per usare i biglietti. Io non ho biglietti da usare, voglio solo i passaggi in fermata; non importa. Se non attivo l’NFC, l’app mi sputa in faccia e si chiude da sola.

Così, attivo l’NFC, vado nell’infomobilità, e mi chiede il codice di quattro cifre della fermata (tutti li sappiamo a memoria), oppure il nome. Ora, trovandomi a cinquanta metri dalla fermata in questione, forse l’app potrebbe capire da sola che fermata voglio, ma no. Allora scrivo “Rivoli”, viene un elenco, scelgo la prima “Rivoli”, ma non è lei: è una fermata di emergenza usata solo per i bus sostitutivi della metro (logico metterla per prima, no?). Poi c’è “Rivoli sud”, ma non c’è “Rivoli nord”, che dovrebbe essere la mia. Scrivo per intero “Rivoli nord”: non compare niente. Alla fine, scrivendo “Rivoli” e scorrendo due schermate di roba che non c’entra niente, compare “Rivoli nord”. Ok, seleziono, e l’app GTT mi dice che non sa quando passano i bus GTT, ma posso vedere l’orario teorico. Ho capito: mi metto lì e aspetto.

Dopo un’attesa devo dire breve, arriva un 2: un pullman nuovissimo. Salgo dall’ultima porta in fondo, dove c’è scritto entrata; ma non c’è la timbratrice. Sta vicino all’uscita, in mezzo, separata da me da un grumo di ragazzini tutti con grossi zaini sulle spalle, che loro non si tolgono manco per sbaglio, né si spostano per far passare. Alla fine, a spintoni, riesco a timbrare e arrivo senza altri intoppi a Madonna di Campagna.

Scendo, vado ad aspettare il 72, anche quello arriva nuovo e dopo pochi minuti. Comincio a sentirmi malfidente ad aver subito pensato male. Stavolta però mi faccio furbo: salgo dalla porta centrale. Faccio per passare la BIP, e no: su questo bus, pur identico all’altro, la macchinetta era davanti alla porta posteriore, altrettanto irraggiungibile. Sbuffo e rinuncio a bippare, ma per il resto sembra a posto…

…fino al colpo di scena: alla svolta di corso Lombardia, l’autista imbocca corso Toscana invece di strada Altessano. Panico a bordo: abbiamo sbagliato bus? No, è l’autista che non sa dove andare e ha sbagliato strada. Arriva all’angolo di corso Cincinnato e fa scendere in mezzo alla strada la gente che protesta, poi fa per girare lì, ma come fai a fare quella curva con un bus di 18 metri? Così desiste e va fino in via Sansovino, gira lì, poi si ferma e grida: c’è qualcuno che vuol scendere qui? Nessuno scende, così va avanti, gira in strada Altessano, accosta subito lì col culo in mezzo a via Sansovino e fa scendere altra gente a caso, poi riparte e fa una ulteriore fermata cento metri dopo. Comunque, alla fine arrivo: tempo totale, 55 minuti.

Al ritorno, decido di cambiare strada: vado alla fermata del 62 in via Sansovino. Noto sulla palina un grosso QR code con scritto novità! Lo si può inquadrare per conoscere gli arrivi in tempo reale. Inquadro, apro l’URL, si apre una pagina che è identica a quella dell’app, e pure quella dice che il sito GTT non sa quando passano i bus GTT, ma posso leggere l’orario teorico. Nel frattempo arriva un 75, una signora sbuffa e fa: è quaranta minuti che aspetto il 62, non è possibile! Ok, capito: cambio di piano.

Attraverso di corsa via Sansovino e prendo al volo un 72: anche questo è nuovo. Certo, il display a bordo non ha idea di dove siamo e non annuncia le fermate, però in compenso manda pubblicità contro l’omofobia (ah, ok, allora tutto a posto).

Scendo in corso Potenza e vado alla fermata del 2: non provo nemmeno più a scoprire quando arriverà. Tuttavia, dal cellulare, scopro che nelle carte comunali il 2 è stato ribattezzato Bus Rapid Transit, per giustificare le telecamere sulle preferenziali a difesa dello spazio necessario per far passare due o tre autobus all’ora se va bene. Concordo: mi pare appropriato riciclare la terminologia delle città americane, in modo da farci capire qual è il modello culturale di riferimento, quello in cui i trasporti pubblici sono solo per immigrati e barboni. Infatti, aspetto cinque, dieci, quindici minuti: nessuna traccia del 2. Però arriva l’ennesimo tram 9, nuovissimo e vuoto. Sai che c’è? Secondo cambio di piano.

Salgo sul 9, pensando di andare in piazza Bernini a prendere la metro. Mi faccio un giro tortuoso ma ameno tra landmark torinesi, tipo lo spaccio di mutande Alpina e il paninaro Mister Mimmo Number One, e andrebbe tutto bene, se non fosse che il tipo seduto davanti a me puzza di verdura marcia e si sarà fatto l’ultima doccia l’anno scorso. Anche per questo motivo, quando all’incrocio con via Cibrario vedo apparire un 13, cambio il piano per la terza volta e scendo lì.

Il 13 è nostalgia: è il solito tram grigio anni ’80, con il linoleum a bugne per terra e gente appesa pure ai finestrini, tra cui un ragazzino che mi spintona per arrivare a sedersi prima di me. Finalmente mi sento tranquillo: è vecchio, è brutto, ma va avanti senza pretese, e fa pure la fermata sotto casa, che pure quella era stata abolita da una Lapietra qualunque, ma per fortuna poi l’hanno rimessa. Arrivo a casa dopo un’ora abbondante di giro turistico.

Alla fine sono qui, sul divano, ho perso ore dietro a GTT, e nulla mi toglie dalla testa questa morale di fondo: puoi anche spendere fantastiliardi (non tuoi, dei cittadini) per comprare bus e tram nuovissimi, ma è uno spreco inutile se non sei in grado di mantenerli e farli circolare decentemente. Il degrado progressivo ed evidente non è solo questione di impoverimento delle casse pubbliche, perché i soldi alla fine sono saltati fuori. Il degrado progressivo ed evidente è dovuto a una somma di piccole mancanze che tutte insieme diventano devastanti, e le piccole mancanze derivano dalle piccole incurie e dai piccoli menefreghismi; e dunque resto qui, con la sensazione che il vero problema sia che a tutti quelli che ci lavorano, dal ministro dei trasporti fino all’ultimo dipendente di GTT, di offrire un servizio non dico di eccellenza ma almeno decentemente affidabile non possa fregare di meno.

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lunedì 15 Aprile 2024, 19:40

Partire da Torino Caselle

Dopo diversi viaggi da Malpensa, capisci che stai di nuovo partendo da Caselle perché:

1. Il tabellone partenze segna nel prossimo paio d’ore solo tre voli, e sono tutti e tre Ryanair verso il Mediterraneo.

2. Ai tornelli di ingresso verso i voli la fila è bloccata da almeno una mezza dozzina di passeggeri che non sono in grado di aprire l’app, visualizzare il codice qr e mostrarlo allo scanner.

3. Al controllo di sicurezza, un signore di mezz’età arriva in cima alla fila, viene chiamato, e parte a passo di marcia verso il metal detector con due borse in mano. Devono rincorrerlo e spiegargli che deve fermarsi alla postazione e fare una serie di cose, anche se non sembra capire, allora chiamano la moglie che traduce in un qualche dialetto.

4. Oltre il metal detector, mentre aspetto il mio zaino, arriva la vaschetta di un altro passeggero: ci sono cinque o sei piccoli brik di latte Tapporosso parzialmente scremato, e l’addetto fa anche notare che non sono nelle buste di plastica. Comunque, non so se andasse in Spagna o in Sicilia ma garantisco che esiste il latte anche lì.

5. Vai a fare pipì prima del volo e ci sono solo due orinatoi, ma uno è fuori uso.

6. L’app indica gate 21, gli schermi indicano gate 21, ma il gate aperto col volo sul monitor è il 19.

7. In teoria c’è la fila priority e quella non priority, ma a metà della fila priority cominciano a imbarcare anche l’altra e di lì in poi è uno scontro di gomiti e trolley per le cappelliere.

8. Sei seduto in aereo in attesa di decollo, posto C, e la tizia nel D apre il tavolino, ci mette il portatile e comincia a vedere un film. Arriva la hostess e glielo fa chiudere, lei aspetta due minuti che le hostess si siedano e lo rifà: decolliamo a tavolino aperto e occupato.

9. Mentre l’aereo accelera per decollare, le due passeggere alla tua sinistra si fanno il segno della croce.

10. Subito dopo il decollo, lo studente spagnolo seduto davanti alla tizia del film prende una custodia di auricolari neri che gli sfugge di mano, spargendo il contenuto su due file. Di lì in poi, con l’aereo in ascesa secca, è tutto un mobilitare gente alla ricerca.

11. Non potendoti tagliare i piedi li sporgi nel corridoio, ma è un continuo passare di hostess e carrelli che cercano di vendere qualcosa.

12. Vai in bagno, l’unico funzionante, ma resti bloccato in coda dietro una signora il cui culone fa comunità autonoma, rendendo impossibile qualunque manovra. Poi esce dal bagno un’altra signora, chiama la hostess e le chiede come fare a tirare l’acqua, perché da sola non riesce a capirlo.

13. Quando finalmente atterri, l’aereo è ancora dritto in frenata e c’è già uno in piedi nel corridoio.

14. Parte anche il canonico applauso, ma non all’atterraggio: dopo un paio di minuti, in un momento a caso.

15. A un certo punto l’aereo si ferma in mezzo alla pista per dare una precedenza, e lì è la fine: di lì in poi, c’è mezzo aereo in piedi con le valigie in mano per tutto il tragitto che rimane fino al gate.

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domenica 31 Luglio 2022, 18:44

Italia è

Ieri a Filadelfia, nella pausa pranzo della conferenza, ho cercato di visitare il piccolo museo dedicato a Mario Lanza, tenore americano di South Philly figlio di italiani, che ebbe un successo pazzesco nel cinema americano e italiano degli anni ’50 e poi morì giovane a Roma prima di poter intraprendere una vera carriera lirica. E’ gestito da volontari e aperto solo il sabato dalle 13 alle 16; e io alle 13 ero lì, ma non si è presentato nessuno.

Dopo un quarto d’ora di attesa, finalmente arriva qualcuno: è un signore anziano con una camicia scura. “Did anyone show up yet?”, mi chiede, e io rispondo di no; mi spiega che il tizio deve arrivare fin da New York City. Così ci fermiamo un po’, e mi chiede se sono del quartiere; ovviamente no. “Where are you from?”, mi chiede, e io rispondo “Italy”.

Lì, improvvisamente tutto cambia, a partire dalla lingua. “Di chei partei di Itaulia?”, mi chiede lui. “Torino”, dico io. “Ah!”, dice lui, “Mio padrei di Asti”. Poi ci pensa un attimo, e aggiunge: “Non propriou di Asti, di paesino vicino, si chiama Toncou, you know?” Così gli spiego che abbiamo casa a dieci chilometri da lì. Lui mi spiega che è il nuovo parroco della chiesa di fronte, da una settimana, e che era venuto per prendere contatto: pare che Mario Lanza cantasse regolarmente l’Ave Maria nella sua chiesa.

Alla fine ci salutiamo; lui deve tornare in chiesa e io devo tornare alla conferenza. Non ho visto il museo, ma ho capito una cosa; che l’Italia è davvero qualcosa di molto più grande di ciò che pensiamo noi italiani.

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domenica 17 Aprile 2022, 16:17

Auguri per una Pasqua di guerra

La Pasqua dovrebbe essere la festa della resurrezione della natura, dell’arrivo della primavera e dell’energia vitale. Eppure anche oggi ognuno di noi ha dentro di sé una parte oscura in attesa di qualcuno da odiare. E’ così facile additarle una preda! Oggi i fiori sono pochi, e cadono in basso, e sono persi in un labirinto di rami secchi contro il cielo grigio. Oggi l’odio tracima dappertutto, anche dietro l’angolo di casa, anche nella nostra città; è nella misteriosa mano che lascia una granata nel cortile dell’Ipercoop perché “comunisti” o nella penna del console ucraino che scrive all’Università per far togliere le borse di studio ai ragazzi russi.

E’ una Pasqua di odio e oggi saranno poche le persone per cui risorgerà qualcosa, anche se molte di più saranno quelle che lo penseranno a sproposito.

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sabato 22 Gennaio 2022, 12:20

Giovani illuminati

Credo di non ripostare mai abbastanza spesso questo brano e video degli Eugenio in Via Di Gioia, che dopo quasi cinque anni inopinatamente ha ancora meno di un milione di visualizzazioni. Una piccola odissea di tre minuti scritta e musicata benissimo, il miglior video sul vuoto di senso della società digitale, il miglior video su Torino, il miglior video sul viaggiare, il miglior video sul vuoto di senso del viaggiare a rotta di collo dappertutto, nel mondo reale e in quello virtuale, per non andare mai da nessuna parte.

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venerdì 14 Gennaio 2022, 20:54

Problemi di seconda generazione

Dieci o venti anni fa, qualcuno deve aver pensato che – invece di affrontarli con fermezza tirando delle righe e facendole rispettare, che oddio è razzismo e colonialismo culturale – fosse possibile mettere sotto il tappeto i problemi dell’immigrazione, in primis il problema drammatico dell’integrazione di una cultura arcaica e patriarcale come quella di molte famiglie del Nord Africa, creando un bel ghetto circoscritto alla zona tra Porta Palazzo e il trincerone di via Gottardo e poi disinteressandosene il più possibile, contando che da lì i problemi non sarebbero mai usciti.

Come risultato, dal portone del Municipio fino al fondo della Barca adesso abbiamo una vera banlieue parigina, con “italiani” ventenni e trentenni di seconda generazione, tutti palestrati e vestiti firmati con chissà quali soldi, che passano il tempo (dicono gli inquirenti) a palpeggiare turiste in gruppo in piazza Duomo a Milano o a buttare giù dal balcone i figli altrui, quindi figliastri, delle donne che frequentano; giovani a cui della religione islamica, di cui spesso non potrebbe fregargli di meno, non sono nemmeno rimasti addosso più i principi e i vincoli, ma solo la mentalità del maschio padrone.

Ovviamente non tutti i giovani di seconda generazione e non tutti gli abitanti di quelle zone sono così, anzi quasi tutti non lo sono, come non lo sono nelle banlieue parigine. Ovviamente non è che gli italiani di millesima generazione siano tutti dei campioni di femminismo, anzi gli episodi non mancano. Ovviamente nemmeno i ghetti sono una cosa nuova, e quarant’anni fa, quando l’immigrazione era quella meridionale, magari si sarebbe parlato delle Vallette o di via Artom.

Eppure, già dopo i saccheggi di gruppo nei negozi di via Roma dello scorso marzo, un’altra scena che pensavamo possibile solo a Parigi o a Los Angeles, ci si era chiesti come evitare la prevedibile futura escalation di degrado privato e crimini di gruppo, con la trasformazione di molte parti di Torino nord in un gigantesco Molenbeek in cui la polizia non ha nemmeno più il coraggio di entrare, da cui nel fine settimana escono le bande e tanto per fare qualcosa vanno a picchiare i ragazzini di buona famiglia in centro per derubarli, cosa ormai data talmente per scontata che i giornali non ci fanno nemmeno più gli articoli.

La risposta non ce l’ha nessuno e non ce l’ho nemmeno io, anche se probabilmente passa per un faticoso mix di educazione, pugno duro e costruzione di alternative, ma la sensazione è che il tempo stia rapidamente scadendo.

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martedì 5 Ottobre 2021, 08:09

Elezioni Torino 2021: risultati e commenti

Per prima cosa le informazioni utili, cioè la composizione del nuovo consiglio comunale di Torino salvo errori, omissioni e probabili ricorsi.

Se vince Lo Russo: centrosinistra 25 seggi (Lo Russo, PD 17, Lista Lo Russo 2, Sinistra Ecologista 2, Moderati 2, Lista Tresso 1), centrodestra 13 seggi (Damilano, Lista Damilano 4, FdI 3, Lega 3, Forza Italia 2), M5S 3 seggi (Sganga, M5S 2).

Se vince Damilano: centrodestra 25 seggi (Damilano, Lista Damilano 7, FdI 7, Lega 7, Forza Italia 3), centrosinistra 14 seggi (Lo Russo, PD 10, Lista Lo Russo 1, Moderati 1, Sinistra Ecologista 1), M5S 2 seggi (Sganga, M5S 1).

Poi i commenti: a parte i bestemmioni per Viale che resta fuori per un centinaio di voti di lista e per otto preferenze, è la giornata in cui perdono tutti tranne Lo Russo, anche se c’è ancora da giocare il secondo tempo e sarà il ballottaggio a confermare o ribaltare il risultato.

Pessima (mi scusino loro, anche se apprezzo comunque il tentativo e la fiducia in se stessi) la performance della “alternativa interna”: dopo aver strascicato le balle per mesi che Salizzoni, Tresso e persino Topolino avrebbero fatto meglio di Lo Russo come candidato sindaco e che con lui la sconfitta era certa, Lo Russo al primo turno lascia indietro Damilano di quasi cinque punti (e di quindicimila voti) ma loro portano la miseria di ottomila voti scarsi, facendo peggio di qualsiasi altra lista del centrosinistra tranne i superstiti di Articolo Uno; persino i Moderati gli danno la pasta. Lo Russo sarebbe stato primo anche senza di loro, ma siccome è intelligente, eviterà di umiliarli perché al ballottaggio ogni voto conta e non è il momento delle ripicche.

Brutta anche la performance della Lega, che arriva addirittura terza nel centrodestra, dove a vincere a sorpresa è la lista Damilano – un bel segnale per Salvini e Meloni, tipo “meno vi fate vedere a Torino e meglio è”. Mi spiace per Mecu Beccaria che raccoglie 160 voti in tutto e resta lontanissimo dall’elezione; direi che il popolo granata non se l’è filato proprio.

Complimenti invece a Enzo Liardo, un democristiano tra gli (ex?) fascisti che fa il record di preferenze del centrodestra, oltre 1700, e sono tutte meritate. Certo immagino le teste di cavallo che gli faranno trovare i suoi nuovi amici.

Un abbraccio di cuore al mio amico Davide Ricca, la cui operazione Progresso Torino è stata un discreto disastro (0,75%), ma non poteva essere altrimenti, e comunque lui non si merita tutto questo. Conta anche il fatto che il peso elettorale delle madamine Sì Tav, come ampiamente prevedibile, richiede un microscopio per essere trovato. Unica consolazione, Giachino ha fatto pure peggio.

Tra i minori, mi spiace per D’Orsi; come al solito, se i comunisti si presentassero uniti invece che divisi in cinquanta liste eleggerebbero almeno un consigliere, e invece così tutti fuori. La stessa cosa, ma stavolta per fortuna, si può dire dei no vax; ammetto che Mattei non è andato male, il due per cento non è pochissimo, ma comunque è rimasto lontano dalla soglia dell’elezione.

E poi… c’è il M5S. Voi penserete che io stia aspettando questo momento da cinque anni, e invece no, sono solo senza parole: già il 10% sarebbe stato un disastro, ma Sganga si ferma al 9 pulito e la lista addirittura arriva a stento all’8, rispetto al 30 per cento di cinque anni fa. Non voglio dire, ma se io nel 2011, da sconosciuto con seimila euro di budget, portai a casa 22.500 voti da sindaco e 21.000 voti di lista, e Sganga, da erede della sindaca uscente e primo partito in parlamento con visibilità su tutti i media, si ferma a 28.500 e 24.000, forse qualche problemino c’è.

Alle elezioni si raccoglie ciò che si è seminato e se evidentemente io e Chiara per cinque anni avevamo seminato bene, Chiara e il suo stormo di 24 consiglieri in questi cinque anni hanno solo seminato delusione. Come giudicare gente che per cinque anni è stata presidente di commissione, vicepresidente di consiglio, coinvolta in maggioranza in questa e quella vicenda in cui avrebbe avuto opportunità per servire i cittadini, risolvere problemi e raccogliere poi la gratitudine alle urne, e invece si ripresenta e prende 80, 50, 40 preferenze? Se neanche i tuoi parenti ti hanno rivotato vuol dire che hai fatto davvero disastri.

Complimenti però a Tea Castiglione, che a sorpresa straccia tutti tranne il capolista e fa vedere agli altri come si fa bene il consigliere, persino in una circoscrizione; se vince Lo Russo entrerà in consiglio comunale. E complimenti anche a Albano e Iaria che pur non entrando sono gli unici che si salvano un po’. Per il resto, spero di vedere un po’ di autocritica e magari le scuse alla città per una figura di emme epocale, e per una grossa opportunità storica gettata alle ortiche.

Per il resto, vedremo: l’unico modo in cui Lo Russo può perdere è che si scateni una ondata popolare di “chiunque ma non il PD” che riporti alle urne chi stavolta è stato a casa. Però non è più il 2016; in politica i pendoli ritornano, e dopo aver provato sulla propria pelle l’alternativa, secondo me a questo giro tanta gente penserà “alla fin fine a Torino il centrosinistra, turandosi il naso, è il meno peggio di tutti”, che poi è quel che penso io da un po’. Lo Russo invece deve addormentare la partita e conservare l’1-0 che ha adesso, e spero che ce la farà. Ma che non faccia apparentamenti, eh!

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lunedì 21 Giugno 2021, 09:42

Una città in ginocchio

Questa è una storia di cui i giornali cittadini non parlano, perché è una storia brutta. Non è una di quelle storie che piacciono alla politica e ai maestri di pensiero, tipo che c’è il solito buzzurro che grida “abbonaaa” a una ragazza che passa e due giorni dopo la sindaca si inginocchia in piazza Castello chiedendo scusa a nome dell’Occidente. No, questa è una storia brutta di periferia in cui nessuno ha ragione e comunque non si sa che fare.

Tutto inizia quando il Comune sgombera il campo rom di via Germagnano: uno dei posti più degradati e strazianti che abbia mai avuto occasione di visitare. Lo sgombero fa bene al consenso, ma gli sgomberati non svaniscono nel nulla; e quindi alcune famiglie arrivano alle case popolari di corso Lecce, notano un paio di appartamenti vuoti, forzano le porte e ci si installano dentro.

Di lì iniziano i problemi: traffici improbabili e rumori molesti, rifiuti abbandonati ovunque, minacce e auto rigate agli abitanti regolari, bambini abbandonati a se stessi nel cortile, ulteriori parenti accampati in camper e progressiva occupazione di altri appartamenti. Peggio ancora, nel quartiere aumentano i furti: oppure no, perché questa è una vox populi, ma se frequentate uno dei gruppi social o se sentite le conversazioni per strada, è convinzione generale che in questi mesi siano aumentati i furti, sia negli appartamenti che nelle auto (la specialità è il taglio e asporto dei catalizzatori delle marmitte per rivendere il metallo), e che i responsabili siano loro; e quando si parla di rom, talvolta non ci sono motivi per assolvere, ma non c’è mai bisogno di prove per condannare.

Ora, l’occupazione abusiva è una piaga italiana, favorita da leggi assurde per cui da una casa non si può cacciare mai nessuno; e quindi, nonostante proteste, raccolte firme e visite in forze di Fratelli d’Italia, le istituzioni non fanno assolutamente niente. Il problema viene lasciato a marcire per mesi, finché l’altra notte qualcuno con le palle girate dà fuoco alla macchina dei rom.

Onestamente mi aspettavo persino che la sindaca e/o una delegazione di progressisti illuminati venissero a inginocchiarsi anche qui chiedendo scusa agli occupanti, ma evidentemente hanno tutti la coscienza talmente sporca, sapendo che chi protesta ha più di qualche ragione, che si guardano bene dal farsi vedere. Forse hanno già dato le periferie per perse; e dire che questa non è certo una periferia di quelle dure e pure, operaie e ora leghiste, ma è sempre stato un quartiere piccoloborghese e progressista in cui il centrosinistra pigliava tutto, e vederci la destra al 60% alle prossime comunali farà spavento.

Alla fine, lo sgombero sarebbe moralmente corretto ma legalmente impossibile; trovare un’altra sistemazione ai rom sarebbe possibile ma legalmente scorretto (una occupazione non può dare titolo ad ottenere una casa regolare). Lo Stato, quindi, getta la spugna e nemmeno con gran dignità. A noi, nel frattempo, non resta che sperare che la situazione non degeneri ulteriormente, anche perché dopo questo ci sono solo le coltellate in strada.

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martedì 9 Febbraio 2021, 18:24

I giornali, l’antisemitismo e il disprezzo per gli ultimi

Premetto, giusto per chiarezza, che a me regolarmente danno del sionista antipalestinese e amico di Israele, quindi credo di poter parlare dello scandaloso post di Monica Amore senza poter essere accusato di antisemitismo più o meno coperto.

Naturalmente quella vignetta (che non ho visto: mi baso sui racconti) è una schifezza, e qualsiasi altra persona se ne sarebbe resa conto prima di condividerla. Ma Monica no, perché è fatta così, perché (e in questo non potremmo essere più diversi) la sua storia, la sua cultura, il suo approccio alla vita la portano a credere possibili cose che io definirei immediatamente complotti, bufale e propaganda, e perché anche dei tragici riferimenti culturali ovvi a chiunque altro possono volare alto sopra la sua testa.

Ma allora, vi chiederete, perché una persona così sta nel consiglio comunale di Torino? (E non per sbaglio: alle elezioni prese 565 preferenze, che per dire furono quasi il triplo di quelle di un attuale assessore.) Beh, è semplice: perché è una persona che si sbatte davvero e con impegno per gli altri, per quelli come lei. Per gente, ed è tanta, che non ha avuto la fortuna che ho avuto io, quella di partire da condizioni sociali che garantivano un minimo di solidità economica e un facile accesso all’istruzione superiore e alla conoscenza, e che fatica a capire le complessità del mondo, ma ha uguale bisogno, e soprattutto uguale diritto, di essere ascoltata dalle istituzioni. Per gente che proprio per il suo livello culturale finisce sempre presa in giro da tutti, e poi turlupinata, e poi fregata ancora, nel lavoro, nei contratti, nella burocrazia, nelle cose di tutti i giorni, da quelle élite che poi la guardano anche dall’alto in basso perché è “ignorante”.

Se avessi visto per tempo il post in questione, avrei fatto l’unica cosa che aveva un senso fare: spiegare a Monica cosa volevano dire davvero quelle figure, e magari farla parlare con qualche amico ebreo che potesse efficacemente farle capire cos’è davvero l’antisemitismo e cosa concretamente abbia voluto dire nelle vite di milioni di persone.

Di sicuro non mi sarei affrettato a scaricarla come hanno fatto i vertici del M5S: capisco che davanti alla pressione della stampa sia difficile fare altrimenti, ma i voti di Monica e delle persone che rappresenta hanno fatto tanto comodo per vincere le elezioni, e i voti ricevuti vanno sempre rispettati e onorati. Di sicuro non mi sarei precipitato a prendere in giro la sua cultura e il suo curriculum vuoto come hanno fatto oggi diversi esponenti del PD, dimostrando di non avere più alcuna idea di quale dovrebbe essere in teoria la fascia sociale rappresentata dal centrosinistra.

Men che meno, però, avrei reagito come hanno reagito i giornali in oggetto: perché è evidente a me, e credo pure a Monica, che il direttore de La Stampa che pubblica una reazione video intitolata “Il post di Monica Amore con le vignette antisemite è un gesto infame: cosa ne pensano i vertici di M5S?” non ha come obiettivo prioritario quello di combattere l’antisemitismo; sta più che altro montando il caso il più possibile per mettere in difficoltà il M5S ai massimi livelli.

Mi sembra pure questo un uso strumentale, e dannoso, della questione; di sicuro una reazione del genere non aiuta le persone che fanno girare quel tipo di vignetta a capire e superare i propri pregiudizi e tutti i tristi luoghi comuni sugli ebrei ricchi che controllano i media. Ma soprattutto, ironicamente, questa reazione prova a posteriori che, se si eliminano le caricature antisemite e ci si limita alla partigianeria dell’informazione italiana, il post di Monica aveva davvero molto senso.

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martedì 5 Gennaio 2021, 19:12

Sulle prossime elezioni comunali

Oggi mi hanno girato questo appello per la nascita di una lista civica di centrosinistra per le prossime elezioni comunali (l’appello, se ben capisco, è perché ne nasca una sola invece di tante in concorrenza tra di loro). Lo riporto qui, per chi può essere interessato, e colgo l’occasione per qualche commento o confessione personale.

Naturalmente mi fa piacere che alcuni dei firmatari dell’appello abbiano pensato a me come una persona potenzialmente da coinvolgere. Un po’ mi sorprende anche, perché diversi degli attuali esponenti del PD cittadino, pur nell’ambito di ampia e reciproca stima, mi hanno sempre considerato un po’ troppo liberale e liberista per il centrosinistra, nonostante io in tutta la mia “carriera” di elettore abbia sempre, tranne che nel periodo M5S, votato da quella parte (un paio di volte persino comunista… ah, la gioventù 😃 ). Ma va detto che al giorno d’oggi le differenze ideologiche sono minime e c’è una grande area grigia al centro in cui probabilmente ricado anch’io, a maggior ragione in una elezione amministrativa.

Come ben sa chi mi segue da sempre, considero le cariche elettive come una forma alta di servizio pubblico, nella quale bisogna darsi da fare e mettere le proprie energie e competenze al servizio della “clientela” che ti paga lo stipendio, cioè dei cittadini. Quando l’ho fatto credo di averlo fatto bene, sia quantitativamente che qualitativamente; almeno, questo è il responso che ho avuto più o meno da chiunque, tranne che dalla base e dalla dirigenza del M5S.

Allo stesso tempo, se la mia esperienza in politica è finita come è finita, e al di là delle evidenti dinamiche degenerative interne al Movimento 5 Stelle una volta annusato il potere, vuol dire che probabilmente non sono così adatto a questo tipo di attività.

Ammetto – non so se l’ho mai detto prima – che sedere in Sala Rossa era un sogno che avevo fin da ragazzo. Quando si è realizzato, per un breve lasso di tempo ho pensato che forse avevo trovato la mia strada, un modo di esprimere un certo talento con soddisfazione reciproca, mia e della collettività; ma quello che è successo dopo mi ha fatto abbandonare questa idea. E poi, dopo il modo in cui è finita l’altra volta, non so con che faccia potrei di nuovo chiedere il voto a chicchessia, né come potrei ottenerlo.

Per quanto dunque sia sempre ben disposto a partecipare a uno scambio di idee sul futuro di questa città, non credo che abbia molto senso una mia partecipazione attiva alla prossima elezione comunale. Ma se qualcuno di voi vuole provarci, perché no: per me, è stata comunque una esperienza che valeva assolutamente la pena di essere vissuta.

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