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Archivio per la categoria 'TorinoInBocca'


martedì 27 Marzo 2012, 18:15

Corruzione e mafia a Torino

In questi giorni ci siamo occupati molto di criminalità, corruzione, antimafia.

Per prima cosa, ieri il consiglio comunale ha approvato una mozione firmata da noi, insieme a SEL, IDV e alcuni consiglieri PD, che esprime solidarietà a Raphael Rossi e invita Amiat a farsi carico delle spese legali per il processo in cui è testimone e parte offesa. E’ stato il risultato di un lungo lavoro in cui – invece di presentare una nostra mozione da soli per magari vederla bocciare ma poterci fare belli – abbiamo realizzato un testo condiviso con la maggioranza, in modo che potesse essere approvato all’unanimità (con l’astensione/assenza del centrodestra).

Come saprete, Rossi aveva denunciato un tentativo di corruzione, facendo risparmiare quasi cinque milioni di euro alle casse di Amiat; eppure, a Torino da allora non ha più lavorato. La Città, nonostante molte sollecitazioni e una precedente mozione del consiglio comunale nel 2010, non si è mai costituita parte civile e non ha mai concretamente supportato Rossi. Noi abbiamo chiesto che perlomeno Amiat gli paghi le spese legali, e che il Comune si schieri con chiarezza e concretezza dalla sua parte e contro la corruzione, perchè alle molte parole sono seguiti pochi fatti.

Stamattina si è invece svolta la prima riunione della commissione che io chiamo “quasi antimafia”, perché la sua creazione – per la quale noi abbiamo fatto pressione in ogni modo sin da luglio, peraltro in compagnia di altri gruppi – è stata accompagnata da lunghe discussioni sul nome; assolutamente off limits la commissione d’inchiesta, il compromesso è stato “COMMISSIONE CONSILIARE SPECIALE DI PROMOZIONE DELLA CULTURA DELLA LEGALITA’ E DEL CONTRASTO DEI FENOMENI MAFIOSI”.

Quando si lancia una iniziativa del genere c’è il rischio che essa si limiti a produrre bei comunicati stampa (con la corsa dei politici a chi è più antimafioso) e tonnellate di carta, senza incidere veramente; o che concentri la sua attenzione su questioni importanti ma comunque secondarie, lasciando perdere l’elefante rosa che ingombra la stanza e che tutti fanno finta di non vedere. In questo caso, l’elefante rosa è il rapporto tra mafia e potere economico, politico, culturale, sociale; perché va bene occuparsi di appalti o di usura, ma la base del potere mafioso sta oggi in quella rete di relazioni verso chi mafioso non è, ma si mette al servizio della criminalità organizzata per reciproco e illecito beneficio.

Stamattina mi è venuto in soccorso proprio, pensate un po’, il procuratore Caselli, che ha partecipato alla seconda parte della riunione insieme al sindaco e al procuratore Maddalena. Sapete che solo poche settimane fa non mi sono fatto problemi a criticare pubblicamente e pesantemente Caselli, ma oggi sono stato colpito molto positivamente dal suo intervento, che ha ribadito come alla magistratura tocchi registrare il passato e perseguire le responsabilità penali, ma come sia la politica a doversi occupare di ciò che, pur non penalmente rilevante, ha una forte rilevanza sociale: appunto la rete di relazioni, amicizie, alleanze e conoscenze dei mafiosi, che è essenziale per il loro potere.

Ci ritroveremo tra un paio di settimane per organizzare il lavoro, e allora vedremo se l’appello di Caselli sarà stato colto. Nel frattempo, il pomeriggio ha visto un mezzo incidente quando è stata bocciata la proposta di intitolare un ponte a Mauro Rostagno per l’opposizione del centrodestra (con l’astensione di PD e Moderati), comunque non legata alle attività antimafia di Rostagno ma alla sua precedente militanza in Lotta Continua negli anni ’70. Spiace, perché la storia di militanza sul campo e fuori dagli schemi di Rostagno mi sembra attualissima.

Parlare di mafia è sempre difficile, lo dimostrano i due studenti di Susa censurati per aver distribuito un volantino che menzionava che le società appaltatrici del non-cantiere Tav sono “più volte fallite e più volte sospettate di collusioni mafiose”, ovvero un dato di fatto… pensate che Bruno Iaria, il capo ndrangheta al centro dell’operazione Minotauro, nel 2006-2007 era dipendente dell’Italcoge (una di queste aziende). Fin che si parla genericamente di antimafia sono tutti d’accordo, ma quando si vanno a toccare persone e affari concreti la musica cambia di botto.

[tags]mafia, corruzione, raphael rossi, amiat, torino, tav, caselli, ndrangheta[/tags]

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martedì 20 Marzo 2012, 11:21

La festa dell’1%

Essendo una persona curiosa, quando come consigliere comunale ho ricevuto l’invito per le celebrazioni ufficiali della Festa dell’Unità d’Italia al Teatro Regio, alla presenza di Monti, ci ho pensato un po’ e ho accettato. A parte la speranza (ma sapevo che sarebbe stato impossibile) di poter consegnare un libretto al Presidente del Consiglio, non ero mai stato ad un evento del genere e volevo proprio vedere in cosa consistesse questa celebrazione dell’unità patria.

Ho girato col cellulare il video che vedete e l’ho uploadato in diretta, quando, dopo che ci avevano fatto sedere tutti, Monti è entrato per ultimo in sala, accompagnato da Fassino e da un lungo codazzo di dignitari.

In sala, nel teatro addobbato e imbandierato di tricolori, c’era tutta la bella società di Torino – politici, banchieri, industriali, magistrati, artisti, preti, da Marchionne a De Benedetti, da Littizzetto a Christillin, da Nosiglia a Caselli, tutti gli ex sindaci e l’ineffabile Virano – e anche qualcuno da fuori, come il fu Cofferati; c’era il meglio del famoso 1%, ovvero, tolti gli imbucati (la serata era solo ad inviti), alcune centinaia di VIP che, oltre ad abbracciarsi e scambiarsi pacche sulle spalle con i ministri Fornero e Profumo, hanno tributato a Monti una standing ovation.

Peggio ancora all’uscita: ci hanno ordinato al microfono di restare tutti ai nostri posti perché Monti doveva uscire per primo, e anche qui, quando lui si è incamminato con un ritmo da marcia di Guerre Stellari, tutti si sono alzati per applaudire, nemmeno fosse la regina d’Inghilterra; confondendo la celebrazione della patria con la celebrazione dell’attuale capo della patria.

Mi ha colpito soprattutto l’enorme contrasto con ciò che accadeva fuori. Piazza Castello era diventata una zona di interposizione militare; una spettrale e deserta zona rossa che comprendeva Palazzo Madama, i Giardini Reali, i portici e le vie che immettono sulla piazza, controllata da decine di camionette e centinaia di poliziotti schierati.

Tutto questo serviva a controllare una eventuale protesta del residuo 99% del Paese, che si è verificata peraltro in maniera misurata, con alcune centinaia di manifestanti, qualche spintone e il solito show del grande Turi. In compenso, tutta la città è stata bloccata, con poliziotti che ti intimavano, in un italiano esotico e poco comprensibile, di andare di qua anche se dovevi andare di là, anche se magari avevi parcheggiato dall’altro lato del bunker o dovevi soltanto salutare qualcuno.

20120318_polizia.jpg

E’ stata la dimostrazione palese dell’esistenza di due Italie, i potenti e tutti gli altri, militarmente separati. Ma ho infine capito in cosa consista la celebrazione della patria: vuol dire mettere le bandiere al teatro e riempirlo di gente elegante che si conosce tutta, mentre fuori è pieno di polizia per tenere lontani gli italiani.

[tags]monti, torino, unità d’italia, festeggiamenti, polizia[/tags]

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sabato 17 Marzo 2012, 17:26

Venticinque anni fa

Il periodo dei nostri quindici anni, dal punto di vista musicale, fu piuttosto particolare. Probabilmente siamo stati fortunati, ma la nostra adolescenza e prima gioventù, il momento del massimo cazzeggio della vita di una persona, coincise con l’esplosione – clamorosa, ma purtroppo breve – del fenomeno del “demenziale”.

Nella storia della musica italiana il demenziale ebbe molti precursori. Fu però il punk, con la sua demolizione dell’arte, a dare il via alla musica demenziale vera e propria; e furono gli Skiantos, da Bologna, negli anni ottanta. All’inizio dei novanta, però, fu Torino a diventarne la capitale, con un fiorire di gruppi di ogni genere, rigorosamente uniti nel culto della stupidaggine. Dal metal delle Trombe di Falloppio (vedasi Freego) alle parodie cantautoriali di Marco Carena, dai Mai Dire Straits ai Karamamma, dai Camaleunti ai Powerillusi. E a Torino nacque il festival di Sanscemo, che per alcuni anni, almeno tra i giovani, superò in popolarità quello di Sanremo, richiamando altri artisti da tutta Italia e ricoprendoli di ortaggi.

Musicalmente parlando, gli unici che da quel periodo presero la via del vero successo furono Elio e le Storie Tese, che però a Sanscemo non ci andarono mai, e che disponevano sin dal principio di una profondità artistica assolutamente unica. Alcuni riuscirono a fare una buona carriera nel mondo dello spettacolo, come Dario Vergassola o Lillo & Greg (ex Latte e i Suoi Derivati). Qualcuno si riconvertì ad un’altra moda, come i Karamamma che in buona parte divennero i Subsonica. E gli altri rimasero a Torino, facendosi la propria vita e suonando ogni tanto; quando qualche mese fa in mezzo a una manifestazione No Tav ho incontrato per la prima volta di persona Marco Carena, di cui da ragazzo ho consumato le cassette, mi sono anche un po’ commosso.

Tra tutti, i Powerillusi erano dei predestinati: tre persone che si chiamano (veramente) Vince Ricotta, Vito Vita e Alberto Albertin, messe insieme, che musica possono fare? Ho conosciuto Vince al volgere del nuovo millennio, quando venne a lavorare in Vitaminic; e chi lo conosce, anche di striscio, non può non volergli bene. Ora, come batterista, hanno anche assoldato (è una metafora perché non lo pagano) Igor Cavallari, ovvero lo storico presidente del club Geneticamente Granata, di cui mi pregio di fare parte da molti anni: suona la batteria come lancia i cori allo stadio e questo si vede sia dai successi discografici dei Powerillusi che da quelli calcistici del Toro.

Ieri hanno inaugurato un nuovo tour – saranno alla Fnac di via Roma a inizio aprile e poi al Madison Square Garden di New York, ma quest’ultima data non è ancora confermata – e allora vi lascio con un video, da cui traspare l’essenziale: che sono passati venticinque anni, e per fortuna siamo ancora qui a non prenderci sul serio.

[tags]musica, demenziale, sanscemo, powerillusi, torino[/tags]

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giovedì 15 Marzo 2012, 16:22

Punto Ambiente chiude, una vittoria dei cittadini

Ogni tanto l’impegno paga; e per tutti quelli che negli anni hanno passato notti insonni per la puzza che si spandeva per Torino oggi ho una buona notizia.

Questa mattina infatti, durante un’audizione, l’amministratore delegato dell’Amiat Maurizio Magnabosco ci ha comunicato che il tristemente famoso impianto di compostaggio Punto Ambiente di Druento, di proprietà del Cidiu e responsabile delle puzze che ammorbano Torino ormai da alcuni anni, verrà chiuso e sottoposto a una radicale ristrutturazione per eliminare gli odori. Non conosciamo né i tempi né i dettagli, ma la notizia è data per sicura ed è stata comunicata anche da altre fonti.

Sin da quando siamo entrati in consiglio comunale ci siamo battuti per la chiusura dell’impianto con ogni mezzo a disposizione, fino a riuscire a far approvare lo scorso 13 febbraio in Sala Rossa un ordine del giorno con cui la Città sottoscriveva la richiesta di chiusura nel caso in cui la puzza non fosse sparita entro aprile. Naturalmente, se la chiusura è avvenuta è anche per l’impegno delle autorità cittadine e provinciali, a partire dall’assessore Lavolta, nel portare avanti il problema e mettere i proprietari dell’impianto di fronte alle proprie responsabilità; eppure penso che se non ci fosse stata la pressione continua dei cittadini infuriati, che hanno mandato lettere ai giornali e inseguito i politici in ogni occasione, e anche la nostra azione dentro le istituzioni, probabilmente la chiusura non sarebbe mai avvenuta.

Resta però da capire chi pagherà per le notti insonni dei torinesi e per lo spreco di denaro pubblico in un impianto nato inutilizzabile e costato già oltre venti milioni di euro, a cui se ne aggiungeranno dodici (pare messi da privati) per la riconversione al compostaggio anaerobico (che non puzza) con cogenerazione di energia da biogas. Ma ora potremo pensarci con più calma…

[tags]ambiente, rifiuti, puzza, torino, druento, punto ambiente, amiat, cidiu[/tags]

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mercoledì 7 Marzo 2012, 11:20

Un milione di scale rotte

Se, come me, utilizzate la metropolitana tutti i giorni, sapete benissimo che da molto tempo ormai le scale mobili sono più spesso rotte che funzionanti, nonostante abbiano pochissimi anni di vita. In sostanza, pare che per un errore di progetto la cinghia che trascina i gradini si consumi più in fretta del previsto, tanto che alla fine il produttore ha accettato di sostituirla gratis; tuttavia non sono stati in grado di intervenire in tempi ragionevoli, perché non avevano i pezzi di ricambio pronti e non avevano previsto che le scale si sarebbero rotte così in fretta. Peccato però che il contratto di manutenzione sia costato alle casse pubbliche quasi un milione di euro in due anni!

Noi lavoriamo su questo problema sin da quando siamo entrati in consiglio comunale, e abbiamo all’attivo ben tre interpellanze. Abbiamo preparato il video che vedete per raccontare questa storia, sperando che a breve la situazione torni alla normalità. Certo che resta la domanda: alla fine chi ripaga la città dei mesi di disservizio?

[tags]metropolitana, torino, disservizi, scale mobili, movimento 5 stelle[/tags]

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mercoledì 29 Febbraio 2012, 15:07

A testa alta

Lunedì sera il consiglio comunale ha parlato di Tav due volte; la prima in risposta alle comunicazioni urgenti di Fassino sugli scontri di sabato, richieste da noi (il punto saliente del suo intervento è che Luca Abbà sarebbe caduto perché il suo telefonino ha creato un arco elettrico coi cavi…); la seconda su due ordini del giorno, uno del PD sostenuto anche dal centrodestra, l’altro di SEL e IDV, che esprimevano solidarietà a Caselli per le minacce di morte prendendo nel contempo posizione rispettivamente “Sì Tav” e “Forse Tav”. Nel video in alto trovate il mio primo intervento; segue quello nella seconda discussione, difficile per le continue interruzioni e contestazioni dai banchi del PD (purtroppo nel video si sentono poco) e per la mia tracimante incazzatura.

Oggi Specchio dei Tempi apre non a caso con una lettera che dice: non importa se un ragazzo è caduto dal traliccio, cavoli suoi, io dovevo passare di lì e ci ho messo molte ore in più. Propaganda a parte, e comunque la si pensi sul Tav, il cinismo di molti è davvero disperante: chi se ne frega se una persona sta morendo per un ideale, l’importante è che io possa arrivare di corsa dove devo andare.

E chissà con che fretta poi, dato che la maggior parte degli italiani sono schiavi di una società che li obbliga a correre tutto il giorno per riuscire a malapena a sopravvivere, mentre una piccola parte vive nella ricchezza ottenuta spesso tramite soprusi, ruberie e manipolazioni della politica. Non di rado le persone che reclamano “ordine e disciplina” sono poi le prime a brontolare per la crisi e la corruzione; ma non fanno altro che lamentarsi, senza mai alzare la testa.

A me dispiace molto per i disagi che molte persone subiscono per le manifestazioni No Tav e me ne scuso, ma la Torino-Lione è l’ennesimo modo per portare 22 miliardi di euro nelle tasche dei grandi gruppi economici (quindi dei partiti che loro finanziano) e delle mafie (è già provata in tribunale l’infiltrazione della criminalità organizzata in tutta l’alta velocità italiana) quando allo stesso tempo gli stessi politici ti dicono che devono aumentare i biglietti del pullman del 50%, chiudere gli asili e far morire la gente sulle barelle al pronto soccorso perché “non ci sono soldi”. Se poi qualcuno preferisce che 22 miliardi di euro di soldi nostri vengano spesi in un treno supercostoso e inutile invece che nei servizi pubblici che usiamo tutti quotidianamente, va bene, è una opinione legittima, però poi non si lamenti della condizione in cui versa l’Italia.

Lunedì, dopo il mio intervento, io e Chiara abbiamo litigato ancora con alcuni consiglieri del PD; ci accusano di non rispettare le istituzioni, di contestare la magistratura, di fiancheggiare le manifestazioni e anche le violenze. Ma credono forse che non ci siamo chiesti dove porterà questo clima, dove finirà l’Italia? Eppure, i partiti di ogni colore ci chiedono, per non mettere a repentaglio la tranquillità di tutti, di chinare la testa; di accettare la corruzione, la prevaricazione, la distruzione dei beni comuni. Questo, mi spiace, non lo possiamo fare; ce lo vieta in primo luogo la nostra coscienza.

E non possiamo smettere di pensare che la prima responsabilità di ciò che sta accadendo sta in chi, avendo la responsabilità di gestire le istituzioni in nome del popolo, è disposto a sacrificare la pace e la democrazia per perseguire ad ogni costo un affare economico da miliardi di euro.

[tags]no tav, caselli, manifestazioni, torino[/tags]

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lunedì 27 Febbraio 2012, 13:50

La rabbia a Torino

Quando si parla di ordine pubblico è dovere di tutti mantenere la calma, senza generalizzare. Non esiste la “polizia assassina”, però esistono situazioni in cui il comportamento delle forze dell’ordine, della magistratura e delle istituzioni in generale suscita molte domande; ed è giusto cercare di capire. A Torino, il clima è sempre più teso; e colpisce come in una sola settimana si siano verificati in città ben tre episodi di violenza che hanno coinvolto le forze dell’ordine.

Delle cariche di sabato sera a Porta Nuova si sa già molto; ci sono immagini che fanno vedere come la carica parta a freddo, senza apparente motivazione, e poi la seconda carica e il lancio di lacrimogeni che finiscono dentro il treno, con conseguenze immaginabili. L’ultima carica, secondo le testimonianze, pare essere stata fatta alle spalle, quando le persone – molte nemmeno No Tav, solo normali viaggiatori – stavano salendo tranquillamente sul treno. E’ inquietante sapere che il capo della polizia ferroviaria di Torino è il questore Spartaco Mortola, tristemente famoso per i fatti della scuola Diaz al G8 di Genova, condannato in primo e secondo grado e assolto in Cassazione. E qui la domanda è ovvia: ma è proprio il caso di farlo lavorare a Torino in questo momento?

Il secondo fatto è successo venerdì pomeriggio: un gruppo di studenti, in protesta per i tagli al diritto allo studio, cerca di entrare in Comune per attirare i giornalisti e tenere una conferenza stampa. Scoppia un parapiglia nel quale gli studenti accusano la polizia di averli malmenati gratuitamente, mentre due vigili restano contusi. In questo caso non possiamo sapere cosa sia successo esattamente, ma è l’ennesimo episodio di scontri tra cittadini e forze dell’ordine per motivi politici.

Il terzo fatto risale a lunedì sera: allo stadio, al termine della partita Torino-Sampdoria, in un clima assolutamente pacifico e di grande festa per la vittoria dei granata, un tifoso della curva Maratona scavalca la recinzione per prendere la maglia lanciata da un giocatore. Non sarebbe successo nulla, ma l’intervento delle forze dell’ordine si conclude sotto gli occhi di migliaia di persone ancora sugli spalti, con il tifoso portato via di peso. Su questa vicenda abbiamo anche presentato una interpellanza, dato che il sindaco ha comunque la responsabilità di vigilare sulla gestione dell’ordine pubblico; è giusto combattere con fermezza la violenza negli stadi, ma che senso ha un intervento di questo tipo in una situazione assolutamente pacifica?

Sono episodi diversi, ma accomunati da un clima di tensione crescente e dall’allargarsi della fascia di sfiducia verso l’operato delle forze dell’ordine: ormai sono decine di migliaia a Torino le persone che non si fidano più. E’ una situazione molto pericolosa, e dovrebbe far riflettere tutti sull’opportunità di fermarsi un attimo, di evitare da tutte le parti, politica compresa, il muro contro muro; uno scontro continuo e generalizzato che sarebbe subito strumentalizzato da chi auspica il regime del manganello.

Stamattina nel “cantiere” di Chiomonte è caduto un ragazzo, è gravissimo al CTO, e i lavori non sono nemmeno stati fermati, quando normalmente la magistratura, per molto meno, sequestra il cantiere per secoli. Il cantiere sta venendo allargato con procedure da stato di polizia, perché se si deve lavorare su un terreno privato si fa un esproprio, non si arriva con una lettera del prefetto che te lo requisisce. Sembra che le istituzioni facciano tutto il possibile per fomentare la rabbia delle persone. Perchè?

[tags]no tav, chiomonte, violenza, polizia, torino, porta nuova[/tags]

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sabato 18 Febbraio 2012, 12:34

Puzza di soldi bruciati

Del problema della puzza di marcio che a ondate ammorba Torino, specie di notte, ci occupiamo sin dal principio; ne avevamo già parlato a novembre. Il consiglio comunale ne ha discusso di nuovo grazie a un nostro ordine del giorno, in cui ponevamo una richiesta molto semplice: chiudere l’impianto responsabile della puzza.

Vale la pena ripetere che la puzza ormai è ben documentata e che la sua origine è accertata. Non viene tanto, come spesso si crede, dalla discarica di Cassagna, sita nell’area alle spalle della tangenziale tra Collegno, Druento e Pianezza, in cui anche Torino porta i rifiuti indifferenziati; viene invece dall’adiacente impianto di compostaggio Punto Ambiente.

L’impianto è di proprietà del CIDIU, l’azienda dei rifiuti di Collegno, Grugliasco e Rivoli, e accoglie l’organico di questi comuni (quello torinese va a Pinerolo). E’ entrato in funzione nel 2009 ed è costato ben 22 milioni di euro, che il consorzio suddetto ha preso a prestito dalle banche dando come garanzia i futuri introiti del trattamento dei rifiuti. Peccato che, per errori di progetto, lasci uscire una puzza mefitica che ammorba l’intera città.

Ora, direte voi, se una attività industriale puzza e da anni rende impossibile la vita ai cittadini la si chiude d’imperio, no? L’abbiamo detto anche noi, ma purtroppo la politica non funziona così. Già, perché se l’impianto non funziona il CIDIU non guadagna, e se il CIDIU non guadagna non può pagare i debiti contratti per realizzarlo, e se il CIDIU va a picco si aprono voragini nelle casse di Rivoli, Collegno e Grugliasco e degli altri Comuni soci minori, tra cui Alpignano e Pianezza.

E siccome la Città di Torino, danneggiata dalla puzza, e la Provincia di Torino, che è l’unica che può ordinare la chiusura dell’impianto, sono governate dalla stessa parte politica che governa Rivoli, Collegno e Grugliasco, uno sgarbo del genere è politicamente inopportuno. Di qui il fatto che la vicenda si sia trascinata per anni e che le contromisure prese siano sempre parziali; l’ultima è stata, a dicembre, la riduzione alla metà della quantità massima di rifiuti trattata dall’impianto.

Ma qui entriamo in gioco noi e il nostro “fiato sul collo”; e dunque abbiamo messo sul tavolo un atto per cui la Città chiedesse formalmente alla Provincia la chiusura dell’impianto per il tempo necessario a ristrutturarlo ed eliminare gli odori (la ristrutturazione costerà ai collegn-grugliasc-rivolesi un’altra decina di milioni di euro, ma mica possiamo tenerci la puzza). Gli impianti di compostaggio per accogliere temporaneamente l’organico di Punto Ambiente non mancano: basta volere.

La discussione in commissione, il 2 febbraio, è culminata nel classico intervento da bastian contrario del consigliere Viale (radicale del PD) sul fatto che lui non aveva mai sentito questa puzza e dunque si trattava probabilmente di una psicosi collettiva. Superata l’obiezione con una generale conferma di tutti – assessore compreso – a proposito dell’effettiva esistenza della puzza, ci fu però detto che la richiesta di chiusura non aveva senso, perché bisognava attendere che la riduzione della quantità di rifiuti adottata a dicembre avesse effetto; l’organico impiega circa tre mesi a marcire, quindi il beneficio completo sarebbe scattato a marzo. E che problema c’è? Noi siamo arrivati in aula con un auto-emendamento che diceva di aspettare aprile, ma poi, se la puzza continuava, di chiudere comunque l’impianto.

In aula, è stato il presidente di commissione, Grimaldi di SEL, a chiederci di eliminare la richiesta di chiusura dell’impianto, lasciando solo la parte che diceva di aspettare aprile. Ma noi avevamo pronta la controproposta; abbiamo eliminato la richiesta al CIDIU di bloccare subito l’impianto, ma abbiamo lasciato la richiesta alla Provincia di chiuderlo per la ristrutturazione anti-puzza, che era la cosa importante. A questo punto, dopo una ulteriore dimostrazione di disponibilità politica, non c’erano più motivi per non votare l’atto; e difatti l’ha votato tutta l’aula, a parte il solito Viale e l’astensione della Lega (forse l’olfatto padano è meno sensibile): obiettivo raggiunto.

Esiste dunque ora un atto formale della Città di Torino, che prende posizione chiedendo alla Provincia di obbligare il CIDIU a ristrutturare l’impianto se entro aprile la puzza non sparisce. E’ il massimo che possa fare la Città, visto che l’impianto non è di sua competenza; nel frattempo, nei comuni limitrofi è il caso che comincino a chiedere conto dei soldi così mal spesi in questo progetto…

[tags]ambiente, rifiuti, puzza, odore, cassagna, druento, punto ambiente, amiat, cidiu, torino[/tags]

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venerdì 17 Febbraio 2012, 13:54

M’illumino di meno

Oggi, 17 febbraio, cade l’edizione 2012 di M’illumino di meno, la giornata nazionale del risparmio energetico promossa dalla trasmissione Caterpillar di Rai Radio 2, e diventata negli anni un vero appuntamento istituzionale.

La settimana scorsa, man mano che le varie città d’Italia annunciavano la propria adesione, ci siamo chiesti: può Torino non rispondere all’appello? Ovviamente no, e dunque abbiamo presentato una mozione d’urgenza per dichiarare l’adesione della città e disporre lo spegnimento delle luci di almeno un monumento nella serata di oggi.

Per ottenere il passaggio d’urgenza in consiglio comunale ci vuole il placet della maggioranza, che è stata ben contenta di aderire a patto che la mozione diventasse “di tutti”: e dunque l’hanno firmata il presidente e il vicepresidente del Consiglio Comunale e tutti i capigruppo. Dopodichè, nel consiglio di lunedì scorso, la mozione è stata approvata all’unanimità.

La nostra speranza era che la giunta non si limitasse a una adesione “spintanea”, ma partecipasse con convinzione. L’assessore Lavolta ha puntato molto del proprio successo politico su queste tematiche, tanto da creare addirittura una fondazione apposita per Torino Smart City. E infatti la Città ha realizzato addirittura un video promozionale, e i monumenti scelti dalla giunta per lo spegnimento sono quelli più importanti – la Mole e Superga. E noi ne siamo ben contenti: l’importante è che le cose si facciano.

Speriamo solo che, oltre alle attività simboliche, si riesca poi a far partire anche quelle sostanziali, visto che è di pochi giorni fa la notizia del flop totale a livello europeo: tutti i bandi europei che Torino sperava di vincere per finanziare iniziative in questo campo sono stati invece vinti da Genova. Vedremo se nei prossimi mesi le promesse saranno mantenute, di modo che questo progetto non diventi una ennesima voce di spesa per attività promozional-cosmetiche senza riscontro nei fatti.

Nel frattempo, ricordatevi che il risparmio energetico richiede l’impegno di tutti: ecco alcune cose che potete, anzi dovete, fare anche voi.
[tags]risparmio energetico, caterpillar, rai, m’illumino di meno, smart city, torino[/tags]

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sabato 11 Febbraio 2012, 13:00

Eppure manca qualcosa

La vicenda dell’Opera Pia Lotteri, storica casa di riposo torinese, ritorna ciclicamente sui giornali da alcuni anni. L’Opera è una di quelle classiche istituzioni ottocentesche, fondata da un prete e finanziata nei decenni dalle donazioni del meglio della borghesia torinese; attualmente ospita alcune decine di anziani non autosufficienti, nel suo grande complesso di via Villa della Regina. A partire dagli anni ’90, un po’ per una gestione poco attenta e un po’ per i costi delle ristrutturazioni necessarie per adeguare i vecchi edifici, l’ente ha cominciato ad accumulare debiti, fino al fallimento. Ma la storia è tutt’altro che chiara, e a metà dicembre siamo andati a discuterne direttamente sul posto col nuovo commissario dell’ente, l’ex assessore Marco Borgione.

Nel novembre 2007, sotto il peso di oltre sette milioni di euro di debiti, l’ente fu commissariato; la Regione, allora guidata da Mercedes Bresso, la affidò ad Adolfo Repice, al tempo segretario generale del Comune (il segretario generale è una figura tecnica ma assolutamente vitale, perché certifica la regolarità di tutto ciò che il Comune decide; e Repice era grande amico di Chiamparino).

Se ci seguite, il nome di Repice non vi è nuovo: è il signore che abita in un maxiappartamento di lusso in corso Massimo d’Azeglio 2, vista Valentino, che il Comune gli affitta ad equo canone; il Comune lo ricevette in eredità da una signora che voleva così finanziare borse di studio e garantirsi la manutenzione della tomba… qui vedete com’era ridotta, dopo una interrogazione e due interpellanze sono intervenuti. Alla fine del mandato di Chiamparino, Repice si trovò un’altra occupazione: lo stesso Chiamparino e l’attuale ministro Profumo contribuirono alla sua elezione a sindaco di Tropea. Peccato che dopo solo un anno l’abbiano cacciato pure da lì, dopo che Tar e Consiglio di Stato hanno riscontrato irregolarità in alcuni seggi elettorali della ridente cittadina calabrese.

Dunque, Repice tentò inizialmente di vendere la struttura, ma l’asta nel 2009 andò deserta; allora cercò qualcuno che se ne assumesse la gestione. La gara fu vinta dalla società Villa Maria Pia Hospital, del colosso Villa Maria Pia del ragionere romagnolo Ettore Sansavini, che forse alcuni ricorderanno da una memorabile puntata di Report; i più ignorano la sua esistenza, ma è uno degli uomini più ricchi del Paese. La società in questione offrì 14 milioni di euro per aggiudicarsi la gestione della struttura per quarant’anni; ci furono ricorsi da altre case di cura private, e si arrivò così al gennaio 2011.

Il 14 gennaio, il Tar respinge il ricorso e si potrebbe procedere; tra le mani di Repice, però, i debiti erano ormai esplosi a 16 milioni di euro – più che raddoppiati in meno di quattro anni. I creditori avevano dunque fatto partire le procedure di pignoramento, e il 25 gennaio era fissata l’asta giudiziaria per vendere all’incanto i beni dell’ente – essenzialmente il complesso di via Villa della Regina, ovvero vari edifici, in parte storici, e un pezzo di parco, in una delle zone più chic e costose di Torino – per coprire 11,9 milioni di euro di crediti.

All’asta arrivano tre offerte, e vince… Villa Maria Pia Real Estate, sempre dello stesso gruppo, che offre 13,5 milioni per la proprietà dell’intero complesso. Di fatto, pagando anche un po’ meno, in questo modo Villa Maria ottiene ben di più: immobili per complessivi 9000 metri quadri più giardini, in una zona di lusso. Vogliamo dire 3000 euro al metro quadro, perché sono da ristrutturare? Fa 27 milioni di euro. Ma se mai venisse autorizzato il cambio di destinazione dell’area, da casa di riposo ad appartamenti, il valore sarebbe di molto superiore: quanto vale al metro quadro un appartamento in via Villa della Regina angolo corso Lanza?

Nell’agosto, dopo che sono cambiate sia la giunta regionale che quella comunale, la Regione decide infine di ringraziare Repice e cambiare commissario, nominando Borgione. Egli si ritrova in una situazione difficilissima: il servizio tira avanti, gestito direttamente dall’ASL (anche perché così le rette, da 80 a 100 euro al giorno, possono essere usate per pagare i lavoratori e non i creditori), ma sempre in passivo (anche se minimo rispetto al passato) e senza prospettive chiare. L’ente ha 22 dipendenti, ma quattro aspettano la pensione e otto sono inabili agli sforzi richiesti dall’assistere anziani non autosufficienti (questi sono tra i motivi per cui la stessa casa di cura gestita in regime pubblico, con garanzie e sindacati di mezzo, accumula debiti, mentre gestita da un privato, con precari e cooperative di mezzo, genera utili). E, gentilmente, la nuova proprietà scrive al commissario che loro adesso sono occupanti abusivi e se ne devono andare.

E succedono altre cose strane: per esempio, esiste una legge che dice che un immobile di un ente pubblico destinato allo svolgimento di un servizio pubblico non è pignorabile, proprio per evitare situazioni come questa; ma l’opposizione al pignoramento viene respinta dal giudice, sulla base di una lettera di un funzionario regionale prodotta dai creditori.

Si arriva dunque all’inchiesta di questi giorni, che coinvolge Repice e il presidente del Tar Piemonte Bianchi, accusati di avere aggiustato le sentenze del gennaio 2011, in cambio di una raccomandazione alla Rai per il figlio di Bianchi. Se fosse vero sarebbe tremendo, ad esempio per la quantità di comitati di cittadini che hanno faticosamente raggranellato migliaia di euro per ricorrere al Tar contro delibere del Comune ritenute illegittime, per vedersi poi respingere il ricorso: ora tutti si staranno chiedendo se veramente tra Tar e Comune ci siano consultazioni prima delle sentenze.

Vedremo quali saranno i successivi sviluppi di questa vicenda, ma penso che ne abbiate capito il senso: sia sull’assistenza sanitaria che sul patrimonio storico degli enti di beneficenza girano cifre da capogiro, a fronte delle quali non ci si ferma davanti a niente; e sono cifre che quasi sempre vengono dalle nostre tasche o da quelle dei nostri antenati.

E’ per questo che vorrei aggiungere una postilla che, negli articoli scandalistici di questi giorni, non leggerete. Non vi sembra che in tutta questa discussione manchi qualcosa? Tra aste, inchieste, burocrazia, politica, business un elemento è scomparso, ed è quello che invece, visitando queste strutture, ovviamente colpisce per primo.

E’ il fatto che all’Opera Pia Lotteri ci sono tuttora decine di persone, che si trovano a trascorrervi gli anni che le separano dalla morte, spesso in solitudine, spesso in malattia, in ogni modo deboli, senza potersi difendere, con il solo aiuto di chi, nonostante tutto, nonostante la crisi e i tagli e le manovre, ancora si dedica a loro.

Se c’è un motivo per cui serve la politica, è proprio quello di difendere chi non può difendersi da solo, e ricordare che la grande macchina della sanità e dell’assistenza deve essere al servizio delle persone, e non il contrario.

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