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Archivio per la categoria 'VitaDaToro'


domenica 20 Gennaio 2008, 15:55

Un altro anno da Toro

Ben sapendo quanti granata leggono questo blog, mi sento in dovere di dedicare la domenica a scrivere due righe sulla situazione del Toro; che dopo il 2-1 di ieri, come tante cose in Italia, è grave ma non è seria, anche se domenica scorsa in casa con il Livorno si è vista la prima vera contestazione dell’era Cairo, con migliaia di persone a gridare “Ma ci prendi per il culo, fai giocare pure Oguro” (peraltro giocatore non meritevole certo di sfottò simili) e “Per restare in A, per restare in A, noi vogliamo Oronzo Canà.

Guardando la squadra di quest’anno, il fatto di avere chiuso il girone d’andata con meno punti persino rispetto alla derelitta compagine dell’anno scorso non si spiega proprio; il gioco è di un altro livello, i giocatori pure, l’allenatore altrettanto. Certo, c’è una chiara mancanza di un centravanti serio, e pure di un paio di ali di livello; ma se nel calcio ci fosse una logica, questa squadra, sistemando decentemente tali buchi, nel girone di ritorno farebbe trenta punti.

La partita di ieri, peraltro, è stata segnata pure dal solito delirio arbitrale; la Fiorentina, pur essendo nettamente più forte del Toro, è riuscita a segnare soltanto su due rigori regalati. Per dare un’idea, riportiamo qui sotto la sequenza del “fallo” su Mutu che avrebbe causato il secondo rigore:

mutu1.jpg mutu2.jpg mutu3.jpg mutu4.jpg mutu5.jpg mutu6.jpg mutu7.jpg mutu8.jpg

Su Sky, a un certo punto, hanno cercato disperatamente di giustificare l’arbitro proponendo il fermo immagine del primo fotogramma, ingrandendolo fino a far sembrare ciascun piede un quadratone, e dicendo “mah… qui forse c’è un contatto…”. Poi ci hanno ripensato, e hanno concluso anche loro che Mutu si butta spudoratamente.

Dopo la partita, sia Novellino che Cairo erano furibondi; quest’ultimo ha dichiarato apertamente che “questo rigore mi sembra una cosa assurda, allucinante, il trattamento che ci riservano gli arbitri è incredibile”, che credo sia una cosa vergognosa e scandalosa”, che mi è piaciuto il Toro stasera per il temperamento, poi purtroppo quando ci sono i cascatori è difficile andare avanti”, e addirittura che da quando ho criticato il gol di Trezeguet, da allora in poi ci hanno trattato in modo incredibile”.

Effettivamente, favori al Toro non ne capitano proprio mai, se si esclude un rigore regalato a Napoli e subito compensato da rigore ed espulsione contro. Effettivamente, nonostante faccia piacere il gemellaggio e i cori di sostegno reciproco, a Firenze ormai la società è fatta da “gobbi dipinti di viola”, partendo da quei Della Valle che non esitarono a farsi aiutare da Moggi pur di rientrare nel club di quelli che contano, e che nelle ultime giornate hanno inanellato favori arbitrali uno dietro l’altro (vedi rigore su tuffo di Vieri a Parma domenica scorsa).

La Stampa, ovviamente, si guarda bene dal sollevare il problema, o dal riportare le dichiarazioni di Cairo sul presunto dazio da pagare per aver protestato contro un discusso omaggio fatto dall’arbitro ai cugini rigatini all’ultimo minuto del derby. Allo stesso tempo, quella di buttarla sul superclassico “arbitro venduto, gobbi ladri” è per il presidente una buona tattica per distogliere l’attenzione dalle oggettive carenze della squadra: è difficile avere dei rigori a favore se non si entra mai nell’area avversaria…

Comunque, sperando nell’acquisto di una punta seria, il vero rischio per il Toro è precipitare in un clima d’isteria: è bene protestare, ma non si può entrare in uno psicodramma in cui al minimo ostacolo si perde la testa, si parla di complotti o ci si manda a stendere l’un l’altro. Ieri il Toro ha giocato un’ottima partita, e a parità di peso politico avrebbe portato a casa un punto senza problemi; soprattutto, preso il primo gol non si è disunito ed è arrivato a pareggiare su un bello schema. Bisogna continuare a crederci e a lavorare in tranquillità.

[tags]toro, fiorentina, cairo, novellino, mutu, cascatori, arbitri, il calcio è tuttora una mafia esattamente come tutto il resto[/tags]

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martedì 25 Dicembre 2007, 19:34

Auguri calcistici

Quest’anno Mediolanum Channel il sito del Toro ospita un video di auguri, con il presidente SilvUrbano Cairo, lo staff e la squadra che si esprimono al massimo. Quindi, perché non riportarlo anche qui? I punti salienti del video sono l’astuto posizionamento sullo sfondo di Matteo Rubin (futuro campione) in modo che non si noti l’imponenza del suo naso; l’impresentabile terna occhiali da sole – maglioncino verde – erre moscia di Jimmy Fontana; Matteo Sereni vestito da boss della mala alla prima comunione del nipote; e la smodata gnoccaggine della moglie di Oguro. Enjoy.

Per i meno esperti di facce da Toro, ecco l’ordine di apparizione della squadra: 1) da sinistra, Malonga, Motta, Melara, Rubin, Bottone; 2) Fontana; 3) Lanna; 4) Corini, Grella; 5) Di Michele; 6) Comotto; 7) Sereni; 8) Ventola; 9) Rosina; 10) Lazetic; 11) Oguro; 12) Moglie di Oguro; 13) Di Loreto, Zanetti; 14) Stellone; 15) Dellafiore; 16) Bjelanovic; 17) Franceschini; 18) Barone.

[tags]toro, natale[/tags]

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domenica 16 Dicembre 2007, 20:30

Mascalzone latino

Oggi sono stato allo stadio a vedere una partita magnifica, in cui il Toro ha messo sotto dall’inizio alla fine la seconda squadra più forte d’Italia, e soltanto per un mix di sfiga, imbranataggine e sviste arbitrali (peraltro compensate da un possibile rigore non dato alla Roma) non ha vinto 3-0. Poi sono tornato a casa, ho acceso il televisore e ho messo su Italia 1 per vedere Controcampo, la trasmissione che, in regime di monopolio, trasmette i gol nel tardo pomeriggio.

Peccato che la trasmissione si sia occupata della giornata di campionato per sì e no dieci minuti, per poi trasformarsi in due ore di celebrazione del Milan e di leccata di piedi a Berlusconi, presente in studio in tutto il suo splendore. El presidente ha concluso la performance con un toccante brano, scritto di suo pugno per festeggiare l’odierna vittoria del Milan; per quanto con Google si scopra subito che l’avesse già scritto di suo pugno per Una storia italiana, il libretto autocelebrativo che recapitò a mezzo posta a tutti gli italiani prima delle elezioni del 2001.

E così, siamo in grado di riportare a futura memoria questo pezzo di bravura di marketing politico: leggetelo con attenzione.

A MIO PADRE

Questa immagine del Milan Campione d’Europa e del Mondo allo scoccare dei suoi novant’anni, si fonde e si confonde in me con tanti ricordi della mia infanzia.

Le dispute con i compagni di scuola, le lunghe ore di studio, l’attesa di mio padre che tornava tardi dal lavoro e si affacciava sulla porta col suo sorriso. Era come se in casa fosse entrato il sole. Carissimo, dolcissimo papà.

E con lui, dopo aver parlato dello studio, della scuola, subito a parlare del Milan, quasi l’incarnazione dei nostri sogni, delle nostre utopie. “Vedrai, papà, vinceremo, dobbiamo vincereâ€, come se in campo potessimo andarci noi due. E poi la liturgia della Messa insieme la domenica mattina, i commenti e le riflessioni sulla predica, la puntata a comperare le meringhe per la mamma che ci aspettava a casa, in cucina, a preparare il pranzo della festa, l’unico che si consumava in sala con la tovaglia ricamata e i fiori in mezzo al tavolo. E io sempre a chiedere l’ora, impaziente, timoroso di fare tardi.

E finalmente, la mano nella mano, eccoci là all’entrata dello stadio, l’Arena o San Siro, e io a farmi piccolo piccolo per profittare di un solo biglietto in due. E, poi, il cuore in gola nell’attesa, le braccia al collo per la vittoria, la tristezza per le partite-no. E mio padre a consolarmi: “Vedrai, ci rifaremo!â€. Caro vecchio Milan, il Milan dei Puricelli, dei Carapellese, dei Tosolini, dei Gimona, che non era riuscito a vincere niente di importante. Caro papà, dalle notti in bianco, con il lavoro portato a casa per far quadrare il bilancio di una famiglia del dopoguerra. Com’è dolce, ora, ricordarvi insieme.

Nel momento del trionfo, degli osanna, della notorietà internazionale del Milan di oggi, lasciami, caro vecchio Milan, confondere la mia storia alla tua, lasciami inorgoglire per aver contribuito a farti grande e famoso, lascia che io dedichi questa vittoria, che i campioni rossoneri dal campo hanno voluto dedicarmi, a chi nei momenti più difficili mi consolava e mi incitava: “Chi crede, vince. Vedrai, ce la faremoâ€. Ce l’abbiamo fatta.

Domani sogneremo altri traguardi, inventeremo altre sfide, cercheremo altre vittorie. Che valgano a realizzare ciò che di buono, di forte, di vero c’è in noi, in tutti noi che abbiamo avuto questa avventura di intrecciare la nostra vita a un sogno che si chiama Milan.

Ora, se voi leggendo questa roba avete provato istintivo ribrezzo – per l’uso e la manipolazione della propria storia personale a fini di propaganda politica, per esempio – significa che non avete capito gli italiani. Perché il modello tradizionale di famiglia – papà e figlio maschio allo stadio e la donna in cucina, ma con tutti gli onori – stride certo con la realtà di oggi, ma trovatemi qualcuno, anche tra i giovani, che opporrebbe con orgoglio il racconto di una domenica in cui se lui va allo stadio lei va in palestra e poi la sera non ci si vede nemmeno, che si è tutti e due stanchi e comunque non si sarebbe d’accordo nemmeno su cosa guardare in TV.

Ma il tocco da maestro sta in quell’inciso in cui Berlusconi racconta che andavano allo stadio in due, ma che poi lui bambino si fingeva più piccolo di quel che era, in modo da rubare un ingresso gratis. L’italiano medio qui applaude, e pensa che questo qui è come lui, furbo e ladro se appena può, ma in fondo in fondo un gran simpaticone; e dal cuore d’oro, perché lo fa per sventolare il bandierone e dopo aver onorato i santi. Un vero mascalzone latino.

A forza di sentirmelo dire, sto cominciando a pensare che, nel millennio globalizzato, il “grande posto nel mondo” degli italiani sarà quello che immagina Berlusconi: una nazione di furbi che vivono alle spalle degli altri, arrangiandosi grazie ad un naturale charme. Probabilmente io dovevo nascere in Svizzera.

[tags]toro, milan, berlusconi, italiani, una storia italiana, mascalzone latino[/tags]

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sabato 15 Dicembre 2007, 09:34

Cin cin

Ieri sera, infilata tra le varie cene di Natale, si è tenuta la cena annuale dei Geneticamente Granata, in una vecchia bocciofila che sembra un bungalow d’altri tempi, una baracca (del resto così si chiama il posto) sopravvissuta per miracolo in un angolo di periferia operaia torinese, chiusa tra il più antico centro sociale della città, la ferrovia del mare, e un cavalcavia dotato di regolamentari binari del tram di inizio Novecento.

Queste cene sono sempre piacevoli, perché si tratta di persone che conosci da un po’ ma molto più diverse da te di quelle con cui esci di solito, variando dalla liceale di 17 anni all’imprenditore affermato e dall’operaio meccanico a un ex presidente di circoscrizione; tutto ciò accompagnato da una cena piemontese alla buona ma come si deve – tre antipasti, due primi, secondo, dolci, caffé e grappa – e da una abbondante disponibilità di barbera o dolcetto.

E’ quando il tasso alcoolico è salito a sufficienza, i giovani sono stati sfottuti perché causa tarda nascita non sanno chi è Beruatto, i vecchi sono stati sfottuti perché causa arteriosclerosi confondono tra loro Diawara, Angloma e Malonga, e si è cantato tutti insieme più volte il coro regolamentare(*), che saltano fuori gli aneddoti più assurdi.

Il racconto di ieri sera era peraltro più attendibile del solito, visto che sono presto spuntate numerose testimonianze oculari, anche risalenti a non più di un paio di settimane fa. Si parla di un tifosissimo granata, già addentro gli anta, guardia giurata in un centro commerciale della cintura; un vecchia maniera del primo anello della Maratona, noto nell’ambiente come Rik Saltapanza.

Il motivo del nomignolo è presto detto: pare che alla fine di queste gaudenti e alcooliche cene di gruppo il signore si sdrai sul tavolo, scopra la prominente panza, e vi ponga sopra un residuo del pasto, come ad esempio il culetto del salame. A questo punto, mentre l’abbondante folla – talvolta contenente anche la di lui moglie – si assiepa attorno all’evento e intona un “ooooooo…” propiziatorio, il Saltapanza, raggiunta la concentrazione, colpisce con forza ai lati la propria piramide di carne, riuscendo a far saltare il cibo per aria e a farlo poi atterrare esattamente nella propria bocca spalancata. Alle volte, per rinnovare la popolarità del numero, il Saltapanza pare praticare anche una variante; essa consisterebbe nell’incastrare nel proprio ombelico un cucchiaino, sul quale viene poi posta un’oliva o un altro frammento commestibile; a questo punto, è un colpo della sua potente stomacatura a scagliare verso l’alto, subito raccolto dalle fauci, l’oggetto in questione.

Non ho ancora potuto ammirare dal vivo l’esibizione del Saltapanza, essendomi perso la bagna caoda granata intergruppi dello scorso novembre; eppure lo stimo già moltissimo. Perché nella vita ci sta un momento per ogni cosa, compreso quello delle goliardate di gruppo attorno al focolare.

(*)
Cin, cin, pòrtme ‘n quartin
Pòrtme da beive, pòrtme da beive
Cin, cin, pòrtme ‘n quartin
Pòrtme da beive seira e matin
A i-j è chi a dis che ‘l vin a fa mal
Son mac dij aso, son mac dij aso
A i-j è chi a dis che ‘l vin a fa mal
Son mac dij aso, pòrtme ‘n quartin
E ne ho bevuto tanto
E non mi ha fatto maaaaaaaaleeeeeee
E l’acqua sì che fa male, il vino fa cantar!
To-to-toro alè! Forza granata, forza granata
To-to-toro alè! Forza granata, Toro alè!!

[tags]toro, geneticamente granata, cin cin, saltapanza[/tags]

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lunedì 19 Novembre 2007, 20:48

I maxischermi non bastano mai

Uno tra i tanti tifosi ha prodotto uno tra i tanti video sullo stato di abbandono in cui versa lo stadio Filadelfia, di cui abbiamo già tante volte parlato. Non è nemmeno uno dei più toccanti, e certamente non rimanda l’impressione che fa lo stadio dal vivo. Eppure, ci si continua a chiedere il perché di tante difficoltà nel ricostruirlo, o meglio nel ricostruirlo senza che cada preda di una delle tante speculazioni edilizie.

Qualche settimana fa, su Specchio dei Tempi, era persino comparsa una lettera (in prima posizione!) che si lamentava di come la città stesse per stanziare 3,5 milioni di euro per il Filadelfia. Dato che Specchio dei Tempi è il più potente strumento di orientamento dell’opinione pubblica torinese, una lettera del genere non era certo uscita per caso; sarà stata l’Evelina, nonostante la Juve sia di nuovo in attesa di qualche decina di milioni di euro a tasso agevolato per farsi lo stadio supermercato alla Continassa.

I 3,5 milioni di euro, peraltro, finirebbero per uno stadio di proprietà della città, e non di una società per azioni privata; e a ben vedere non sono nemmeno soldi pubblici, trattandosi di parte di quanto ottenuto come penale da Cimminelli dopo il fallimento, proprio per la sua incapacità di ricostruire il Filadelfia dopo aver incassato in cambio lucrose concessioni edilizie.

Ma se avete ancora il dubbio che i problemi sul Filadelfia siano relativi alla carenza di fondi pubblici, vorrei dissiparvelo raccontandovi della vicenda dei maxischermi.

Già, perché spulciando le delibere comunali, si è scoperto che il Comune ha recentemente deciso di acquistare un maxischermo; non per l’Olimpico, ma per lo stadio Primo Nebiolo del parco Ruffini. Pare infatti che la Federazione Internazionale di Atletica richieda un maxischermo per poter svolgere gli eventi sportivi internazionali (uno all’anno) che sono ospitati al Ruffini. Certo, il maxischermo si può affittare per l’occasione, al costo di alcune migliaia di euro; ma è certamente più conveniente acquistarne uno nuovo dalla Panasonic, da installare lì a marcire per 364 giorni l’anno, per la modica cifra di 487.000 (quattrocentoottantasettemila) euro. Più IVA.

E dire che l’affitto non era una idea nuova: tre mesi prima, ad esempio, il Comune ne aveva affittati due – sempre dalla Panasonic – per far vedere i mondiali di scherma in piazza, per 9.200 euro l’uno.

I due maxischermi per l’Olimpico, comunque, erano già stati acquistati cinque mesi prima: nel luglio 2006, con appalto all’AEM Torino, per l’importo di 1.092.000 (un milione e novantaduemila) euro – stavolta IVA compresa, per fortuna. Certo, ci si chiede se essi non potessero essere compresi nei costi dell’allestimento olimpico: durante le Olimpiadi di febbraio, all’Olimpico i maxischermi c’erano, ma erano poi spariti, tanto che durante le prime partite di calcio dell’autunno seguente i tifosi guardarono invano le impalcature vuote. Chi si sia imboscato i maxischermi olimpici, non è dato sapere; così come non è dato sapere da chi l’AEM abbia comprato i due schermi (sarà mica la Panasonic?).

Tutto questo però assume un contorno un po’ preoccupante quando si scopre un’altra vicenda. In previsione delle Olimpiadi, Turismo Torino – l’azienda di promozione turistica della città – decide di affittare due maxischermi da mettere nelle piazze, per far vedere le gare ai cittadini. Non potendo sopportarne il costo, però, chiede aiuto al Comune, che dice: ma perché buttare i soldi dell’affitto? Compriamoli! E così, il Comune sgancia a Turismo Torino 800.000 (ottocentomila) euro, che vengono prontamente usati per acquistare due maxischermi, ovviamente dalla Panasonic.

Gli schermi vengono usati per il periodo olimpico, e poi ci si pone il problema di che farne. Bene, direte voi, avendo bisogno di altri schermi e avendone due di proprietà in casa, potevano usarli per l’Olimpico? Ma no, dai, mettiamoli nuovi, almeno allo stadio… Per far vedere i mondiali di scherma in piazza? No, che diamine, poi bisogna spostarli fino in piazza San Carlo… E al parco Ruffini? Ma no, vuoi mica riciclare uno schermo vecchio di un anno e mezzo, poi magari si rompe proprio nel mezzo di un fondamentale incontro di badminton tra scapoli e ammogliati…

E così, non sapendo che farne, si dà l’appalto a una ulteriore ditta, pagando, perché ne gestisca la custodia; e perché ne permetta al proprietario l’utilizzo, naturalmente ogni volta dietro compenso di 3000 euro per il montaggio, più 360 euro al giorno per la sorveglianza, più 25 euro l’ora per l’assistenza… cioè più o meno il costo che si avrebbe per affittarne uno di volta in volta, senza però aver prima speso ottocentomila euro per comprarlo.

Insomma, mentre immagino il signor Panasonic che prende il largo sul suo nuovo yacht appropriatamente denominato Ciao Turin, intimo a chiunque sostenga che la giunta Chiamparino non ha soldi da spendere per le attrezzature sportive di andare gentilmente al diavolo.

[tags]torino, maxischermi, filadelfia, chiamparino, panasonic[/tags]

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lunedì 12 Novembre 2007, 16:51

Un tragico errore

Così il sempreverde Amato ha definito l’incidente dell’autogrill: un tragico errore.

Eppure, non riesco a immaginare alcuna dinamica dei fatti per cui una cosa del genere possa essere un tragico errore. Una persona con una pistola in mano che prende la mira e spara ad altezza uomo verso una macchina, da un lato all’altro di un’autostrada, non è un tragico errore, ma un tentato omicidio che purtroppo ha avuto successo; e ciò indipendentemente da chi ci sia nell’auto e che cosa abbia fatto.

Perdipiù, piano piano è emersa la verità: che il tifoso ucciso non era un ultras ma un ragazzo di 26 anni che faceva il DJ in una famosa discoteca romana e lavorava in un negozio di abbigliamento, e che la “pericolosa rissa tra violenti ultrà” che i poliziotti erano intervenuti a sedare era in realtà uno scambio di insulti di trenta secondi, e che il poliziotto aveva sparato freddamente a una macchina che non poteva scappare.

E allora, parliamo di quali sono veramente i tragici errori.

Un tragico errore è avere soffiato sul fuoco per mesi, fino a creare un clima di criminalizzazione generalizzata dei tifosi di calcio, che nella mente di un poliziotto esaltato può costituire l’autorizzazione a sparare come in un western.

Un tragico errore è non avere applicato regole serie e fermato i violenti uno per uno, preferendo invece i provvedimenti arbitrari a seconda di come gira, e le diffide sparate nel mucchio compresi i vecchietti, salvo poi ritrovarsi ostaggi della piazza organizzata.

Un tragico errore è non fermare il campionato, dicendo in faccia a tutti, in un momento di animi tesi, che se muore un poliziotto si ferma tutto e se muore un tifoso chi se ne frega, che le televisioni reclamano i gol. E poi stupirsi se i violenti reagiscono mettendo a fuoco le città.

Un tragico errore è avere una classe politica e un corpo di amministratori pubblici e forze dell’ordine che, pur con molte eroiche eccezioni, non è in grado di amministrare nemmeno un condominio; figuriamoci l’ordine pubblico di un Paese cupo e turbato come l’Italia.

In un paese civile, dopo un disastro del genere, si dimetterebbero tutti: l’Osservatorio del Viminale, magari pure il ministro. Ma naturalmente, si preferisce cercare di scaricare il barile di un poliziotto assassino – che avrebbe potuto ammazzare chiunque – sul comodo capro espiatorio dei tifosi violenti, coprendo un atto ingiustificabile e proteggendo il giro di soldi, potere politico, immoralità, faciloneria e incompetenza che ruota attorno al calcio.

Arriveranno altre restrizioni generalizzate, altri slogan criminalizzanti, altre punizioni sparate nel mucchio, che provocheranno solo ulteriore rabbia e ulteriore violenza, spingendo i tifosi normali a simpatizzare con i violenti invece che con le forze dell’ordine. Ma ciò non cancella la vergogna collettiva per quello che tutto il mondo sta vedendo dell’Italia.

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venerdì 26 Ottobre 2007, 08:40

Torino violenta

Metti che una sera di un novembre piovoso ci si ritrovi a cena in una doppia dozzina, in una pizzeria tutta colorata di granata, a festeggiare il ritorno senza danni dall’avventurosa trasferta di Bergamo, e a discutere della prossima pila di vecchie guide telefoniche da coriandolare, e in generale a mangiare e bere alla facciazza di chi del calcio ha una visione triste e presbite, e più lo guarda e meno ci capisce.

E poi metti che d’improvviso alle tue spalle spunti per completo e totale caso un signore alto e brianzolo; è Claudio Sala, il poeta del gol, che si ferma a chiacchierare per un quarto d’ora con i più canuti del gruppo. Loro baciano l’aria che lui respira, ma lui è uno di quei campioni di una volta, di quelli che andavano in giro non con la Ferrari o la BMW ma col centoventisette verde pisello, di quelli che hanno chiamato i figli con un nome come quello di qualsiasi comune mortale, e non con un nome da profumo o da cane. Alla fine ci saluta, ci fa tutti gli autografi che vogliamo, ci lancia il coro e poi va a finirsi la pizza pure lui.

Intanto, mentre gli ultras friulani sono venuti fin sul nostro forum ad invitarci lo stesso a Udine, ché il rischio quattro sarà soltanto quello di mescolare troppo il Barbera col Tocai, l’osservatorio dei pizzettari, capitanato dal rappresentante della società Autogrill (non scherzo, ce n’è veramente uno: l’Italia è l’unico paese al mondo dove un venditore di pizzette può limitare la libertà di movimento dei cittadini), ha attribuito al derby di Roma il rischio tre. Non c’è alcun problema: neutralizzato il rischio terroristico degli ultras del Torino, Roma-Lazio si può giocare di notte e in diretta Sky, senza alcuna limitazione sulla vendita dei biglietti.

In fondo, uno degli ultimi derby notturni di Roma è solo stato sospeso a metà per una falsa notizia diffusa ad arte, con tanto di invasione di campo e due ore di scontri, con metà del Foro Italico dato alle fiamme. Ma che vuoi che sia, so’ de Roma, so’ ragazzi, e poi al Viminale semo tutti daa Maggica: vuoi mica rompere li cojoni aa Maggica e aa Lazzie per quelle du’ coltellate che scappano quasi ad ogni derby? Quei 66 tifosi daa Lazzzzie arrestati un mese fa con abbastanza coltelli da attrezzare la fabbrica della Simmenthal, mica saranno un precedente? E quello che l’hanno aspettato sotto casa e gli hanno sparato in una gamba? E quei due interisti accoltellati dai romanisti un mese fa in mezzo ai lucchetti del Ponte Milvio?

Ma, in fondo, chi se ne frega. Il calcio di oggi è marcio dalla testa, la violenza c’è ma interessa solo come scusa, perché il flusso di denaro verso una manciata di soliti noti non possa interrompersi. Finché però ci si potrà arrangiare attorno alle italiche follie, e continuare a gioire o incavolarsi per un millimetro di qua o di là della riga, e poi trovarsi a cena tutti insieme attorno a una pizza, noi torinesi violenti continueremo ad esserci.

[tags]ultras, torino, violenza, stadi, osservatorio del viminale, roma, lazio[/tags]

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martedì 23 Ottobre 2007, 14:43

Lettera aperta sulla violenza negli stadi

Al Presidente dell’Osservatorio sulle Manifestazioni Sportive del Ministero dell’Interno
Al Giudice Sportivo della Lega Nazionale Professionisti di calcio
Al Prefetto di Torino

Egr. dottor Ferlizzi,
egr. giudice Tosel,
egr. dottor Sottile,

mi scuso per dover richiedere la Vostra attenzione per una lunga lettera, ma sento la necessità di commentare le azioni che i Vostri organismi stanno compiendo nei confronti della violenza negli stadi, cercando di contribuire in modo costruttivo e supportato da fatti.

Sono tifoso del Torino da quando sono nato; non sono mai stato un ultrà, e sono attualmente abbonato in curva Primavera (quella dei pensionati). Una o due volte l’anno, quando il Torino non gioca troppo lontano da casa e non ho altri impegni per la domenica, vado anche in trasferta. Quest’anno, per puro caso, ciò è capitato domenica scorsa, e sono quindi stato testimone oculare di ciò che è successo a Bergamo in occasione della partita Atalanta-Torino, e che ha portato l’Osservatorio ad assumere con procedura straordinaria la determinazione numero 46, in cui si vieta ai tifosi del Torino la prossima trasferta ad Udine.

Ero perfettamente cosciente dell’inimicizia storica che regna da trent’anni tra gli ultras di Torino e Atalanta; chiunque bazzichi il calcio italiano la conosce. Per i locali, mancando dalla serie A il Brescia, Atalanta-Torino diventa un vero derby. Eppure già domenica, mentre sul pullman dei tifosi venivamo scortati verso lo stadio, sono rimasto allibito nell’osservare una città militarizzata. Non ha alcun senso che, per permettere a me e ad altre trecento persone di assistere a una partita di calcio senza venire linciati dal pubblico locale, si debbano impiegare un migliaio di poliziotti e bloccare la città per mezza giornata. A malincuore, io e il mio vicino abbiamo concluso che, in quelle condizioni, sarebbe stato opportuno vietare la trasferta e basta.

E’ proprio per questo che, invece, non capisco il senso del provvedimento che avete appena emesso. Non c’è la minima inimicizia tra Torino e Udinese; l’anno scorso, i nostri tifosi hanno addirittura esposto uno striscione per ricordare un tifoso locale. Sarebbe stata una bella festa di calcio, una gita fuori porta; proprio quello che, a parole, vorreste incoraggiare. Per i tifosi granata del Nord-Est, sarebbe stata l’unica occasione dell’anno per vedere dal vivo la propria squadra. Classificare questa sfida a rischio 4 e vietare la trasferta può significare solo due cose: o non conoscete le dinamiche del calcio italiano, o volete impartire una punizione esemplare.

Eppure, punizione per cosa, e a chi? A me hanno insegnato che tra i capisaldi dello stato di diritto ce ne sono alcuni che dicono che la responsabilità è personale, che la pena è proporzionata al reato, e che nessuno sarà punito per le azioni di altri.

La vostra decisione si richiama innanzi tutto ai fatti del derby del 30 settembre; partita classificata a rischio 2 (solo?), giocata in notturna, che si chiude con 30 arresti: 29 tifosi della Juventus e 1 (uno) del Torino. Parrebbe chiaro che se una squadra deve essere punita è quella bianconera, ma supponiamo pure che i numeri non contino e che si attribuiscano uguali responsabilità alle due squadre. Quali sono i provvedimenti?

Per Torino-Sampdoria: rischio 4 (più che giusto), orario al pomeriggio, settore ospiti chiuso, divieto di ingresso persino ai tifosi granata non abbonati; danno economico consistente, tifosi delusi, spettacolo monco.

Per Juventus-Genoa: rischio 4 (lo stesso preciso identico), posticipo in notturna per non disturbare Sky, settore ospiti aperto, biglietti in vendita su tutto il territorio nazionale; stadio esaurito.

Perché? Mi potreste gentilmente spiegare il perché di una disparità di trattamento così evidente?

Si arriva così, già con l’amaro in bocca, a Bergamo. La partita è stata bellissima, una di quelle che ti fanno innamorare del calcio e del Toro. Io ho cantato per tutto il tempo, ad eccezione dei cori contro i carabinieri e sullo stadio Heysel, che trovo vergognosi. Ho indirizzato svariati insulti agli avversari, e al gol del pareggio sono corso a sfogarmi contro il divisorio, perché sono convinto che il bello del calcio italico stia anche nello striscione sarcastico o polemico e nel gesto di scherno, purché si tenga sempre presente che è un gioco e che al fischio finale si è amici come prima. Nell’intervallo, ci siamo persino divertiti, amaramente, a constatare come i bergamaschi usino il termine “terrone” quando vogliono offendere qualcuno. L’arbitro ha contribuito a scaldare gli animi, sbagliando molto a sfavore del Torino – e questo non lo dico io, lo dicono i commenti dei giornali, che hanno chiosato la sua prestazione con questi voti: La Stampa 5, Tuttosport 4,5, Gazzetta dello Sport 4,5, Corriere dello Sport 5. Nonostante tutto, la situazione a fine partita era tranquilla.

E poi? Il comunicato dell’Osservatorio, a giustificazione del provvedimento di cui all’inizio, racconta i capi d’accusa:

“- nella fase di deflusso, un gruppo di tifosi granata… ha sfondato un cancello dell’area di massima sicurezza”;

“alla stazione ferroviaria… un gruppo di circa 150 tifosi torinisti ha provocato l’intervento delle Forze dell’Ordine”;

Della stazione non posso parlare, visto che non c’ero, ma del deflusso sì: oltre un’ora dopo la fine dell’incontro, noi eravamo ancora chiusi dentro lo stadio, perché fuori, attorno allo stadio, centinaia di ultras locali erano fermi davanti alle uscite in attesa di “festeggiarci” – e Vi assicuro che non è una bella sensazione.

Poi è stato aperto il passaggio dal settore ospiti al recinto del parcheggio dove erano ospitati i nostri pullman, e a quel punto un (1) demente si è staccato dal gruppo granata, è corso verso il cancello che separava il luogo dal resto del parcheggio, e lo ha “sfondato” – con le virgolette, perché era aperto. Sono allora accorsi una dozzina di tutori dell’ordine in assetto antisommossa, che in tre secondi lo hanno rispedito indietro, sparando un (1) lacrimogeno. A quel punto un centinaio di tifosi atalantini ha “sfondato” – ho capito che questo è il termine tecnico per chi passa attraverso porte aperte – le barriere di prefiltraggio, cercando di raggiungerci; sono stati prontamente caricati dalla Polizia e sono scappati a gambe levate.

Fine degli scontri; e visto che il comunicato parla di 16 lacrimogeni sparati, Vi consiglio di indagare su dove siano finiti gli altri 15, con la penuria di risorse che affligge le forze dell’ordine…

Ora io ho una domanda: dato che c’erano decine di telecamere e quattro poliziotti per ogni tifoso granata, e che peraltro la maggior parte di noi mai si sarebbe messa a picchiarsi per una partita di calcio, era così difficile identificare l’unico facinoroso e far sì che egli rispondesse delle proprie azioni?

Che senso ha che Voi rilasciate interviste in cui chiedete al pubblico di “isolare i violenti”, e poi quando c’è un violento isolato prima lo lasciate andare, e poi punite la società e le centinaia di migliaia di cittadini normalissimi che tifano per il Torino?

Io non ho mai alzato le mani in vita mia, non sono un criminale, e come me la quasi totalità dei tifosi del Torino: chi Vi dà il diritto di trattarci e di additarci come tali, anche di fronte all’opinione pubblica e alla stampa?

E già che ci siamo, per equità, quali provvedimenti intendete prendere contro gli ultras dell’Atalanta?

La tifoseria del Torino è da sempre calda, in parte anche violenta, ma mai criminale. Non esiste nella storia del calcio italiano una persona, tifoso o poliziotto, che sia stata uccisa o gravemente ferita in uno scontro tra o con tifosi del Torino. Nessun tifoso del Torino è mai stato coinvolto in una faida per il controllo affaristico della curva. Ci sono tifoserie (Roma, Lazio, Napoli, la stessa Juventus) imbottite di pluripregiudicati per reati penali, dove gli arresti e i coltelli sono all’ordine del giorno. Eppure, ora sembra che il problema del calcio italiano sia la tifoseria del Torino, me compreso.

A Torino ormai vige uno stato di punizione permanente contro una squadra sola. In tutti gli stadi d’Italia – compreso l’Olimpico quando gioca la Juventus – entrano tranquillamente bandiere, striscioni, petardi. In Juventus-Udinese un tifoso juventino ha tirato un petardo in campo (rinfrescatemi la memoria, qual è stato il Vostro provvedimento?). Ma, se gioca il Torino, si vedono i carabinieri all’ingresso portar via una bandiera granata a bimbi di sei anni in lacrime. E poi ciò viene giustificato come un atto per far tornare allo stadio le famiglie.

Il problema non sono dunque le punizioni o la repressione della violenza, che è sacrosanta. Il problema sono la discrezionalità e la disparità dei provvedimenti, che creano sensi di ingiustizia, ulteriore rabbia, ulteriore violenza. Forse non ve ne rendete conto, ma l’accanimento che state dimostrando, lungi dal placare gli animi, rischia di alimentare la rabbia e il vittimismo delle parti peggiori della nostra tifoseria. Crea solidarietà con i violenti, invece che con le forze dell’ordine. State soffiando sul fuoco: perché?

E’ così difficile attribuire i gradi di rischio in base a precedenti oggettivi anziché a volontà persecutorie verso singole tifoserie, e fare in modo che a grado uguale corrispondano misure uguali per tutti, anziché lo stadio chiuso per le piccole squadre e la diretta notturna per le grandi?

Oppure, vietiamo del tutto le trasferte a tutti. Credo che non funzionerebbe, che l’afflusso di “cani sciolti” sarebbe ancora più pericoloso (com’è che in Roma-Napoli, gara riservata agli abbonati giallorossi, al gol del Napoli ha esultato mezza curva?). Ma almeno sarebbe una misura uguale per tutti.

Spero che questa riflessione Vi sia utile; attendo con fiducia una Vostra risposta, e nel frattempo Vi ringrazio, di cuore, per ciò che fate per riportare un po’ di serenità e di credibilità nel calcio italiano, auspicando che, con la collaborazione di tutti noi, lo sforzo possa avere successo; e che la giustizia italiana possa presto occuparsi di problemi un po’ più importanti.

Cordiali saluti,

[tags]ultras, violenza, stadi, toro, atalanta, osservatorio del viminale[/tags]

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lunedì 15 Ottobre 2007, 16:26

Giustizia proletaria antigobba

Dopo l’autoriduzione proletaria, un racconto di giustizia proletaria antigobba direttamente dal forum di Forzatoro. Che poi lo so che arriverà il solito commento di quattro pagine a difesa dell’importanza dello status di VIP dei calciatori a strisce, ma l’aneddoto è carino lo stesso, e vi autorizzo espressamente a ripeterlo anche per il pullman del Toro se mai dovesse succedere qualcosa del genere.

“Sono le 23 circa e decido, insieme ad un ristretto gruppo di amici, di fare una sorpresa ad un altro nostro comune amico in arrivo dagli States (via Roma).. andiamo ad aspettarlo a Caselle.

Chi frequenta quell’aeroporto sa benissimo che parcheggiare al piano degli ARRIVI è praticamente impossibile (se non nel silos a pagamento), dal momento che non fai in tempo ad accostare e hai già la multa sul parabrezza. Io accosto, e mentre vedo il vigile che si sta avvicinando scorgo un pullman nero tamarrissimo con i vetri oscurati che parcheggia sui posti per handicappati: ERA IL PULLMAN DEI GOBBI che aspettava la squadra (ieri devono aver giocato un’amichevole, non so dove e comunque non me ne frega un cazzo).

Il vigile non fa in tempo ad aprire la bocca e io lo blocco subito: “scusi – faccio io – so che sono in torto e quindi la sposto immediatamente, ma guardi un po’ quel pullman nero dove si è parcheggiato”. L’agente muta immediatamente la sua espressione, che dal minaccioso diventa imbarazzata: “eh ma non saprei…lei ha ragione ma….. sa aspettano la squadra…l’aereo fa ritardo… ecc ecc ecc”. Io stavo per saltargli addosso quando arriva un altro vigile ancora più cazzuto del primo: “beh? che problemi ci sono?” fa a me e al suo collega. Io rispondo dicendogli che avevo l’auto in divieto e la stavo per spostare ma che il pullman delle merde era messo peggio di me e andava sanzionato.

Il secondo vigile, appena si accorge che il torpedone bianconero è sui parcheggi per handicappati, diventa viola in faccia e si scaglia dall’autista dei gobbi che stava fumando urlandogli: “VIA! VIA! CAMMINARE! LEI NON PUO’ STARE LI'”. L’autista (che era un misto tra Bettega e Moggi come tipo di persona) gli fa: “no ma guardi, lei non vede che questo è il pullman della JUVENTUS? Stiamo aspettando la prima squadra”. Il vigile, sempre più infervorato (un mito assoluto!!) urla sempre più forte: “E chi se ne frega se questo è il pullman della Juventus: lei lo deve spostare! Subito! Avanti! Camminare! Camminare! Camminaaaare!!!!!!!”, e intanto tira fuori il blocchetto delle contravvenzioni e comincia a scrivere.

L’autista, sbalordito (evidentemente abituato a fare che cazzo vuole a Torino), lascia cadere la sigaretta e, impaurito, sale sul pullman, lo mette in moto e si mette a fare un paio di giri attorno all’aeroporto senza poter parcheggiare, in attesa che arrivi la squadra. Dopo un quarto d’ora circa escono Nedved, Trezeguet, Belardi e compagnia bella e si mettono ad aspettare come dei coglioni in attesa che il pullman compia per la terza volta la rampa di accesso alla pista di carico viaggiatori, con tutti che chiedevano autografi (i giocatori erano visibilmente seccati). Il pullman questa volta accosta sul posto riservato alle forze dell’ordine. Io dico al mio amico che guidava di parcheggiare subito dietro. Vado dal vigile e gli dico: “se fa la multa a me, la faccia anche al pullman, mi raccomando!”. E lui mi fa: “stia tranquillo, se non se ne vanno entro due minuti chiamo i carabinieri!”. E infatti non ha nemmeno spento il motore, ha caricato i giocatori e se ne è andato.

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lunedì 1 Ottobre 2007, 01:04

Un derby con la D maiuscola

Certo, avrei preferito non perderlo, ma alla fine oltre che incazzato sono soddisfatto e orgoglioso: questo è un Derby con la d maiuscola, non più quelle schifezze degli ultimi anni.

Sì, perché il risultato più giusto sarebbe stato un pari, e forse, ai punti, avrebbe vinto il Toro, che specie nel secondo tempo ha condotto quasi sempre il gioco, con ripetute occasioni (anche se la Juve ha sciupato un gol fatto con Nedved). Ma, alla fine, io temevo che si rivelasse una disfatta, che la Juve fosse nettamente superiore. E invece, siamo ritornati alla grande; l’abbiamo giocato alla pari e l’avremmo potuto vincere, e ho l’impressione che almeno per un po’ non si vedranno più gli 0-4 indegni del periodo del sicario Cimminelli (a proposito, drughi, si scrive con due “m”; lo striscione “Ieri Ciminelli, oggi Cairo, domani Tutankhamon?” non faceva granché ridere, ma almeno potevate scriverlo giusto).

E insomma, siamo ritornati alla vera storia di molti derby: quella in cui il Toro fa un gran gioco, e la Juve vince con un gol di culo, al 94′, su un rimpallo e in fuorigioco di cinque metri (e certo i gobbi si appiglieranno all’infinito ai cavilli del regolamento; del resto anche Moggi diceva che le regole vanno “interpretate”). Questo derby è il prototipo della gobbitudine; i gobbi hanno fatto un’infamata andando (pare) ad aspettare il pullman dei nostri giocatori, e hanno cercato la violenza in ogni modo; come coreografia hanno fatto schifo, vestiti da steward e con una bandiera ogni venti persone; come tifo non ne parliamo, si sono sentiti solo per gli otto secondi tra il gol e il fischio finale; come gioco sono andati bene nel primo tempo, ma poi hanno subito per tutto il secondo; e poi hanno vinto rubando (se sia rubando per culo o rubando per dolo, poco importa). Per i gobbi l’unica cosa positiva è il risultato; e quindi, se domani un gobbo si vanta, lo lasceremo fare perché significa che non ha capito niente né di calcio, né di vita.

Mi dispiace per ragazzi e vecchi in lacrime, ma passerà; c’è un derby ogni sei mesi, e dopo stasera penso proprio che ce li giocheremo tutti, e magari con ancora più rabbia. Più preoccupante è il fatto che una partita finita così non farà altro che alimentare ulteriormente la violenza, che già è stata montata per mesi dai dirigenti e dai due giornali cittadini. Tra persone ragionevoli, i gobbi riconoscerebbero di aver vinto senza merito, e noi che nel calcio ci stanno anche partite così, e che per il primo derby del nuovo Toro possiamo accontentarci, pur se con amarezza, di una chiara vittoria morale. Invece, continueranno polemiche e accuse tra dirigenti e giornalisti, e di conseguenza anche gli scazzi e le violenze tra tifosi.

La rabbia è enorme, e persino io, stasera, ho fatto fatica a non rispondere davanti al tarro con la Punto modificata che sgommava con la sua bandierina di plastica in corso Ovini, gridando ai nostri tifosi “minchia vuoi la foto?”. Ma sono ulteriormente fiero di come nessuno, ma proprio nessuno, abbia detto una parola ai pochi disabili bianconeri che sono stati fatti uscire proprio in mezzo al flusso della massa granata. E ci mancherebbe, ma in una situazione del genere, a parti invertite, non sarebbe andata così.

P.S. Però lo striscione “ROCCHI COBOLLI E MOGGI LADRI DI IERI E DI OGGI” domenica va fatto assolutamente, perché va bene non soffiare sul fuoco, ma non bisogna neanche farsi mettere i piedi in testa: era fuorigioco di cinque metri!

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