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sabato 23 Dicembre 2006, 16:12

Calcio verace

Sono in casa in attesa di uscire, mentre smazzo un po’ di mail e di arretrati (comunque troppi, non ce la farò mai). Ho scoperto solo all’ultimo che oggi c’è la partita, e così non ho fatto in tempo a invitare nessuno; allora, visto anche che ho da fare, ho deciso di non comprare la partita su Mediaset Premium e di seguirla all’antica, con la radio e con le trasmissioni delle TV private.

In particolare, su Retesette Piemonte è in onda la tradizionale pseudo-diretta, con il noto conduttore teleradiofonico Dario “Dante” Castelletti – che shock vederlo in faccia dopo sette anni di radio -, i vej signor che fanno il commento tecnico – ossia si lamentano di qualsiasi cosa – e le signorine che prendono le telefonate.

Il tutto scorrerebbe pacificamente in sottofondo, se non fosse proprio per le telefonate: ovviamente, chiamano solo vecchietti dai settant’anni in su, che di solito – e specie sotto Natale – prorompono in un interminabile racconto della propria vita, mischiato a qualche ricordo di giocatori del Toro che erano già morti quando metà dello studio non era ancora nato. In alternativa, può chiamare una signora dallo spiccato accento siciliano che chiede ai conduttori come fare a spedire il pallone del Centenario a suo nipote a Catania, perchè con le Poste non si sa mai… Si susseguono così scene di imbarazzo, in cui i conduttori cercano di arginare il flusso di coscienza e di riportare l’interlocutore sul tema.

Il massimo poi si raggiunge con gli habitué: alla telefonata di un tal signore, Castelletti è sbottato in un “noo…” e poi “l’ho già riconosciuto”. Il signore suddetto ha cominciato un volo pindarico che convergeva verso una benedizione urbi et orbi per il santo Natale. Per fortuna, in breve è casualmente caduta la linea.

P.S. Comunque finisca la partita col Livorno, va festeggiato il primo gol in A di Gabriele Cioffi, l’altissimo difensore che è approdato in serie A adesso, a trentadue anni, dopo tanti anni di serie C e uno in B col Mantova l’anno scorso. Anche quest’anno è partito dalla panchina, e a forza di arrivare all’allenamento un’ora prima degli altri e di lavorare in silenzio è diventato presto titolare e ora anche goleador, con tanto di inchino alla curva per festeggiare (altro che il saluto romano ai comunisti livornesi del laziale Pandev, nello stesso luogo domenica scorsa, con successivo rissone). A me piacciono sempre queste storie, di calciatori mai baciati dalla dea Eupalla, che però non mollano mai, e alla fine, a forza di fatica, arrivano là dove tanti campioni dalla discoteca e dalla velina facili falliscono. Non è un caso che Cioffi sia già un idolo dei tifosi, perchè queste sono storie da Toro.

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sabato 23 Dicembre 2006, 02:41

Confermo: musica.

Questo post è solo per confermare quest’altro, e il fatto che uno può arrivare a casa assonnato dopo un cenone da amici, dire tra sè e sè “va bene, ne provo solo una”, e poi andare avanti sempre più esaltato per oltre due ore – anzi, sempre più alterato, perchè quando si suona per un po’, specie di notte, si entra in una specie di trance totale in cui il cervello è spento, e gli stimoli vanno direttamente dagli occhi alle mani, o, quando la musica è pregna, dall’anima alle mani.

Anche in età adulta, da persone serie, si può, si deve continuare a roccheggiare! In più, stasera ho scoperto vari gran pezzi (appunto: approfondire per bene i Kiss), e ne ho riscoperti altri dell’epoca (I feel so alone / Gonna end up a big ol’ pile o’ them bones – questa la suonavo anche, nelle birrerie). Menzione speciale per un brano a me totalmente sconosciuto di un gruppo a me totalmente sconosciuto, tal Carry On Wayward Son di tali Kansas, che è assolutamente eccezionale (però sono trent’anni che non è più obbligatorio inserire almeno cinque cambi di tempo per brano, eh!).

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venerdì 22 Dicembre 2006, 15:13

Dilemmi di giornata

Ma che cavolo ha tutta ‘sta gente da essere in giro in macchina, bloccata per tutte le vie e gli incroci della città?

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giovedì 21 Dicembre 2006, 16:40

Giochi

Ieri mi è arrivato un pacco dalle Isole del Canale; oggi l’ho aperto.

Infilo il disco nella mia playstation, così a metà pomeriggio, solo un attimo, per vedere che c’è. Scegli una canzone, una sola; all’inizio ce ne sono poche, bisogna giocare un po’ per poterne suonare altre. Prendiamone una. Una? Tra queste? Ok.

Parte, una telecamera a spalla che si infila in un sordido pub, potrebbe essere l’inferno della Divina Commedia, o la cantina del Manhattan. Sul palco si attacca Heart Shaped Box, modalità difficile. Io, con la chitarra in mano, e il fantasma di Kurt Cobain scolpito nel cervello.

She eyes me like a pisces when I am weak. Aveva capito tutto, quell’uomo. Compreso che c’è qualcosa di speciale che si scatena quando un uomo prende in mano uno strumento musicale, meglio ancora se la chitarra, l’anima del rock. Perchè la mia adolescenza passata a chiedere a Bach la spiegazione delle segrete regole del mondo è storia chiusa; ma è quando si diventa adulti in questo fottuto mondo – I’ve been locked inside your heart-shaped box for weeks -, è quando si scopre che di armonia ce n’è poca e spesso è solo finta, che l’uomo imbraccia la sua chitarra, pompa il distorsore, e chiude fuori per un attimo tutto il resto.

Forever in debt to your priceless advice. La canzone si snoda come si snodava più di dieci anni fa, vomitando emozione, pezzi di vita mal digeriti, rimasti sullo stomaco, congelati e scongelati come una bistecca. Sa di sesso e di morte (poco di amore, ormai merce rarissima), è dolce e velenosa, disperata come la prima metà degli anni Novanta. Broken hymen of Your Highness, I’m left black. Sollevi il manico con la mano, come solleveresti una gonna. In questo momento di passione, ci sei solo tu e la musica, tu e quello che avrebbe potuto essere e non è, tu e una preghiera silente che già si è fatta imprecazione maledetta. Throw down your umbilical noose so I can climb right back.

E poi, posare il giocattolo, spezzare il cerchio magico, e tornare felicemente alla realtà, nella serenità di un pomeriggio invernale. Non importa quanti tasti ha la tua chitarra e che cosa la faccia suonare, importa il mondo insondato di profondità mai viste che ti porti dentro, e che ogni tanto, anche solo per gioco, si affaccia alla luce.

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giovedì 21 Dicembre 2006, 11:51

Auguri a Torino

Si possono fare gli auguri ad una azienda che non si conosce e di cui non si è mai stati clienti? Si può, in qualche caso.

Il festeggiamento in questione in realtà è condiviso tra due nomi diversi, non so se parti della stessa azienda o meno. Il primo nome è Leone, ma non quello delle storiche caramelle; si tratta di una grande azienda di tubi e ferramenta sita all’angolo più remoto della Pellerina, su via Pietro Cossa. E’ un punto di grande passaggio, e sulla sede aziendale campeggia da sempre una enorme insegna al neon, talmente grande che, di notte, la si legge distintamente anche dall’aereo quando si sta scendendo verso Caselle; un vero landmark cittadino.

Vent’anni fa, il business dei tubi doveva essere in calo, e quindi nel palazzo è comparsa una seconda attività: quella degli antifurti Security Cà. Visto che il tetto se lo era già preso l’altro nome, quelli degli antifurti per farsi notare occuparono l’angolo sopra la porta, proprio di fronte agli automobilisti che svoltano; e ci misero un pannello luminoso con l’indicazione, sempre aggiornata, del numero complessivo di clienti della loro azienda.

Quando ho cominciato a guidare, una decina abbondante di anni fa, il numero era di qualche decina di migliaia di unità; l’ho visto crescere negli anni, notando giorno dopo giorno i diversi numeri. Avrò pure l’anima del matematto, ma che emozione quando, per combinazione, il pannello segnava proprio il mio vecchio numero di matricola del Politecnico!

Bene, qualche giorno fa è successo l’impensabile (ma pianificato, visto che sin dal principio il pannello aveva spazio per sei cifre): proprio in vista del Natale, è stato raggiunto il numero centomila. Sarà sicuramente una festa per il titolare e per il suo portafoglio, ma lo è stata un po’ anche per tutti gli abitanti della parte occidentale di Torino; perchè a forza di passarci davanti non possiamo non aver cominciato a fare un po’ il tifo per chi, con una tenacia tutta torinese, porta avanti giorno dopo giorno il proprio lavoro per vent’anni, passo dopo passo, fino a raggiungere il risultato.

E quindi, buone feste anche agli antifurti, e a tutti quei pezzettini di vita grandi e piccoli – persone aziende alberi e case – che compongono l’anima della mia città!

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giovedì 21 Dicembre 2006, 00:52

Cene di Natale

Questa sera ho addirittura rinunciato a Toro-Roma per andare a una delle varie cene di Natale a cui sono stato invitato; a questa ci tenevo, trattandosi della tradizionale cena del gruppo di ex colleghi vitaminici.

Eppure, tutto ciò che poteva andare storto lo ha fatto! Per iniziare, la cena era alle 20:30 in un posto ben fuori Torino, e io a pranzo avevo mangiato soltanto una scatoletta di tonno; un pezzo del gruppo si è presentato con mezz’ora buona di ritardo, e quindi fin quasi alle 22 non abbiamo iniziato a mangiare, col risultato di rendermi idrofobo.

Dopodichè, mi sono ripreso un po’ col cibo, e la cena è scivolata via abbastanza normalmente, se non per il fatto che c’era molto vino e poco da mangiare. La cosa è peggiorata quando la conversazione si è assestata sull’unico argomento disponibile per metà della tavolata – il noto gioco di ruolo online World of Warcraft – e la noia ha cominciato inesorabile a invadere la mia mente, accompagnata da una incazzatura onesta e disperata quando si sono dimenticati del mio dolce.

Di lì in poi, in testa ho solo sensazioni confuse, tra cui quella di carezze varie (mi avranno mica baccagliato?), fino a una sensazione orribile di soffocamento, come se stessi per morire; mi sono svegliato di soprassalto e mi sono ritrovato con un gusto dolciastro in bocca e caffè rovesciato su tutti i vestiti (pare che abbiano cercato di farmi bere il caffè versandomelo in bocca mentre dormivo, e ovviamente mi è finito nei polmoni).

Mi tocca pure pagare ventinove euro per mezzo antipasto e una pizza: una vera rapina. Sarà meglio che Natale non si ripresenti tanto presto!

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mercoledì 20 Dicembre 2006, 07:30

E-Ultras

La settimana scorsa, nella tifoseria del Toro, si è verificato un episodio che ha fatto scalpore: due ultras si sono recati nel negozio sociale in piazza Castello e, a suon di minacce e ceffoni, si sono fatti consegnare del materiale e se lo sono portato via. Rapina? E’ così per i giornali, ma non per gli ultras stessi, che, parlando di malintesi, hanno cominciato a diffidare più o meno gentilmente chiunque osasse porre la cosa in altro modo; in pratica, sul forum di Toronews i moderatori hanno dovuto cominciare a chiudere buona parte dei thread dove si parlasse dell’episodio, preoccupati di possibili ritorsioni fisiche su loro stessi in caso contrario.

Ora, direte voi, tutto normale: trattandosi di un ambiente dove, diciamo così, la cultura in generale e il rispetto della differenza in particolare non la fanno da padroni, è normale che vi sia una specie di reazione “da branco” tesa non ad affrontare il problema in sè, ma a difendere a forza chi fa parte del gruppo e a minacciare chi non ne fa parte.

Poi succede di leggere su Punto Informatico di oggi un reportage sulle attuali polemiche interne alla comunità Debian (la distribuzione Linux per “duri e puri”): un gruppo di persone ha messo in piedi una raccolta di fondi per stipendiare i due principali gestori del rilascio della distribuzione, e tutti gli altri contributori si son detti: saremo mica i figli della serva? E così, da buona tradizione progressista, hanno iniziato uno sciopero bianco per ottenere uno stipendio anche loro, o perlomeno ottenere che non lo diano agli altri.

La cosa più interessante, comunque, è la reazione a tale articolo: aprendo il forum dei commenti, già alle sette di mattina si trovavano circa duecento post, la maggior parte dei quali pro Debian più o meno con gli stessi slogan che si sentono allo stadio. Insomma, al solito il problema non è la sostanza della discussione, ma il fatto che qualcuno si permetta di menzionare il problema, il che secondo i debianisti, anche se non si stanno a guardare i post fatti solo di slogan, è meritevole di una negazione del problema (“Gobba? Quale gobba?”) seguita da velate minacce.

Che la comunità Debian (o meglio, molti suoi esponenti, senza generalizzare) approcci il mondo esterno con la stessa apertura, la stessa onestà intellettuale e lo stesso rispetto per la diversità che caratterizzano gli ultras dello stadio fa un po’ impressione, ma non è una sorpresa per chi ci ha avuto a che fare. Del resto, giusto ieri ho assistito a una discussione in cui uno dei maggiori esponenti della comunità Linux romana ha accusato un signore, che si era solo permesso di fare qualche obiezione alla proposta di legge Folena sull’open source, di essere un agente segreto delle “major che ammazzano la gente”, al soldo del capitalismo e di sporchi interessi personali.

Certo però che è triste notare come esistano pattern di comportamento umano per cui pensare con la propria testa risulta sempre difficile, ed è più facile nascondersi dietro un marchietto o un colore di qualsiasi genere, per poi aggredire chiunque non vi si riconosca; e ancor più triste che li adottino quelli che, come i sostenitori del software libero, spesso si richiamano a valori morali di alto livello. Purtroppo, di norma sono solo parole.

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martedì 19 Dicembre 2006, 23:42

Vladimir Arthur

Nella vita, tutto si tiene. E così da parecchio tempo mi capita sporadicamente, quando sono in auto, di attaccare Radio Flash il martedì sera (prima, se non erro, era il mercoledì) e di ascoltare la mitica trasmissione Nel segno del Graal.

Come potete immaginare dal nome, è una trasmissione che si occupa di miti e leggende di ogni genere, partendo dai Celti per arrivare agli UFO attraverso i nativi americani, con escursioni spiritual-religiose nei miti della terra, nell’alchimia e nell’animalismo. In pratica, un contenitore di vaccate: nessuna leggenda metropolitana è troppo insensata, nessuna puttanata è troppo incredibile per non venire snocciolata con convinzione ai microfoni della trasmissione.

Per esempio stasera, nei cinque minuti che ho ascoltato, dopo un pippone animalista a favore del vegetarianesimo ci si è concentrati su un presunto complotto tecnologico di non meglio precisati “militari”, che avrebbero sviluppato la tecnologia per far respirare l’uomo nell’acqua, e l’avrebbero anche sperimentata sospendendo per mesi sott’acqua una gabbia di conigli protetti dall’apposita membrana (e qui, giù pippone parentetico contro il maltrattamento subito da questi poveri animali); ma poi, di queste tecnologie fantastiche di cui tutti parlavano dieci o quindici anni fa non s’è più saputo nulla perchè c’è sempre più censura. E però, bisogna ringraziare questi “militari” perchè stanno costruendo in segreto il mondo del futuro su Marte, realizzando una colonia dove non ci saranno conflitti, perchè loro avranno nel frattempo eliminato tutte le religioni, primo tra tutti il cattolicesimo, religione triste che celebra la violenza nella morte del proprio Dio (e giù altro pippone animalista parentetico sulla strage di agnelli per Natale, che poi sarebbe per Pasqua ma ‘ste feste sono un po’ tutte uguali).

Insomma, a parte l’ottima musica celtica (che a me piace molto), questa trasmissione sembra un po’ una puntata di Zelig, però involontaria; non si capisce bene perchè una radio di sinistra dura come Flash la ospiti, se non forse per l’anticlericalismo spinto.

Tuttavia, non vi ho ancora spiegato perchè tutto si tiene: ebbene, la trasmissione è realizzata da Rosalba Nattero e Giancarlo Barbadoro, promotori della associazione Grotta di Merlino, con apposito negozio sotto i portici di piazza Statuto (ma anche attività in mezzo mondo e vari progetti collaterali, tra cui un portale per i viaggi nel tempo…); due dei più famosi kook della storia della rete.

Chi è vecchio di Internet (.mau. in particolare) ricorderà infatti il primo grande flame della storia della Usenet italiana; stiamo parlando degli anni tra il 1993 e il 1995, quando it.* nemmeno esisteva e l’unico newsgroup italiano era soc.culture.italian. Fu proprio su quel gruppo che loro cominciarono a postare ogni genere di puttanat… pardon, verità segreta, provocando la reazione dei partecipanti e quindi le controaccuse di censura paramilitar-governativ-poterifortica, in un rissone talmente storico che la gente lo ricorda ancora dieci anni dopo.

Ammirando quindi la pervicacia con cui ammorbano ogni possibile strumento di telecomunicazione, trovo rassicurante che ciò che dieci anni fa era stato respinto a gran voce da Internet ora vada a finire sulla branca torinese di Radio Popolare: vuol dire che la sinistra bertinottiana è disperatamente alla ricerca di nuovi miti da affiancare a quello di Vladimir Ulianov, e che Re Artù è appena stato assoldato alla bisogna.

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martedì 19 Dicembre 2006, 18:22

Video

Ho scoperto che c’è ancora qualcuno che non conosce il classico molvano Elektronik Supersonik (raccomando di cliccare su “more” nel box di destra e leggere attentamente il testo).

Non ridete, che i nostri video degli anni ’80 erano proprio così; il nostro inglese, invece, è così ancora oggi.

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lunedì 18 Dicembre 2006, 23:57

La bella vita

Vorrei postare una breve cronaca della mia giornata di oggi.

Ore 5:00, sveglia. Ore 5:25, esco di casa dopo essermi lavato e messo vestito e cravatta. Ore 5:40, parcheggio davanti alla stazione Madonna di Campagna – dopo un paio di giri, trovo posto sotto la sopraelevata. Ore 5:43, la signora addormentata della biglietteria mi vende un tagliando di sola andata per tre euro. Ore 5:47, nel sotterraneo della stazione arriva il trenino (un rudere segnato dai graffiti). Ore 6:03, dopo sedici minuti per cinque chilometri scarsi il treno arriva in aeroporto.

Ore 6:10, fatto check-in, salgo per cappuccino al bar. Ore 6:20, mi metto in coda ai controlli di sicurezza del piano superiore, visto che la fila del piano inferiore arriva fino alla strada, attraversando tutta la hall di Caselle. Ore 6:40, dopo varie mezze risse, tentativi di scavalcamento e vecchietti imbranati, passo il metal detector e comincio a correre verso il gate (il volo in teoria decollava alle 6:50). Ore 6:45, sono in coda al gate, coda che scorre lentamente. Ore 6:50, passato il gate, sono in coda in piedi sulle scale per aspettare il secondo bus. Ore 7:00, siamo sull’aereo, che accende i motori.

Ore 8:15, siamo atterrati e giunti al parcheggio sulla pista, ma non arriva il bus. Ore 8:30, un altro bus ci scarica all’aerostazione di Fiumicino; ore 8:40, sono alla stazione dei treni, dove il primo treno in partenza viene soppresso. Dalle 8:40 alle 9:10, ogni cinque minuti il ritardo del prossimo treno aumenta di cinque minuti, e non si vede nulla all’orizzonte. Le piattaforme sono stracolme di gente infuriata, io nel frattempo, per caso, incrocio Fiorello Cortiana. Ore 9:15, pigiati sul treno partiamo; ore 9:45, scendiamo a Trastevere, compriamo i biglietti e attendiamo l’8.

Ore 10, io e Fiorello chiacchieriamo amabilmente pigiati sull’8; scendiamo al capolinea e andiamo a piedi al Servizio Studi del Senato, dove recupero una copia di un volume edito da loro di cui, a mia insaputa, ho scritto l’introduzione. Ore 11:10, lascio Fiorello a un paio di commissioni e vado a piedi fino in Largo Chigi; ore 11:20, arriva un 63 che assomiglia in realtà a un carro bestiame. Grazie a un percorso tortuoso per le vie di Roma (vabbe’, a Roma non esistono percorsi non tortuosi) alle 11:50 arrivo in via Isonzo, al Ministero dell’Innovazione.

Ore 11:55, sono il primo in arrivo; ore 12:15, inizia la riunione col sottosegretario Magnolfi più staff, Rodotà, Cortiana e Joy Marino. Ore 14:20, la riunione termina, saluti e auguri; ore 14:30, ci incamminiamo a piedi; ore 14:50, arrivo alla stazione Termini, faccio il biglietto alle macchinette e saluto Fiorello che va in aeroporto.

Ore 15:00, mangio un terrificante panino da Mr. Panino Chef Express (evitatelo); ore 15:10, per rifarmi vado al Conad del sotterraneo e mi compro biscotti e aranciata; ore 15:20, mi siedo sull’Eurostrazio per Milano; ore 15:30, il treno parte.

Crollo a dormire fino a Firenze, poi lavoro col portatile (sono state un paio d’ore molto produttive, va detto). Ore 20:10, con dieci minuti di ritardo il treno arriva a Milano Centrale, e così mi tocca la solita corsa nel sottopassaggio anteriore, con tanto di sgomitate per riuscire a timbrare in mezzo alla gente lì ferma a guardare il cielo; ore 20:14, salgo sull’interregionale per Torino, strapieno di pendolari novaresi; ore 20:15, il treno parte.

Ore 20:55, arriviamo a Novara e il treno si svuota di colpo; siamo solo più io, le mie domande, la mia stanchezza e la voglia di parlare con qualcuno, un amico qualsiasi, che però non ho sottomano. Ore 22:00, scendo dal treno a Porta Susa; mi serve un biglietto del bus, ma l’edicola e il tabaccaio sono entrambi chiusi; la metro è sbarrata (alle 22?!?); cerco le monetine per comprare il biglietto al parchimetro, ma non le ho giuste. In quel momento arriva il 72 barrato, e mando tutti a stendere; attraverso alla spericolata e lo prendo al volo (di sera, a Torino, molte linee si aspettano tra i venti e i trenta minuti). Ore 22:25, scendo in corso Potenza e arrivo finalmente, 17 ore dopo averla lasciata, alla mia auto; ore 22:40, parcheggio in garage.

Salgo, ceno con due uova strapazzate e una scatoletta di sgombro sott’olio, e qualcuno dei biscotti. Dopo aver mangiato, va un po’ meglio.

Mi collego, e trovo un paio di persone gentili, di quelle che mi vogliono bene, con cui sfogarmi un po’. E poi bloggo, perchè tutte le cose che faccio mi aprono sicuramente molte porte e mi fanno conoscere tante persone e tante faccende interessanti, ma richiedono anche non pochi sacrifici.

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