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mercoledì 26 Aprile 2006, 22:31

Non riposa in pace

Oggi, come saprete, sono vent’anni da Chernobyl.

Il dibattito sul nucleare è aperto più che mai, ma non è di questo che voglio parlare. Non voglio nemmeno discutere se una tragedia come questa sia un prezzo accettabile o meno per il progresso. Voglio soltanto, per chi non l’ha mai visto, lasciare il link al primo sito che, in un inglese smozzicato, ci fece vedere il silenzio di Pripyat – e allo stesso tempo mi mostrò uno dei grandi poteri che Internet ha, quello di spezzare le barriere e mostrare la verità inconosciuta.

Perchè talvolta anche le città, dopo la morte, restano sulla terra come fantasmi.

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mercoledì 26 Aprile 2006, 19:38

McOste

Questa sera dovrei essere qui a raccontarvi di una allegra mangiata in compagnia, insieme all’attuale reincarnazione dello storico gruppo di mangioni che fa del buon cibo e del buon vino una occasione di lieta vita sociale.

E però, sfortunatamente io e Simone non ci siamo capiti su chi dovesse prenotare, e quindi, quando dopo un’ora di macchina verso la val d’Aosta siamo arrivati nel posto che lui aveva selezionato… siamo rimasti fuori. Non che fosse un esito imprevedibile, intendiamoci: lui ci ha confessato di essere rimasto fuori anche nei tre tentativi precedenti.

La notizia interessante, comunque, è che il suddetto posto si è rivelato essere un’altra istanza di un locale che avevo già provato quest’estate in un altro luogo, sul lago di Viverone. In pratica, signore e signori, ecco a voi l’idea geniale: il franchising delle osterie.

Se ci pensate, non è una brutta idea: a parte il marketing unificato e il conseguente arredamento interno che fa un po’ troppo effetto McDonald’s, si possono fare economie di scala di vario genere. E devo anche dire che all’epoca non avevo mangiato affatto male: lo stinco era davvero buono.

Però, se si plastificano pure le osterie di campagna, che cosa ci resta in cui credere?

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martedì 25 Aprile 2006, 16:01

Liberazione

Vi avverto, questo è un post serio e sconsigliato ai deboli di cuore. Difficile. Doloroso, anche.

E’ che oggi (o dopodomani, a seconda di quel che si crede, e di come si conta) è il secondo anniversario di un evento che ha cambiato tante vite. Un suicidio, per la precisione. Una liberazione, forse.

Alla fine, nessuno è veramente in grado di sapere cosa spinge un’altra persona a togliersi la vita; nel caso specifico, la mia conoscenza era alquanto superficiale, e anche le notizie indirette che ho avuto dopo non sono molto indicative. Eppure, uccidersi è sempre una liberazione, dai propri fantasmi, dalle proprie paure, dalle proprie insicurezze, da un corpo che si odia o da una vita che non si accetta, e soprattutto da una immagine di sè troppo misera rispetto a un modello troppo perfetto. E io resto sicuro che una persona intelligente ed autoironica non possa non aver colto l’ultima, beffarda ironia racchiusa nella data; nella scelta di una definitiva, dolce festa della Liberazione.

La mia esperienza in merito – ed è bello ora, dopo due anni, poterne parlare con serenità – avvenne subito dopo, e ne fu in un certo senso, ma solo superficialmente, una conseguenza diretta. E’ in base a quello – una specie di giro all’inferno e ritorno, o se preferite una divina commedia – che mi rendo conto di quanto alterata possa essere la percezione della realtà in certi momenti della propria vita; per motivi neurologici, ma anche per via di tutte quelle ipotesi che sviluppiamo per anni nel nostro mondo interiore, e che diventano talmente scontate da non essere nemmeno più visibili coscientemente, tanto da stringere il cervello e il cuore in una morsa invisibile da cui non si può scappare.

Io sono stato fortunato; per me, quella terribile primavera di due anni fa è stata l’inizio di un lungo e lento percorso di crescita, che credo mi abbia cambiato molto, arrivando piano piano ad attaccare alla base le ipotesi che mi impedivano di essere in pace con me stesso. E se la strada è ancora lunga, da qualche tempo il mio animo mi dice che finirà bene.

Allo stesso tempo, guardandosi dietro, è impressionante vedere come quegli avvenimenti abbiano cambiato tante vite, e lasciato tracce indelebili. Per me, tutto ciò ha significato perdere persone a cui tenevo molto o anche più che a me stesso, rovinare amicizie, lasciare di botto circoli sociali che avevo frequentato per anni, insomma cambiare radicalmente la mia vita; ha significato due anni veramente pesanti e difficili. Altre delle persone coinvolte sono state colpite altrettanto se non di più; alcune serbano ancora oggi rimpianti o rancori incrollabili, verso i vivi e verso i morti; e credo li serberanno per tutta la vita.

In un certo senso, è come nel biliardo, quando una sola palla colpisce con violenza inaudita un gruppo ordinato ed intonso di altre bocce, e le scaglia in direzioni casuali, allontanandole l’una dall’altra; alcune finiscono in buca, altre in un angolo, altre restano lì, rimanendo sole; e alla fine, l’intero tavolo nel suo insieme appare completamente sconvolto.

Chi mi conosce ricorda che, in quel periodo, di suicidio e di etica del suicidio parlavo spesso, e in abbondanza. Quel che posso dire, a posteriori, è che pur non condividendola mi risulta molto più facile capire quella condanna totale del suicidio, morale e sociale, che fa la Chiesa cattolica così come molte nazioni del mondo, in virtù del fatto che la distruzione della propria persona non è soltanto, nell’ambito dell’armonia dell’universo mondo, uno spreco in sè, ma è anche la radice di ulteriore dolore. Questo però nulla toglie all’immensa sofferenza che prepara, giustifica e porta a un atto del genere, di fronte alla quale la morte è davvero una liberazione.

E perciò, tutto sommato, credo che non si possa fare altro che accettare l’infinito Mistero della vita e della morte, e sperare che il dolore dei vivi e dei morti possa un giorno infine placarsi.

così vanno le cose, così devono andare

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martedì 25 Aprile 2006, 14:00

[[David Gilmour – On An Island]]

Lo so che i dischi dei vecchi divi non aggiungono nulla di nuovo; probabilmente si può dire lo stesso di questo nuovo disco di David Gilmour. Eppure, si tratta di una replica così perfetta del sound “Pink Floyd anni ’80” (con Crosby & Nash ai cori!) che fa davvero piacere sentirla, specie in un primo pomeriggio di un giorno di festa, rilassati e sbattuti sul divano a pensare.

Remember that night
White steps in the moonlight
They walked here too
Through empty playground, this ghosts’ town
Children again, on rusting swings getting higher
Sharing a dream, on an island, it felt right

We lay side by side
‘tween the moon and the tide
Mapping the stars for awhile

Let the night surround you
We’re halfway to the stars
Ebb and flow
Let it go
Feel her warmth beside you

Remember that night
The warmth and the laughter
Candles burned
Though the church was deserted
At dawn we went down through empty streets to the harbour
Dreamers may leave, but they’re here ever after

Let the night surround you
We’re halfway to the stars
Ebb and Flow
Let it go
Feel her warmth beside you

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lunedì 24 Aprile 2006, 17:44

Giramenti di frittate

La notizia elettorale di oggi è che l’Unione, seppure di poco, ha perso le elezioni al Comune di Trieste. Una notizia non impossibile e non inattesa, sebbene il margine fosse ristrettissimo, ma comunque significativa in una città fino a pochi anni fa feudo del centrosinistra e di Illy.

E invece, cosa titola Repubblica.it?Ballottaggi Friuli, Unione-Cdl 3-1!”

Già, perchè l’Unione avrà anche perso il comune di Trieste, ma ha vinto le amministrazioni provinciali di Trieste e Gorizia (ricordiamo, due delle province più piccole d’Italia – quella di Trieste ha solo sei comuni) e nientepopodimenochè il comune di Cordenons. Questa sì che è una vittoria storica.

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lunedì 24 Aprile 2006, 15:51

Ragazzi di stadio

“Ragazzi di stadio” è un film di cui nessuno, al di fuori delle tifoserie torinesi, ha mai sentito parlare; eppure, grazie al passaparola della rete, è diventato il film culto di molti di noi.

“Ragazzi di stadio” è un documentario girato per la RAI, nel 1979 o nel 1980 (gli storici discordano), dal regista alessandrino Daniele Segre, che è diventato poi negli anni uno dei maggiori documentaristi sociali del cinema italiano. Egli porta lo spettatore all’interno del cuore del tifo organizzato della squadra di Torino, il Toro, e degli ospiti bianconeri della Rubentus, che si incontreranno nel derby la domenica successiva.

In uno stile asciutto e descrittivo, possiamo così vedere tutta la preparazione della partita e delle coreografie, ma anche ascoltare i capi dei due gruppi di ultras mentre spiegano le loro idee, le loro motivazioni, il rapporto con i turbolenti anni ’70.

Per i tifosi granata è anche l’occasione di vedere da giovanissimi quei personaggi che hanno fatto la storia della Maratona, trasformandola in una leggenda mondiale; in primis, il mitico Margaro, intervistato su una panchina dei giardinetti del Fante. E naturalmente, è anche l’occasione per osservare la differenza tra le due curve: a differenza dei gobbi, in quella del Toro è pieno di donne, e la gente usa i congiuntivi.

E’ un film da vedere, non solo per l’effetto nostalgia provocato da musiche, abbigliamento e passatempi di fine anni ’70, ma anche perchè smentisce alcuni luoghi comuni sugli ultras, dimostrando tutta la passione che mettono non solo per sostenere la squadra, ma anche per fare gruppo e amicizia.

E così, siccome molti hanno cominciato a chiedermelo, ho uploadato il film, dopo averlo spezzato in due parti che potete scaricare qui e qui; i due pezzi vanno poi incollati con HJSplit, per ottenere un AVI da 457 MB. Attenzione, si vede male e si sente peggio, ma è sopportabile (dura solo un’ora).

Buona visione.

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domenica 23 Aprile 2006, 20:36

Curve e politica

La notizia di oggi non è la vittoria del Toro a Verona, 1-0 negli ultimi minuti, e che goduria.

La notizia di oggi è che negli immancabili scontri, figli dell’odio di anni, tra i nostri ultras e quelli veronesi, pare confermato che insieme a questi ultimi ci fossero (pur se senza insegne) alcuni gruppi viola. Certo non quelli del CAV, ma alcuni gruppi nuovi, di destra, e per questo molto amici degli ultras veronesi, i più razzisti d’Italia.

Ma che un fratello granata si trovi a menar le mani con un viola, con una tifoseria con cui siamo gemellati e fratelli di sangue da sempre, è veramente inquietante. E’ segno non solo del definitivo deperimento di quella che fu una regola d’oro sin dagli anni ’70, “fuori la politica dalle curve”; per quanto, si sa, pur con dovute eccezioni i granata, i genoani e i viola sono tifoserie di sinistra, a differenza dei bergamaschi, dei veronesi e anche dei gobbi (tranne gli sfighters, che non votano perchè non riescono a leggere la scheda). Ma è segno che la vicinanza politica ora viene anteposta persino a gemellaggi strettissimi.

Non drammatizzerei: si tratta probabilmente di una parte comunque trascurabile del tifo organizzato di Firenze. Tuttavia, una volta una cosa del genere non sarebbe mai potuta succedere.

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domenica 23 Aprile 2006, 19:55

Imbranarsi

C’è un lato di me che quelli che non mi conoscono bene, e persino molti di coloro che mi conoscono un po’ di più, faticano ad immaginare.

Speciamente chi mi ha visto in azione durante le mie varie frequentazioni politico-professionali finisce per immaginarsi una persona sicura di sè, capace di comportarsi in pubblico, e con alcune delle caratteristiche (non tutte) del leader. E sì, è vero che ormai posso andare, come mi è successo qualche settimana fa, a un ricevimento di gala al Parlamento neozelandese, e chiacchierare amabilmente con ambasciatori e onorevoli; è vero che posso prendere la parola in un convegno o in una mailing list, ottenere l’attenzione dei presenti, dire cose anche provocatorie senza nessun timore reverenziale; o anche solo andare a cena con persone che non conosco, e persino (conquista peraltro recente) sostenere la conversazione in modo simpatico e fare la figura di una persona brillante e interessante.

E però, tutto questo svanisce d’incanto quando ci si trova di fronte al mistero biologico più profondo, quello dei rapporti con altri esseri umani di sesso opposto al nostro. In questo caso, divento un imbranato totale.

Per cui può succedere di restare un’ora a pensare cosa dire e cosa fare all’arrivo dell’altra persona, per poi non riuscire a spiccicar parola e proseguire come niente fosse; e nel frattempo continuare a pensare “adesso glielo chiedo… adesso glielo chiedo…” finchè d’improvviso non arriva il momento di salutarsi, “ciao”, “ciao”, ed è proprio lì, quando ci si volta e ci si separa e si sta già camminando, che finalmente viene il momento del tutto per tutto, e la frase pensata viene evacuata tutta insieme: “masepercasolasettimanaprossimaioeteuscissimounaser…”.

Ma a quel punto, dall’altra parte, c’è solo il vento.

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sabato 22 Aprile 2006, 21:11

Tramonti

Questa sera sopra il Piemonte c’era un tramonto incredibile, con tutti i colori dal giallo al rosso e dal viola al blu affastellati l’uno sull’altro, e messi ancor più in evidenza da qualche nuvoletta sparsa.

Peccato che nella mia vita io abbia visto soltanto due persone commuoversi veramente per il cielo; una sono io, e l’altra si è persa, e non la trovo più.

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venerdì 21 Aprile 2006, 19:14

Tra il dire e il fare

Pare che Assoprovider, l’associazione dei piccoli ISP affiliata a Confcommercio, abbia presentato un ricorso al TAR contro la disposizione dei Monopoli di Stato che impone ai provider di filtrare l’accesso a determinati siti web, e precisamente a quelli di scommesse situati all’estero e che sfuggono alla tassazione e alla regolamentazione italiana.

E’ interessante notare che in tanti tra i difensori della libertà di espressione e della rete globale, me compreso, ci siamo scandalizzati a gran voce; ma gli unici che si sono mossi per davvero sono quelli che ci rischiano sghèi e conseguenze penali.

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