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domenica 23 Gennaio 2011, 19:56

A velocità normale

Trenitalia insiste: la bassa velocità non è possibile. Se, come me, dovete ritornare da Ferrara a Torino di giovedì pomeriggio, e chiedete al sito di Trenitalia le opzioni disponibili, ottenete soltanto soluzioni via treni alta velocità, e al massimo il passaggio sull’unico e solitario intercity rimasto dall’Adriatico per Torino. Ovviamente i prezzi sono sostanzialmente casuali ma comunque cari; la soluzione più veloce (3h 17′) costa 64 euro e parte alle 16:48, ma se volete partire due ore prima dovrete spendere 79 euro pur mettendoci venti minuti in più, per la teoria demenziale per cui Trenitalia vende spezzoni di treno e non un viaggio completo, per cui l’alta velocità costa carissima anche se poi gli orari vi costringono ad attendere a lungo in stazione il treno successivo. L’intercity ci mette quasi cinque ore e costa 35 euro; e se volete arrivare per le 17 dovete prendere una soluzione AV che costa 55 euro e ci mette praticamente quanto l’intercity.

Supponete però di essere, come me, in viaggio di piacere in una giornata senza impegni, e dunque che preferiate viaggiare più lentamente ma evitare di dover aprire un mutuo per pagare i treni AV. Si può; è solo che Trenitalia cerca di evitare in ogni modo che lo facciate, spingendovi sull’alta velocità. Cliccando su “tutte le soluzioni” cominciate a scoprire qualcosa; per esempio che esiste la possibilità di andare da Ferrara a Torino con tre treni regionali in catena, impiegandoci solo un quarto d’ora in più che con l’intercity, e spendendo 21,30 euro: un terzo o un quarto che con l’alta velocità, e in certi orari l’incremento di durata del viaggio rispetto alla soluzione AV è soltanto di mezz’ora.

I treni regionali hanno altri vantaggi: per esempio, se ne perdi uno ce n’è generalmente un altro un’ora dopo (anche se purtroppo questo non è vero sulla Piacenza-Torino). Puoi anche inserire delle pause: e infatti io ho scelto di partire da Ferrara un’ora prima e avere un’ora di pausa a Bologna, nella quale fare pranzo con calma, una passeggiata e un po’ di foto. Non c’è bisogno di prenotazione, sali e scendi quando vuoi, e anche se alle volte c’è l’assalto, alle volte hai tutta la carrozza per te o quasi. Non ci sono manager coi telefonini, turisti americani coi valigioni, annunci pubblicitari all’altoparlante sulla qualità dello spumante offerto in prima (sì, sui Frecciarotta li fanno). E la velocità ti permette – oltre che di connetterti con il telefonino senza che la connessione cada ogni minuto per via del cambio di cella – di vedere meglio il paesaggio.

Sono dunque arrivato alla stazione di Ferrara all’una e un quarto; ho cercato di fare il biglietto alla macchinetta (una di quelle nuovissimo stile), che però, a differenza del sito, non mi mostrava la soluzione via treni regionali nemmeno selezionando “tutte le soluzioni”, e insisteva a farmi prendere l’alta velocità. Non è un caso: è una nuova “scelta commerciale” di Trenitalia, per cui sui percorsi lunghi le emettitrici self service sono riservate ai percorsi via treno veloce o almeno via intercity. Tanto si sa che le ferrovie non sono un servizio, ma una società a scopo di lucro…

Comunque sono andato alla biglietteria, dove mi hanno fatto il mio biglietto regionale senza fiatare, chiedendomi solo conferma del percorso. Già, perché avessi avuto più voglia e più tempo avrei anche potuto esplorare, prendere qualche linea secondaria come la Ferrara-Suzzara e poi la Suzzara-Parma, anche se ci avrei messo un’ora in più.

Alle 13:32 ho preso a Ferrara il treno RV (“regionale veloce” – sono gli ex interregionali, che per un po’ sono stati rinominati “regionale” come gli altri, e ora hanno di nuovo un nome diverso, anche se la tariffa è la stessa dei locali) che arrivava da Venezia: assalto di studenti ma carrozza poco affollata. Alle 14:06, puntuali, siamo arrivati a Bologna e io ne ho approfittato per mangiare al solito self service di via Indipendenza e dare uno sguardo al devastante cantiere della stazione TAV.

Alle 15:26 si riparte per Piacenza; qui l’unico inconveniente, il treno arriva da Rimini e non solo si ferma a metà stazione, prima ancora del secondo sottopassaggio, ma ha le prime due carrozze sbarrate e fuori servizio. Davanti alle porte della terza carrozza si forma un grumo disumano di almeno cento persone a porta… io corro un po’ più in giù e riesco a salire e sedermi, ma questo treno viaggia effettivamente bello pieno per tutta l’Emilia; forse dovrebbero metterne uno ogni mezz’ora.

Il treno arriva però puntuale alle 17:02 a Piacenza, dove io ho il tempo addirittura di andare in bagno, proprio davanti al mio treno successivo fermo sul binario 1. Alle 17:17 si riparte, e stavolta in tutta la carrozza siamo in due: capisco perché la Piacenza-Torino RV ha pochi treni (6:38, 11:17, 17:17 e 19:17). Esistono comunque soluzioni che Trenitalia non vi dirà mai – ad esempio alle 14:17 parte un RV per Genova, da cui a Voghera si può prendere una coincidenza per Asti e poi un altro regionale locale fino a Torino. Il viaggio è tranquillissimo e posso godermi un magnifico tramonto sull’Oltrepò Pavese. Anche qui, arrivo in perfetto orario.

Sarò anche stato fortunato, ma continuo a pensare come potrebbero essere utili le ferrovie se si prestasse attenzione anche a un servizio capillare a velocità normale, invece di concentrare tutti gli sforzi su un servizio ad alta velocità costosissimo che poi, a meno che tu non ti stia spostando direttamente tra due delle sei città coperte dal servizio, a forza di coincidenze nel nulla ci mette quasi lo stesso tempo di prima.

Spesso è la mancanza di servizio che elimina l’utenza: se io so che ogni due ore posso prendere un treno economico e diretto da Voghera per Torino o da Asti per Piacenza ci faccio un pensiero, mentre se devo stare dietro a orari imprevedibili, prenotazioni obbligatorie e prezzi sempre diversi mi rompo e prendo l’auto. Gli ex interregionali sono stati volutamente ammazzati da Trenitalia per spingere le persone a prendere i treni più costosi, col risultato di spingerli invece sempre più spesso sull’auto.

[tags]treni, trenitalia, ferrovie, orari, viaggio, ferrara, bologna, piacenza, torino, velocità[/tags]

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venerdì 21 Gennaio 2011, 22:43

Vogliamo il Filadelfia

Oggi pomeriggio, una delegazione di tifosi granata ha incontrato l’assessore allo Sport del Comune di Torino per discutere dell’atto costitutivo della Fondazione Filadelfia, che ormai da tre anni gli enti pubblici si sono impegnati a creare per gestire insieme al Torino FC e alle associazioni dei tifosi la ricostruzione del glorioso stadio Filadelfia – per i tifosi del Toro, semplicemente “il Fila”.

Non si tratta tanto di una questione di tifo, ma di storia: lo stadio Filadelfia è un monumento dello sport nazionale, essendo il campo di gioco del Grande Torino perito nella tragedia di Superga. E’ un luogo assolutamente speciale persino non essendoci più; e per questo vi posso rimandare a qualche articolo del passato, ma soprattutto invitarvi a farci un giro (molti torinesi nemmeno sanno dove sia).

Costruito nel 1926, usato fino al 1963 per la Serie A e fino al 1993 per le giovanili granata (qui un gol di Christian Vieri al Filadelfia), lo stadio viene abbattuto nel 1998 – a parte alcuni moncherini di tribuna – dopo anni di parole al vento e di degrado, con la promessa di ricostruire immediatamente un impianto moderno in cui ospitare allenamenti, giovanili, foresteria, sede e museo del Grande Torino. In realtà, l’area (semicentrale) fa immediatamente gola a speculazioni edilizie di vario genere: palazzine e supermercati.

Per oltre dieci anni i tifosi si organizzano per salvare il loro monumento: puliscono il terreno, tagliano le erbacce, lo mantengono dignitoso e allo stesso tempo combattono con petizioni e manifestazioni i tentativi di speculazione. Buona parte dei soldi per ricostruirlo ci sarebbero, in quanto prima del fallimento del Torino Calcio di Cimminelli era stata posta a garanzia della ricostruzione una fidejussione di 3,5 milioni di euro che il Comune ha potuto incassare; inoltre vi è un impegno della società Bennet a versare un milione di euro per urbanizzazione e viabilità dell’area, in cambio del supermercato costruito nell’isolato adiacente già da alcuni anni.

Nonostante il Comune sia prontissimo a spendere soldi o a offrire condizioni di favore per impianti ben meno utili o sentiti dalla popolazione, dall’Arena Rock (5 milioni di euro, mai usata per un concerto) al recentissimo “stadio del curling”, per il Filadelfia le cose non si sbloccano mai. Nel 2008 il Comune si impegna a costituire con altri enti pubblici, la società e i tifosi una fondazione ad hoc, per gestire la ricostruzione con i fondi suddetti; ma continuano ad apparire problemi burocratici di ogni genere.

Dopo tredici anni di buio e tre anni dall’ultima promessa, i tifosi si radunano sotto il Comune per chiedere che venga costituita la Fondazione Filadelfia prima che il consiglio comunale venga sciolto per le prossime elezioni. Qui sotto potete vedere com’è andata.

[tags]toro, stadio filadelfia, fila, comune, sport, calcio[/tags]

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giovedì 20 Gennaio 2011, 18:07

Un giro per Ferrara

L’ultima e unica volta che ero stato a Ferrara risaliva addirittura al 1991; facevo quarta liceo e, come avveniva ogni primavera, ero stato spedito a Cesenatico per partecipare alle finali nazionali delle Olimpiadi di Matematica. All’epoca in Piemonte le si faceva per divertimento, e dunque noi torinesi arrivavamo lì senza grande preparazione e le prendevamo come una vacanza. Nei quattro giorni ce n’era uno libero, e noi ne avevamo approfittato per prendere il treno e andare a visitare al mattino Ravenna e al pomeriggio Ferrara; era una fine aprile che sembrava luglio, e il ricordo del nostro treno fermo all’ora di pranzo nella bassa padana alla stazione di Argenta, mentre intorno tutto era verde giallo e silenzioso e si sentiva solo un flebile tremolo di vento, mi è rimasto dentro fino adesso.

Ho avuto dunque l’opportunità di passare a Ferrara un pomeriggio e una mattinata, troppo poco per fermarcisi ma abbastanza per perdercisi dentro. Ferrara è una città eccellente per la sua uniformità; urbanisticamente, è rimasta praticamente congelata alla fine del Cinquecento, quando perse il ruolo di capitale. Camminare per le vie acciottolate del centro è davvero un piacere, e vi permette davvero di sentirvi come quattro secoli fa; a parte le auto, peraltro discretamente contenute, e l’abbondanza di biciclette, poco è cambiato.

In particolare, ieri pomeriggio – anche per ripararci dal notevole freddo – abbiamo visitato il museo Boldini; e se la sistemazione è davvero triste, in un vecchio palazzo che pare mai più pulito dagli anni ’30, i quadri sono davvero molto belli. E’ impressionante vedere la differenza tra i quadri di Boldini e quelli che dipingevano i suoi maestri anche solo dieci anni prima di lui; la fine dell’Ottocento è un periodo di grande rivoluzione in pittura un po’ ovunque, ma la differenza di vitalità nei risultati è incredibile.

Alla fine ci hanno chiesto di compilare un questionario, e io per un attimo ho pensato di attivare la modalità Sgarbi e di riempirli di insulti per la sistemazione indegna o di sfotterli facendo notare che c’erano più custodi che visitatori, ma mi sono limitato a scrivere che l’illuminazione è terribile: nelle sale c’erano ancora dei vecchi lampadari elettrici a candelabro, vecchi di un secolo, che facevano luce esattamente orizzontale sulle tele, rendendole totalmente coperte dal riflesso se ci si stava davanti.

Beh, poi c’è stato il momento culinario: abbiamo scelto il ristorante Mandolino perché ci era sembrato interessante passandoci davanti e perché era tra i primissimi nelle recensioni su TripAdvisor; siamo addirittura andati prestissimo per la paura di non trovare posto. Ma chi può esserci in giro in un gelido e piovoso mercoledì di gennaio? Nessuno, e in effetti abbiamo avuto il ristorante tutto per noi fin verso le otto e mezza. La signora è stata gentilissima; i fiori di zucca impanati erano buoni, le lasagne molto buone, i cappellacci di zucca ottimi; ma i secondi sono stati eccezionali. Ovviamente io ho preso salama da sugo e puré (cos’altro potresti mangiare a Ferrara?) ed era davvero sublime; anche la faraona al cartoccio era eccellente. Chiusura con torta al cioccolato, mezzo litro di vino in uno e mezzo e 33 euro a testa: ci torneremo.

Stamattina ho visitato la casa Romei, anche questa tutta per me a parte i custodi; ed è stato bello per un’oretta chiedersi come sarebbe stato vivere lì. Stavo già pianificando dove installare il barbecue e la piscinetta dentro il chiostro… E’ un peccato aver dovuto rientrare!

[tags]ferrara, turismo, cucina, viaggi, matematica, boldini, salama da sugo[/tags]

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mercoledì 19 Gennaio 2011, 17:18

L’ultima parola sul Movimento 5 Stelle di Torino

Sono lieto di pubblicare l’ultimo e definitivo aggiornamento sulla costituzione della lista del Movimento 5 Stelle per le elezioni comunali di Torino.

Come ricorderete, esistevano due aspiranti liste, a cui era stato dato tempo fino a fine dicembre per presentare i propri candidati, per poi svolgere una primaria online tra i simpatizzanti del movimento. Infatti, nel corso di dicembre noi abbiamo messo in piedi un sito di presentazione, cominciato a esporre in un blog alcune proposte per la città, e raccolto tutta la documentazione necessaria alla certificazione dei candidati.

Con nostra sorpresa, al ritorno dalle ferie natalizie lo staff di Grillo ci ha comunicato che l’altra lista non era riuscita a presentare un numero sufficiente di candidati (quello richiesto dalla legge per la validità delle liste alle elezioni comunali) e che la documentazione di molti loro candidati era incompleta (mancavano i certificati penali che ne provassero lo stato di incensurati).

Dunque, essendo noi la sola lista validamente presentata, non c’è stato bisogno di alcuna votazione online e noi siamo stati direttamente riconosciuti come Movimento 5 Stelle Torino; i nostri nomi sono ora elencati come candidati nello spazio ufficiale di Torino su beppegrillo.it. Pertanto, è stata definitivamente confermata anche la mia individuazione come candidato sindaco, cosa che prendo con contentezza ma anche con serietà, dato che è una responsabilità non indifferente. Da tutte le parti si dice che Torino ha bisogno di “un sindaco giovane e competente” e io spero di poterlo essere… certo più di un Fassino.

Quanto all’altro gruppo, non essendo stato certificato non è autorizzato a presentarsi come Movimento 5 Stelle o a usare il simbolo, e deve chiudere o rinominare i profili Facebook e il dominio Internet; questo non per cattiveria ma per chiarezza, dato che, per definizione, ci può essere una sola lista del Movimento in ogni elezione. Dopodiché, se vorranno aiutarci costruttivamente saranno benvenuti, e se invece vorranno smettere, o fare politica altrove, ci spiacerà ma sarà una loro scelta personale; l’unica cosa che non possono fare è continuare a presentarsi abusivamente come “Movimento 5 Stelle Torino” o varianti confondibili (anche perché a quel punto starebbero violando coscientemente sia le regole del Movimento che la legge italiana, e Grillo li denuncerebbe per tutelare il Movimento). D’altra parte, anche loro hanno sempre detto che l’importante sono le idee e non le candidature e che avrebbero accettato il risultato del confronto tra le liste: confido che manterranno la parola.

Comunque, abbiamo perso tantissimo tempo in questa vicenda e ora c’è da rimboccarsi le maniche e lavorare; abbiamo bisogno di aiuto e collaborazione da parte di tutti i simpatizzanti. A breve vi daremo modo di segnalare cosa potete fare per il Movimento: dallo spargere le nostre informazioni al venire a volantinare fino allo svolgere alcune delle funzioni più strettamente legate alle elezioni. E poi, se siete iscritti alla piattaforma nazionale, ci sarà la possibilità di dirci quali sono le proposte più importanti da inserire nel programma, e di farne di nuove. Da soli non possiamo fare molto; vorremmo davvero ridisegnare il futuro di Torino, insieme a tutte le persone di buona volontà.

[tags]movimento 5 stelle, torino, certificazione, beppe grillo, elezioni comunali, futuro[/tags]

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martedì 18 Gennaio 2011, 11:32

La poesia viene da Napoli

Un corto d’autore a favore dell’acqua pubblica dal meetup napoletano: bisogna ammettere che sono creativi.

[tags]acqua pubblica, meetup, napoli[/tags]

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lunedì 17 Gennaio 2011, 18:31

Attenti alle fasce

Forse ve ne sarete accorti dagli spot, o forse dai messaggi allegati alle vostre bollette: da qualche mese è arrivata per tutti la tariffazione bioraria dell’energia elettrica. Grazie a una disposizione dell’autorità competente, da luglio 2010 anche i prezzi “calmierati” sono biorari; diminuiscono dalle 19 alle 8 e nel fine settimana, mentre aumentano nei giorni lavorativi dalle 8 alle 19.

Memore del fatto che gli aumenti dei prezzi energetici raramente sono fatti nell’interesse della collettività, mi sono un po’ insospettito: è una buona cosa che si incentivi ad usare l’energia quando costa meno produrla, ma alla fine sarà un cambiamento a costo zero? Mi sono insospettito ancora di più perché sul sito dell’autorità, così come nella pletora di blog e siti specializzati, si trovano molti avvisi e tanti comunicati trionfalistici, ma da nessuna parte si trova un confronto tra vecchi e nuovi prezzi; la tabellina sul sito dell’authority è fantastica, bella colorata ma senza uno straccio di cifra, nemmeno relativa. Le bollette non aiutano, illeggibili come sempre, anzi l’authority ha pure sanzionato Iren perché non ha nemmeno messo le informazioni illeggibili.

Alla fine, cercando ben bene, trovo questa tabella da cui desumo che, rispetto alla tariffa monoraria il cui primo scaglione (per residenti) è di 10,5 cent/kWh, la tariffa bioraria diventa 9,7 cent/kWh fuori ora di punta e 11,9 cent/kWh nelle ore di punta. Lo sconto quando l’energia costa poco è di 0,8 cent (-7,6%) ma l’aumento quando costa di più è di 1,4 cent (+13,3%): praticamente il doppio.

Se da una parte diminuisco di uno e dall’altra aumento di due, una banale proporzione insegna che perché il totale non aumenti devo mettere nella parte che diminuisce il doppio che in quella che aumenta; in altre parole, per non perderci bisogna che almeno due terzi del vostro consumo elettrico avvenga di notte o nel fine settimana. Ciò sarebbe anche matematicamente logico, dato che una settimana ha 168 ore e che quelle a tariffa maggiorata sono 55 (il 33%): in questo modo, se il consumo è costante il totale non cambia.

Più o meno lo dice anche l’autorità, “chi consuma troppa elettricità nelle ore più costose potrebbe far aumentare la spesa rispetto al passato”. Detta così è una tautologia; bisogna leggere la parentesi per capire che “troppa” è “più di un terzo”. Ora, se voi lavorate tutto il giorno fuori casa forse potreste consumare due terzi della vostra elettricità fuori ora di punta: ma chi come me lavora da casa – ma anche chi ci vive di giorno, cioè studenti, disoccupati e pensionati – è fregato: cosa faccio, lavoro al computer di notte? Non guardo la televisione o non accendo lo stereo prima delle 19? Non uso il microonde a pranzo?

L’autorità consiglia di rimediare spostando alla notte i consumi “mobili” nel tempo, come i grandi elettrodomestici. E qui avrei qualcosa da ridire: probabilmente i soloni dell’autorità vivono in villoni unifamiliari, e non hanno mai provato la gioia di sentire la lavatrice del vicino di casa accesa sulla propria testa verso mezzanotte. Ora, quando chiamerete i vigili, il vicino potrà pure dire che lui sta solo facendo quello che gli ha detto l’autorità… oppure chiamerete l’ambulanza, per soccorrerlo dopo che è uscito sul balcone a stendere la roba bagnata al gelo dell’una di notte.

Per molti utenti, questo sarà l’ennesimo aumento mascherato; e se non ve ne siete ancora accorti è perché in questa prima fase, fino al 2012, le differenze di prezzo tra le due fasce sono volutamente minime. Possiamo anche consolarci ripetendoci una grande verità, quella che il kilowatt meglio acquistato è quello non consumato, e sperare che tutto questo spinga a un po’ di risparmio energetico; resta il dubbio su una operazione che risponderà anche a criteri di mercato, cioè far pagare di più l’energia quanto costa di più, ma che va a colpire proprio le fasce più deboli – proprio quelle che le tariffe calmierate dovrebbero proteggere dagli sbalzi del mercato.

P.S. Se non siete soddisfatti, dice l’autorità, un’alternativa c’è: rinunciare ai prezzi calmierati e passare alle “tariffe di mercato”. Un cambiamento da cui non si può tornare indietro, ma chi mai vorrà farlo? E’ noto che la concorrenza fa scendere i prezzi, grazie ad offerte chiare e competitive, illustrate e fatte sottoscrivere senza sotterfugi… no? Ah no, scusate, quella dev’essere la Svizzera

[tags]elettricità, tariffe, servizi, energia, consumi[/tags]

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sabato 15 Gennaio 2011, 10:19

Mirafiori, sognando Hammamet

Io, ad Hammamet, ci sono stato anni fa: ci stavamo solo di notte, alloggiati lì per la grande conferenza ONU che si teneva a Tunisi. La Tunisia era un sultanato ordinato, pieno di viali di palme e asfalto nel deserto, se non fosse che Internet era filtratissima, che ovunque c’erano gigantesche facce di Ben Ali, e che io avevo dovuto offrirmi come scudo umano europeo in uno scontro tra la polizia e una associazione dissidente locale. (Ma non pensate che il resto del Nord Africa sia diverso: l’ultima volta che sono stato al Cairo, in una via laterale del centro, improvvisamente erano partiti gli scontri – non si sa nemmeno con chi e perché – e tutto era stato bruciato e raso al suolo, per poi ritornare spettralmente calmo in mezz’oretta.)

Non so come sia Hammamet oggi, penso come il resto della Tunisia: terra bruciata che esulta, all’alba di un dittatore fuggito (presumo perché scaricato da chi può, non fatevi illusioni sulle rivolte popolari).

Per il risultato del referendum di Mirafiori, invece, non esulta nessuno: il no ha perso, ma, rispetto ai risultati delle ultime elezioni sindacali della fabbrica, al fronte del sì manca quasi il 20%, e con una vittoria così risicata si annunciano tempi durissimi e scioperi continui. Perdipiù, tantissimi hanno detto di aver votato sì solo per costrizione.

La mia bacheca di Facebook è un fiorire di promesse come “Marchionne ti aspettiamo a piazzale Loreto” (con commento “lo vorrei vedere morto a testa in giu’ e riempirlo di calci e sputi o giocare a palla con la sua testa”) e “fossi quei 421 impiegati mi guarderei bene le spalle ad andare a lavorare e tornare a casa”; sulla bacheca dei viola è ripassato anche il pugno di Lotta Continua. Non a caso, stamattina è arrivata pure una nota di Bifo Berardi, fresco fresco dal ’68, che detta la linea: “dai tunisini dobbiamo imparare come si fa” perché “le formalità della democrazia ora non debbono interessarci più”.

Io, a questo, non ci sto; non voglio un agghiacciante ritorno degli anni ’70, delle gambizzazioni dei quadri Fiat e della “lotta extraparlamentare”, con conseguente e inevitabile nuova marcia dei quarantamila e altri trent’anni di craxoberlusconismo. Io sogno Hammamet: sogno una rivoluzione pacifica, attraverso i processi nei tribunali e la mobilitazione nelle piazze, che spinga la nostra classe politica ad andarsene in esilio, mentre noi realizziamo il progetto di pace e di giustizia che abbiamo in mente.

Quello che abbiamo visto a Tunisi può esaltare la rabbia, l’aggressività frustrata; lo capisco. Ma non è giusto lasciarsi andare, nemmeno a parole. Come dimostra il movimento No Tav, la lotta può essere dura senza arrivare alla violenza contro le persone; perché in democrazia la forma è sostanza; perché chi conquista il potere con la violenza raramente lo lascia con la democrazia.

[tags]mirafiori, torino, tunisia, hammamet, rivoluzione, terrorismo, lotta continua, sindacato, democrazia[/tags]

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giovedì 13 Gennaio 2011, 20:47

Destra e sinistra ai tempi della rete

Oggi pomeriggio ho scritto la posizione del Movimento 5 Stelle torinese sull’accordo di Mirafiori, e l’ho pubblicata. Uno dei primi commenti è stato: “non siete di sinistra, di più”. E io sono rimasto perplesso: perché?

Destra e sinistra sono termini che ormai vogliono dire poco; le forze politiche attuali (anche quelle “di sinistra”) sono nei fatti allineate al sistema e ne traggono beneficio e rendita di posizione, e a quel punto il modo in cui partecipano al teatrino diventa francamente poco rilevante: alleandosi al primo o al secondo turno, alleandosi con entusiasmo o dopo parole di fuoco, alleandosi su tutto o solo sulle spartizioni interessate, ma sempre alleandosi col PD±L di turno e permettendo ad esso di restare al potere, in cambio di briciole del potere stesso.

Se vogliamo operare una distinzione, dobbiamo dunque operarne una teorica: tra forze politiche che pensassero al bene comune, ci si potrebbe dividere tra quelli che pensano che il bene comune si ottenga lasciando il più possibile liberi di fare i singoli cittadini, e quelli che pensano che il bene comune si ottenga con un grandioso schema pianificato in cui lo Stato è al centro di tutto. Questa, nella lontana galassia in cui i politici sono onesti e disinteressati, sarebbe la differenza tra la destra e la sinistra.

In questo schema, un internettaro come me non può che stare dalla parte della libertà; Internet è il meraviglioso prodotto della libera e incontrollata iniziativa individuale di tantissime persone, senza alcuna pianificazione o alcun controllo centralizzato, e con regole che (almeno nella sua fase costitutiva) si evolvevano davvero dal basso.

E allora com’è che su Mirafiori parlo di tassare le stock option all’80% o mettere dazi alle importazioni? Beh, vedete, Internet è anche il meraviglioso prodotto della libera condivisione, ovvero di tante persone che hanno usato la propria libertà per farsi tra loro del bene invece che del male, capendo che così si sarebbero ottenuti vantaggi superiori per tutti. La competizione a somma zero, quella in cui ognuno costruisce per sé solo sottraendo agli altri, non sta nello spirito della rete, né funziona.

Insomma, condivisione e competizione non sono – come ci hanno fatto credere – due concetti tra loro inconciliabili, ma sono due facce della stessa medaglia. La competizione promuove l’innovazione e l’ingegno, ma non potrebbe esistere se non partisse da una base condivisa di sapere e di opportunità. Compito della politica è mantenere l’equilibrio tra le due facce della medaglia, lasciando libere le persone di sviluppare al meglio le proprie attitudini e le proprie potenzialità, ma garantendo la solidarietà necessaria perché possano esistere diritti, sicurezze e opportunità per tutti, senza le quali non c’è civiltà ma solo la giungla, e a lungo termine non c’è benessere per nessuno.

E’ per questo che è così difficile interpretare secondo i vecchi schemi quello che diciamo; e intanto, io mi colloco fieramente a destristra. Ma anche un po’ a sinestra.

[tags]politica, destra, sinistra, rete, internet, condivisione, competizione, liberismo, comunismo, mirafiori[/tags]

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mercoledì 12 Gennaio 2011, 16:57

E’ davvero bellissimo

Lo so, sicuramente conoscete già gli spot dei libri di Alfonso Luigi Marra, avvocato penalista napoletano già europarlamentare di Forza Italia. E però, il pensiero che qualcuno possa ancora non aver visto la convincente recitazione e la dizione perfetta di Manuela Arcuri mi tormenta, e dunque eccola qui:

Osservate bene con quale maestria ella riceve un SMS (con una suoneria stile “camion in retromarcia”) ed esprime in un attimo tutto il dolore frustrante dello strategismo sentimentale a cui è sottoposta, nel personaggio della giovane avvocatessa che dovrà inevitabilmente finire per darla al “titolare del grande studio legale in cui lavora” (ogni somiglianza con fatti e persone reali è da considerarsi puramente casuale, come ci tiene a ribadire la moglie di Marra).

Ma non è solo la Arcuri a discettare del “cammino della civiltà”: ora c’è anche Lele Mora, con la sua dura denuncia del “silenzio di coloro che dovrebbero parlare”, che va ad aggiungersi ai precedenti spot di Marra stesso e soprattutto a quello, altrettanto leggendario, della figlia di Marra: che parla del testo come di “un libre dabbù di un uomme dabbù”, mentre con le mani, non vista, incarta il pesce al mercato.

La cosa agghiacciante, comunque, è che con tutta questa pubblicità – compresa quella indotta dalle prese in giro come la mia e come le manciate di remix assurdi che girano su Youtube – sarà certamente pieno di italiani che s’accatteranno sto tomo…

[tags]pubblicità, marra, arcuri, lele mora, libri, libri????[/tags]

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martedì 11 Gennaio 2011, 19:19

La Regione dei picchiatori

Parlo abbastanza poco dell’attività dei due consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, un po’ perché lo fanno già loro sul loro blog, un po’ perché tanto tutti i link relativi circolano ampiamente sulla mia bacheca di Facebook. Tuttavia, quello che è successo ieri è davvero assurdo!

Probabilmente saprete del loro piccolo show di fine anno in consiglio regionale, con il lancio di banconote finte ai consiglieri dei partiti, per protestare contro la loro decisione di ridursi il loro stipendio (che consta di 6.500 euro più 10.000 di “rimborso” ogni mese) solo del 10% invece che del 50% proposto dal Movimento – decisione peraltro nemmeno spontanea, ma imposta da una legge nazionale. Alla provocazione pacifica hanno risposto meno pacificamente alcuni consiglieri, in particolare un agitatissimo Boeti (PD) e il consigliere pidiellino Motta, che è arrivato a tirare un calcio a Bono; cosa che non stupisce, dato che lo stesso Motta da giovane fu condannato a otto mesi, insieme al suo amico del cuore Agostino Ghiglia, per aver picchiato due liceali di sinistra.

Bene, direte voi, a questo punto la presidenza del Consiglio Regionale prenderà provvedimenti contro l’aggressione? Nemmeno per sogno: il presidente Cattaneo ha chiesto invece pubbliche scuse ai due consiglieri a cinque stelle, e inoltre ha modificato il regolamento del consiglio regionale per impedire anche ai consiglieri di riprendere ciò che avviene in aula, lasciando solo le immagini “ufficiali” della regia regionale. Infatti, senza le riprese alternative non si sarebbe visto così bene ciò che è successo…

Si può anche non essere d’accordo con la provocazione (personalmente non è il genere di comportamento che mi piace), ma una cosa è lanciare foglietti di carta, una cosa è inseguire e aggredire un avversario politico. La cosa giusta da fare è una sola: che sia la magistratura a valutare se sono stati commessi reati. Certo, Motta è recidivo e rischia conseguenze penali serie, ma non dubito che troverà un giudice disposto alla clemenza, come in Italia ai politici accade spesso.

Ad ogni modo, il comportamento della presidenza regionale (che fa il paio con quello della maggioranza piddina del consiglio comunale, che si è rifiutata anche solo di parlare con una delegazione di operai e sindacalisti FIOM) è indicativo di come si relazionano con l’esterno i politici: a meno che non si possa manipolare l’informazione, lo fanno il meno possibile.

[tags]consiglio regionale, piemonte, movimento 5 stelle, bono, boeti, motta, pd, pdl, picchiatori, fiom, informazione[/tags]

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