Popoli e politici
Ho avuto modo di parlare col ministro Gentiloni (all’epoca non ancora ministro) una sola volta, per un minuto – eravamo entrambi in piedi con un piatto in mano, in coda per un buffet dell’ambasciata italiana a Tunisi, in occasione del World Summit on Information Society del novembre 2005. In quel minuto, mi ha fatto una buona impressione, decisamente più seria di tanti altri politici italiani.
Tuttavia, mi hanno appena rimandato a un interessante post sull’acclamato blog del ministro: questo. E’ datato metà dicembre, e si scaglia apertamente contro l’idea di filtrare la rete e censurare i siti, suggerendo invece la via corretta, quella del controllo e della rimozione tempestiva a posteriori.
Peccato che si tratti dello stesso ministro che, due settimane dopo, ha rilasciato l’ormai tristemente famoso decreto sulla pedopornografia, quello che impone ai provider la creazione automatizzata di filtri non solo per dominio ma anche per indirizzo IP, strombazzandolo poi per ogni giornale e telegiornale a botte di comunicati stampa.
Escludendo che si tratti di un caso di sdoppiamento della personalità , ridurrei l’intera vicenda al vuoto gioco della politica così come ormai è diventata in Italia: quello per cui l’obiettivo del politico, non importa se competente e benintenzionato o meno, è la conquista del consenso, e il resto è irrilevante. E allora, mi sembra tristemente normale che il ministro usi canali diversi per parlare a persone diverse: che al “popolo della rete”, tramite il proprio blog, dica che non ci saranno mai filtri, e al ben più consistente “popolo della televisione”, tramite i telegiornali, dica che ha messo quei filtri che loro volevano. Non c’è nemmeno più da indignarsi; Gentiloni sta semplicemente facendo al meglio il proprio lavoro di politico italiano dell’era berlusconizzata.
Se mai, c’è da capire ancora una volta un concetto che sostengo da tempo, specie quando incontro dei gruppi – succede spesso con hacker e linuxari – che ti dicono che non gli importa niente della massa, che per loro conta solo la propria nicchia libera e gli altri, gli “utonti”, stiano dove sono, nella propria ignoranza. Purtroppo non è così; le battaglie sulle libertà digitali potranno essere vinte solo quando il popolo della televisione sarà diventato almeno un po’ popolo della rete, a forza di educazione e di quella comunicazione che tutti noi facciamo ogni giorno, con i parenti spaventati da internette e gli amici computerofobi.
Finchè non cambieranno i rapporti numerici nella società , le richieste di privacy e di libertà saranno schiacciate da quelle di sicurezza e di censura, visto che in democrazia la maggioranza prevale e che i politici si adeguano semplicemente a questo concetto. Se i principi fondamentali della rete rimarranno idee di una sparuta minoranza, prima o poi essi saranno assimilati alla diversità , alla stranezza, addirittura al terrorismo, e verranno semplicemente repressi.
Forse, oltre alle critiche al ministro, è il caso di spiegare due cose al vostro vicino di casa!