Sulla pelle degli altri
In fondo è bene quel che finisce bene: il giornalista è stato liberato, La Stampa oggi lo chiama già Daniele, per nome, persino nel titolo a nove colonne, come fosse un amico o una rockstar. Prodi e D’Alema si bullano del risultato, Gino Strada ha fatto un figurone, l’Italia ha riconfermato la propria fama di nazione di brava gente a cui nessuno in fondo vorrebbe far del male.
Certo, ci sono alcuni dettagliucci che sono passati un po’ in secondo piano. L’autista del giornalista è morto, decapitato sul posto. Il suo interprete è ancora nelle mani dei rapitori, ma essendo afgano, non è che ce ne freghi più di tanto. Per permettere al nostro giornalista di tornare a casa da eroe, sono stati liberati cinque guerriglieri talebani, colpevoli di numerosi omicidi, che presumibilmente torneranno ad ammazzare (afgani). E il mediatore (afgano), il direttore di uno degli ospedali di Emergency, è stato prontamente arrestato dal governo (americanafgano) di Karzai, e interrogato perchè riveli i nomi dei suoi contatti con i rapitori.
Ma appunto, cos’è tutto questo di fronte al brivido che potrà di nuovo provare la casalinga di Voghera, aprendo Repubblica e trovando altri servizi sul massacrprocesso di pace in Afghanistan?