Folgorati sulla via di Bologna
Ieri sera, senza volerlo, mi sono ritrovato davanti alla nuova puntata di Annozero, che, ho scoperto, era interamente dedicata al V-Day; in pratica, mandati a letto i bambini, hanno mandato in onda quasi per intero il discorso di Beppe Grillo a Bologna, accompagnato dai commenti nello studio, dove buona parte degli ospiti – Travaglio e Sabina Guzzanti – erano figure ormai arruolate nel grillismo.
Sapete che di Grillo ho spesso pensato male: che – oltre a farsi un mucchio di soldi – mescoli temi ottimi a demagogia d’accatto, che critichi tutto e tutti indistintamente e con scarsa propensione alle proposte, e che ultimamente abbia anche avuto una svolta violenta, almeno a parole, che rischia di essere la scintilla in una polveriera molto più estesa di quel che ci immaginiamo.
Tutta questa impressione però è cambiata ieri, dopo che ho potuto sentire il discorso quasi per intero proprio grazie a Santoro (che per averlo trasmesso, credo, sarà presto fucilato). Vi raccomando di farlo anche voi: lo trovate a pezzetti su Youtube, ad esempio, qui, qui, qui e qui; basta una mezz’oretta. Mi sono reso conto di come l’immagine che di Grillo diano i media sia molto più distorta di quel che dovrebbe. Alla fine, le cose che ha detto Grillo a Bologna mi sembrano ampiamente condivisibili.
Persino il presunto “attacco a Marco Biagi” (o meglio, alla legge Biagi, una legge scritta da Maroni e Berlusconi su cui poi è stato appiccicato il santino per difenderla dalle critiche) si è rivelato essere una semplice osservazione sul fatto che la legge vada cambiata in modo da scoraggiare il precariato; e qui, anche i sostenitori di una sana (ma non sregolata) economia di mercato, come il sottoscritto, non possono che essere d’accordo.
Ma la cosa più importante è come Grillo inquadri la crisi nel modo giusto: come una crisi generazionale, un problema di vecchiaia. Fa gli stessi esempi, su Sgarbi che non sa cosa sia un indirizzo email e sui computer paleolitici dei palazzi romani, che potrei fare io, per la mia esperienza diretta. Ha capito che il problema, più ancora dell’atteggiamento da casta, è la vecchiaia intrinseca, l’obsolescenza della nostra classe dirigente. Più di tutti, ha capito che Internet è la risposta, non in quanto strumento tecnologico, ma in quanto piattaforma che permette alle persone di parlarsi e di organizzarsi autonomamente, senza passare da controlli centrali. In pratica, pensa le stesse cose che penso io.
Certo, resta il problema di dove porti tutto questo. In un certo senso, Grillo lancia il sasso ma nasconde la mano, non volendo diventare un soggetto politico. Grillo, però, non crea la crisi, ne è solo il messaggero; e la crisi c’è, è sempre più evidente, non si trova più un solo italiano, a parte Prodi e Napolitano, che pensino che l’Italia non sia in un momento di totale emergenza.
Io credo proprio che siamo vicini a un punto di svolta, se persino un’algida ventenne altoborghese come Beatrice Borromeo, di fronte al solito inguardabile giovane sinistrogiovanile che propone il Partito Democratico come fonte di democrazia e che sarà cugino chissà a chi, perde la pazienza e lo aggredisce ruggendo, dicendogli in pratica “ma chi cazzo sei e cosa stai a dire”. Il tutto chiosato da Vauro con la seguente vignetta:
Politico: “Non basta un Vaffanculo day!”
Cittadino: “Allora andate affanculo every day!”
Il clima questo è; un clima di rivolta che sta diventando aperta. Ora, è vero che il populismo di un Grillo può aprire la strada a svolte autoritarie? Forse. E’ vero che l’ultima volta che c’è stata una crisi del genere si è aperta la strada a vent’anni di P2 al potere? Vero. E’ vero che la penultima volta è arrivato Mussolini? Vero.
Tutto questo, però, significa soltanto che alle piazze di Grillo si debba dare una risposta credibile, la quale però non può arrivare dalla classe politica attuale, che – pur con tante ma marginali eccezioni – non è più in grado di uscire dal palazzo, nè di capire l’Italia e il mondo, nè di comprendere anche solo il concetto di etica pubblica. Sta a tutte quelle persone che sono ancora nel mezzo, che vedono il limite del populismo ma anche la marcescenza delle istituzioni italiane, spingere questa crisi verso un esito positivo; trasformarla da protesta violenta, a parole se non nei fatti, in proposta rinnovatrice.
Io però rimetto l’accento sul fattore nuovo: Internet. L’esclamazione di Grillo di voler distruggere i partiti è figlia della rete: perché in rete le forme di aggregazione sono nuove e tante e dirette, e anche l’intermediazione dei partiti – che peraltro hanno già da trent’anni perso la funzione di creatori del pensiero politico, trasformandosi in macchine di marketing e controllo – diventa in buona misura superflua. Solo uno che non ha capito la rete può pensare che l’eliminazione dei partiti sia necessariamente una proposta fascista; e difatti, proprio così l’hanno interpretata i commentatori perbene, da Scalfari in giù. Tutti da sessant’anni in su, tutti probabilmente incapaci di accendere un computer, figuriamoci capire cosa sia un meetup.
Invece, la politica in futuro sarà glocale e virtuale come tutto il resto; centrata in azioni locali su problemi concreti, e coordinata online; fatta di masse sotterranee che si manifestano improvvisamente attorno a un sito, a una campagna, a una raccolta di firme; una flash mob elettorale che colpisce duro quando meno te l’aspetti, ma che non è disposta a delegare niente a nessuno, tantomeno a un proprio dipendente come appunto dovrebbero essere i politici. Questo, credo, è lo scenario che ha in mente Grillo; ed è molto più moderno di qualsiasi altra cosa sia mai stata pensata per il futuro dell’Italia.
Resta però il problema di come riuscire a trasformare la crisi di rabbia collettiva di Bologna – per ora centrata su una serie di no, santissimi ma pur sempre distruttivi: no ai pregiudicati, no ai politici di professione, no alle liste bloccate – in una proposta costruttiva, facendola evolvere secondo le regole della democrazia, prima che si possa trasformare in una protesta di piazza incontrollabile, da cui chiunque, Grillo compreso, sarebbe disarcionato.
Bene, Beppe Grillo è un fenomeno creato dalla rete; è anche lui un nostro dipendente. Usiamolo. Perché alla fine il messaggio fondamentale di tutto questo – che Grillo peraltro ha capito, e ha lanciato esplicitamente – è che è ora che ognuno di noi si riprenda un pezzo importante della propria vita: quello pubblico. Ciascuno di noi fa politica tutti i giorni, nelle scelte economiche, nello stile di vita, nelle cose che dice agli amici o che scrive sul proprio blog. La fa ancora di più se sceglie di non farla.
E quindi, in prima persona, riprendiamoci l’Italia.