Denaro e fiducia
Quando Barbara Spinelli scrive, raramente si capisce che cosa, stringi stringi, ella voglia dire. Questo è il caso anche dell’editoriale di oggi sulla Stampa, che però, al tempo stesso, è molto bello in tutta una serie di richiami: primo fra tutti il legame tra denaro e fiducia, tra denaro e fede di cui parlavamo l’altro giorno.
Io credo peraltro che vi sia un legame chiaro tra la crisi di questi giorni e l’affermarsi nell’ultimo decennio dell’economia dell’immateriale: c’entra il fatto che sempre più la “ricchezza” è fatta di prodotti intangibili, che da una parte possono essere prodotti e venduti con margini altissimi e ancor più alte aspettative borsistiche, gonfiando molto velocemente la ricchezza monetaria, e che dall’altra non fanno aumentare la ricchezza concreta, quella che si tocca con mano, fatta di materia e/o di lavoro ed ingegno, quella che cambia la qualità delle nostre vite. La distanza tra i due concetti di ricchezza è secondo me una delle cause dell’ampiezza crescente e imperscrutabile delle onde finanziarie, e del distacco apparentemente incomprensibile tra denaro e realtà .
Quando ti dicono che “oggi le Borse hanno bruciato una ricchezza pari al PIL degli Stati Uniti”, infatti, tu ti chiedi: ma di che ricchezza parlano? Mica nella notte sono scomparse in un puff! case, automobili, scorte di cibo e riserve di gas e petrolio. Allora che ricchezza è, questa che esiste soltanto nei numeri scritti nella memoria del computer di una banca? Esiste veramente, e in cosa si palesa? Forse è questo, ciò che un po’ tutti stiamo cercando di capire; non siamo economisti, e gli economisti ci dicono “ma voi non capite”; però ci viene il dubbio che, in realtà , siano tutte le loro teorie finanziar-monetarie degli ultimi decenni, da Keynes in poi, a non stare più in piedi.
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