Il forcone
Ieri sera la trasmissione è stata molto interessante (sto cercando di recuperare il file e metterne almeno qualche parte su Youtube). Non tanto per quello che ci siamo detti, anche se è stata la prima trasmissione dove abbiamo potuto parlare di raccolta rifiuti in qualche dettaglio: Carlo Chiama del PD ha fatto l’errore di provocarmi proprio sull’argomento – interrompendomi a metà mentre parlavo per dire “ma Grillo è contro l’inceneritore, vero?” – e lì ho potuto snocciolare tutta la nostra indubbia competenza sull’argomento.
E’ stato interessante perché ci sono state veramente tantissime telefonate dal pubblico. Ora, il pubblico delle nove di sera su Telecity 7 Gold sicuramente non è il pubblico di questo blog: in gran parte non usa Internet e non si confronta con tutte le nostre belle tematiche e informazioni alternative. Allo stesso tempo, però, esprime esigenze basilari e davvero sentite. E in questo caso, le esigenze erano una sola: “stiamo morendo di fame”.
Prima ha chiamato un signore per lamentarsi con Chiama (che è assessore al Bilancio dell’attuale gestione Saitta, insomma tiene i cordoni della borsa) che la sua piccola azienda edile aspetta pagamenti dalla Provincia da mesi e sta andando a ramengo per questo. Poi ha chiamato una signora per dire al signore di prima che può aspettare in eterno, dato che lei aspetta ancora pagamenti dei lavori olimpici (questo è un altro scandalo di cui non si parla mai: fatte le Olimpiadi e conquistato il relativo consenso mediatico, moltissimi fornitori sono stati abbandonati senza una lira, in balia di vaghe promesse di pagamento).
Poi ha chiamato, due volte, un operaio che è in cassa integrazione alla Teksid, prende 700 euro al mese con cinque figli a carico. E la voce faceva paura, nel senso che sembrava una persona che sta per venire lì e accoppare tutti per la rabbia e la disperazione (tra l’altro una delle poche cose sgradevoli di queste apparizioni elettorali è stata sentirmi chiamare “signor politico”, equiparato a tutti gli altri, solo perché sedevo in TV con loro: temo che il nostro fatto di essere cittadini e volontari si perda facilmente).
E poi ci sono state tante altre telefonate, comprese quelle contro il degrado urbano, sul Lidl di via Aosta usato come base di spaccio o sulle prostitute che risalgono la riva e invadono corso Svizzera già alle sei di sera. Uno solo ha chiesto di rifiuti, precisando però che era cugino dell’assessore all’Ambiente della provincia di Alessandria: insomma di un’altra classe sociale. Ma la base dei torinesi ha un problema solo: la crisi.
E su questo la politica latita. Badate, solo un bugiardo potrebbe promettere di risolvere la crisi governando la Provincia di Torino; eppure tante cose si possono fare, dalla riconversione delle aziende verso nuove produzioni sostenibili e in crescita alla formazione del personale. Ma soprattutto si può fare una cosa: combattere per più equità .
Perché questa crisi non è solo grave, ma ingiusta; non penalizza tutti alla stessa maniera, anzi per alcuni è l’occasione di arricchirsi. In giro si vedono macchine nuove da 50.000 euro, ristoranti sempre pieni, negozi chic con la coda all’ingresso… ecco, il problema è proprio questo. I soldi ci sono (ancora), solo non sono distribuiti equamente; a partire dal problema dell’evasione fiscale, su cui molto si potrebbe fare (la Provincia gestisce il database delle immatricolazioni delle auto nuove: in un attimo si può incrociarlo con le dichiarazioni dei redditi e andare a fare controlli mirati).
E poi un po’ di moralità , un po’ di sobrietà , non guasterebbero. I politici di ogni colore continuano a promuovere enti e società inutili, a piazzarci amministratori amici spesso incapaci e che comunque prendono stipendi fuori da ogni logica (c’è un piccolo elenco nel nostro appello numero 4). Un taglio a queste prebende non farebbe recuperare poi tantissimi soldi, ma darebbe un segnale chiaro di solidarietà .
Nessun regime sopravvive alla fame dei propri sudditi. Se l’equità sociale non sarà aumentata in modo da permettere a tutti di superare la crisi, le nostre strade si riempiranno di disperati; e la disperazione, quando non c’è più nulla da perdere, è l’anticamera della rivolta violenta. Se il modo di governarci non cambierà , tornerà una brutta stagione; batteranno gli zoccoli e verranno le torce e i forconi nelle nostre piazze. In questo tentativo di fornire una alternativa costruttiva, tra la dittatura corrotta ed il caos, sta il nostro piccolo contributo per evitarlo.
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