Ikea, che cacchio di idea
Cioè, cosa volete che si faccia con un sabato pomeriggio da spendere e l’esigenza di trovare uno scaffale per la cantina, in modo da archiviare i residui della campagna elettorale? Si va a Collegno a vedere la nuova Ikea!
Ok, eravamo coscienti che ci sarebbe stata gente: ma quello che abbiamo visto è fuori da ogni senso. La nuova sede è gigantesca, grande almeno il doppio della precedente, e questo è già il terzo week-end di apertura; eppure la densità di persone per metro quadro era persino più alta di com’era alle Gru. Un unico flusso di gente (tra cui una percentuale chiaramente eccessiva di bambini) riempiva tutti i passaggi principali e buona parte delle zone espositive; questo dimostra in modo chiaro la teoria secondo cui per decongestionare una infrastruttura troppo affollata non serve a nulla costruire nuove grandi opere, perché vengono immediatamente riempite da nuovo traffico che esse stesse generano :-P
Seriamente… questo vale in genere per le strade urbane, ma sembra valere anche per l’Ikea (Simone suggeriva che probabilmente, mentre fanno una nuova Ikea, costruiscono direttamente anche i clienti): buon per il patrimonio del signor Ikea, ma meno per chi deve pianificare l’urbanizzazione dell’area torinese. Già , perché a questo punto ci troviamo con un attrattore di traffico piazzato in un’area fuori mano, priva di trasporti alternativi (non tutti escono di lì con un armadio o un servizio di bicchieri, molti vanno solo a fare un giro e potrebbero benissimo andarci in bus o in bici) e con l’ennesimo dedalo di auto che girano in tondo sgasando per parcheggiare o per entrare e uscire dall’area commerciale.
Errori di gioventù sono normali, però come giudicare chi progetta una nuova sede in cui, quindici giorni dopo l’inaugurazione, già si formano code e grumi di gente per riuscire a prendere l’unica scala mobile, tragitto obbligato per entrare? Con tutto quello spazio, non potevano almeno allargare un po’ le corsie di passaggio tra i reparti rispetto a prima? Il parcheggio è gigantesco ma già insufficiente; lo sarebbe di meno se lo avessero partizionato in settori e installato indicatori per dirigere le auto verso i posti vuoti, mentre così è un unico giro di auto costrette a muoversi alla cieca in una trentina di file per vedere se per caso lì si è liberato un posto.
Insomma, gli svedesi hanno toppato parecchio nella progettazione, ed era decisamente molto meglio prima per almeno due motivi. Il primo è che siamo torinesi: quindi per definizione, di qualsiasi cosa si stia parlando, era decisamente molto meglio prima. Il secondo, però, è che prima andare all’Ikea era una attività su scala tollerabile e financo piacevole; ora bisogna fare il doppio della strada, girare il doppio per trovare posto, camminare il doppio con i pacchi da e per l’ingresso, pigiarsi il doppio all’interno, e percorrere il doppio almeno della strada all’interno per arrivare sempre ai soliti prodotti… perché, a parte una (peraltro molto bella) sezione di piante e fiori, la roba è sempre la stessa, solo esposta con più abbondanza.
Per fortuna degli svedesi, in vent’anni i mobilifici italiani non hanno saputo inventarsi uno straccio di concorrenza, continuando a rimanere prigionieri o del modello “mobile bello a costi impossibili” o del modello “mobile di cartone pressato venduto da imbonitori televisivi”. Probabilmente al giorno d’oggi è impossibile mettere su qualcosa di simile all’Ikea che possa competere con la stessa sulle gigantesche economie di scala che le permettono di vendere oggetti comunque decenti a pochi euro l’uno. Certo che da oggi ho meno voglia di andare all’Ikea.
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