Brutti e cattivi
Nonostante le due vittorie consecutive, la contestazione a Urbano Cairo non si placa e anzi aumenta. Allo stadio sono sempre di più i tifosi che espongono sciarpe e bandiere color nero-oro, in ricordo dei primissimi colori sociali del Toro, come segno di attaccamento alle radici e disconoscimento dell’attuale gestione della società , e come invito a Cairo ad andarsene. E poi, dopo che qualche settimana fa un atto simile era avvenuto davanti alla sede sociale di via Arcivescovado, nella notte di domenica ignoti hanno imbrattato il portone e fatto esplodere un petardo davanti alla sede della Cairo Communications di corso Magenta 55 a Milano.
Vi è, in un certo senso, una coincidenza e insieme una concorrenza di azione tra due gruppi diversi: gli ultras con i petardi, i tifosi organizzati con i colori allo stadio. Non si sa dunque se l’atto di domenica sia stato un complemento o piuttosto una risposta alla crescente riuscita della protesta nero-oro, che viene da quei forum verso cui gli ultrà hanno sempre avuto un rapporto di scarsa fiducia, perché visti come ricettacolo di “leoni da tastiera” e di moralisti da strapazzo.
Anche ieri, comunque, i moralisti si sono fatti vivi, specialmente sul forum più favorevole a Cairo (per qualche forma di autoselezione, i forum si sono col tempo divisi; a grandi linee, su Forzatoro i tifosi più indipendenti e critici, su Toronews i residui adoratori di Urbano). E anche ieri sono partiti i pipponi, le dissociazioni, le critiche. Bisogna dire che sono partiti da una minoranza – anzi c’erano tanti tifosi che si lamentavano “tutto qui?” – ma sono partiti.
So che tirare un paragone tra questa vicenda e le contestazioni a Schifani non piacerà a molti: perché sono molti che criticano quelli che “scendono in piazza solo per una squadra di calcio” (ma ognuno sarà libero di scegliersi le proprie cause?). In realtà , la contestazione a Cairo è anche, esplicitamente, una contestazione al sistema (indipendente dai risultati calcistici, come dimostra la scelta dei tempi).
Cairo è il tipico presidente da pay-tv; un fenomeno mediatico basato sulle promesse mai mantenute e sulla manipolazione attenta della comunicazione. Cairo è il calcio moderno, quello in cui i conti sono finanziari prima che sportivi, quello in cui i campionati sono asserviti alle televisioni, dominati dalle stesse tre squadre e completati sempre più spesso da squadre-carneadi di ultraprovincia, inconsistenti e prive di tifosi, che hanno il solo merito di avere un patron dalle tasche profonde e con un paio d’anni di consenso pubblico da comprarsi. E’ il calcio sfibrato e virtualizzato da anni di politiche apparentemente assurde e invece mirate proprio a questo.
Capirete che sentire dunque parlare in questo caso degli ultrà “violenti, brutti e cattivi” lascia perplessi… intanto perché violenza non è stata, dato che al massimo si è scheggiato un portone. E poi, perché sembra che l’unico ruolo concesso al cittadino italiano pare essere quello di chinarsi e subire all’infinito, senza mai alzare la voce, limitandosi al massimo a qualche sfilata di piazza subito e completamente ignorata. E’ un messaggio che i tromboni di regime ripetono all’infinito e non per caso, ed è triste vedere quanti gli vadano dietro, confondendo la non-violenza con la mancanza di dignità e di coraggio nell’affermare le proprie idee, anche a costo di pagarne conseguenze economiche, legali e sociali in termini di ritorsioni (che da noi non mancano mai).
Che ciò avvenga per il calcio può far deprimere, e anche giustamente, chi si sbatte spesso da solo per cause più meritorie; ma preferisco comunque chi va a lasciare la sua scritta sul portone, anche per il pallone, a chi non solo subisce, ma critica pure chi ha il coraggio di contestare.
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