La fattura
Venerdì ho portato la macchina a fare il tagliando, dal mio meccanico abituale. So che non è un meccanico particolarmente economico, anche perché normalmente lavora per le aziende di noleggio a lungo termine e per altri grandi committenti che non guardano certo alla lira; ho visto in riparazione persino auto della Polizia di Stato.
Però i tentativi di cambiare, in passato, sono stati pessimi. Il gommista sotto casa, quando gli ho portato la macchina per montare gomme nuove, me l’ha ridata dicendo che avevo il freno a mano rotto, col cavo tranciato; naturalmente funzionava perfettamente quando gliel’ho portata, ma lui voleva 170 euro per ripararlo. Altri amici hanno avuto esperienze orride con Norauto, talmente orride che non si possono raccontare. Insomma, alla fine, già trovarne uno che non faccia più danni di quelli che ripara è un successo.
Comunque, venerdì sono andato a riprendere la macchina, mettendoci 50 minuti per un percorso che in linea d’aria consta di tre chilometri e che in auto richiede sei o sette minuti (grazie GTT). Il preventivo era di 230 euro per il tagliando (cifra più o meno in linea con quello che si legge nei forum), 55 euro per il cambio gomme (le gomme le avevo io), 130 euro per la riparazione di una maniglia rotta. A questi si sono sommati 100 euro per il cambio delle pastiglie dei freni posteriori: tra una cosa e l’altra, 520 euro per, boh, un paio d’ore di lavoro e un po’ di componentistica varia.
Già dunque mi chiedo che senso e che futuro abbia un Paese dove due ore di lavoro di un meccanico valgono come due settimane di stipendio di un ricercatore; arrivato al momento del pagamento, il meccanico si vanta di avermi anche cambiato gratis una lampadina dello stop. Io lo ringrazio, e chiedo fattura.
E’ a quel punto che mi sento dire “ah ma se vuole fattura c’è anche l’IVA”. Già , giusto: è ovvio che, se non si dice niente, il default è l’evasione fiscale. E dunque ho dovuto pagare 624 euro per il mio tagliando, e sentirmi pure un po’ un verme, perché lui era stato così gentile da regalarmi una lampadina dello stop e io, a tradimento, gli chiedo la fattura.
Peraltro, bisogna già ringraziare che poi me l’abbia fatta senza fiatare: c’è anche chi ti costringe a pietirla per un quarto d’ora o a dover minacciare la chiamata alla Guardia di Finanza. E poi si torna al punto di partenza: puoi anche litigare con un singolo commerciante o professionista, ma non a tutto c’è un’alternativa; quando è l’unico centro assistenza autorizzato per la tua marca in tutta Torino, che fai? Quando (come successo l’anno scorso) hai la caldaia rotta a dicembre per il gelo e tutti i riparatori sono oberati di lavoro, puoi davvero permetterti di essere selettivo?
Il fisco italiano è in uno stato drammatico; tartassa oltre misura chi già paga o comunque ci si sottomette onestamente, mentre una parte significativa del Paese continua a non pagare una lira; vive ancora di procedure bizantine e balzelli insensati (avete mai provato a registrare un contratto d’affitto di un box? la tassa di registrazione si mangia tre mesi di affitto…) e di metodi da sceriffo di Nottingham (vedi studi di settore) che poi fanno sì che l’intero Paese finisca per disperazione o per errore nel grigio, in modo che la vera evasione possa farla franca in mezzo a tonnellate di piccole scorrettezze.
Certamente serve la collaborazione dei cittadini nel chiedere fatture e scontrini, ma non trovo nemmeno accettabile che la lotta all’evasione sia scaricata sulle loro spalle, che siamo noi a doverci fare il sangue amaro e litigare perché altrimenti i disonesti fanno quello che vogliono. Vorrei un fisco online, immediato, semplice, e ragionevole nelle pretese, sia di burocrazia che di cifre; ma rispettabile e rispettato da tutti. Vorrei che fosse lo Stato a farsi valere, senza che debba essere io a litigare ogni volta. Vorrei non avere quella sensazione strisciante, sempre più diffusa, per cui il fesso è chi paga e non chi evade, per cui l’evasione è data per scontata dalle stesse istituzioni, per cui a chi gestisce l’Italia, in fondo, va bene così. Vorrei, insomma, delle istituzioni che mi dimostrassero il contrario.
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