Ancora sulla montagna
A valle (è il caso di dirlo) del post montano di ieri, su Facebook è iniziata una discussione su cosa sia la montagna, su come venga maltrattata e mal considerata dalla società di oggi. E allora, c’è un’altra cosa che vorrei farvi vedere.
Sono stato a Cervinia una volta sola, due estati fa; e anche lì ero stato sconvolto dall’urbanizzazione degradata, compreso il degrado dei vecchi impianti funiviari del dopoguerra. Tra questi impianti c’era quello del Furggen: una delle funivie più ardite della storia alpina, con un’unica immensa campata di tre chilometri che saliva infine quasi verticalmente fino a una stazioncina di arrivo aggrappata alla roccia (progettata sulla carta da Carlo Mollino, ma realizzata ben più al risparmio). Inaugurato nel 1952, chiuse nel 1993 quando, dopo soli quarant’anni di esercizio (le funivie sono programmate per durarne sessanta), una delle funi una notte rimase incastrata per il ghiaccio e si ruppe all’avvio, fortunatamente senza vittime. Risistemarlo costava troppo e l’impianto fu abbandonato.
Cosa vuol dire questo? Vuol dire che in cima a una montagna, proprio di fronte al Cervino, c’è un edificio di cemento lasciato bellamente lì a morire. La morte dei manufatti umani in alta montagna è dolorosa e cruenta, ma anche meritata; è una giusta vendetta della natura. Questa funivia aveva un’appendice particolarmente invasiva al tempo, e particolarmente horror oggi: dopo i primi anni di esercizio, in cui numerosi sciatori scivolavano nel primo tratto in cresta cadendo in qualche centinaio di metri di strapiombo sul lato svizzero, fu realizzato un orrido tunnel di cemento appoggiato sul fianco della montagna, pieno di gradini in discesa che gli sciatori percorrevano con gli attrezzi in spalla. I mitici esploratori crucchi di Retrofutur ci sono saliti, e hanno realizzato una serie di impressionanti video di ciò che resta del tutto.
Ma non è questa la cosa più impressionante; la cosa più impressionante sta invece in un paio di altre foto. Questa, infatti, è l’uscita del tunnel suddetto, fotografata nell’estate del 2008. Ovviamente l’immagine vi lascerà perplessi: ma come, finisce su uno strapiombo di rocce? Come facevano gli sciatori a lanciarsi giù? Sarà crollata la montagna?
La risposta sta in questa immagine qui sotto: la foto della pista con gli sciatori sopra nel 1993, e la stessa foto nel 2008. Le due righe rosse corrispondono allo stesso profilo; nel cerchietto giallo a destra (a sinistra è subito sopra la pista a metà crinale) l’uscita del tunnel.
In quindici anni, sono spariti circa quindici metri di ghiacciaio, a causa del riscaldamento globale: e dunque il “piano pista” si è corrispondentemente abbassato. Anche volessero, oggi non potrebbero più rifare quell’impianto così com’era. Ma ho il sospetto che, a fronte di questa ecatombe gelata, la perdita di una pista da sci non sia il problema principale.
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